Quando a i piaceri in mezzo od a i tormenti
Arrigo Heine crollava
La bionda chioma ed a i tedeschi venti
Le sue strofe gittava,
5 E le furie e le grazie de la prosa
Folli feroci e schiette
Ei liberava da la man nervosa
Qual gruppo di saette,
L’ombra del suo pensiero, ombra di morte,
10 Da i suon balzava fuora,
E con la scure in man battea le porte
Gridando − È l’ora, è l’ora! −
Dal viso del poeta atroce e bello
Pendea, ridendo, il dio
15 Thor, e chiedea, brandendo il gran martello,
− Ch’io picchi, o figliuol mio? −
Sotto il vento de’ cantici immortali
Piegavano croscianti
Le selve de le vecchie cattedrali
20 Con le lor guglie e i santi:
Rintoccava, da i culmini ondeggiando,
A morto ogni campana,
E Carlo magno s’avvolgea tremando
Nel lenzuol d’Aquisgrana.
25 Quando toccate, o tisicuzzo, voi
Il chitarrin cortese,
Mugghian d’assenso tutti i serbatoi
Del mio dolce paese.
Le canzonette, assettatuzze e matte,
30 Ed isgrammaticate
Borghesemente, fan cagliare il latte
E tremar le giuncate.
Deh, come erra fantastico il belato
Vostro via per l’acerba
35 Primavera! O montone, al prato, al prato!
O agnello, a l’erba, a l’erba!
Il garofolo giallo e la vïola
Vi sorridon gl’inviti:
Ah ghiottoncello, a voi fanno più gola
40 I cavoli fioriti?
Brucate, ruminate, meriggiate
E belate a i pastori;
E, se potete, i bei cornetti armate
Pe’ i lascivetti amori.
45 Con due scambietti poi l’ebete grifo
Ponete, oh voi beato!,
Su le ginocchia a Cloe, se non ha schifo
Del puzzo di castrato.
giugno 1872.