O Villagloria, da Cremera, quando
La luna i colli ammanta,
A te vengono i Fabi, ed ammirando
Parlan de’ tuoi settanta.
5 Tinto del proprio e del fraterno sangue
Giovanni, ultimo amore
De la madre, nel seno almo le langue,
Caro italico fiore.
Il capo omai da l’atra morte avvolto
10 Levasi; ed improvviso
Trema su ’l bianco ed affilato volto
L’aleggiar d’un sorriso.
L’occhio ne l’infinito apresi, il fere
Da l’avvenire un raggio:
15 Vede allegre sfilar armi e bandiere
Per un gran pian selvaggio,
E in mezzo il duce glorïoso: ondeggia
La luminosa chioma
A l’aure del trïonfo: il sol dardeggia
20 Laggiù in fondo su Roma.
Apri, Roma immortale, apri le porte
Al dolce eroe che muore:
Non mai, non mai ti consacrò la morte,
Roma, un più nobil core.
25 Del cor suo dal bordel venda un fallito
Cetego la parola,
Eruttando che il tuo gran nome è un mito
Per le panche di scola:
Al divieto straniero adagi Ciacco
30 L’anima tributaria
Su l’altro lato, e dica – Io son vigliacco,
E poi c’è la mal’aria − :
Per te in seno a le madri, ecco, la morte
Divora altri figliuoli:
35 Apri, Roma immortale, apri le porte
A Giovan Cairoli.
Egli, ombra vigilante a i dì novelli,
Il tuo silenzio antico
Abiterà co’ Gracchi e co’ Marcelli
40 E co ’l suo forte Enrico.
L'ali un dì spiegherà su ’l Campidoglio
La libertà regina:
Groppello, allor da ogni ultimo scoglio
De la terra latina,
45 E giù da l’Alpi e giù da gli Apennini,
Garzoni e donne a schiera
Verranno a te, fiorite i lunghi crini
D’aulente primavera.
E con lor sarà un vate, radïoso
50 Ne la fronte divina,
Come Sofocle già nel glorïoso
Trofeo di Salamina:
Ei toccherà le corde, e de i fratelli
Dirà la santa gesta;
55 Né mai la canzon ionia a’ dì più belli
Risonò come questa.
Groppello, a te co ’l solitario canto
Nel mesto giorno io vegno,
E m’accompagna de l'Italia il pianto
60 E, nube atra, lo sdegno:
Nel mesto giorno che la quarta volta
Te visitò la Parca,
E sott’essa la tua funerea volta
Batte il martel su l'arca
65 Del giovinetto, la cui mite aurora
Empiva i clivi tuoi
Di roseo lume. Oh come sola è ora
La casa de gli eroi!
De le sue stanze pe ’l deserto strano
70 S'incontran due viventi:
Tristi echi rende il sepolcreto vano
Sotto i lor passi lenti:
Avvalla il figlio de la madre in faccia
Il viso e gli occhi muti,
75 Che non rivegga in lui la cara traccia
De’ suoi quattro perduti.
O madre, o madre, a i dì de la speranza
Dal tuo grembo fecondo
Cinque valenti uscieno: ecco, t'avanza
80 Oggi quest’uno al mondo.
L’alma benigna nel sereno viso
Splendea di que’ gagliardi,
Come del sol di giugno il vasto riso
Sovra i laghi longobardi.
85 Ahi, ahi! De gli stranier tutte le spade
La carne tua gustaro!
Ahi, ahi! d’Italia tutte le contrade
Del cor tuo sanguinaro!
Qual cor fu il tuo, quando l'estremo spiro,
90 O madre de gli eroi,
Di lui ti rinnovò tutto il martìro
Di tutti i figli tuoi!
Or su le tombe taciturne siedi,
O donna de i dolori,
95 E i dì estremi volar sopra ti vedi
Come liberatori.
Qui cinque addur nuore dovevi a’ nati,
Madre gentile e altera;
Cara speme di prole a’ tuoi penati
100 Ed a la patria; e nera
Suoi segni stende per le avite stanze
La morte. Ma d’augùri
Rifulgon liete e suonano di danze
Le case de’ Bonturi.
105 Corre ivi a fiotti il vino, e sangue sembra;
L’orgia a le fami insulta;
De le adultere ignude in su le membra
La libidine esulta.
I barcollanti amori, in mal feconde
110 Scosse, d'obliqua prole
Seminan tutte queste serve sponde,
Ed oltraggiano il sole.
E il tradimento e la vigliaccheria,
Sì come cani in piazza,
115 Ivi s’accoppian anche: ebra la ria
Ciurma intorno gavazza,
E i viva urla a l'Italia. Maledetta
Sii tu, mia patria antica,
Su cui l’onta de l’oggi e la vendetta
120 De i secoli s'abbica!
La pianta di virtù qui cresce ancora,
Ma per farsene strame
I muli tuoi: qui la vïola odora
Per divenir letame.
125 Oh, risvegliar che val l’ira de i forti,
Di Dante padre l’ira?
Solingo vate, in su l’urne de’ morti
Io vo’ spezzar la lira.
Accoglietemi, udite, o de gli eroi
130 Esercito gentile:
Triste novella io recherò fra voi:
La nostra patria è vile.
gennaio 1870