Giosue Alessandro Giuseppe Carducci nasce a Valdicastello (frazione di Pietrasanta, nella Versilia lucchese) da Michele Carducci (Pietrasanta, 1808-Santa Maria a Monte, 1858), medico di provincia, e Ildegonda Celli (Firenze, 1815-Bologna, 1870), figlia di un orefice fiorentino. Al primogenito Giosue seguiranno Dante, nato nel 1836, e Valfredo, nato nel 1841.
Per motivi di lavoro, il padre si trasferisce a Seravezza e, da qui, nel borgo Fornetto (località presso Pontestazzemese).
La famiglia si trasferisce a Bolgheri nella Maremma pisana. Sono gli anni della prima istruzione, sotto la guida del padre e del prete Giuseppe Millanta.
Per due volte, la casa dei Carducci a Bolgheri viene fatta bersaglio di fucilate: si tratta di un avvertimento fatto a Michele Carducci, sobillatore di idee rivoluzionarie, dai cittadini più conservatori (fra questi, il parroco del borgo Don Bussotti). Si ricordi, infatti, che il medico aveva in passato partecipato ai moti carbonari del 1831 e che, una volta arrestato, era stato costretto al confino a Volterra per un anno.
Da Bolgheri la famiglia Carducci si trasferisce a Castagneto; da qui, per un breve lasso di tempo, a Lajatico (nell'aprile '49) e subito dopo a Firenze (il 28 dello stesso mese). In questo periodo, Giosue partecipa ai tumulti rivoluzionari locali contro i signori della Gherardesca.
Carducci entra nelle Scuole Pie di San Giovannino degli Scolopi a Firenze.
Alunno modello, studia sotto la supervisione di padre Geremia Barsottini (Levigliani, 1812-Capriglia, 1884). Fonda con Enrico Nencioni (Firenze, 1837-Ardenza, 1896) e Giuseppe Torquato Gargani (Firenze, 1834-Faenza, 1862) l'Accademia dei Filomusi, di cui è eletto presidente. Nell'aprile 1851 la famiglia si trasferisce a Celle (alle pendici del monte Amiata): Carducci vi passa le vacanze e lì si lega al colto Ercole Scaramucci. In questo periodo, conosce anche la futura moglie Elvira Menicucci.
Viene ammesso alla Scuola Normale Superiore di Pisa, da cui ne esce tre anni dopo laureato in filosofia e in filologia con il massimo dei voti.
Con Giuseppe Chiarini (Arezzo, 1833-Roma, 1908), G. T. Gargani e Ottaviano Targioni Tozzetti (Vernio, 1833-Livorno, 1899), Carducci si unisce a costituire l'avanguardia letteraria degli 'Amici pedanti', che si concluderà solo nel 1859. Viene chiamato a insegnare retorica nel ginnasio di San Miniato al Tedesco. Dall'autunno del '57 allaccia rapporti con l'editore Barbèra, con il quale pubblicherà diverse edizioni di classici della letteratura italiana.
Esce, per i tipi di Ristori d'Arezzo, il volumetto delle 'Rime (San Miniato)'.
Muore, probabilmente suicida, il fratello Dante a Santa Maria a Monte.
Muore il padre Michele e Giosue è costretto a farsi carico della madre e del fratello minore.
Sposa Elvia Menicucci, da cui avrà tre figlie - Beatrice (Firenze, 1859-Fano, 1951), Laura (Bologna, 1864-ivi, 1940) e Libertà (Bologna, 1872-ivi, 1964) - e due figli - Dante (Bologna, 1867-ivi, 1970) e Francesco (Bologna, 1875-ivi, 1875).
Viene chiamato a insegnare, prima greco e poi italiano e latino, al liceo Forteguerri di Pistoria. Dal gennaio al giugno del '59 pubblica i primi (e unici) sei numeri della rivista «Il Poliziano. Studi di letteratura», da lui fondata e diretta. In questi anni, si avvicina inoltre alla politica del Piemonte sabaudo.
Mentre cerca di ottenere il trasferimento a Firenze, il ministro Terenzio Mamiani gli offre la cattedra di eloquenza all'Università di Bologna, vacante in seguito al rifiuto di Giovanni Prati. Si trasferisce quindi a Bologna, città dalla quale non andrà più via.
A Bologna Carducci ha modo di dedicarsi allo studio. Si specializza in letteratura italiana antica (medioevale e rinascimentale) e raffina la sua conoscenza delle letterature straniere coeve (in particolare, francese e tedesca). Nel mentre, si avvicina a idee politiche radicali di giacobinismo e populismo.
Pubblica, con lo pseudonimo Enotrio Romano, il suo 'Inno a Satana' (scritto nel settembre '63), in odore di laicismo e polemica anticlericale.
Le sue posizioni politiche e l'adesione all'Unione democratica, lo portano - ma era già accaduto nel '64 - in conflitto con il ministro dell'istruzione Emilio Broglio (Milano, 1814-Roma, 1892) che minaccia di trasferire Carducci all'Università di Napoli come professore di latino. Ancora, pochi mesi dopo, avrà un altro scontro con il Ministero e verrà sospeso dell'insegnamento.
La tipografia Nicolai e Quarteroni di Pistoia pubblica i 'Levia Gravia di Enotrio Romano' (la cui edizione definitiva sarà data alle stampe nel 1881).
Muore di meningite il figlio Dante, causando un dolore immenso in Giosue, che a inizio anno aveva perso anche la madre Ildegonda.
Pubblica per l'editore Barbèra, senza pseudonimo, le 'Poesie' divise in tre parti: 'Decennalia', 'Levia Gravia' e 'Juvenilia'. Nel luglio conosce Carolina Cristofori Piva (Mantova, 1837-Bologna, 1881), da lui chiamata nei versi e nelle lettere successive Lina o Lidia: a lei dedicherà le tre 'Primavere elleniche' del '72.
Per i tipi di Galeati di Imola pubblica le 'Nuove poesie', con lo pseudonimo Enotrio Romano. È un periodo di intesa attività poetica, che non lo costringe tuttavia a tralasciare i suoi studi critici e filologici e le sue attente ricerche documentarie.
Si candida alle elezioni parlamentari nel collegio di Lugo: viene eletto, ma poi escluso dal sorteggio per l'eccedenza dei professori universitari già presenti alla Camera.
Inizia ad avvicinarsi alla monarchia, anche grazie all'abile mediazione della regina Margherita di Savoia (Torino, 1851-Bordighera, 1926).
Esce, per l'editore bolognese Zanichelli, il volume delle 'Odi barbare', cui seguiranno le 'Nuove Odi barbare nel 1882 e le 'Terze Odi barbare' nel 1889. Le tre sillogi saranno poi raccolte insieme nelle 'Odi barbare' del 1893.
Viene riconosciuto ufficialmente poeta-vate d'Italia e pubblica l'edizione definitiva degli 'Juvenilia' (Bologna, Zanichelli).
Pubblica a Bologna per l'editore Zanichelli i suoi 'Giambi ed epodi'.
Pubblica, ancora per i tipi di Zanichelli, le 'Rime nuove'.
Conosce la poetessa Annie Vivanti (Norwood, 1866-Torino, 1942), ultima musa della sua poesia (a lei saranno appunto dedicate molti dei componimenti di 'Rime e ritmi').
Viene nominato senatore del Regno d'Italia da Umberto I di Savoia (Torino, 1844-Monza, 1900).
Carducci viene contestato da giovani radicali e democratici a causa del suo sostegno a Francesco Crispi (Ribera, 1818-Napoli 1901): l'episodio sarà in seguito ricordato dal poeta come il 'tumultus infimus'.
Viene colpito da un ictus: la mano e il suo braccio destro rimangono paralizzati.
Pubblica la sua ultima (e breve) raccolta di 'Rime e ritmi' (Bologna, Zanichelli).
Lascia l'insegnamento: la sua cattedra sarà assegnata a Giovanni Pascoli (San Mauro di Romagna, 1855-Bologna, 1912), suo vecchio allievo.
Di sera, il barone Carl Bildt (Stoccolma, 1850-Roma, 1931), ambasciatore di Svezia a Roma, si reca a casa sua per comunicargli l'assegnazione del premio Nobel per la letteratura.
Muore, durante la notte, a Bologna: verrà seppellito alla Certosa.