a cura di Camilla Raponi
«Sarei curioso di sapere così a un bell’incirca le ragioni di questo tuo grand’odio contro il marito della Gemma. Bada che io credo di essere un de’ più arditi giudici, e più severi, del monarchista arrabbiato e furioso teologo a un tempo e del poeta in quanto è scolastico: ma è poi tanto oltrapotente fantasia e tanto originale individualità, che non si può fare a meno, anche odiando i suoi principii, di ammirare e amar lui, con tutti i suoi difetti!» (lettera di Carducci a Lidia del 31 maggio 1872, LEN, vol. VII, pp. 184-187: 185).
La strada di Carducci incontra l’opera di Dante quando il poeta è ancora giovanissimo, indirizzato allo studio della Commedia in primo luogo dall’«autorevolezza del magistero paterno, insieme con una precoce vocazione agli studi letterari e alla storia, come pure alla politica» (Veglia 2022, p. 46): esortato dal padre alla scoperta dei classici, a undici anni aveva già letto l’Inferno e ne era rimasto colpito.
Il complesso percorso del dantismo carducciano ben presto divenne saldamente connesso con le vicende e le esperienze politiche del poeta negli anni cruciali della formazione dello Stato unitario italiano. L’amore filologico indusse Carducci a una storicizzazione del mondo di Dante, che nelle carte contenenti gli appunti per le lezioni universitarie emerge particolarmente: parlando ai suoi studenti, Carducci «partiva dalla storia, lasciava che gli autori ridivenissero, dinanzi agli scolari, uomini del tempo loro, con gli ideali, le letture, il linguaggio, le aspettative degli uomini della loro epoca» (Veglia 2009, p. 475). Alla luce di questo atteggiamento – con un salto in avanti nel tempo – risulta più facilmente comprensibile il suo rifiuto di fare del Sommo poeta strumento di propaganda politica laicista declinando nel 1887 la proposta di tenere una cattedra dantesca all’Università di Roma. Nel rifiutare, il poeta spiegava che:
«combattere il clericalismo stipendiando un professore che, nel nome di Dante, andasse "espettorando due tre volte la settimana, in un’aula della Sapienza, delle declamazioni anticattoliche per eccitare la gioventù a mangiarsi un prete a colazione e a desinare un gesuita», era «non solo una sciocca illusione, ma una mancanza di rispetto a Dante e una offesa al professore onesto cui per avventura si offrisse quello stipendio", dal momento che "nessuno più dell’Allighieri idealmente vagheggiò, nessuno più dell’Allighieri avrebbe politicamente approvato una conciliazione tra il papa e l’imperatore"» (Benozzo 2015, pp.80-81).
Nel 1853, tentò l’ammissione alla Scuola Normale Superiore di Pisa – con successo – scrivendo un tema intitolato Dante e il suo secolo. Di quel periodo giovanile restano anche sei temi dedicati a L’epopea e la «Divina Commedia», datati 1855, mentre nell’ottobre 1861 si occuperà di un commento alla rassegna critica sulla Storia della vita di Dante Alighieridel Fraticelli.
Nel frattempo, maturano tra i dantisti e i letterati nuove prospettive che, nello studio del poema, forniranno a Carducci ulteriori spunti. L’occasione che permette al poeta di inserirsi a pieno titolo tra gli studiosi di Dante arriva nel 1865 quando a Firenze, allora capitale d’Italia, in occasione dei festeggiamenti per l’Unità e per il poeta stesso, venne pubblicato il volume Dante e il suo secolo, nel quale è presente anche il saggio carducciano Delle rime di Dante. Di lì a poco seguirono altri studi fondamentali: nel medesimo anno, Dei principi informatori dell’antica letteratura italiana, poi quelli Dello svolgimento della letteratura nazionale, in cui il poeta realizza quella delicata fusione di storicismo e di attualità della parola dantesca che tornerà poi nelle pagine del discorso L’Opera di Dante – pronunciato a Roma l’8 gennaio del 1888 – e verrà pienamente concretizzata con la fondazione della Società Dante Alighieri. Analizzando questi lavori Carducci non solo individuerà nella letteratura dei primi secoli avvisaglie dei principi del risorgimento nazionale, ma riconoscerà il popolo, erede della latinità romana, come elemento fondativo della cultura del Paese.
Uno spaccato interessante della produzione dantesca carducciana è quello legato all’ambito universitario. Riferimenti alle lezioni dedicate a Dante e al suo poema non sono molto frequenti all’interno né dell’epistolario né degli appunti carducciani. Quanto documentato, però, ci permette di ricostruire come – anche in questo ambito – Carducci abbia lavorato su Dante costantemente e da più punti di vista. Da una lettera inviata a Carlo Gargiolli, datata 2 aprile 1861, si scopre che il poeta nel primo anno di insegnamento all’Alma Mater Studiorum – abbandonato il progetto di un corso sulle Origini della letteratura spiazzato dalla poca preparazione dei suoi studenti, che non riuscivano a comprenderne le spiegazioni – aveva condotto un ciclo di lezioni dantesche:
«Domandi quel che fo io? Molto e nulla. Nulla per le lezioni; le quali avevo cominciato assai audacemente su le Origini della letteratura, ma non avendo un uditorio determinato, anzi innovantesi, ho reputato di lasciarle per ora o intramettervi assai spesso delle lezioni estetiche e storiche su’ passi scelti della Divina Commedia. E così ho fatto la storia dell’aquila romana del VI del Paradiso, la tirata contro la serva Italia del Vi del Purgatorio, la tirata di San Pietro contro i Papi; illustrando a un tempo il principio ghibellino, il principio guelfo, la guerra continuata nella nostra letteratura nazionale contro il papismo ecc.» (LEN, vol. II, p. 230).
Scoraggiato dalla penuria di studenti, per riconquistarne l’attenzione il poeta decise di cambiare argomento e concentrarsi sulla Commedia. La grande preparazione di Carducci sul tema, maturata negli anni dei primi appassionati studi e a quest’altezza cronologica già riadattata – come si è visto – alle forme di comunicazione più disparate, gli permise sicuramente di affrontare la spiegazione nella maniera più accattivante possibile per i giovani studenti.
Il 13 gennaio 1863 a Giuseppe Chiarini scriverà il programma delle lezioni di quell’anno – che prevedeva di arrivare alla «vita di Dante e suoi contemporanei; e formare il quadro della letteratura toscana avanti e dopo la battaglia di Benevento» (LEN, vol. III, p. 280). Probabilmente però, il piano che il poeta aveva in mente dovette ritardare, se allo stesso Chiarini l’anno successivo riferiva di aver da poco finito di «illustrare la Vita Nuova e le più belle canzoni di Dante» (LEN, vol. IV, p. 69) e di riservare a «un altr’anno» (LEN, vol. IV, p. 69) la spiegazione del Purgatorio. Ne dà conferma una lettera ad Alessandro D’Ancona del novembre dello stesso anno, in cui Carducci chiede in prestito all’amico un’edizione della Commedia di cui servirsi per «illustrare il Purgatorio a questi ragazzacci» (LEN, vol. IV, p. 131). Il progetto attorno alla seconda cantica sembra sul punto di realizzarsi proprio in quei giorni, tanto che il poeta aveva già scritto il 9 gennaio all’amica Louisa Grace Bartolini dicendole: «Scrivo in gran fretta; perché mi bisogna prepararmi per le lezioni. Ora son per fare cinque o sei lezioni su Dante lirico. Poi illustro il Purgatorio, che è la cantica a me più simpatica come più umana» (LEN, vol. IV, p. 161). Forse il poeta aveva ormai rinunciato alla copia del Buti promessagli da D’Ancona, perché in Note e ricordi alla data del 10 gennaio 1865 si legge: «Misi insieme una lezione d’introduzione all’illustrazione del Purgatorio, e la dissi» (OEN, vol. XXX, p. 97). Degli anni 1872-’73 è un corso sull’Inferno, in particolare sui canti XI-XV, che, rimasto in sospeso, verrà ripreso da dove si era interrotto nel 1875-’76. Scrive a Lidia il 22 gennaio 1876 di essere «dietro a Dante, proprio in Malebolge tra i ruffiani, i seduttori, le lusinghiere e i ladri e i falsari» (LEN, vol. IX, p. 282) e l’8 marzo seguente specifica: «Oggi, figúrati, illustrerò le origini mitiche di Mantova secondo ce le canta Dante nel XX dell’Inferno» (LEN, vol. X, p. 135).
Dichiarazioni più esplicite su corsi danteschi si ritrovano nel Catalogo Sorbelli, che riferisce di alcune lezioni sui commentatori di Dante svolte il 22, 27, 29 maggio e il 3 giugno 1885. Per la Commedia invece occorre rifarsi alle Notedel 1886, da cui si evince che tra il 15 febbraio e il 3 maggio il poeta si occupò a lezione dei canti XXII, XXIII, XXIX, XIII, XXIV dell’Inferno, e che – forse – preparò anche parte del XXV. Il 29 marzo e il 5 aprile registra infatti di aver spiegato il canto XXIV, poi il 3 maggio annota: «Visto Dante, principio Bolgia dei ladri per la lezione Scuola di Magistero».
Fu infine nel 1903 e 1904 che il poeta tenne e poi replicò un ciclo di lezioni con il titolo La genesi della Divina Commedia. Ricorda in proposito l’allievo Alfredo Grilli:
«Lo stesso argomento, cioè La genesi della Divina Commedia, fu il tema delle pochissime lezioni dell’anno seguente 1904. Cominciarono il 24 febbraio e si conclusero nel marzo, e furono veramente le ultime. «Sulla fine del passato anno di congedammo da Dante quasi sulla soglia del Purgatorio» diceva il Carducci esordendo, e, dopo una breve introduzione, affrontava una delle più perfette e più estese canzoni dantesche, quella che incomincia: Tre donne intorno al cor mi son venute» (Grilli 1950, p. 378).
Furono le sue ultime lezioni. Di lì a poco chiederà al Ministro della Pubblica Istruzione Vittorio Emanuele Orlando «di essere dispensato dall’onore di servire più oltre la patria e di essere collocato a riposo» (LEN, vol. XXI, p. 193). Dagli appunti delle stesse ricaverà uno studio sulla canzone di Dante, pubblicato nel 1904, un «compendio di tutta la sua vita di dantista dantesco» (Veglia 2022, p. 51). Dirà in tal proposito: «Sono oggimai quaranta anni [...] ch’io col discorso delle Rime di Dante posi il piè fermo nel campo dello scrivere italiano; ed ora stanco lo ritraggo con questo saggio sulla più nobile canzone di Dante: da lui cominciai, con lui finisco» (OEN, vol. XVI, pp. 4-5).
Grilli 1950 = Alfredo Grilli, Gli ultimi tre anni d’insegnamento del Carducci, «Nuova Antologia», a. LXXXV, vol. CDXLIX, 1796 (agosto 1950), pp. 376-380.
Benozzo 2015 = Francesco Benozzo, Carducci, Roma, Salerno editrice, 2015.
OEN = Giosue Carducci, Opere, Edizione Nazionale, Bologna, Zanichelli, 1935-1940, 30 voll.
LEN = Giosue Carducci, Lettere, Edizione Nazionale, Bologna, Zanichelli, 1938-1968, 22 voll.
Veglia 2009 = Marco Veglia, Carducci professore, in Carducci nel suo e nel nostro tempo, a cura di Emilio Pasquini e Vittorio Roda, Bologna, Bononia University Press, 2009.
Veglia 2022 = Marco Veglia, Giosue Carducci dantista dantesco, in Dall’Alma Mater al mondo. Dante all’Università di Bologna, a cura di Giuseppe Ledda e Alessadro Zironi, Bologna, Bononia University Press, 2022.