Le ancelle di Margaret Atwood tra distopia e realtà

Flavia Vetere

Margaret Atwood nasce negli anni Quaranta del ventesimo secolo. Sin dall’infanzia, l’autrice entra in contatto con la letteratura, soprattutto attraverso la lettura delle fiabe dei fratelli Grimm, i cui influssi si possono ritrovare ancora oggi negli scritti dell'autrice, in particolare nelle sue poesie, ispirate a leggende o miti. Nell’adolescenza si interessa di temi come il femminismo e il cambiamento dei ruoli sessuali.

Candidata più volte al premio Nobel per la letteratura (che ha vinto, infine, nel 2021), sale alla ribalta grazie al romanzo distopico femminista, Il racconto dell’ancella. Scrittrice prolifica, Margaret Atwood trascina il lettore in mondi distopici e terrificanti, ma che paradossalmente non sembrano mai troppo improbabili.

La sua esperienza di vita, quindi, è legata a doppio filo con quelli che saranno poi i temi prediletti delle sue opere. La penna affilata di Atwood, infatti, si è ritrovata spesso a scrivere una critica implicita alla società.

Atwood, Flavia Vetere, Canadausa

Il racconto dell’ancella, il suo romanzo più celebre, esaspera la società patriarcale in cui viviamo oggi. Le donne sono relegate al ruolo di ancelle, ridotte alla loro funzione riproduttiva, declassificate da essere umani a meri strumenti con una missione affidata dallo Stato: dare dei figli all’uomo che ha avuto la disgrazia di sposare una moglie sterile.

Atwood getta luce anche sulla miserabile condizione a cui sono condannate persino le donne più abbienti, quelle che – in teoria – dovrebbero salvarsi dall’oggettificazione: le mogli.

Da un lato ritroviamo la moglie, presentata come una donna con un rimasuglio di status e dignità, ma la cui condizione di sterilità comporta la perdita del proprio ruolo nella società. La moglie, di fatti, diventa inutile agli occhi di questo nuovo mondo, in cui il compito delle donne è quello di portare avanti la specie dando alla luce dei bambini. Dall’altro lato, invece, troviamo l’ancella, oggettificata e spogliata di ogni diritto ma, paradossalmente, ancora utile alla società.

Due donne, due facce della stessa medaglia, due esistenze infelici, imperfette, ma che in realtà sono una il completamento dell’altra, entrambe bloccate in una società che le ha spogliate dei loro diritti e trasformate in mezzi, eliminando la loro identità.

Le ancelle senza nome vivono avendo uno scopo preciso, al contrario delle mogli che – benché con un nome – vagano senza meta in una società che le accetta ma non approva la loro sterilità.

In Il racconto dell’ancella, il genere femminile è sottoposto a una violenza sistematica: le donne vengono indottrinate da una società prettamente patriarcale nel credere che il fine massimo a cui possano aspirare è semplicemente quello di compiere il proprio dovere come mogli e madri, ricalcando la scia della propaganda che nel secolo scorso – e in generale nel corso della storia – ha visto la donna relegata in casa, rinchiusa nelle mura di una prigione dorata.

Margaret Atwood estremizza il controllo che lo Stato ha sul corpo della donna e pone l’accento su quanto possa essere repentina e facile un’eliminazione completa dei diritti femminili ottenuti con secoli di sacrifici e fatiche, dimostrando la precarietà di quelle libertà che oggi diamo per scontate. Ciò sottolinea, poi, come l’ascesa di un regime totalitario possa arrivare all’improvviso.

Il racconto dell'ancella, Flavia Vetere, Canadausa

Come la stessa Atwood testimonia, alla pubblicazione del libro nel 1985 seguirono diverse reazioni nelle varie parti del mondo. Con riferimento a un contesto anglofono, l’autrice racconta come nel Regno Unito l’avvento di un regime totalitario fosse visto come qualcosa di incredibilmente poco probabile, mentre in Canada si interrogavano sull’eventualità di un tale futuro. Negli Stati Uniti vi era invece la certezza del verificarsi di una catastrofe sociale simile a quella raccontata nel libro e l’unico dubbio era legato al “quando”. In California qualcuno arrivò a scrivere su una diga «Il racconto dell’Ancella è già iniziato» (Atwood, 2015:366-67).

In questo mondo distopico ritroviamo riferimenti lampanti alla nostra realtà, tanto forti che ogni lettore dovrebbe riuscire a capire di essere abbastanza vicino a quel mondo, esserne spaventato o quantomeno inquietato, ed essere spronato a fermare il disastro prima che sopraggiunga.

Questa triste sensazione di familiarità è fomentata soprattutto da una scelta cosciente dell’autrice: quella di non inserire nel testo niente che “non fosse già avvenuto da qualche parte, o che non potesse avvenire con le tecnologie già disponibili” (Atwood, 2015:378). D’altronde, secondo Margaret Atwood, quando parliamo di futuro in realtà stiamo parlando di presente, ovvero dell’unico elemento che possediamo, perché in realtà il futuro è alla portata di tutti e nessuno può verificarne i fatti, a differenza del passato.

Sebbene, però, sia stato proprio Il racconto dell’ancella, con le sue tematiche femministe, a rendere Atwood particolarmente conosciuta, l’autrice ha espresso chiaramente come, in realtà, lei stessa non consideri il romanzo prettamente femminista:

 

“La maggior parte delle distopie è stata scritta da maschi, e da una prospettiva maschile. Quando le donne vi comparivano, si trattava di automi asessuati o di ribelli che sfidavano le regole sessuali imposte dal regime. Agivano come tentatrici per i protagonisti maschili. […] Io ho voluto tentare una distopia dal punto di vista femminile […] Ma questo non fa del Racconto dell’Ancella una «distopia femminista», tranne che per il fatto che dare a una donna una voce e una vita interiore sarà sempre considerato «femminista» da chi ritiene che le donne queste cose non dovrebbero averle.” (Atwood, 2003:33)

 

Nelle opere distopiche che hanno segnato il genere, come sottolinea la stessa Atwood, la figura femminile è stata sempre considerata una “femme fatale”, portatrice della rovina del protagonista maschile (un esempio ne è l’ormai conosciutissimo 1984, di George Orwell) e, come per rimescolare le carte in tavola, le donne da predatrici sono diventate prede.

È questo ribaltamento che ha scombussolato il lettore, che si è ritrovato davanti non solo un mondo distopico mai visto prima, ma anche un riflesso deformato di ciò che è la società patriarcale. “Femminismo”, quindi, è un termine da cui Margaret Atwood si allontana ma a cui la sua opera ritorna inconsapevolmente, presentandosi come un miscuglio di realtà e finzione in cui non si capisce dove inizi l’uno e finisca l’altro.

Atwood e le ancelle, Flavia Vetere, Canadausa

Il racconto dell’ancella è un testo che racchiude un avvertimento per il futuro, incerto ma allo stesso tempo in qualche modo già delineato dalle azioni di oggi. Il motivo per cui il romanzo, a 37 anni dalla sua prima pubblicazione, continua a essere letto è semplice e triste: il libro non ha perso la sua attrattiva e la sua inquietante familiarità. Anzi, al giorno d’oggi sembra essere qualcosa di ancora più spaventosamente possibile.

Il controllo e la presa di potere sul corpo della donna nel volume avviene in maniera repentina e sconvolgente, ma nella realtà la possibilità è che succeda in maniera più lenta e ambigua. Un colpo di stato può portare a un capovolgimento improvviso dei diritti in vigore fino ad allora (ne è un esempio la Rivoluzione iraniana) ma ci sono altri modi ben più subdoli per eliminare la libertà di scelta, ovvero smantellarla, silenziosamente, pezzo per pezzo.

Un esempio eclatante è la scelta della Corte Suprema statunitense di eliminare il diritto all’aborto, garantito dal 1973, o le più recenti mosse politiche del nuovo governo italiano guidato da Meloni che, ancora prima di essere eletto al completo, aveva già reso noti gli interventi di modifica delle leggi sul diritto di aborto - tra i punti più toccati nella campagna elettorale e nel programma presentato agli elettori. Sembra che, invece di procedere in un mondo più libero che garantisca diritti e dignità a tutti i cittadini, preservandoli nel corso della storia, ci si muova nella direzione opposta, in cui una manciata di uomini e donne asserviti al potere patriarcale si diano al controllo della vita e del futuro della nazione e dei suoi abitanti.

Questo è quello su cui Margaret Atwood vuole metterci in guardia: la lotta è ancora lunga e faticosa, non bisogna mai dare niente per scontato perché dietro le quinte ci sarà sempre qualcuno pronto a lottare per mantenere la sua posizione privilegiata - anche a costo di schiacciare i diritti degli altri.

D’altronde, la storia è un grande meccanismo di azioni e conseguenze, e Margaret Atwood ne è pienamente e tristemente consapevole, tant’è che dichiara:

Io scrivo libri su futuri possibili e sgradevoli nella speranza che non concediamo loro la possibilità di avverarsi.” (Atwood, 2020:15)

 

Bibliografia
Atwood M., Il racconto dell’ancella, 1985

Atwood M., Questioni scottanti. Riflessioni sui tempi che corrono, 2022

Immagine 1 e 3 da reduxpictures.com (data ultima consultazione: 17/10/2022)

Immagine 2 da imdb.com (data ultima consultazione: 17/10/2022)