Joseph Assaiante
Sherwood Anderson (1876-1941) è una figura fondamentale per lo sviluppo della short story americana tra il 1920 e il 1930, in modo particolare perché, con i suoi lavori, ha rappresentato un punto di riferimento imprescindibile per autori come Ernest Hemingway e William Faulkner, tra tanti altri.
Nato in Ohio, vive una infanzia molto complessa in una famiglia estremamente povera. Il dover contribuire attivamente affinché la sua famiglia possa tirare a campare, lo porta presto a una significativa responsabilizzazione. A causa di questa situazione economica, la vita del giovane Sherwood Anderson non è certamente dedicata allo studio. Tuttavia, come Harold Bloom tiene a sottolineare, il suo lavoro di pensatore e narratore è stato lungimirante e decisamente al passo con i tempi e, in particolar modo, con le nascenti teorie psicanalitiche.
“Although Anderson was to a large extent self-educated, he was a serious thinker who had read widely and was one of the earliest writers to respond to the new psychological theories of Sigmund Freud”(Bloom Harold, 2003:11)
Infatti, una delle caratteristiche preponderanti dei lavori di Anderson è l’attenzione prestata alla dimensione più interiore dei suoi personaggi che lo porta a interessarsi e a occuparsi di tutti quei meccanismi psicologici ed emotivi nascosti ma, nonostante ciò, propri di ciascun uomo.
Nel 1919 Sherwood Anderson pubblica Winesburg Ohio, l’opera che rappresenterà il suo maggiore successo e che costituirà il suo più significativo contributo alla letteratura americana e mondiale. Winesburg Ohio è una raccolta di short stories scritte tra il 1915 e il 1916. Il libro è costituito da ventidue storie brevi indipendenti che tuttavia presentano personaggi, luoghi e situazioni ricorrenti. La prima short story, "The Book of the Grotesque”, rappresenta l’introduzione all’intero volume e costituisce una sorta di esplicitazione della personale idea dell’autore dell’uomo e dell’umanità più in generale: “a prefatory statement concerning his theory of human character” (Bloom Harold, 2003:17)
Infatti, in "The Book of the Grotesque" il lettore trova una prima chiave importante che permette di leggere a fondo e interpretare al meglio la visione del mondo di Anderson e, successivamente, anche le short stories seguenti.
Entrando più nello specifico, la storia parla di un anziano scrittore che assume un falegname e gli chiede di costruire una struttura che possa in qualche modo permettergli di sollevare il suo letto dalla sua posizione attuale dandogli la possibilità di poter guardare fuori dalla finestra mentre giace lì. Mentre lavora, il vecchio falegname racconta allo scrittore le sue esperienze nella guerra civile e, nel corso della conversazione, comincia a piangere. Il vecchio che piange è tremendamente ridicolo, eppure ricorda allo scrittore le tante persone tristi che ha conosciuto durante la sua vita (durante la conversazione con il falegname, lo scrittore immagina vividamente tutti questi personaggi particolari sfilare davanti a lui).
Lo scrittore si rende conto che sono tutti grotteschi e decide di scrivere di loro. Egli cerca di spiegare la ragione dietro il loro modo di essere, suggerendo che ognuno di loro ha afferrato una verità, una singola verità e ha cercato di vivere secondo questa. Tuttavia, a lungo andare, quella prospettiva troppo semplificata diventa la realtà schiacciante che detta rigorosamente ciascun loro comportamento e i propri schemi di pensiero fino a trasformarsi necessariamente in una falsità:
“ that overly-simplified perspective becomes the overwhelming reality that dictates his behaviour and thought patterns” (Bloom Harold, 2003:17)
Dopo aver letto questa introduzione il lettore ha certamente più chiaro il motivo per cui tutti i personaggi che vivono a Winesburg vivono una profonda condizione di alienazione gli uni dagli altri. Ogni persona menzionata nelle storie è distaccata dai propri simili e, di conseguenza, da qualsiasi tipo di società: tutte le persone di Winesburg sperimentano una perdita di connessione diretta con la realtà perpetrando una vita che si basa su un simulacro.
È evidente che uno dei concetti fondamentali dell’intera raccolta è proprio quello del grottesco. In effetti, prendendo ancora in considerazione l’interessante studio di Harold Bloom, si apprende che Sherwood Anderson ha dato un significato completamente diverso e innovativo a una parola piuttosto antica. Infatti, secondo Bloom, la parola “grottesco” ha origine dalla parola “grotta” e trova il suo significato nelle pitture rupestri attraverso le quali gli artisti antichi rappresentavano figure umane distorte, esagerate e persino brutte. Lo scrittore, invece, non si riferisce tanto a una deformità o anormalità fisica quanto a una condizione, prettamente psicologica, alla base dello scacco in cui tutti i personaggi di Winesburg sono inesorabilmente finiti:
“Anderson was not interested in physical appearance but, rather, a grotesqueness from within […] The ‘grotesque’ is neither misshapen nor abnormal. He is an unintegrated personality, cut off from society and adrift in his own mind […]Anderson has given a new dimension of meaning to conventional definitions of the grotesque, his own unique paradigm for explaining the trap that so many of his characters have unwittingly and inescapably fallen into. Anderson’s characters live out the tragedy of modern life, a death in life, devoid of any real identity or hope of redemption” ( Bloom Harold, 2003:18)
Anche se la solitudine e l'alienazione dei personaggi di Winesburg sono espresse e mostrate in molti modi diversi lungo tutti i racconti, l'autore riserva un'attenzione costante a un elemento ricorrente in tutte le storie della raccolta. Infatti, la tecnica di scrittura di Anderson richiama incessantemente l'attenzione sull'incapacità delle parole di trasmettere un messaggio con un determinato significato in modo soddisfacente.
Nel corso dei diversi racconti, Anderson si professa inadeguato al compito di descrivere i personaggi, o di ricordare lo sviluppo specifico delle diverse situazioni. Per esempio, nel racconto Hands confessa la sua incapacità di descrivere le mani di Wing, dicendo che quello sarebbe un lavoro per un poeta (“It is a job for a poet”) e anche più tardi, a proposito della sensibilità di Wing come insegnante, l’autore ricerca ancora una volta un poeta che non trova certamente in se stesso (“And yet that is but crudely stated. It needs the poet there”) Anderson suggerisce costantemente la necessità di una capacità verbale fuori dal comune per rompere il muro di incomunicabilità che blocca sia lo scrittore che i diversi personaggi. Pertanto, l'aura di inadeguatezza verbale che gravita su ogni personaggio coinvolto in Winesburg Ohio porta il lettore a dubitare del potere delle parole e specialmente del potere del dialogo come mezzo per esprimere il disagio personale, le emozioni e i bisogni.
Per concludere, la pesante sensazione di oppressione causata da questo stato di totale incomunicabilità è enfatizzata dall'abbondanza di discorsi espressi tramite la forma del soliloquio. Il passaggio da dialogo classico a soliloquio, in Winesburg Ohio, è ulteriormente enfatizzato dall'alto numero di pronomi riflessivi che seguono i verbi di parola (ad esempio, "detto ad alta voce a sé stesso"o "mormorato a sé stesso"). I verbi che esprimono il normale dare e ricevere del discorso, come "rispose", "replicò" e "aggiunse", sono totalmente assenti in Winesburg Ohio. In effetti, l'aura di solitudine e frustrazione di Winesburg, che ogni lettore nota e sulla quale deve necessariamente riflettere, si irradia in larga misura verso l'esterno, partendo da consigli non ascoltati o mal comunicati, da parole gridate nei campi, verso i cieli vuoti o, ancora, sussurrate in stanze solitarie.
Bibliografia
Anderson, S. (2008), Winesburg, Ohio, Oxford University Press, Oxford.
Bloom, H. (2003), Bloom’s Major Short Story writers: Sherwood Anderson, Chelsea House Publishers, New York City.