Percorso 9. Gli spettatori delle reti locali al telefono, in filo diretto con il territorio
“Ho cercato molto volte con pazienza di comporre questo numero, ma l’ho trovato purtroppo sempre occupato dopo la terza cifra. Tanto che sono scoraggiata e con il vostro aiuto chiedo al sig. Sindaco o agli impiegati dei telefoni di insegnarmi come devo fare per riuscire. Grazie e resto in attesa”. La lettera che la telespettatrice Rosaria Lobasso, residente a Torino, invia alla redazione de “La Stampa” nel febbraio 1981 esprime una frustrazione comune a molti altri spettatori che come lei, ogni venerdì sera tra le 19:00 e le 19:30, tentano di collegarsi telefonicamente con lo studio dell’emittente Videogruppo, dove il sindaco Diego Novelli è a disposizione, in diretta, per rispondere alle domande dei cittadini torinesi nel programma La città domanda, risponde il sindaco. La risposta di Sergio Rogna, direttore responsabile di Videogruppo, è pubblicata sul quotidiano una settimana dopo, ed estingue possibili illusioni: la linea telefonica utilizzata per il programma è una normale linea diretta; “non posso quindi che consigliare la signora Lobasso di armarsi di pazienza e augurarle buona fortuna”.
Sin dai primi anni di diffusione e di capillarizzazione delle televisioni private, la comparsa del telefono in studio si configura agli occhi del pubblico come un impegno di prossimità, uno spiraglio di permeabilità della scatola magica che telespettatori e telespettatrici prendono d’assalto, intasando linee telefoniche e mettendosi in fiduciosa attesa alla cornetta. Strumento presente anche nei programmi nazionali, il telefono assume nell’emittenza locale una coerenza peculiare: è il referente tecnologico di un’esibita vicinanza al territorio e al pubblico, anche perché, eccezionalmente, rinegozia (o sembra poterlo fare) la monodirezionalità comunicativa del medium. L’idea di coinvolgere il pubblico da casa – ereditata dalla prassi radiofonica – spezza la monotonia della diretta, e si applica senza problemi fin da subito ai programmi più vari, senza distinzione di fascia, e tuttavia in accordo a un’organizzazione il più delle volte ben definita e scandita. Marco Pannella, i cui “fili diretti” con gli spettatori su TeleRoma56 diventano una celebre prosecuzione televisiva dell’esperienza già avviata con Radio Radicale, descrive con chiarezza al pubblico da casa che, per trascorrere “le ultime ore del 1981 insieme”, al posto dei consueti trenta secondi verrà concesso ai singoli interventi telefonici del pubblico un maggior agio.
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1 Embed clip “Filo Diretto”, Marco Pannella sul tema dello “Sterminio per fame”
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La spettatrice collegatasi sfrutta il tempo a sua disposizione per fare gli auguri a Pannella, chiamato confidenzialmente “Marco”, e ribadisce il proprio sostegno alle battaglie radicali passate e imminenti. Inevitabilmente, gli interventi telefonici non si rivelano però solo occasioni di lieti scambi e di incontri (seppur meramente “vocali”) con i volti familiari dell’emittente; alle dichiarazioni di solidarietà al partito su TeleRoma56 si avvicendano discussioni e talvolta disaccordi. Il leader radicale, in un altro filodiretto, si dimostra un padrone di casa pacato nel ricordare a un telespettatore, dichiaratosi favorevole al ritorno di un codice penale modulato nientemeno che sul principio della lex talionis, che la severità delle pene è propria dei regimi repressivi.
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2 Embed clip “Filo Diretto”, Marco Pannella in diretta congiunta da TeleRoma56 e Radio Radicale
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La formula del telefono aperto e libero, senza intermediazioni o limitazioni, apre prevedibilmente la via anche a interventi stonati, non semplici da commentare, talvolta a veri e propri sfoghi. “Non ce la faccio più a rivede’ quella faccia di Fanfani […] quel porco di Craxi”. Il telespettatore di TeleRoma56 che si dichiara “nauseato” dai politici della scena coeva è ancora una volta moderato da un Pannella confidenziale, che guardando in faccia l’obiettivo invita il suo pubblico alla speranza.
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3 Embed clip “Filo Diretto” con Pannella, durante cui lo spettatore lancia un’invettiva contro Fanfani e Craxi.
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I tempi, in effetti, sono precoci, e il pubblico forse non ancora disinvolto o del tutto cosciente rispetto a un’etichetta dell’intervento in diretta ancora di qua dal delinearsi. L’idea di non porre alcun filtro alle telefonate in entrata è una sfida coraggiosa, ma dove non arriva l’abilità moderatrice del conduttore arriva il mixer, che sfuma in silenzio le telefonate senza troppa attenzione alla compiutezza logica dell’estratto, dopo una manciata di secondi. Lo conferma Sergio Rogna Manassero, fondatore di Videogruppo, che proprio da Pannella apprende le modalità di gestione di simili momenti televisivi, poi applicati nei programmi di punta dell’emittente torinese.
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4 Embed audio Intervista a Maria Teresa Fissore e a Sergio Rogna Manassero di Costigliole, utilizzo del telefono in studio e programma “La città domanda risponde il sindaco”
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“Pannella diceva: ‘voi prendete tutte le telefonate che arrivano. Parlano trenta secondi, e poi già il mixer’”. La gestione stretta dei tempi di incursione telefonica si rivela preziosa non tanto per gestire “di forza” eventuali attacchi eccessivi o violenti, tutto sommato rari, ma piuttosto per contenere interventi prolungati che rischiano di rallentare il ritmo della diretta (“il grosso problema è quando c’è qualcuno che la tira in lungo”). Esternazioni particolarmente accorate e insistenti, in effetti, si raccolgono con particolare frequenza nel caso di programmi politici e di format che permettono al comune cittadino di comunicare senza intermediazioni con personalità altrimenti difficili da interpellare. È certo il caso del già citato La città domanda, risponde il sindaco, programma di grande successo di Videogruppo che può contare sulla presenza rassicurante e disponibile in studio del sindaco Diego Novelli.
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5 Embed clip “La città domanda risponde il sindaco”, il sindaco di Torino, Diego Novelli, risponde ai telespettatori
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La possibilità di interrogare il sindaco sui problemi della città – di qualsiasi natura ed entità – diventa un’occasione imperdibile per i cittadini torinesi. C’entra senz’altro, almeno in parte, la prospettiva attraente dei quindici minuti (meglio: dei trenta secondi) di celebrità, ma quella corsa alla telefonata che blocca le linee cittadine tanto che, come ricordano Sergio Rogna e Maria Teresa Fissore (prima amministratrice unica di Videogruppo), “non poteva telefonare più nessuno, a Torino” ci parla piuttosto di una risposta entusiasta all’idea di una tv comunitaria, capace di superare la deludente informazione politica “dall’alto” dei programmi nazionali. Carlo Romeo (TeleRoma56) parla di una vera e propria “fame che aveva la gente di parlare”. Il formato proposto da TeleRoma56, nello specifico, è talmente “puro” nel mettere a disposizione dello spettatore ore e ore di diretta che dalle “lunghissime trasmissioni durante le campagne elettorali e le campagne referendarie” emergono fili diretti memorabili – come quello, rievocato da Romeo, di una donna che lamenta la presenza di troppi portoricani a Roma, in accordo a una percezione dello straniero probabilmente stilizzata sui telefilm americani allora in voga.
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6 Embed audio Intervista a Carlo Romeo, I Fili Diretti di TeleRoma56
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A questa altezza cronologica, in generale, la formula è preferibilmente quella della domanda e della risposta, che concepisce la presenza dello spettatore al telefono in termini di servizio a questo rivolto, e che si adatta a forme di intrattenimento vario. Come nel programma Videogruppo Trentaminuti, rubrica di approfondimento settimanale costruita attorno alla presenza in studio, a disposizione telefonica dei telespettatori, di una personalità in vista del mondo dello sport o dello spettacolo, oppure di un esperto di medicina, scienza o cucina, come nella puntata che ospita in studio lo chef veneto Armando Zanetti.
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7 Embed clip “Trentaminuti”, consigli culinari dello chef Armando Zanetti ospite in studio
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In programmi di questo tipo, forse più che in quelli di argomento politico, la comunità locale emerge in tutte le sue sfaccettature; le voci che raggiungono lo studio costituiscono un campione vivido del tessuto cittadino composito – gli accenti meridionali ai telefoni di Videogruppo descrivono le voci di molti torinesi di prima generazione, che forse ricercano, chiamando la tv locale, una via elettiva per connettersi con il territorio e vivere una forma peculiare, forse bizzarra, ma valida di appartenenza, attraverso temi di comune interesse come la cucina tradizionale. L’intuizione di portare il telefono in diretta è rivendicata da molti dei primi editori televisivi, il che fa pensare a una nascita spontanea, un’intuizione effettivamente comune, che molto deve alla pratica radiofonica; da questa prende spunto a piene mani, talvolta in forma di vera e propria traduzione televisiva di modalità di coinvolgimento tipiche della radio. Il programma Posta e risposta di Antenna3, per esempio, apre le linee ai telespettatori per raccogliere dediche di canzoni che il pianista in studio, prontamente, esegue.
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8 embed clip “Posta e risposta”, Telefonate del pubblico e dediche musicali
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La scarsa pertinenza tra il tema proposto dal conduttore Lucio Flauto per la puntata – i brani che più rievocano la nostalgia del primo bacio – e gli interventi effettivamente raccolti al telefono – quello di una madre che piange (letteralmente) la lontananza della figlia, o quello di una nonna che lamenta una vita piena di difficoltà – è da leggersi ancora una volta come il risultato di un desiderio di interlocuzione forte, che si esprime in forme talvolta ingenue. Il telespettatore sembra davvero leggere nel volto del proprio host televisivo quotidiano quello di un amico, di un confidente a cui poter raccontare le proprie difficoltà, con la certezza di una risposta garbata, di un commento comprensivo. Ereditata dalla radio è anche la tradizione del gioco a premi telefonico, che assume nella dimensione del quiz televisivo una prospettiva allettante tanto per i ricchi premi in palio, garantiti dagli sponsor opportunamente presentati (e spesso più lauti di quelli a cui la radio aveva abituato il pubblico), ma anche per la possibilità di penetrare programmi di punta, condotti da celebrità minori del piccolo schermo; è il caso, per esempio, del fortunato Ed è subito sabato dell’emittente emiliana TeleSanterno.
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9 Embed clip “Ed è subito sabato”, Gioco telefonico e premi degli sponsor
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Una scenografia glamour e il coinvolgimento tutto dinamico e dai ritmi serrati del brillante Daniele Piombi sono gli ingredienti principali di questo talk show con gioco. L’inserto ludico è funzionale alla vetrinizzazione degli sponsor, che Piombi si sofferma a elencare e a ringraziare mentre la regia inquadra i premi offerti. I prodotti da sponsorizzare possono addirittura costituire lo strumento stesso di gioco, come avviene per La bustarella, in onda su Antenna3, gioco che propone la classica sfida lanciata a casa di indovinare il numero di cucchiaini di detersivo presenti nel fustino di detersivo Ava.
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10 Embed clip “La bustarella”, Gioco telefonico: il fustino di detersivo in polvere
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Lo stile di conduzione è più disinvolto, quasi scanzonato rispetto alla rete emiliana; certo, i tempi sono ancora precoci (siamo nel 1978), ma soprattutto non è sabato sera, e il padrone di casa Ettore Andenna può evitare la cravatta, sedere sugli scalini della scenografia, adottare un tono confidenziale, afferrare lui stesso il telefono presente in studio per raccogliere le chiamate. Anche in questo caso, però, il tempo è attentamente contingentato. I pochissimi minuti in countdown che scorrono in sovrimpressione sullo schermo servono a comunicare al concorrente e ai telespettatori il tempo a disposizione per indovinare, ma svelano tempistiche studiate, orchestrate a garantire la giusta dose di partecipazione ma, al tempo stesso, di dinamismo alla puntata, limitando il più possibile i tempi morti o deboli e scongiurando il pericolo di interventi noiosi o poco facili da gestire. Nei pochi secondi a disposizione degli spettatori molti sono quelli che lamentano di aver tentato più e più volte di chiamare: il pubblico da casa intasa le linee, Ettore Andenna si rivolge ai telespettatori soffermandosi sulla descrizione della situazione dei centralini dello studio; conduttori e responsabili di emittente respingono e prevengono possibili accuse di sistema truccato, perché la verità è che l’assalto alle telefonate è di massa, e, per quanto il mezzo sia apparentemente immediato, solo pochi fortunati guadagnano la linea e la possibilità di conferire con “Marco”, “Ettore”, “Lucio” e gli altri volti familiari presenti in studio. Davide Tortorella, autore di Antenna3, parla di telefoni che “squillavano all’impazzata” nel gioco a premi Settimo round, che introduce la possibilità di ricevere aiuti da casa.
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11 Embed audio Intervista a Davide Tortorella, I giochi di “Settimo round”
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In tutti questi esempi il telefono si distingue, dal punto di vista degli addetti ai lavori, di chi insomma la tv la deve fare, come uno strumento economico e immediato, un oggetto semplice, addirittura banale, che, se messo al centro di uno studio spoglio, permette di riempire la frequenza in maniera spontanea. Una soluzione accessibile e dalla massima resa per sconfiggere l’horror vacui della programmazione continua, e che al tempo stesso si rivela coerente per infrangere l’anonimato del modello Rai. Certo, la formula democratica della tv “dal basso” comporta criticità: “quando Radio Radicale aprì le segreterie telefoniche uscì fuori la fogna”, ricorda Fabio Caressa, paragonando alcuni esiti dell’istituzione dei fili diretti dei radicali in radio e a TeleRoma56 al commento libero oggi proprio dei social media.
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12 Embed audio Intervista a Fabio Caressa, I Fili Diretti radicali come antesignani dei social
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Il paragone è certo sensato, ma al tempo stesso stimola una riflessione sull’improbabile ritorno a una partecipazione autenticamente diretta. Non solo e tanto perché la facilitazione tecnologica prospetta ormai come tutt’altro che agevole l’idea di comporre un numero, rimanere in attesa e sperare che dall’altro capo del filo giunga la voce nota di un conduttore e una conduttrice. Ma soprattutto perché la dimensione social ha ampliato straordinariamente i già ampi confini del territorio nazionale, ancora più confondendo un pubblico che mai come nel periodo di più ampia frammentazione televisiva ha potuto toccare con mano l’entusiasmo di nuove forme di democrazia diretta.
Percorso a cura di Paola Zeni (Università degli Studi di Torino)