Ricerche 2000-2016

Direzione prof. De Maria, prof.ssa Gjongecaj

Carta topografica della città di Phoinike, in evidenza il tracciato delle mura antiche.
Carta topografica della città di Phoinike con in evidenza il tracciato delle mura antiche.

MURA

L’intera collina di Phoinike è protetta da un imponente circuito murario, che già agli inizi del Novecento aveva colpito l’immaginazione di Ugolini. Le recenti indagini hanno in parte confermato quanto già scritto dall’archeologo bertinorese: la parte più antica è quella orientale che, costruita con enormi blocchi lapidei a formare una cortina unica, racchiudeva la “prima Phoinike”. La cronologia di questo apprestamento non è sicura ma, grazia ad una serie di considerazioni incrociate, possiamo provare a circoscriverla almeno alla seconda metà del IV sec. a.C. Tra la fine del III e gli inizi del II sec. a.C., poi, la città si espande e assume una nuova forma molto più monumentale: nuove mura vengono costruite verso ovest, questa volta con una tecnica del tutto diversa (si tratta di un doppio paramento con emplecton - riempimento - di terra e pietre). Le nuove mura arrivano anche ad abbracciare tutto il versante meridionale, in parte costruite e in parte ricavate dagli affioramenti di roccia naturale (lo shtuff). Al momento non sono state rinvenute mura difensive di età romana: le ultime fortificazioni sono quelle databili all’età di Giustiniano quando, se le fonti scritte colgono nel vero, avviene uno spostamento verso l’alto del centro urbano che, da adesso in poi, tornerà ad occupare la città alta.

Pianta del settore della Casa dei due peristili.
Pianta del settore della Casa dei due peristili.

CASA DEI DUE PERISTILI

A partire dal 2001 le ricerche dell’Università di Bologna si sono concentrate su questo grande complesso abitativo collocato sul versante meridionale della collina di Phoinike e databile tra la fine del III e gli inizi del II sec. a.C. L’edificio, già in parte indagato dagli archeologi albanesi negli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso, si articolava intorno a due peristili, tra loro comunicanti: il primo, di maggiori dimensioni, presenta uno spazio centrale con pavimentazione a ciottoli bianchi e neri e doveva avere due ordini sovrapposti; il secondo peristilio, di minori dimensioni, dovette subire in età romana diverse trasformazioni, fino a diventare un settore produttivo nelle ultime fasi di vita. L’accesso alla casa avveniva tramite una rampa che collegava la strada sottostante con le stanze superiori: sul livello stradale si aprivano una serie di vani con probabili funzioni commerciali, come stanno ad indicare i dolii in terracotta rinvenuti all’interno, destinati con certezza allo stoccaggio e alla vendita di derrate alimentari. Le dimensioni generali dell’abitazione e la qualità delle finiture interne (dai pavimenti in cocciopesto alle colonne ottagonali in calcare bianco) non escludono che questa struttura potesse anche assolvere a funzioni pubbliche, come ad esempio costituire la residenza dei principali magistrati cittadini.

Orchestra del teatro vista dall'alto in una delle fasi di scavo e restauro.
Orchestra del teatro vista dall'alto in una delle fasi di scavo e restauro.

TEATRO

Già dalla prima campagna di ricognizioni del 2000 si era ipotizzata la presenza a Phoinike di un grande teatro. Lo scavo, avviato a partire dal 2001, ha messo in luce, non senza grandi difficoltà tecniche, una struttura imponente, ricavata in una delle ampie conche naturali che si sviluppano sul versante meridionale della collina, in una posizione scenografica fortemente suggestiva aperta sulla laguna di Butrinto. Il teatro, che ha attraversato diverse fasi di ristrutturazione, si data alla fine del III - inizi del II sec. a.C., in linea con lo sviluppo dell’intera città: il suo koilon - conca con gradinate per la seduta- è imponente, arrivando a misurare quasi 100 metri di diametro. L’edificio fu ripristinato numerose volte, forse anche a causa di terremoti che ne hanno compromesso alcune parti. E’ certo comunque che il suo utilizzo si prolunga per l’età imperiale e che solo a partire dalla tarda antichità diventa una “cava” per il recupero del prezioso materiale di cui era costituito (un ottimo calcare bianco, ben diverso dalla tenera pietra locale utilizzata nelle prime fasi). Anche il proscenio doveva avere un secondo ordine, al di sopra del logeion -luogo da dove si parla- vero e proprio, di cui restano alcune membrature architettoniche.

Pianta del cd. Thesauros, ossia un grande complesso pubblico coperto affacciato sulla strada e a servizio dell'agorà.
Pianta del cd. Thesauros, ossia un grande complesso pubblico coperto affacciato sulla strada e a servizio dell'agorà.

STOÀ OCCIDENTALE (cd. Thesauròs)

L’ampliamento della città verso ovest avvenuto tra la fine del III e gli inizi del II sec. a.C. determina la creazione di un nuovo spazio pubblico, organizzato su diverse terrazze degradanti da nord verso sud e occupato da numerosi edifici a carattere pubblico distribuiti nel tempo. Già Ugolini scava nella terrazza superiore quello che sembrava un tempietto (che lui definisce “thesauròs”) e, poco distante, una grande basilica bizantina, che attraversa numerose fasi edilizie. Il tempietto così messo in luce è stato dapprima ricostruito come un edificio distilo in antis - con due colonne tra le ante della porta- e con una gradinata-sedile collocata a est, forse destinata alle cerimonie connesse con l’edificio. Ugolini rinviene all’interno di questa struttura anche evidenti tracce di riutilizzo: in età bizantina, infatti, il vano è stato trasformato in battistero (connesso alla vicina basilica), con ancora una vasca battesimale al centro (che purtroppo andò distrutta al termine dei lavori di scavo). Le recenti indagini su questo complesso hanno permesso di definire meglio le funzioni del thesauròs, che va letto insieme agli altri resti riferibili alla medesima cronologia (fine del III-inizi del II sec. a.C.). Sono almeno due, infatti, gli edifici che si affacciano su una grande area scoperta, delimitata a nord anche dalla già ricordata gradinata-sedile: un edificio di forma quasi quadrata, con contrafforti esterni, che può essere interpretato come edificio per riunioni e una stoà - portico- che gli si addossa, aperto sull’antistante area scoperta. Il cd. thesaursòs sarebbe l’esedra di forma rettangolare che concludeva questo portico a nord: tali edifici, sulla cui funzione pubblica non ci sono dubbi, circondavano uno spazio aperto che potremo definire nea agorà per distinguerlo dall’archaia agorà collocata all’estremità orientale della collina.

Pianta della basilica con evidenziate le diverse fasi di vita del contesto. In rosso il cd. thesauròs, ossia la porzione più settentrionale della stoà occidentale.
Pianta della basilica con evidenziate le diverse fasi di vita del contesto. In rosso il cd. thesauròs, ossia la porzione più settentrionale della stoà occidentale.

GRANDE BASILICA

Le indagini di Ugolini mettono in luce nei pressi del cd. thesauròs una grande basilica, con più fasi di utilizzo a partire dall’età “giustinianea” fino all’età “bizantina tarda”, che sfrutta l’antico “tempietto” come battistero. La nuova Missione continua anche in questo settore le sue indagini e, nonostante le distruzioni operate dai militari nel dopoguerra con la costruzione di numerosi bunker, riesce a definire un nuovo quadro insediativo di questa porzione della città: la “città cristiana”, infatti, sfrutta il vuoto costituito dalla piazza della nea agorà e riutilizza le antiche strutture per finalità nuove. A nord il “tempietto” ellenistico (in realtà una stoà-portico) diventa un battistero, mentre a ovest un grande portico funge da annesso alla Basilica (si tratta forse di un episcopio). I nuovi dati stratigrafici confermano l’edificazione del complesso nel corso del V secolo, in significativa concomitanza con l’attestazione del vescovo di Phoinike Pellegrino, che partecipa al Concilio di Calcedonia del 451. All’intorno si dispongono numerose sepolture che giungono fino al XVI secolo (momento in cui anche questa area cade sotto il dominio turco). Anche le altre antiche strutture vengono trasformate, per lo più con destinazione abitativa (v. infra la voce sull’agorà romana), determinando un vero e proprio nucleo urbano, delimitato a sud da un possente muraglione costituito da spolia - elementi di reimpiego, tratti dalle murature più antiche).

 

Una delle fasi di messa in sicurezza, consolidamento e prelievo della decorazione parietale crollata.
Una delle fasi di messa in sicurezza, consolidamento e prelievo della decorazione parietale crollata.

CASA DEGLI INTONACI

Dopo aver indagato la grande “Casa dei due peristili” la Missione decise di continuare le ricerche sull’edilizia domestica di età ellenistica scavando una seconda abitazione, collocata in un settore periferico della collina di Phoinike verso occidente, dove le tracce di occupazione di età successive sono notevolmente più scarse. E infatti è venuta alla luce una dimora di dimensioni molto inferiori rispetto alla precedente, incentrata su un cortile interno che disimpegna una serie di vani all’intorno. Molto interessante è la cronologia dell’abitazione, che con tutta evidenza denota un livello sociale diverso: la dimora viene impiantata tra la fine del III e gli inizi del II secolo a.C., mentre il suo abbandono avviene entro il I secolo d.C. Si tratta dunque di un contesto “chiuso”, la cui vita si interrompe all’inizio dell’età imperiale, attestando un significativo spostamento del baricentro della città in età romana. La casa deve il suo nome, però, al rinvenimento di un’intera parete dipinta, rinvenuta in crollo sul pavimento della stanza cui era destinata: si tratta di un sistema decorativo molto particolare, definito in area italica “Primo Stile” e che prevede la rappresentazione tridimensionale di una muratura in blocchi lapidei utilizzando l’intonaco, fino a ottenere l’immagine di un’opera muraria con luci e ombre, tipico delle dimore ellenistiche del Mediterraneo a partire almeno dalla metà del II secolo a.C. La parete dipinta è stata recuperata e attualmente è in attesa del restauro definitivo.

Panoramica generale del settore di scavo presso la necropoli meridionale di Phoinike, visuale da Sud verso Nord.

NECROPOLI

Dal 2001 al 2011 è stata indagata in maniera estensiva la grande necropoli collocata sul versante meridionale della collina di Phoinike. Le tombe, già in parte individuate dall'archeologo italiano Luigi Maria Ugolini, si collocano fra la fine del IV secolo a.C. e gli inizi del III secolo d.C. e attestano un'importante commistione di riti: dall'inumazione entro cassa lapidea, all'incinerazione all'interno di contenitori di terracotta, soprattutto pelikai, chytrai e olle. Le tombe più recenti si dispongono lungo un'arteria Nord-Sud che collegava la città bassa di Phonike con il suo grande teatro appoggiato scenograficamente al versante meridionale. I principali risultati di questo studio sono confluiti nel volume Lepore, Muka 2018.

Acquedotto di Phoinike
Percorso ipotetico dell'acquedotto che collegava l'area di Mesopotam con Phoinike.

ACQUEDOTTO

Durante i primi anni di ricerche e ricognizioni, alle pendici orientali della collina di Phoinike sono state individuate di strutture murarie interpretabili come i resti dell'acquedotto di epoca romana imperiale. La datazione è supposta al momento sulla base delle tecniche edilizie impiegate, si ipotizza infatti un intervento unitario e di volontà imperiale per la regimentazione e sfruttamento delle acque in città. Assieme all'acquedotto è possibile che fossero state ampiamente restaurate le cisterne di età ellenistica di cui ancora si conservano gli alzati, già individuate dall'archeologo italiano Luigi Maria Ugolini agli inizi del Novecento.

Lo studio del percorso, delle quote di giacitura e della tecnologia utile alla realizzazione dell'infrastruttura sembra ricondurre la captazione delle acque del fiume Bistrizza dall'area prossima al sito di Mesopotam. L'analisi dei resti antichi è ancora in corso e i risultati preliminari di questa indagine sono disponibili in Phoinike III.

Pianta delle fasi ellenistiche del sito di Matomara.

MATOMARA

Matomara è un sito del suburbio di Phoinike che ha restituito frammenti di materiali di età arcaica, come le anfore Corinzie A (fine VI-inizi V secolo a.C.) e dolia di grandi dimensioni, indiziando pertanto lo sfruttamento del territorio durante le cronologie così risalenti. In complesso, in questa fase, potrebbe essere interpretato come un luogo di stoccaggio di diversi prodotti del territorio.

Successivamente, nella prima età ellenistica, il sito viene strutturato intorno a un grande cortile con un'area residenziale posta a Sud-Ovest. I numerosi pesi da telaio rinvenuti, alcuni dei quali bollati, sembrano confermare la vocazione produttiva del sito per il quale si immagina una certa capacità di allevamento di ovi-caprini da cui poter ricavare anche il materiale utile alla filatura. Il complesso sembra vivere fino alla prima età imperiale visti i frammenti di terra sigillata. L'analisi dettagliata del contesto è disponibile in Giorgi, Bogdani 2012.

Giorgi, Bogdani 2012
Carta delle principali città della Caonia

TERRITORIO E PAESAGGIO

I siti del territorio di Phoinike sono stati sistematicamente indagati da un gruppo di lavoro capitanato dal prof. Enrico Giorgi (Unibo) e prof. Julian Bogdani (Uniroma1), i risultati del progetto SITARC (Sistema Informativo Territoriale Archeologico della Regione Caona) e delle ricerche topografiche sono raccolti nel volume Giorgi, Bogdani 2012.