Un sito archeologico all'aperto è una sfida continua: interventi di conservazione, pronto intervento conservativo, messa in sicurezza, consolidamento e restauro. Alcune riflessioni, attività ed esperienze: il sito di Phoinike come campo didattico e di conservazione preventiva.
Una raccolta di immagini dal 2000 ad oggi per ripercorrere le principali attività svolte sulla collina
Durante le campagne di scavo, restauro e ricerche della Missione italo-albanese presso il sito di Phoinike si attua annualmente una ricognizione sistematica sullo stato di conservazione e degrado delle strutture esposte, continuando così un progetto attivo già da diversi anni, ma che dal 2017 è divenuto un monitoraggio costante, omogeneo e riportato nelle relazioni finali depositate presso le istituzioni coinvolte, ovvero tradotto nelle due lingue ufficiali della Missione. Tutti gli interventi svolti ogni anno sono il frutto di una riflessione che, sulla base delle condizioni generali di rischio, destina ciascun settore, monumento o struttura a una specifica strategia conservativa a carattere temporaneo o a un'attività di restauro vero e proprio. Sulla base delle differenti morfologie di alterazione e degrado che affliggono i diversi materiali viene definita una scala di priorità. Tale scala è formulata attraverso un punteggio decimale ottenuto sommando i punti pertinenti a ogni singolo fattore di alterazione o degrado riscontrati. Maggiore è il punteggio ottenuto, più alto è il rischio. A partire dalla somma ricavata dalle ricognizioni, i settori della città e i monumenti sono iscritti in fasce d'azione. Generalmente, le forme di alterazione e degrado sono riconosciute e segnalate sulla base delle direttive UNI Normal 11182:2006. Le criticità sono definite dalle lettere latine A, B e C in relazione all’urgenza dell’intervento di salvaguardia. Si intende quindi: A – fascia d'intervento urgente e imprescindibile (problemi strutturali o legati alla sopravvivenza del manufatto); B – fascia d'intervento necessario (problemi che diventeranno urgenti generando forme di degrado di tipologia A); C – fascia d'intervento consigliato (problemi legati all’apprezzamento del manufatto nelle sue caratteristiche estetiche originali).
La manutenzione e la conservazione dei siti all'aperto sono particolarmente complesse e una sfida continua. Al termine di ogni Campagna, al fine di preservare le evidenze archeologiche rinvenute, si coprono le strutture di tutti i settori fuori dai percorsi di visita o di quelle che necessitano di maggiore cura con un apposito tessuto artificiale e permeabile, resistente alla trazione, utilizzato per migliorare le caratteristiche geotecniche e strutturali delle superfici. In tal modo è possibile scongiurare eventuali distacchi, fessurazioni o lacune che potrebbero affliggere le murature esposte alle diverse condizioni metereologiche. In effetti, le strutture fuori dai percorsi di visita sono ancora più esposte ai problemi conservativi della collina come, per esempio, l'azione di animali, colonizzazione biologica o aggressione vegetale. Ancora, si procede alla sbatacchiatura di elementi potenzialmente in pericolo, al ripascimento delle sponde svuotate dallo scavo - qualora l'assenza di deposito possa inficiare la stabilità dei manufatti -, alla creazione di wafer climatici (dispositivi simili al funzionamento dei cappotti termici nell'edilizia contemporanea) o, più raramente, al completo rinterro.
L'anno seguente alla formulazione della classifica, a partire dalla fascia di appartenenza delle strutture, si procede alle attività studiate e preparate dal punto di vista tecnico e delle attrezzature o materiali necessari. Nessun intervento è uguale ai precedenti e ciascuna attività richiede un tempo tecnico dettato dai prodotti impiegati e dalla situazione in cui si lavora. Tutti gli interventi vengono svolti d'intesa, documentati e relazionati con le istituzioni albanesi. Ciascuno degli interventi proposti è realizzato con l'aiuto di studenti italiani e albanesi, lavoratori locali e con il personale del Parco Archeologico di Phoinike, cosicché si trasmettano le competenze basilari e la necessità d'attenzione e monitoraggio di particolari fenomeni che possono essere spesso preludio di più gravi problemi. Il fine ultimo di queste attività è la creazione di una comunità di buone pratiche popolata da persone attente alla conservazione, che ne percepiscano le potenzialità, che instaurino un collegamento identitario con il sito in cui operano e che siano in grado di attuare meccanismi di salvaguardia basilare, per esempio mettere in sicurezza un manufatto e richiedere un intervento immediato a professionisti dedicati.
Il prof. Giuseppe Lepore, dott. Michael Benfatti (Università di Bologna) e dott.ssa Emma Cantisani (CNR - Firenze) condividono alcune riflessioni sul tema del pronto intervento conservativo e della conservazione di materiale archeologico. Un seminario svolto in occasione del Webinar cycle "Le ricerche archeologiche Italo-Albanesi: Ricerca, Conservazione e Sviluppo Sostenibile" in collaborazione con l'Ambasciata italiana a Tirana, Il Ministero della Cultura Albanese, Assorestauro, l'Istituto di Archeologia di Tirana, Università di Bologna, Università di Chieti-Pescara, Università di Macerata, CNR - Istituto di Scienze del Patrimonio Culturale.
Il sito di Phoinike si è prestato all'esportazione di un modello già recepito e ampiamente testato dall'Università di Bologna presso il Parco Archeologico di Pompei in occasione del Grande Progetto Pompei del 2015. In questo seminario il prof. Giovanni Michele Silani (Università della Campania Luigi Vanvitelli) e il dott. Michael Benfatti (Università di Bologna) spiegano la ricezione e traduzione del modello conservativo pompeiano in ambito albanese. Le sperimentazioni a Phoinike sono infatti ampiamente servite anche nel Parco di Butrinto dove è attiva una Missione archeologica dell'Università di Bologna, diretta dal prof. Enrico Giorgi e dalla prof.ssa Belisa Muka.