Il territorio dei Monti Sibillini, nell’Appennino centrale, si presenta come un ambiente apparentemente inospitale, ai margini rispetto alle principali vie di comunicazione tra il resto dell'Italia e l’Europa centrale.
Sin dall'antichità, il territorio è stato interessato da un popolamento sparso che sfruttava l’economia agropastorale e dell’incolto, in uno stretto rapporto con le aree più accessibili dell’Italia centrale. Il paesaggio che si è formato dall'interazione tra le comunità e il territorio stesso è molto dinamico ed è testimone delle trasformazioni storiche e sociali che lo hanno attraversato nel corso dei secoli. Questo continua ancora oggi la sua evoluzione costante.
Tuttavia, rappresenta anche un esempio di “paesaggio fragile”. Nonostante l’indubbio valore culturale, questo rischia di disgregarsi, soprattutto per via dei fenomeni di spopolamento e dell'impoverimento economico, sociale e culturale che questi portano con sé.
Trattandosi di una delle aree a maggior sismicità della Penisola, interruzioni determinate da catastrofi analoghe si sono già verificate in passato e, pur non avendo impedito alle comunità di tornare a popolare queste zone, hanno comunque accelerato i processi di marginalizzazione e hanno influenzato sempre di più la vulnerabilità delle comunità. Eventi come il sisma del 2016 mettono in luce proprio questi processi in interi Comuni nel territorio dei Monti Sibillini.
Gli eventi naturali catastrofici rappresentano una costante nella storia di questi paesaggi montani in continua rigenerazione, seppure con dinamiche differenti nelle varie epoche. Ciò fa sì che per questi paesaggi emerga ancora più forte il ruolo di contenitori dell'identità e della memoria collettiva, in cui gli spazi fisici sono strettamente legati a significati culturali e storici e possono radicare le comunità al loro passato.
Reportage fotografico che testimonia i giorni subito successivi al terremoto del 2016