Abstract

Alessandra Petrina
Università di Padova)

We are used to thinking of translation as a prominent Elizabethan activity, remembering Matthiessen’s famous dictum – “A study of Elizabethan translation is a study of the means by which the Renaissance came to England” (Matthiessen 1931: 1) – but it is equally true that translation in the Elizabethan age would not have the strength and resonance we attribute to it if it hadn’t been the result of two previous centuries of translational activity. The English Renaissance did not of course invent translation, but it woke to the consciousness of the translation act and its cultural implications.
Within this context, the relationship between Shakespeare and early modern translation is an area of research that can still surprise us. In his plays we can find the results of a reflection on the different modalities of translation that were being developed, and that in some cases had already reached a notable level of sophistication – from the semantic exploration into contemporary foreign vernaculars promoted by lexicographers such as John Florio to the re-creation and merging of different literary sources so obviously present in many of Shakespeare’s “Italian” plays. The very word translation, as used by the playwright, evokes different modalities of transformation and rebirth. Shakespeare thus moves away from a number of conventions on translation practices established in his time in order to explore new possibilities, whose development can be charted in the progress of his dramatic writing. In this paper I analyse Shakespeare’s exploration of the meaning of translation by looking at a number of plays, focussing especially on Love’s Labour’s Lost.

In her lecture, Esperança Bielsa Mialet will examine the intersection between cosmopolitanism and translation, exploring why translation has become a key element in accounts that emphasise the interaction between different cultural traditions or modernities and how, in turn, cosmopolitanism can serve to highlight transnational and ethical approaches to translation

Gian Italo Bischi, Giovanni Darconza
Università di Urbino)


Questo intervento a due voci intende mostrare come sia necessario tradurre le competenze che ciascuno studioso ha maturato nel suo ambito di studi, così da consentire uno scambio e un’elaborazione critica transdisciplinare. In questo workshop si cercherà infatti di mostrare come nel corso del Novecento sia continuato il dialogo e il parallelismo fra linguaggi e metodi della scienza e della letteratura, e come l'insorgere di nuovi paradigmi legati alla complessità, incertezza, relativismo, impossibilità di dimostrare, scollamento fra verità e dimostrabilità o addirittura mancanza di una verità, si rifletta in entrambi i campi del sapere.
Il parallelismo fra il ragionamento ipotetico-deduttivo della matematica e i procedimenti con cui gli investigatori "dimostrano la verità" nei romanzi polizieschi è evidenziato fin dall'origine di questo genere letterario. Gli investigatori dei gialli classici si comportano come scienziati, cercano prove che assumono come ipotesi per dedurre enunciati di colpevolezza. Ma la cultura del Novecento mostra una fede sempre minore nel positivismo e determinismo della scienza e si orienta verso visioni caratterizzate da incertezza e relativismo. I protagonisti della letteratura poliziesca continuano a comportarsi da scienziati, ma di una scienza profondamente cambiata, che rivisita criticamente le proprie radici, metodi e risultati. La matematica, che, con le geometrie non euclidee ha introdotto una distinzione fra assiomi e verità empirica, arriva a eliminare il legame fra vero e dimostrabile con i teoremi di incompletezza di Gödel. Inoltre la teoria del caos deterministico mette in crisi il determinismo mostrando come piccolissime incertezze nelle misurazioni (gli indizi nel caso poliziesco) possono comportare enormi differenze nelle previsioni future o nella ricostruzione delle vicende passate; si tratta di incertezze che diventano la regola nella fisica atomica dove si afferma il principio di indeterminazione che sta alla base della meccanica quantistica. Con la teoria della relatività si perdono persino i concetti assoluti di spazio e tempo, che diventano relativi allo stato di moto degli osservatori e alla presenza delle masse.

Simona Mambrini
(Traduttrice)

Una grande semplicità caratterizza la scrittura di Simenon, un autore sensoriale che utilizza tutti e cinque i sensi: le sue pagine trasudano di odori, sensazioni e immagini, descrizioni esatte come fotografie o dipinti. Simenon usa un lessico semplice, poche parole evocative, parole fatte di materia ("mots-matière" le definiva) ed è parsimonioso con gli aggettivi. La sfida è dunque quella di evitare che questa semplicità, efficace ed evocativa nell'originale, diventi insulsa nella traduzione. Le parole sono semplici, ma le opzioni della traduzione sono tante: il problema sta tutto nello scegliere ogni volta la parola giusta.
Il workshop consisterà nell'analizzare alcuni brani dei romanzi di Simenon della serie Maigret, individuare i punti chiave della struttura linguistica che rendono la cosiddetta “atmosfera Simenon” e rendere lo stesso effetto in italiano

Paola Brusasco
Università degli Studi “G. d’Annunzio” - Chieti-Pescara)
 
In the last decades, crime fiction has developed complex plots and perspectives, which go beyond the traditional chaos-to-order pattern to explore the consequences of globalization and social anxieties. In Italy, the success of Umberto Eco’s The Name of the Rose and the Montalbano series by Andrea Camilleri has revived and elevated the genre; several writers – Massimo Carlotto, Carlo Lucarelli and Giancarlo De Cataldo among others – have woven into their works social commentaries and analyses of recent mysteries, thus moving towards sociopolitical commitment (Pieri 2007). The cultural specificity of socio-historical depictions is compounded by the foregrounding of space, which can have the role of setting, maze or clue-provider, but is often described in such detail that a link can be drawn with travel writing (Maher 2013). In the metaphorical journey between languages and cultures that is translation, such marked situatedness is likely to pose problems, but at the same time it can rely on stereotyped images of Italy, which seem to be what foreign readers want. My presentation focuses on the strategies used by Lawrence Venuti, Oonagh Stransky and Antony Shugaar in their translations of Carlotto’s Arrivederci amore, ciao, Lucarelli’s Almost Blue and De Cataldo’s Romanzo Criminale with the aim to investigate if and to what extent socio-political commentaries and sense of place are conveyed through translation given the tension between its “metamorphosing practices and outcomes” (Cunningham 2005) and ways to manifest cultural specificity within a narrative that is expected to be widely readable. A computer-assisted analysis of source texts and target texts has helped to identify markers of cultural specificity as against homogenizing choices. Participants in the workshop will be invited to find examples of the two categories above and suggest other translation solutions.

Rainer Guldin’s lecture will introduce the idea of Translation as Metaphor as a field where new overlapping theoretical territories and the many cross-disciplinary movements meet and interact.

Yoko Tawada
„Porträt einer Zunge“ è il ritratto di una donna tedesca, a cui il narratore si riferisce soltanto con la lettera P, che vive negli Stati Uniti da molti anni. Il testo è sia una dichiarazione d’amore per P da parte del narratore in prima persona, sia una riflessione a voce alta sul linguaggio e sulle lingue nonché un commento auto-riflessivo. Il testo tedesco parte dal presupposto che il lettore di lingua tedesca abbia sufficiente familiarità con la lingua inglese per essere in grado di seguire le riflessioni sull’equivalenza linguistica. La stessa familiarità non può essere presupposta nel lettore inglese.
Poiché il testo invita a interagire con lui – a consultare il dizionario, ad esempio, o a pensare come mai un particolare fenomeno linguistico sembri strano al narratore – e poiché spesso non porta a termine i pensieri, una traduzione che riconosca e incorpori questa interazione e che riconosca e incameri il nuovo ambiente geografico e linguistico pare un approccio appropriato e creativo. La traduzione di Chantal Wright pone il testo di Tawada sul lato sinistro della pagina e il dialogo del traduttore con il testo su quello destro. Pertanto, la traduzione occupa la pagina in un modo che attira l’attenzione sulla presenza del narratore, sulla personale esperienza di due lingue e culture e sull’impatto che questa esperienza ha sul processo di lettura e di traduzione.