Pensatoio nella traduzione e nella messa in scena

Quale effetto doveva sortire la parola phrontisterion per il pubblico ateniese? E come recuperarlo nelle traduzioni e nelle messe in scena contemporanee?

Il testo tradito riporta il lemma al v. 94 delle Nuvole, in una posizione di particolare evidenza: il termine non solo si trova in clausola di verso, ma giunge in seguito a una breve ma enfatica attesa. Secondo una prassi consueta per la drammaturgia aristofanea, dapprima viene indicata la porta, che diverrà epicentro dell’azione scenica, e subito dopo se ne rivela l’identità (si veda la voce Porta). Anche i versi immediatamente precedenti contribuiscono a creare una crescente atmosfera di suspense, attraverso un reiterato utilizzo di diversivi che ritardano la menzione della scuola di Socrate (la richiesta a Fidippide da parte di Strepsiade di una dichiarazione d’affetto al v. 82; la preghiera di seguire i consigli paterni ai vv. 86 s.).

Si tratta di una struttura drammaturgica sapientemente costruita per suscitare sorpresa; e a questo doveva senz’altro contribuire anche l’utilizzo di un assoluto neologismo, ma dal sapore aulico e polveroso [cfr. Goldberg (1976, 256)]. I traduttori italiani scelgono per lo più una traduzione uniforme, a partire da Romagnoli (1909): «Pensatoio» [così anche Cantarella (1972); Degani (1988); Del Corno (1996); Grilli (2001); Mastromarco (1983)].

Il risultato è un effetto ormai ampiamente ‘normalizzato’, una parola che il pubblico di oggi ha senz’altro già udito e che non genera alcuna sorpresa [così Capra in Capra-Giovannelli-Treu (2010, 257)]. Un rapido viaggio nel mare magnum di Internet, guidato da un motore di ricerca, chiarisce molto bene quanto il termine sia entrato a far parte di una sottocultura ormai del tutto indipendente da Aristofane e dalla rappresentazione comica del personaggio Socrate. I primi tra i circa 190.000 risultati di Google non hanno alcun legame diretto con la commedia: spiccano «pensatoio.com», scuola on-line che offre «lezioni private, doposcuola, corsi pomeridiani», e la pagina italiana di Wikipedia dedicata a Harry Potter, che ci ricorda come il Pensatoio sia uno strumento atto a «rivedere i ricordi» (nell’originale dell’autrice J.K. Rowling troviamo invece Pensieve, ben diverso da «Thinking house» o «Thinkery», due delle traduzioni più frequenti di phrontisterion nelle edizioni anglosassoni).

Raramente le traduzioni e le riscritture italiane si pongono il problema di reinventare il vocabolo per tenere le distanze da tale debordante ricezione lessicale e, allo stesso tempo, prendere di nuovo alla sprovvista il pubblico, proprio come Aristofane mostra di voler fare con la creazione dell’originale phrontisterion.

Tra le pochissime eccezioni, va menzionato l’adattamento della drammaturga Letizia Russo per le Nuvole curate da Antonio Latella (2009). Qui la scelta è «Pensificio», termine molto meno utilizzato, che «marca la fisionomia spiccatamente commerciale della scuola dei Sofisti, in linea con l’obiettivo dominante dei nostri giorni: la produttività e l’utile personale» [cfr. Barone (2010, 1); cfr. a questo proposito anche l’equivalente traduzione «Thinking Shop» proposta da Hickie (1907)].

Per quanto riguarda la rappresentazione scenica del phrontisterion socratico, l’attenzione dei registi si concentra per lo più sulla presenza della porta – punto di accesso a un sapere che il protagonista mira ad acquisire ma dal quale rimarrà escluso – e allo stesso tempo sulla peculiare prossemica del personaggio Socrate, connotata dall’originale verbo ἀεροβατεῖν (v. 225) e rappresentata con tutta probabilità attraverso l’utilizzo della mechane. Nella già menzionata regia di Latella (2009), Socrate appare in piedi sul tetto di un teatrino che assolve contemporaneamente la funzione di thyra e di mechane; nell’allestimento siracusano firmato da Alessandro Maggi [(2011); si vedano anche le note di traduzione di Grilli (2011)], il filosofo appare in cima a una scala, mentre il Pensatoio è evocato da alcune sfuggenti linee geometriche sullo sfondo; nella più recente regia di Teatro Due (2014), Socrate fa la sua comparsa a penzoloni su un’altalena, davanti a uno striscione che segnala la presenza di un’«Accademia».

Maddalena Giovannelli @ 2016