Pensatoio nella commedia

Nelle Nuvole Strepsiade, dopo il prologo in cui espone il progetto di far addestrare il figlio Fidippide a vincere i processi per risolvere i problemi economici ai quali la passione equestre del figlio lo ha portato, indica a Fidippide un piccolo edificio, che descrive come il ψυχῶν σοφῶν φροντιστήριον, «il Pensatoio di dotti spiriti», dove abitano uomini che insegnano a vincere, con la chiacchiera, cause giuste e ingiuste (vv. 94-99). Il termine phrontisterion appare qui per la prima volta nella produzione letteraria greca: si tratta con ogni probabilità di un conio che Aristofane crea per designare una realtà nuova, la scuola filosofica di Socrate. Dal comune φροντίζειν, «riflettere, considerare», Aristofane costruisce il termine con il suffisso di luogo -τήριον [cfr. Peppler (1918)]. E, sulla base del frequente nesso tra i composti in -τήριον che indicano il luogo e i nomi d’agente in -τής che indicano la funzione o professione legata al luogo (βουλευτήριον-βουλευτής), Aristofane costruisce anche l’analogo φροντιστής, «pensatore» [v. 266; cfr. Dover (1968, 106)]. Ma da un esame più attento dei termini attici composti con -τήριον è emerso che il suffisso è in realtà raro nella lingua attica del tempo di Aristofane, mentre con maggiore frequenza si incontrano termini composti con -εῖον: il conio delle Nuvole ha implicazioni comiche che devono essere indagate [cfr. Goldberg (1976)]. Solo una dozzina di composti con -τήριον sono impiegati infatti negli autori classici, tra i quali ἐργαστήριον è il termine comune per ogni tipo di officina o bottega, mentre βουλευτήριον, «sala del consiglio, tribunale», δεσμωτήριον, «prigione», δικαιωτήριον, «luogo di pena», δικαστήριον, «tribunale, corte» sono termini che designano un’istituzione pubblica e χρηστήριον è la sede di un oracolo. Altri esempi sono offerti dalla dizione tragica: εὐνατήριον, «camera matrimoniale nella reggia» compare in Eschilo (Pers. 160), Sofocle (Tr. 918) e Euripide (Or. 590); οἰκητήριον, «dimora», compare nell’Oreste di Euripide per designare, con ironia, l’Ellade quale sede troppo ridotta per contenere il lusso che Elena ha condotto con sé al ritorno da Troia (1114). Con maggiore frequenza, Aristofane impiega termini composti con il suffisso -εῖον per designare luoghi legati a una specifica attività: βαλανεῖον per il «bagno pubblico» (Nu. 837, 1054; Ra. 1279; Pl. 952), κουρεῖον per la «bottega del barbiere» (Av. 1441; Pl. 338), πανδοκεῖον per l’«albergo» (Ra. 550), πορνεῖον per il «bordello» (V. 1283). All’elevata dizione tragica e agli altisonanti luoghi pubblici e istituzionali intende alludere quindi Aristofane con il nuovo conio phrontisterion, che compare non a caso a fianco del nesso ψυχαὶ σοφαί, di evidente registro elevato. Il luogo nel quale Socrate insegna ed esercita la sua professione di phrontistes è designato da Aristofane con un nome di conio nuovo che intende evocare nel pubblico il mondo solenne delle istituzioni della polis, da un lato, e la lingua altisonante della tragedia, dall’altro. Emerge con chiarezza il gioco comico prodotto dal contrasto fra la vaghezza dei contenuti dell’insegnamento di Socrate e la concretezza dei luoghi indicati dai composti in -τήριον, dove si svolge la vita reale dei cittadini, tra la sala del consiglio e il tribunale. Adkins (1970) scorge nel richiamo alle «anime sapienti» (v. 94) nel verso che introduce il phrontisterion un’allusione blasfema alle anime dei defunti, che possono tornare nel mondo dei vivi ma solo per un tempo breve, allusione alla quale sarebbe da ricondurre anche il ritratto successivo dei discepoli di Socrate come ἀλαζόνες e ὠχριῶντες, «cialtroni dalla faccia cadaverica» (vv. 102-103), e la battuta del discepolo-portiere che precede l’uscita dei discepoli dalla scena (vv. 198-199: «Il fatto è che non possono restare troppo tempo fuori, all’aria aperta», ἀλλ’ οὐχ οἷόν τ’ αὐτοῖσι πρὸς τὸν ἀέρα / ἔξω διατρίβειν πολὺν ἄγαν ἐστὶν χρόνον). Obiettivo di Aristofane sarebbe per Adkins suscitare nel pubblico l’avversione per Socrate profanatore dei segreti misterici, un’accusa che Platone cercherebbe di stornare da Socrate e far convergere invece sui sofisti. Ad Aristofane Platone risponderebbe ad esempio nel Protagora, dove sono i sofisti, ospiti a casa di Callia, a essere descritti come anime morte che vagano nel mondo dei vivi: tramite l’emistichio τὸν δὲ μέτ’ εἰσενόησα, «scorsi dopo di lui», che scandisce le entrate delle anime degli eroi in Od. XI, Platone descrive l’ingresso di Socrate nella casa di Clinia come una nekyia, una discesa all’Ade dell’eroe Socrate presso le anime dei sofisti. All’attacco politico di Aristofane, Platone, con intento apologetico, risponderebbe nei dialoghi tentando di dissociare Socrate dal genos dei sofisti, al quale è ascritto un effettivo atteggiamento dissacrante nei confronti dei riti misterici. Per Socrate, al contrario, Platone garantisce il rispetto per la religione della polis. Diversamente, de Vries (1973) non scorge nelle Nuvole una effettiva imitazione delle azioni rituali che potrebbe suscitare lo sdegno del pubblico nei confronti di Socrate. Al contrario, elementi solo vagamente rituali sono impiegati per costruire una situazione comica fondata sul contrasto tra la solennità con la quale la scuola di Socrate è presentata sulla scena e il contenuto risibile degli insegnamenti che Socrate impartisce. I tratti che associano la scuola di Socrate all’iniziazione misterica contribuiscono, a lato degli elementi tratti dalla dizione tragica, a costruire tale situazione comica, ma è del tutto assente una reale imitazione delle azioni rituali che coinvolgerebbe Socrate in un’implicita accusa di blasfemia da parte di Aristofane.

Mario Regali @ 2016