Phrontisterion | Φροντιστήριον
Il termine φροντιστήριον è, con ogni probabilità, una coniazione di Aristofane, volta a produrre effetti dall’alto valore ironico: del resto, esso compare nella letteratura greca fino al I secolo a.C. solo nelle Nuvole. Riguardo a questa neoformazione [cfr. Goldberg (1976)], si deve considerare che, in attico, le parole in -τηριον non sono numerose: tale suffisso denota oggetti, tarde cerimonie o funzioni religiose e luoghi; per questi ultimi, è utilizzato più usualmente il suffisso -εῖον (βαλανεῖον, πορνεῖον etc.). A parte il comune ἐργαστήριον, molti fra termini in -τηριον indicanti luoghi (δεκατευτήριον, ὁρμητήριον, φυλακτήριον o χρηστήριον) sono poco comuni; più diffusi sono quelli che designano istituzioni pubbliche, come βουλευτήριον, δεσμωτήριον, δικαιωτήριον e δικαστήριον, mentre, per il resto, simili formazioni rivelano una dizione tragica, come εὐνατήριον (A. Pers. 160; S. Tr. 918; E. Or. 590) o οἰκητήριον (E. Or. 1114).
Data questa situazione, il commediografo ha presumibilmente preso a modello termini quali βουλευτήριον, come afferma espressamente lo scolio vetus Ar. Nu. 94c: in sostanza, è plausibile che Aristofane abbia scelto una formazione che denotasse un alto livello linguistico, tale da rappresentare – certo, ironicamente – la casa di Socrate: come afferma lo scolio appena citato, il φροντιστήριον è la sede degli uomini saggi, detti φροντισταί (cfr. Ar. Nu. 266, 456, 414, 1039; X. Smp. 6,6, 7,2), che, riuniti intorno a Socrate, riflettono, senza alcuna interruzione, su quanto è oscuro (cfr. schol. vet. Ar. Nu. 94c). Costoro, in sostanza, rifletterebbero, speculerebbero e farebbero ricerche sulle questioni divine o difficili e sui fatti di grande importanza (cfr. scholl. rec. Ar. Nu. 94b-e, 137a). Tale spiegazione è sostanzialmente condivisa da Tzetzes (schol. Ar. Nu. 94): egli si oppone agli scholia vetera Ar. Nu. 94a- b, dove si discute se, in ψυχῶν σοφῶν τοῦτ᾽ ἐστὶ φροντιστήριον (v. 94), le anime o gli uomini debbano essere considerati sapienti; tali scoli, poi, vagliano se, con questa frase, Aristofane alluda all’oscura concezione socratica dell’immortalità dell’anima, così come essa viene esposta nel Fedro (245c); lo studioso bizantino, invece, mette in evidenza come il v. 94 significhi semplicemente che il φροντιστήριον è il luogo in cui i saggi riflettono sulle anime e, quindi, fanno filosofia, spiegando poi come la filosofia si occupi, fra le altre cose, della morte e della conoscenza della realtà (cfr. schol. rec. Ar. Nu. 94b).
Gli scoli recentiora, tricliniani e di Tommaso Magistro tendono a semplificare – senza profondità diacronica – il valore di φροντιστήριον, plausibilmente assimilandolo a istituzioni dell’età bizantina: il termine viene glossato con un ἀσκητήριον (schol. Th.-Tricl. Nu. 94), παιδευτήριον, σχολεῖον, διδασκαλεῖον, ἐπιμελητήριον (schol. rec. Nu. 94e, 128b, 142b, 181b, 1144c, 1487): lo scolio recentius Ar. Nu. 94f esplicitamente equipara la σχολή dei filosofi a quanto più comunemente viene detto μοναστήριον, nei fatti stabilendo una assimilazione fra il ‘pensatoio’ e il ‘monastero’: è questo, del resto, il valore di φροντιστήριον nel greco bizantino (cfr. Lampe 1491 s.v. φροντιστήριον) e tale significato si ritrova anche in Esichio (φ 912) e nella Synagogè (φ 204); lo stesso dicasi per il lessico di Fozio (φ 306) e per l’Etymologicum Magnum (800,55 s.), in cui si glossa φροντιστήριον, oltre che con μοναστήριον, anche con σεμνεῖον, che sarebbe il termine attico per ‘monastero’.
Di un certo interesse, infine, sono gli scholl. Th.-Tr. Nu. 508a, 719b. Per quanto i vv. 223 ss. sembrino piuttosto avvalorare il contrario, dato che vi si presuppone la visione del cielo e delle nuvole, gli scoli in questione sembrano intendere che il φροντιστήριον fosse sotterraneo: essi partono presumibilmente dal fatto che Strepsiade teme di entrare nel φροντιστήριον come se stesse scendendo nell’antro di Trofonio (cfr. Paus. IX 39,5), proverbiale per il turbamento che procurava in chi vi entrasse; del resto, ai vv. 140-143 (cfr. scholia ad locum) il discepolo aveva detto a Strepsiade che non era lecito rivelare i pensieri da lui partoriti ai non iniziati, essendo essi dei μυστήρια.
Stefano Caciagli @ 2016