Il termine ἔξοδος è polivalente: se Fozio (ε 1251) lo definisce come il luogo in cui i Cori uscivano, esso è spesso ricondotto a una delle partizioni del dramma attico. Fra le quattro sezioni della commedia (prologo, chorikon, episodio ed esodo) individuate dalla tradizione esegetica antica testimoniata – ad esempio – dal Tractatus Coislinianus (49-54, equivalente al XV Prolegomenon nell’edizione di Koster) l’ἔξοδος rappresenta la battuta finale – τὸ λεγόμενον –che viene pronunciata dal Coro in una pièce. Tale definizione trova riscontro nel primo Prolegomenon di Tzetzes (106-109 = XIa Koster), nei suoi Carmina de poematum generibus (16-19 = XXIb Koster), nel De partibus comoediae (= Xd Koster) e nel Prolegomenon Cramer (60-64 = XIc Koster): tale tradizione, in sostanza, è concorde nell’identificare l’«esodo» non con la scena finale della commedia, segnatamente quella antica, ma con gli ultimissimi versi che il Coro pronuncia a mo’ di commiato (oltre a τὸ λεγόμενον, si parla anche di ῥῆσις).
A tal proposito, Janko (1984, 86 e 237 ss.) mette in luce che quanto affermato dalla tradizione di cui il Tractatus è portatore contrasta con la definizione fornita da Aristotele nella Poetica (1452b22) riguardo all’esodo tragico: secondo lo Stagirita, l’ἔξοδος sarebbe la parte completa della tragedia dopo la quale non si trova più un canto del Coro (ἔξοδος δὲ μέρος ὅλον τραγῳδίας μεθ’ ὃ οὐκ ἔστι χοροῦ μέλος). L’esodo tragico, in sostanza, corrisponderebbe a una sezione ampia della pièce, in cui il Coro non canterebbe più. Taplin (1977, 472), comunque, fa notare che, nel V secolo, ἔξοδος viene generalmente usato per indicare la musica che accompagna l’uscita finale del Coro: di ciò può essere testimone il v. 582 delle Vespe, in cui la flautista prende commiato dai giudici suonando l’αὐλός, fatto che lo scolio vetus 582a (cf. 582e) sembra ricondurre alla melodia auletica propria degli esodi tragici (cf. Cratin. fr. 308 K.-A.). Non è senza valore, però, che la definizione di ἔξοδος nel Tractatus e nella tradizione affine paia, in un certo senso, essere parallela a quella che di πάροδος Aristotele offre nella medesima sezione della Poetica poc’anzi citata, quando egli dice che la parodo è la prima completa λέξις del Coro, ovvero essa corrisponde al primo discorso che il Coro compie nella pièce: in questa prospettiva, l’esodo rappresenterebbe l’ultima battuta del Coro, così come la parodo ne sarebbe la prima.
L’idea che l’esodo corrispondesse più alla battuta finale di una commedia che alla scena conclusiva è, forse, desumibile da altre fonti. In Polluce (IV 53 s.), «esodo» è annoverato fra i carmi, le odi, i canti e i discorsi in metrica, in una sezione che richiama il lessico tecnico proprio della commedia e della tragedia; in IV 108, Polluce – in una sezione in cui discute in via generale del χορός – distingue due tipi di ἔξοδοι, l’esodo che segue la parodo e precede l’ἐπιπάροδος (una sorta di seconda parodo) e quello finale, che segna l’allontanamento del Coro dalla scena; il μέλος ἐξόδιον, invece, è il canto compiuto dai coreuti, quando essi escono. Quest’ultima notazione è congrua con quella che figura nello scolio triclinianum 270 alle Vespe, in cui si nota che gli ἐξοδικά ο gli ὑποχωρητικά (ossia i canti compiuti quando il Coro si ritira o arretra) sono quelli cantati nell’esodo di una pièce: Triclinio, in effetti, fa l’esempio dei vv. 1208 s. (οὐκέτι τοίνυν γ’ εἰκὸς μέλλειν οὐδ’ ἡμᾶς, ἀλλ’ ἀναχωρεῖν / εἰς τοὔπισθεν· δεῖ γὰρ κατόπιν τούτων ᾄδοντας ἕπεσθαι, «non è più opportuno che noi indugiamo, ma bisogna arretrare: / è necessario, infatti, che, cantando, andiamo dietro costoro), ossia egli cita i versi che chiudono il Pluto. A una battuta finale del Coro fa riferimento lo scolio vetus 1535 alle Vespe, che commenta l’espressione ἀλλ’ ἐξάγετ’ εἴ τι φιλεῖτ’(ε), «ma conduceteci fuori, se siete d’accordo»: tale frase, per lo scolio, risulta un invito a compiere l’esodo dei personaggi della pièce.
Se si intende «esodo» con l’accezione più ampia di scena finale – seguendo così la formulazione di Aristotele e applicandola alla commedia – è giocoforza identificalo con il κῶμος.
Stefano Caciagli © 2016