Nel corso del IV secolo d.C. il santuario di Asklepios a Kos, sede delle pratiche religioso-terapeutiche celebri in tutto il Mediterraneo antico, viene abbandonato. La cristianizzazione dell’isola porta ad una sostituzione dei centri aggregativi della vita pubblica, spesso tuttavia senza che si verifichi uno spostamento degli abitati. Anche in città è attestata una sostanziale continuità d’uso dell’impianto di età romana: gli isolati continuano ad accogliere spazi adibiti alle funzioni comuni e dimore private, spesso riccamente decorate con pavimentazioni a mosaico e a tarsie marmoree.
L’elemento di novità, in questo periodo, è la costruzione di nuovi edifici di culto: tra il IV e il VI secolo il vescovo di Kos, per le proprie prerogative religiose e per le possibilità di investimento economico, promuove un’intensa attività edilizia in tutta l’isola. Alle costruzioni, tuttavia, contribuisce a volte la stessa popolazione: per la decorazione musiva della grande basilica di Mastichari, sulla costa settentrionale, ad esempio, offre denaro anche una donna di nome Eustochiani, l’unica ricordata nella tarda antichità come proprietaria di una nave. L’attività mercantile, del resto, costituisce uno degli aspetti economici prevalenti a Kos, sosta obbligata sulla rotta che portava il grano egiziano verso la nuova capitale, Costantinopoli.