L'Europa e l'Italia fra la guerra e la pace
“Editoria è conoscenza degli uomini”
Giulio Einaudi
«Nous étions libérés. Dans les rues les enfants chantaient: Nous ne les reverrons plus. C'est fini. Ils sont foutus. Et je me répétais: c'est fini, c'est fini, c'est fini.»
«La guerre était finie: elle nous restait sur les bras comme un grand cadavre encombrant, et il ny avait nulle place au monde pour l'enterrer»
Simone de Beauvoir all'inizio del terzo volume della sua autobiografia, La forza delle cose (edito in Francia col titolo La force de choses nel 1963), esprime la felicità della fine della guerra, il ritorno alla vita, e al tempo stesso la consapevolezza dell'imbarazzante peso di un "cadavere" («Siamo liberati… nelle strade i bambini cantano… La guerra è finita: ci resta sulle braccia come un cadavere ingombrante che in nessun posto si potrà seppellire») che sarebbe stato ben difficile rimuovere. La guerra aveva prodotto in tutta Europa degli strappi forti nel tessuto culturale, imponendo migrazioni, censure, abbandoni o scelte dolorose. Ovunque ci fu chi, credendo nel valore salvifico dei libri, continuò a produrne, ma certamente ferite gravi furono inferte anche al corpo della letteratura.
Quella che fu una linea di resistenza culturale, durante la seconda guerra mondiale, diventò al momento della pace un fermento potentissimo che fece da humus per nuove proposte. Già dal '45 verranno progettate quelle linee di mercato letterario che produrranno nel decennio '50-'60 un vero e proprio boom editoriale. E anche l'Italia si trovò, finalmente, protagonista di questa nuova temperie.
Dal '45 al '63: abbiamo individuato questi due anni come margini estremi di un'epoca costituita da una serie di importanti avvenimenti culturali (pubblicazioni, emergere di autori e di editori, premi letterari, polemiche, correnti…) che possono a buon diritto essere considerati emblema di un passaggio, dalla guerra alla pace appunto, e di un modo di intendere la letteratura che poi, a partire dal '63, annus mirabilis per una serie di concatenate occasioni, non sarà più lo stesso. Dal '45 al '63 si espande un ventennio in cui la letteratura fa i conti con il mercato librario, in cui la categoria dei lettori assume una sua fisionomia, in cui la funzione delle case editrici diventa nel bene e nel male potentissima. Solo per caso, le parole di Simone riportate sopra si riferiscono al '45 e furono pubblicate nel '63. Ma è davvero solo un caso?
Di fatto l'Europa alla fine della seconda guerra mondiale è messa di fronte ad una crisi molto acuta, crisi di cultura, crisi di una nuova democrazia da partorire, e si fa strada l'idea che l'attività editoriale sia in grado di trascinare non solo la trasformazione della coscienza, ma anche reali cambiamenti della società. In questo ruolo di mediazione, l'editoria diventa componente fondamentale del carattere di un'epoca, ed occasione di progresso sociale.
Proviamo a disegnare la situazione attraverso tre fenomeni che possano offrire l'interpretazione dello stato delle cose in Europa sotto la seconda guerra mondiale dal punto di vista culturale, nelle due componenti di distruzione ma anche di impulso alla ricostruzione.
1.1 La Francia: les Editions de Minuit
Con lo scoppio della guerra gli editori francesi avevano dovuto limitare alquanto le edizioni per via della mobilitazione generale, ma anche per la censura esercitata dall'agosto '39 dal Commissariato Generale dell'Informazione di Vichy. La prestigiosa rivista "Nouvelle Revue Francais", edita da Gallimard, era pienamente asservita agli invasori. Tutto un ambito della letteratura contemporanea (ad esempio le opere di Proust, di Gide, dei surrealisti), erano state accusate di minare il morale del paese e di contribuire alla sua disfatta. La censura e i decreti antisemiti eliminarono dal circuito ufficiale un altro settore della letteratura: scrittori ebrei come Kafka, Freud, Marx vengono messi al bando così come gli Inglesi e gli Americani Per opporsi a tutto questo ed anche per lanciare un'immagine non così negativa della Francia all'estero («la prova della sopravvivenza della vita spirituale francese»), nel 1941 Pierre de Lescure e Jean Bruller (conosciuto con lo pseudonimo di Vercors) fondano Les Editions de Minuit che nel nome richiamano giustappunto la natura sotterranea, clandestina, notturna del lavoro svolto. Scriverà Vercors:
« la naissance, l'existence et la réalité pratique d'une telle maison avec son mouvement de pensée, ne serait-ce pas pour l'étranger la preuve de la survivance sous la botte nazie de la vie spirituelle française ? »
Uno dei primi libri pubblicati è proprio la novella resistenziale Le silence de la mer di Vercors. I contatti clandestini si intensificano, si scambiano i testi fra Londra e Parigi per venire poi paracadutati sulla capitale inglese così come avvenne per il poema di Paul Eluard "Liberté".
L'attenzione verso le voci straniere va crescendo. Domina l'inglese con una predilezione per la produzione americana verso la quale c'è un grande interesse. Nel febbraio del 1944 le Editions de Minuit pubblicheranno Nuits noires di Steinbeck, alla fine di quello stesso anno Gallimard ristamperà Addio alle armi di Hemingway. Riprende con più vigore quella teoria dell'engagement di cui Jean Paul Sartre sarà fautore. Hemingway, Sartre: proprio con loro tra il '46 e il '48 l'editore Arnoldo Mondadori (mentre era esule in Svizzera) inizia il suo lungo rapporto editoriale e intellettuale che porterà alla pubblicazione dei due autori in Italia.
1.2 L' Inghilterra: George Orwell
Animal farm. A fairy story ( La Fattoria degli Animali) fu concepita a partire dal 1937 durante la permanenza del giornalista Orwell in Spagna, e conclusa nel 1943. Per il suo contenuto altamente irriverente nei confronti dell'Unione Sovietica, all'epoca alleata della Gran Bretagna contro la Germania nazista, Orwell riuscì a pubblicare l'opera solo nel 1945. La prima edizione (Secker and Warburg, London) vendette in pochi mesi la tiratura di 4.500 copie e ne furono immediatamente ristampate altre 10.000. Nella prefazione, intitolata "Libertà di stampa", lo scrittore afferma la propria libertà intesa come « diritto di dire alla gente ciò che essa non vuol sentire». Nel 1948, ma pubblicato l'anno dopo, scrive 1984, dove la denuncia al totalitarismo diventa ancora più esplicita. 1984 fu pubblicato in Italia nella collana mondadoriana "Medusa" nel 1950, tradotto da Gabriele Baldini.
1.3 La Germania: Fischer e Surhkamp Verlag
Interessante la geminazione che fu prodotta per questioni politiche all'interno dell' antica casa editrice Fischer. Nel gennaio 1933 Samuel Fischer, l'editore della S. Fischer Verlag a Berlino, che vantava tra i suoi fondatori Thomas Mann, fu costretto a lasciare la Germania in quanto ebreo e a fondare una succursale a Vienna. Peter Surhkamp, allora suo redattore, proseguì l'attività e la diresse fino al suo arresto nel 1944 da parte della Gestapo, a seguito del quale venne torturato e rinchiuso in un campo di concentramento. Rilasciato nel febbraio del 1945, per un dissidio sorto sul futuro editoriale del gruppo, Peter Suhrkamp restituì la casa editrice a Bermann-Fischer e ne fondò una sua, la Suhrkamp Verlag. Agli autori più illustri legati alla Fischer venne lasciata la facoltà di scegliere con quale dei due editori pubblicare: così, 33 dei 48 autori, tra cui Bertolt Brecht e Hermann Hesse, decisero di passare alla Suhrkamp.
Nel 1950, la Suhrkamp Verlag stampò opere di Hermann Hesse, Rudolf Alexander Schröder, Hermann Kasack, T.S. Eliot, Max Frisch, Theodor W. Adorno, Walter Benjamin e Bernard Shaw, così come i lavori di Bertolt Brecht, che tornato a Berlino Est nel 1948 aveva scritto a Peter Suhrkamp: «Vorrei davvero essere a tutti i costi nella casa editrice diretta da Lei».
In Italia Brecht sarà tradotto e pubblicato da Einaudi.
Così li definisce Gian Carlo Ferretti [2004] che al mondo dell'editoria ha dedicato tanti libri: editori protagonisti. Sono di cultura ed estrazione diversissima, ma tutti capaci «di imprimere un'identità editorial-letteraria alla propria impresa al fine di costruire un proprio pubblico». Si tratta degli editori che hanno fondato le loro grandi imprese proprio a cavallo della seconda guerra mondiale. Ad ogni casa editrice, Ferretti affianca una etichetta caratterizzante: la Mondadori è un'istituzione, la Rizzoli un impero, Bompiani un club, l' Einaudi un laboratorio. La loro presenza nel panorama culturale italiano nasce dal
«rapporto consapevole tra l'editore, il suo progetto, i suoi funzionari e consulenti, i suoi redattori, la sua macchina, e si realizza nella politica d'autore, di collana e di prodotto».
Gli editori protagonisti erano titani dalla forte personalità (e dalle grandi contraddizioni), caratterizzati spesso da gusto per il libro ben fatto, senso pratico e grande fiuto; i quali costruivano veri e propri rapporti continuativi, tra armonie e conflitti reciproci fecondi, con gli scrittori. Ne abbiamo individuati cinque, che vediamo qui negli anni fondativi, seguiti da una figura eccentrica, il "padre" degli agenti letterari italiani.
2.1 Arnoldo Mondadori
La casa editrice viene fondata a Ostiglia nel 1907 dalla collaborazione di Arnoldo Mondadori (nato nel 1889) con Tomaso Monicelli (il padre del futuro regista Mario). Arnoldo non ha neppure finito le scuole elementari, ha lavorato giovanissimo come garzone, come venditore e poi come tipografo ed è soprannominato "incantabiss", "incantaserpenti" per la sua voce seducente. La novella casa editrice pubblica i primi testi (la collana "La lampada" per l'infanzia) nel 1912; poi si trasferisce a Milano specializzandosi in riviste popolari ("Il Milione", "Il secolo illustrato"). Nel 1933 vara la prestigiosissima collana di colore verde "La Medusa", dedicata alla letteratura straniera; il primo volume fu Il grande amico di Alain-Fournier tradotto da Enrico Piceni. Limitata dalla censura fascista tra il '38 e il '42, contribuì subito dopo a diffondere la cultura americana.
Per evitare i bombardamenti nel 1942 la sede e le redazioni si trasferiscono sul lago Maggiore, dove dopo l'8 settembre 1943 vengono però requisite dal governo della Repubblica Sociale Italiana. La gestione viene commissariata e la famiglia Mondadori si rifugia in Svizzera.
Dopo la guerra Arnoldo Mondadori riprende possesso dell'azienda e ne avvia la ricostruzione con il recupero delle macchine di stampa trafugate dai nazisti e con l'acquisto, grazie anche ai contributi del Piano Marshall, delle nuove rotative americane necessarie per lo sviluppo dell'attività nei periodici.
Fiducioso nel suo intuito, Arnoldo si rivolge al pubblico femminile con Bolero Film e Confidenze, lancia nuove collane di alto livello letterario, tra cui i Classici contemporanei italiani (1946) e i Classici contemporanei stranieri (1947), rilancia i generi bloccati dal fascismo riprendendo nel 1946 i Libri gialli che raggiungono in breve le centomila copie al mese, e Topolino (che era stato introdotto in Italia dall'editore fiorentino Nerbini nel 1932).
La filosofia editoriale di Arnaldo poggiava sullo scambio epistolare tra autore ed editore: ne sono testimonianza i carteggi conservati presso la fondazione Mondadori accessibili on line.
Arnoldo fu affiancato per un primo periodo dal figlio maggiore Alberto, corrispondente di guerra, fondatore di riviste importanti come il Tempo ed Epoca, che poi si separerà dal padre per contrasti fondando la casa editrice il Saggiatore.
2.2 Angelo Rizzoli
Nato - come Mondadori - nel 1889, cresciuto nel Collegio dei Martinitt a Milano, figlio di un ciabattino analfabeta che morì prima che lui nascesse, Angelo Rizzoli conobbe la più cruda povertà e imparò il mestiere di tipografo proprio in orfanotrofio. A vent'anni iniziò la sua carriera di imprenditore nel campo dell'editoria in una piccola sede tipografica a piazza Carlo Erba e, subito dopo la guerra, vicino al parco Lambro, in un moderno stabilimento.
Nel 1927 acquistò dalla Mondadori il bisettimanale Novella sul quale, al tempo, venivano pubblicati racconti di D'Annunzio e Luigi Pirandello; nel 1930 Novella divenne un periodico femminile, raggiungendo la tiratura di 130.000 copie.
A Novella seguirono Annabella, Bertoldo, Candido, Omnibus, Oggi e L'Europeo.
Dopo i periodici, Rizzoli iniziò nel 1949 a pubblicare anche libri scegliendo con lungimiranza una politica editoriale "economica" con i libri della collana BUR (Biblioteca Universale Rizzoli), 4 libri classici a prezzi popolari: i famosi volumetti "grigi", formato 10,5 per 15,7 centimetri, prezzo 50 lire, che dal 1949 hanno offerto alle classi meno abbienti l'opportunità di avvicinarsi alla lettura. Erano stati i consulenti Paolo Lecaldano e Luigi Rusca a convincere l'editore a dare vita a una collana di classici a prezzo molto contenuto destinata al grande pubblico, ispirata al sistema modulare dell'editore tedesco Reclam. Primo titolo pubblicato i Promessi Sposi, quindi Teresa Raquin di Zola e Il fantasma di Canterville di Wilde. La tiratura iniziale era 10.000 copie, ma il successo fu talmente grande, parallelo alla voglia di cultura di un'Italia uscita dalla guerra, che pochi mesi dopo lo standard salì a 20.000 copie, poi a 30.000, quando la tiratura media in Italia allora si attestava attorno alle 3000 copie. Un successo considerato di tale portata che l'Unesco nel 1952 attribuisce alla Bur il titolo di "iniziativa di importanza e interesse mondiale". Alle figure di Mondadori e di Rizzoli la Rai ha dedicato una puntata video di "La storia siamo noi" ( http://www.lastoriasiamonoi.rai.it/puntata.aspx?id=478 )
2.3 Giulio Einaudi
La casa editrice Einaudi viene fondata nel 1933 da un gruppo di amici, allievi del liceo classico D'Azeglio di Torino e, seppure in anni e in classi diverse, tutti allievi del professore Augusto Monti, che li aveva educati ai valori della cultura, della libertà e dell'impegno civile. Intorno al più giovane di loro, Giulio Einaudi (nato nel 1912, da Luigi, che sarà il primo presidente della Repubblica Italiana dal 1948 al 1955), si erano raccolti Leone Ginzburg, Massimo Mila, Norberto Bobbio, Cesare Pavese, affiancati successivamente da altre figure come Natalia Ginzburg (moglie di Leone) e Giaime Pintor. Il progetto editoriale che ne nasce intende intervenire nel campo della storia, della critica letteraria e della scienza «con l'apporto di tutte le scuole valide, non appiattite dal prevalere della politica sulla cultura». La conduzione è collegiale e i collaboratori sono amici e sodali.
Una cura particolare è dedicata alla fattura dei libri: la carta, la legatura, le copertine (le prime furono dipinte da Guttuso, Ajmone, Peverelli, Menzio) e anche la grafica, per la quale l'Einaudi sarà all'avanguardia grazie alla collaborazione di maestri come Albe Steiner e Max Huber e poi Bruno Munari.
Giulio Einaudi e soprattutto i suoi più stretti collaboratori devono fare i conti con arresti, condanne al confino, ma l'attività editoriale si interrompe solo con l'8 settembre 1943. La lotta di resistenza disperde tutti. Leone Ginzburg e Giaime Pintor muoiono tragicamente. Giulio Einaudi si rifugia in Svizzera, poi rientra in Italia unendosi alle brigate garibaldine in Val d'Aosta, e nel 1944 a Roma incontra Palmiro Togliatti; è l'inizio di una serie di contatti dai quali scaturirà, fra il 1947 e il 1951, la pubblicazione di Lettere dal carcere e dei Quaderni di Antonio Gramsci.
Dopo la guerra il lavoro editoriale sarà affidato ad intellettuali e scrittori di spessore come Elio Vittorini, Natalia Ginzburg, Luciano Foà, Giulio Bollati, oltre a Cesare Pavese. Nel 1946 comincia a gravitare attorno alla casa editrice Einaudi Italo Calvino vendendo libri a rate. Passato dagli studi di Agraria a quelli di Lettere, si dedica alla stesura del suo primo romanzo che conclude negli ultimi giorni di dicembre, Il sentiero dei nidi di ragno, con il quale partecipa a un concorso promosso dalla Mondadori. Il romanzo non vinse, ma Cesare Pavese lo propose a Giulio Einaudi, che accettò di pubblicarlo, dando così inizio a un rapporto con Calvino che sarebbe proseguito per gran parte della sua vita, in veste di autore, di consulente, di redattore e direttore di collane.
2.4 Valentino Bompiani
Proveniente da una famiglia ricca e aristocratica, di tradizioni militari, si avvicinò all'editoria con un apprendistato di circa cinque anni presso la Mondadori, prima come segretario di Arnoldo e poi come segretario generale, e nel 1928 fece una breve esperienza presso la casa editrice Unitas (specializzata in testi scolastici e periodici), che a breve subirà il fallimento per aver pubblicato senza permesso una parodia dei Promessi Sposi di Guido da Verona. Valentino Bompiani fondò la sua casa editrice (non comprensiva di tipografia, come invece erano Mondadori e Rizzoli) nel 1929 a Milano.
Nel '39 Bompiani conferì a Vittorini l'incarico di dirigere la collana "Corona" e di curare l'antologia di scrittori americani Americana che, a causa della censura fascista, venne pubblicata solamente nel 1942 e con tutte le note dell'autore soppresse (l'edizione integrale uscì nel 1968). Vittorini pubblicò per Bompiani il suo romanzo Uomini e no (1945) e lavorò per lui tra il 1938 e il 1943.
La Capria [1955] ricorda l'elegante formato "gotico" in cui uscirono Cronin, Caldwell e Steinbeck, ma anche Alvaro, Moravia, Brancati, Vittorini: «la gente si accorgeva che esistevano anche romanzi italiani che potevano ben reggere il confronto con gli stranieri».
Tra il gennaio del 1943 e la Liberazione la censura blocca la stampa della Dickinson e di Conrad, ordina il sequestro di Il Volga nasce in Europa di Curzio Malaparte e tra le opere della collana "Corona" non concede il nulla osta a Gide, a Proust, a Cocteau.. La stampa di Salò non manca di attaccare l'attività della Bompiani. Si legga l'ironico commento su "Il Fascio" del 22 ottobre 1943 [Piazzoni 2007]:
«Quale magnifica prova di coerenza continuano a dare gli editori e i librai italiani, almeno quelli di Milano. Certo in prima fila sta l'editore Bompiani – l'editore di quell'incrocio di giudeo e di slavo Alberto Moravia (…) – l'editore Valentino Bompiani che subito accolse nella sua casa l'ebreo avvocato Falco allorché questi, per le leggi razziali, non poteva più esercitare la professione forense, e che scelse pure come proprio braccio destro quell' 'americanista' Elio Vittorini di cui parlammo nel numero scorso»
Tra il 1945 e il 1950 con un lavoro immane (in casa editrice l'opera era soprannominata "L'arca di Noè") fu completato il Dizionario letterario delle opere e dei personaggi di tutti i tempi e di tutte le letterature, in tredici volumi, a cura di Celestino Capasso, Paolo De Benedetti e la revisione filologica di Carlo Cordiè, ideato già dal '38 con lo scopo di «mettere in salvo, con la memoria e lo studio di chi conosceva direttamente le opere, tutto ciò che l'uomo ha pensato e scritto nei millenni, dalle origini ad oggi».
2.5 Aldo Garzanti
Forlivese, figlio di un maestro elementare ex-garibaldino e quindi allevato agli ideali risorgimentali, allievo all'università di Bologna di Giovanni Pascoli, Aldo Garzanti fu all'inizio insegnante e poi imprenditore chimico, finché nel '39 non rilevò la prestigiosa Fratelli Treves, la casa editrice di D'Annunzio, Verga, de Amicis e Pirandello - costretta a chiudere per le leggi razziali - continuandone la linea editoriale. La nuova sede di Forlì riesce a conquistare un buon numero di lettori con Il mulino del Po, romanzo di Riccardo Bacchelli, uscito nel 1940, che nel giro di tre anni raggiunge le 100.000 copie vendute.
In una lettera del 24 marzo 1942 Aldo Garzanti rispondeva alla lettura di un breve testo (Essi pensano ad altro) arrivato da Reggio Emilia a firma Silvio D'Arzo. Garzanti ammetteva di trovarsi preso in una «martellante e ossessionante allucinazione» dove il lettore, necessariamente coinvolto nel gioco, doveva «[…] per molte e molte pagine aspettare, attendere, sperare». Ma infine Garzanti ne rifiutò la pubblicazione, così come già Bompiani, nella persona di Emilio Cecchi ed Einaudi, attraverso Pavese e la Ginzburg, avevano rifiutato Casa d'altri (che uscì poi per Vallecchi).
Dopo i pesanti danni subiti nel 1943 per i bombardamenti, che distrussero anche gli archivi, Aldo Garzanti avvia un piano di ricostruzione: nel '44 affida a Gio Ponti la costruzione del palazzo Garzanti in via della Spiga a Milano (la sede che poi negli anni ottanta sarà affrescata da Tullio Pericoli); si dedica poi alla Fondazione Garzanti a Forlì, affidando la casa editrice milanese al figlio Livio che l'ha diretta dal '52. E' lui, Livio Garzanti, che per personalità può entrare nella "cinquina" degli "editori protagonisti".
2.6 La figura dell'agente letterario
Quella dell'agente letterario è una professione ormai stabile dell'editoria: l'industrializzazione del mercato del libro, il conseguente aumento delle dimensioni di alcune case editrici, la diversificazione delle attività al loro interno lo richiedono. Inizialmente, in Italia l'agente letterario si occupava soltanto dei diritti dei titoli stranieri che venivano "importati". È con Erich Linder che l'agente letterario acquisisce nuove funzioni editoriali; egli viene definito "il padre di tutti gli agenti letterari italiani".
Nato in Galizia nel 1925 da madre polacca e padre rumeno, fu tra le più autorevoli e influenti figure dell'editoria mondiale, rappresentando 10.000 autori tra i quali Pound, Mann, James Joyce, Kafka, Roth, Brecht, Salinger, e i più importanti in Italia.
Immigrato in Italia prima della seconda guerra mondiale, colpito con la sua famiglia dalle discriminazioni razziali, frequentò la scuola ebraica romana. Durante la guerra riuscì con avventure rocambolesche a sfuggire ai tedeschi, per poi raggiungere l'esercito alleato con cui rimase sino alla fine della guerra. Conosceva perfettamente cinque lingue. Augusto e Luciano Foà lo coinvolsero a collaborare all'impresa delle nuove Edizioni Ivrea di Adriano Olivetti e in seguito, per la sua competenza di traduttore, con la casa editrice Bompiani. Nel 1951 assunse la guida della Agenzia Letteraria Internazionale, ALI, fondata nel 1898 da Augusto Foà e lasciata da Luciano che era stato chiamato da Einaudi a sostituire Cesare Pavese dopo il suicidio. L'ALI sotto la guida di Linder divenne tra le più importanti agenzie letterarie al mondo, e forse la più importante in Europa.
Alla domanda «Chi è un agente letterario?» Linder stesso [1980] rispondeva:
«Un agente letterario è un amministratore di autori. Non c'è nessuna ragione perché si debbano avere dei commercialisti, degli avvocati e perché invece gli autori non debbano far gestire i loro affari da qualcuno che conosca il mestiere: gli autori dovrebbero scrivere libri»
In un convegno internazionale a lui dedicato (il cui resoconto si trova sul sito della Fondazione Mondadori: www.fondazionemondadori.it) , Inge Feltrinelli ricorda:
«Era un uomo molto rispettato e anche un po' temuto. Incuteva una certa soggezione: perdere la sua simpatia poteva significare perdere anche la possibilità di pubblicare autori cui si teneva molto. Abituati a fare da soli, sia nella fase di scouting sia in quella, più delicata, delle trattative contrattuali, gli editori italiani nel dopoguerra dovettero fare i conti con Linder e accettarlo come interlocutore. (…) Linder aveva una grande idea del proprio ruolo, consapevole che con i suoi sì o i suoi no finiva con il dar forma ai programmi letterari del mondo librario italiano.»
E Leonardo Sciascia:
«Stando con lui, al fatto economico, alla sicurezza di ricevere diritti e compensi, si accompagnava la possibilità di comunicare con gli editori, e specialmente con gli editori stranieri, il farsi sentire, l'avere – per così dire – voce in capitolo»
Come la Beauvoir, ma in forme proprie, una scrittrice nostrana rappresentò in presa diretta l'atmosfera italiana alla fine della guerra: lo ha fatto con una poesia intitolata Memoria, pubblicata sulla rivista "Mercurio" a Roma nel '44, di cui riportiamo i primi versi:
Gli uomini vanno e vengono per le strade della città
Comprano cibi e giornali, muovono a imprese diverse.
Hanno roseo il viso, le labbra vivide e piene.
Sollevasti il lenzuolo per guardare il suo viso,
ti chinasti a baciarlo con un gesto consueto.
Ma era l'ultima volta. (….)
Si sente la desolazione per le stragi – Natalia Ginzburg [Ginzburg 1999], l'autrice in questione, perse il marito Leone per mano nazifascista – ma anche la voglia di ricostruire, di comprare cibo e giornali, di nutrirsi di nuovo in ogni senso: la stessa impressione che si ricava dal diario di Simone de Beauvoir, una commistione di morte e di vita che colpisce. Gli editori italiani, attraverso libri e riviste, si pongono questo obiettivo, una rinascita su basi nuove ma anche un mettersi in campo accanto all'Europa.
Eugenio Scalfari ha più volte ribadito nei suoi interventi su "La Repubblica" l'importanza della letteratura nella formazione di un' identità europea. Esiste un' Europa della letteratura? Esiste un canone identitario, una biblioteca condivisa in cui i lettori europei possano identificarsi per gusto, per sintonia culturale ed anche per emozioni sentimentali? Se esiste, probabilmente si è formata per noi proprio tra la guerra e la pace, ad opera di autori come Calvino, Vittorini, Pavese, Ginzburg, Sereni, che costruirono letteralmente l'editoria letteraria italiana, in qualità di curatori, traduttori, proponenti o giudici di case editrici diverse. Una circolazione di voci e di saperi che caratterizza gli anni del dopoguerra.
3.1 Le riviste-laboratorio: Il Politecnico
Nell'urgenza della ricostruzione, molti editori giocarono la carta delle riviste, come strumenti per indicare la propria linea culturale e far interagire intellettuali e scrittori. Una sorta di laboratorio in cui far maturare quel che veniva poi pubblicato in libro.
Il Politecnico fu un settimanale di cultura contemporanea fondato da Elio Vittorini. Il primo numero, pubblicato da Einaudi, esce il 29 settembre 1945. Dal n° 29 la rivista diventa mensile. Nei primi tempi il giornale veniva anche affisso ai muri di Milano e distribuito in edicola al costo di 12 lire.
La redazione era composta da Franco Calamandrei, Franco Fortini, Vittorio Pandolfi. La grafica, di grande modernità, era a cura di Albe Steiner. L'articolo di fondo era quasi sempre di Vittorini, e poi seguivano articoli di economia, filosofia, politica, critica d'arte, testi poetici e narrativi anche stranieri con nuove traduzioni Il proponimento civile del gruppo era chiaro:
«Non più una cultura che consoli nelle sofferenze, ma una cultura che protegga dalle sofferenze, che le combatta e le elimini». (numero 1)
E ancora, nel numero 2 della rivista:
«Non cerchiamo di riportare le varie tecniche (e ripetiamo: politica o poesia, economia o teatro, sociologia o arti figurative) ai concreti motivi umani da cui hanno avuto origine (…) Noi pensiamo che la cultura debba partecipare attivamente alla rigenerazione della società. E come la società non può rigenerarsi che dal basso, attraverso l'opera delle classi lavoratrici, noi pensiamo che la cultura, per partecipare effettivamente alla rigenerazione della società, debba immedesimarsi con le classi lavoratrici, facendo proprie le aspirazioni loro secondo il loro spirito rinnovatore».
La rivista condusse un'importante battaglia culturale, impegnandosi su tutti i fronti della realtà contemporanea, pubblicando documenti letterari e politici (traduzioni da Hemingway, Wright, Michaux, Pasternak, Brecht, ecc.) insieme a voci sino ad allora inedite in Italia (le prime lettere dal carcere di Gramsci, le prime traduzioni di Lukàcs, i contributi di Sartre e di Simone De Beauvoir). Nel dicembre del 1947, per polemiche interne ed esterne, la rivista cessò le pubblicazioni.
3.2 Altre riviste letterarie
Risalente al 1925, prese nuovo vigore nel 1946 La fiera letteraria, con una redazione composta di da Corrado Alvaro, Emilio Cecchi, Gianfranco Contini e Giuseppe Ungaretti, cui si unì Alberto Savinio. In breve tempo divenne la rivista-manifesto della Rizzoli.
Letteratura, trimestrale fondata nel 1937 a Firenze e diretta da Alessandro Bonsanti, puramente letteraria ma aperta alla cultura europea, scherzosamente definita "il mattone" da uno dei suoi prestigiosi collaboratori, Carlo Emilio Gadda, chiuse una prima serie nel '47.
Quasi contemporanea a Firenze fu fondata Belfagor, per iniziativa del critico Luigi Russo, impostata sull'approccio scientifico e metodologico della cultura..
Vita breve, ma un ruolo importante, ebbe la rivista Sud edita a Napoli dal 1945 al 1947, cui collaborarono Anna Maria Ortese, Luigi Compagnone, Raffaele La Capria, Rocco Scotellaro, Vasco Pratolini.
Tra il '48 e il '60 uscì semestralmente Botteghe oscure, fondata da Marguerite Caetani (l'iniziatrice della francese, prestigiosa Commerce): divisa in quaderni, pubblicava letteratura italiana, francese, inglese, dando spazio agli "oscuri", ai giovani, avvertendo la «fertilità del momento» come scrisse uno dei redattori stabili, Giorgio Bassani.
Infine è da segnalare la rivista Comunità edita dalle "Nuove Edizioni di Ivrea" volute da Olivetti, l'imprenditore intellettuale che mescolerà industria e letteratura negli anni sessanta.
3.3 La narrativa: romanzi di guerra
Un elemento che accomunò tutti gli editori usciti dal conflitto fu il bisogno di testimoniare le esperienze di guerra "in diretta"; e uscirono libri-documento, libri-cronaca, dal Vittorini di Uomini e no (Bompiani '45) al Tobino de Il deserto della Libia (Mondadori '51) al Calvino de Il sentiero dei nidi di ragno (Einaudi '47). Si trattava per lo più di libri "a caldo", come riprese dirette della vita vissuta, con ritmi scabri, linguaggio scarno anche al di sopra delle ideologie che sostenevano (chi scriveva dal fronte esterno, chi dalla Resistenza interna, chi dal fronte neofascista come il Rimanelli de Il tiro al piccione che doveva uscire per Einaudi su interessamento di Pavese e poi fu pubblicato da Mondadori nel '51, chi dalle file badogliane come il Fenoglio de I ventitré giorni della città di Alba, Gettoni Einaudi '52). Era il momento in cui le cose da dire contavano più del modo, o in cui il modo contava tanto più quanto era immediato, evidente, realistico. Come segnala Pullini [Pullini 1965], la narrativa si innestava in un terreno più vasto di quello specifico: tra letteratura e cronaca e storia e dibattito politico c'era una osmosi. magari confusa, talvolta indirizzata ad altri fini. Italo Calvino nella prefazione del '64 al Sentiero dei nidi di ragno seppe trovare le parole giuste per esprimere quel momento:
«L'esplosione letteraria di quegli anni fu, prima che un fatto d'arte, un fatto fisiologico, esistenziale, collettivo. [...] L'essere usciti da un'esperienza - guerra, guerra civile - che non aveva risparmiato nessuno, stabiliva un'immediatezza di comunicazione tra lo scrittore e il suo pubblico: si era faccia a faccia, alla pari, carichi di storie da raccontare, ognuno aveva avuto la sua, ognuno aveva vissuto vite irregolari drammatiche avventurose, ci si strappava la parola di bocca. La rinata libertà di parlare fu per la gente al principio smania di raccontare: […] ci muovevamo in un multicolore universo di storie».
3.4 La scelta dell'impegno
L'impegno implicava non solo il racconto di guerra (Tempo di uccidere di Ennio Flaiano, , uscito per la casa editrice fondata da Leo Longanesi nel '46 e subito vincitore del primo premio Strega nel '47), ma anche quello delicatissimo della persecuzione ebraica; e poi il problema della giustizia sociale ed economica, (Cronache di poveri amanti di Pratolini, Vallecchi '47),e quello del Meridione (Cristo si è fermato ad Eboli di Carlo Levi, Einaudi '45, sull'emarginazione; e i romanzi e racconti di Moravia sul mondo popolare romano: da La romana a La ciociara, a I racconti romani, tutti Bompiani)
Urgeva anche il "riscatto" di libri che la censura fascista aveva bloccato: è il caso di Fontamara di Ignazio Silone, a lungo clandestino in Italia, pubblicato a Zurigo, finalmente nel 1949 fu edito da Mondadori.
Ma la nozione di impegno produsse anche ambiguità ed errori. Il manoscritto di Se questo è un uomo, proposto nel 1947 da Levi all'Einaudi, fu cortesemente rifiutato, non sappiamo se da Pavese o dalla Ginzburg. La prima edizione del libro venne stampata da una piccola casa editrice torinese, la De Silva, diretta da Franco Antonicelli,. Uscì nell'autunno del 1947, in 2.500 copie; Antonicelli decise di sostituire il titolo scelto da Levi, I sommersi e i salvati, con l'efficace Se questo è un uomo. L'opera ebbe alcune recensioni autorevoli, la più entusiasta delle quali fu quella di Italo Calvino, che lo definì il libro più bello uscito dall'esperienza della deportazione. Ci volle poi molto tempo prima che Primo Levi venisse considerato un grande scrittore e non solo un testimone. Anni dopo, nel 1958, Se questo è un uomo fu ristampato da Einaudi, significativamente nella collana "Saggi", come un documento, con alcune varianti (tra cui un capitolo nuovo, Iniziazione) e con un risvolto non firmato ma redatto da Calvino. Da quel momento in poi è stato tradotto in decine di lingue.
In pieno neorealismo spiazzò la voce "fantastica" di Elsa Morante. Dopo aver pubblicato nel '41 la raccolta di racconti Il gioco segreto per Garzanti, nel '42 iniziava la sua collaborazione con Einaudi che le pubblicò Le bellissime avventure di Caterì dalla trecciolina illustrata in copertina e nel testo dai propri disegni. I racconti erano d'epoca ginnasiale, un 'romanzo/fiaba' lo definì l'autrice. Nell'inverno del 1948 la Morante mandò il romanzo Menzogna e sortilegio www.griseldaonline.it/temi/metamorfosi/elsa-morante-metamorfosi-romanzesco-liverani.html in visione a Natalia Ginzburg. Sia questa che Pavese approvarono. Nella primavera erano pronte le bozze ed Elsa da Roma si trasferì a Torino per correggerle:
«Elsa abitava in un albergo vicino alla stazione: un albergo non lontano da quello dove, qualche anno dopo, sarebbe morto Pavese. Io avevo una copia di bozze e lei ne aveva un'altra; ricordo che per la fatica e per l'emozione, e per il timore che aveva degli errori di stampa, le venne la febbre» [Ginzburg 1999]
Così ricorda la sua editor, Natalia, che la accompagnò poi a ritirare il premio Viareggio vinto nell'agosto del '48.
3.5 Le traduzioni
«Gentile Signora, è disposta a tradurre per la mia Casa i due volumi La prisonnière e Albertine disparue di M. Proust? Desidero da Lei un impegno di massima, in quanto il manoscritto non mi occorrerebbe per prima del 1946. Sarei lieto intanto di avere notizie di Du coté de chez Swann, che Le affidai nel 1938. Il contratto che ho stretto con Gallimard m'impone di pubblicarlo entro breve e vorrei metterlo in stampa entro quest'anno»
Così scriveva Giulio Einaudi l'11 agosto 1943 a Natalia Ginzburg, a lungo poi integrata all'Einaudi come consulente oltre che come traduttrice. (Nel '51 il poeta Giorgio Caproni si dedicherà alla traduzione de Il tempo ritrovato)
La politica della traduzione accurata e d'autore fu perseguita fin da subito dalla casa editrice torinese. Nella "Universale Einaudi" di testi classici appare nel '43 l' Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters che segna l'esordio, come traduttrice, di Fernanda Pivano. Le scrive Pavese il 26 luglio '46:
«Cara Fern, sono arrivato a Torino oggi e sono occupatissimo in quanto il mondo è tutto cambiato. La nuova sede è Corso Galileo Ferraris 77, telefono 40810. Si faccia viva.
Suo Pavese»
Del resto già dagli anni trenta Cesare Pavese era stato convinto campione di traduzioni per editori diversi: dal joyciano Dedalus del '34 e alla doppia versione, nel '34 e nel '41 di Moby Dick di Melville per Frassinelli, a Dos Passos (42° Parallelo e Un mucchio di quattrini) e Faulkner (Il borgo). per la Medusa Mondadori; a Steinbeck (Uomini e topi) per Bompiani, commissionatogli da Valentino stesso che, visto l'annuncio pubblicitario di Uomini e topi su un giornale americano, chiese il libro, lo lesse in una notte e domandò a Pavese di tradurlo. A Vittorini fu affidata da Bompiani la traduzione di Piccolo campo, mentre La battaglia di Steinbeck fu tradotta da Montale. Altrettanta attenzione fu rivolta alla contemporanea letteratura francese: di Camus viene tradotto nel '47 Lo straniero che era uscito in Francia nel '42, e La peste, del '47 stesso; escono anche Malraux, Radiguet, ma non funzionò il contatto con Sartre. Simone de Beauvoir traccerà di Bompiani un ritratto impietoso nel suo libro di memorie, La force des choses, descrivendolo tra l'altro come un editore reazionario.
Per la casa fiorentina Vallecchi tradusse dal tedesco Leone Traverso tra il '45 e il '55: e sono le fondamentali traduzioni da Rilke, Hoffmansthal, Goethe. Poi traduttore ufficiale dal tedesco per Mondadori fu Ervino Pocar, per Einaudi Franco Fortini.
Dal '39 la casa editrice parmense Guanda aveva creato, grazie anche alla collaborazione di Attilio Bertolucci la prima collana di poesia straniera in Italia, la "Fenice".
3.6 La poesia
Un vento nuovo pare soffiare anche sulla poesia, che dopo i moduli ermetici si apre a forme più prosastiche e distese. Gli editori esibiscono in catalogo i grandi poeti del dopoguerra. La più prestigiosa collezione di poesia ideata da Arnoldo Mondadori è "Lo specchio" nata nel 1940. Quasimodo vi pubblicò nel '42 Ed è subito sera; Montale cominciò a pubblicare per Mondadori con la seconda edizione di Ossi di seppia (1948) e poi con Occasioni (1949). In seguito, le altre sue raccolte furono tutte mondadoriane già in prima edizione. Ne La Bufera del 1956 confluirono le poesie sulla guerra scritte prima del '43 ma allora impubblicabili (erano uscite clandestinamente, attraverso la mediazione di Contini, a Lugano).
Quasimodo proseguì il suo percorso poetico con una forma lirica legata alla storia, (Con il piede straniero sopra il cuore; Giorno dopo giorno, '47); nello stesso anno Ungaretti pubblicava Il dolore (« Il, dolore è il libro che di più amo, il libro che ho scritto negli anni orribili, stretto alla gola»); in ambito fiorentino Mario Luzi per Vallecchi uscì con Quaderno gotico; Margherita Guidacci (traduttrice di Eliot e della Dickinson) con La sabbia e l'angelo; Vittorio Sereni con Diario d'Algeria. Per Einaudi Franco Fortini pubblica Foglio di via e altri versi. Nel '42 il giovane Pasolini aveva pubblicato Poesie a Casarsa per una piccola casa bolognese.
Ma nel '51 due poeti "nuovi" che segneranno la poesia italiana del secondo novecento compaiono nelle collane dedicate alla poesia: Andrea Zanzotto con Dietro il paesaggio, Mondadori; Attilio Bertolucci con La capanna indiana, Sansoni, premio Viareggio.
La pace conquistata, la democrazia, la ripresa economica, il sogno di un benessere condiviso si riflettono nella produzione letteraria dei pieni anni cinquanta., anche se la rivoluzione ungherese del '56 produrrà dubbi e lacerazioni tra gli intellettuali italiani.
La società italiana conosce un forte sviluppo sotto il profilo industriale, economico e culturale e nell'accelerazione della spinta ai consumi. Ecco dunque che, sul piano dei contenuti, il tema del rapporto tra letteratura e giustizia sociale e tra Nord e Sud si evolve in quello del rapporto tra letteratura e industria., che pone il quesito su chi e come possa meglio render conto dei problemi del lavoro e se il "romanzo di fabbrica" abbisogni di un linguaggio specifico, interno. Appaiono, allora, romanzi come Tempi stretti di Ottiero Ottieri
(nei "Gettoni" 1957) e Memoriale (Garzanti '62) di Paolo Volponi: si tratta dei due letterati che lavorarono con mansioni diverse per l'imprenditore Olivetti. Ottieri, laureato in lettere, molto attento ai temi di sociologia e psicologia, entra in Olivetti nel 1955; tra i suoi incarichi vi è quello della selezione degli operai per la fabbrica di Pozzuoli. http://www.griseldaonline.it/percorsi/verita-e-immaginazione/nesi.htm Volponi lavorò alla Olivetti di Ivrea dal '56.
La riflessione sulla lingua del romanzo aprì a uno sperimentalismo linguistico che portò all'uso del dialetto e del pastiche; da Gadda, Pasolini, Meneghello si dipaneranno le linee della nuova letteratura.
Anche l'editoria si espande, attrezzandosi industrialmente. Il fermento produce cambiamenti di rotta, nuove collaborazioni e nuove importanti case editrici.
4.1 Le riviste letterarie nate negli anni del boom
Paragone, (ancora esistente la terza serie ) fondata nel 1950 da Roberto Longhi, era articolata in fascicoli alternati di arte e di letteratura con copertine di colori diversi; in redazione figurano tra gli altri Anna Banti, Carlo Emilio Gadda, Attilio Bertolucci, Piero Bigongiari. Il primo capitolo di Ragazzi di vita di Pasolini (dove il Riccetto salva una rondine dall'annegamento) uscì proprio su Paragone e lì Garzanti lo lesse e propose la pubblicazione in libro.
L'illustrazione Italiana ereditata dai Treves, tra il '51 e il ' 62 riprese vigore sotto Livio Garzanti.
Nuovi Argomenti (1953) propose un approccio marxista e la forma privilegiata dell'inchiesta, collaborarono Pasolini, Carocci, Moravia.
Officina nacque nel '55 come bimestrale, fino al '58 fu stampata in tipografia e poi nel '59 per pochi ultimi numeri fu edita da Bompiani. I fondatori furono Francesco Leonetti, Pier Paolo Pasolini e Roberto Roversi, libraio della libreria Palmaverde a Bologna, intellettuale e poeta. La rivista, che tendeva a una nuova definizione della poesia, e ad un antinovecentismo, ospitò grandissime firme.
Nel '56 esordisce la rivista Il Verri diretta da Luciano Anceschi, aperta alle nuove forme di critica letteraria come la psicoanalisi, lo strutturalismo, la fenomenologia. Ebbe collaboratori i poeti del nucleo della "neoavanguardia".
Il Menabò fu una rivista letteraria aperiodica (ne uscirono dieci numeri) edita da Einaudi nel 1959 sotto la direzione condivisa di Vittorini e Calvino Ogni fascicolo, a tendenza monografica, raggruppava saggi e testi letterari o poetici per affinità tematiche.
I primi tre numeri della rivista rappresentarono un bilancio letterario del periodo: anticiparono brani da Il calzolaio di Vigevano di Lucio Mastronardi, si occuparono di letteratura e guerra, o di scrittori meridionali, pubblicarono poesie e saggi critici di Fortini, Roversi, Calvino, Pagliarani. Il numero 4 del 1961 fu significativamente dedicato a "Industria e letteratura", con riflessioni importanti su
lingua e dialetto, sul rapporto letteratura-società e sulla letteratura industriale.
Sul versante europeo, nei n. 7 e 9 vennero presentati testi di Roland Barthes, Maurice Blanchot, Jean Genet e Hans Magnus Enzensberger. (La rivista terminò nel 1967, con un ultimo numero curato da Calvino ed interamente dedicato alla figura di Vittorini scomparso l'anno precedente).
4.2 La narrativa del miracolo economico
Nel 1951 Einaudi chiama Vittorini a dirigere la nuova collana "I Gettoni" che, fino al '58, fece conoscere una nuova generazione di scrittori: esordisce Franco Lucentini per il numero uno con I compagni sconosciuti, e poi Anna Maria Ortese con Il mare non bagna Napoli, Dylan Thomas (Ritratto di giovane artista) tradotto da Lucia Rodocanachi, Fenoglio con i molto discussi I ventitrè giorni della città di Alba e La malora, Lalla Romano con La metamorfosi.
«Propongo per titolo "I Gettoni" per i molti sensi che la parola può avere di gettone per il telefono (e cioè di chiave per comunicare), di gettone per il gioco (e cioè con valore che varia da un minimo a un massimo) e di gettone come pollone, germoglio ecc. Poi suscita immagini metalliche e cittadine». (Lettera di Vittorini a Calvino del 25 febbraio 1951)
Una caratteristica innovativa è quella dei "risvolti", poche righe di giudizio sincero del libro, sull'aletta destra, a cura di Vittorini stesso. Giudizi talmente franchi che non sempre gli autori li gradivano: Fenoglio ad esempio non accettò di essere definito da Vittorini giovane scrittore «dal piglio moderno e dalla lingua facile» e passò a Garzanti.
Nel catalogo Bompiani nasce nel '53 la collana "I delfini" (copertina di Munari), con lo scopo di riproporre «i più famosi libri moderni». Il formato di dimensione ridotta e il prezzo accessibile anticipano la moderna concezione del tascabile che poi nel '65 sarà interpretata dagli Oscar Mondadori.
Bompiani divide l'organizzazione della sua impresa affidando a Paolo De Benedetti i dizionari e le grandi opere, a Sergio Morando la narrativa, ad Umberto Eco la saggistica, mentre nella sede di Roma sta Fabio Mauri, nipote di Bompiani stesso. Si fa strada il timore per l'inclusione del romanzo nella diffusione veloce e di massa dell'edicola. Moravia arrivò a chiedere la separazione netta tra collane "colte" e tascabili [Ragone 2009]
Una lettera del 12 dicembre 1958 indirizzata da Fabio Mauri allo zio Bompiani rivela l'attenzione alla nuova critica:
«(…) Consiglierei di rallentare i rapporti con vecchi e fedeli professori ma di intrecciare nuove combinazioni con giovani che vanno facendosi un nome a Roma o Milano o Firenze: ad esempio Citati, o Cases, Solmi, o Arcangeli, ognuno nella sua disciplina. Da loro in realtà dipende il giudizio su una Casa Editrice, poiché loro sono i primi informatori del pubblico».
4.3 Cambiamenti al vertice: nasce Feltrinelli
Feltrinelli nacque alla fine del 1954 a Milano. Ne è fondatore Giangiacomo Feltrinelli, che già nel 1949 aveva dato vita alla "Biblioteca G. Feltrinelli" per lo studio della storia contemporanea e i movimenti sociali. La casa editrice sorse sulle ceneri della "Colip" (Cooperativa del Libro Popolare, 1949-54), di cui rileva una collana prestigiosa, la "Universale Economica".
«Cambiare il mondo con i libri, combattere le ingiustizie con i libri»: erano questi il movente e la meta di Giangiacomo Feltrinelli.
La nuova casa editrice fece uscire libri che scossero profondamente le coscienze ( causando anche più di un processo); pubblicò autori del terzo mondo, letteratura politica e romanzi che fecero scandalo, come quelli di Henry Miller e due capolavori letterari di rilievo internazionale. Nel 1957 infatti Feltrinelli ottenne i diritti in anteprima mondiale de Il dottor Živago di Boris Pasternak, che ebbe il Nobel per quest'unico romanzo - pubblicato tra mille difficoltà. Nel 1958 Giorgio Bassani, che ne era direttore editoriale, ricevette da Elena Croce il manoscritto di Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa e invece di rifiutarlo come avevano fatto Mondadori ed Einaudi (per Vittorini il romanzo era «passatista») ne fece un grande successo editoriale postumo.
Nacque anche un modo nuovo di concepire le librerie. Nel '57 Feltrinelli apre la sua prima "Libreria Feltrinelli" cui seguirono quelle di Milano, Genova: per la prima volta il lettore italiano può accedere agli scaffali e scegliersi direttamente i libri.
Autore di Feltrinelli per Il lavoro culturale e per le traduzioni (famose quelle da Henry Miller), nonché redattore, fu Luciano Bianciardi. Trasferitosi da Grosseto a Milano, esempio di intellettuale impegnato e ribelle, si trovò conteso da più editori per La vita agra, con un'opzione della Bompiani il cui direttore Morando non approvava il romanzo così com'era e chiedeva infinite varianti, con Calvino che lo avrebbe pubblicato immediatamente per Einaudi, e infine uscito per Rizzoli nel '62: 5000 copie vendute in pochi giorni.
4.4 Nuovi collaboratori
Nel '58 diventa direttore letterario alla Mondadori il poeta Vittorio Sereni, con mansioni allargate: segue i testi dall' ideazione alla libreria, indica le ristampe, analizza il mercato, riorganizza il lavoro interno, si occupa dei premi, svolge il lavoro diplomatico per il Nobel di Quasimodo ('59). Fortini lo definì «poeta e di poeti funzionario»
Ma già nel '54 un altro poeta, Attilio Bertolucci, era diventato consulente di Livio Garzanti: sarà lui a presentare all'editore Pier Paolo Pasolini. Il 13 aprile del 1955 Pasolini consegnò alla Garzanti il dattiloscritto di Ragazzi di vita.
che dopo molti rimaneggiamenti (l' «autocensura imposta») richiesti da Garzanti stesso viene dato alle bozze. Il romanzo uscirà quello stesso anno, avrà feroci critiche, non verrà accettato ai premi letterari e addirittura sarà processato per oscenità, anche se al processo sarà poi scagionato con formula piena.
L'Einaudi ingaggia nel '59 l'intellettuale Gianni Rodari; godibilissimo il carteggio tra lui e l'editore, da poco pubblicato. Notevole il nuovo catalogo einaudiano: nel '60 e nel '61 Gli zii di Sicilia e Il giorno della civetta di Leonardo Sciascia ("scoperto" da Calvino), nel '62 Il giardino dei Finzi Contini di Bassani premio Viareggio, oltre a una fitta presenza di scrittrici: la Morante (L'isola di Arturo, Strega '57), la Ginzburg, Lalla Romano, e anche Anna Maria Ortese, che nel '37 per Bompiani aveva pubblicato la raccolta di racconti Angelici dolori su presentazione di Bontempelli, e nel '53 esce per Einaudi con Il mare non bagna Napoli premio Viareggio.
Si separa invece da Einaudi nel giugno del '62, dopo averci lavorato per dieci anni, in sostituzione di Pavese, Luciano Foà, che dieci anni dopo dichiarerà in un'intervista a E. Siciliano su La Stampa:
«Fondai l' Adelphi, con i consigli di Bobi Bazlen, per rompere la monotonia dell' ideologismo editoriale di sinistra, per scegliere autori che uscissero fuori dai binari codificati di una visione del mondo esosa in senso deteriore. Qui pubblichiamo i libri che più ci piacciono, solo quelli, con rischi e soddisfazioni» Sarà coadiuvato da Giuseppe Pontiggia.
Livio Garzanti rinnova le copertine che diventano sgargianti (a cura di Bianconi) e inaugura il lancio promozionale, all'americana, di alcuni romanzi di successo: Il prete bello di Parise (1954), Le lettere da Capri di Soldati (1954), Quer pasticciaccio… di Gadda (1957); Primavera di bellezza di Fenoglio (1959) e Memoriale di Volponi (1962). Nello stesso anno fa esordire la casa editrice nell'ambito dei dizionari enciclopedici: la prima edizione vende due milioni e mezzo di copie.
4.5 La poesia
Negli anni cinquanta, la collana "Lo Specchio" si era aperta anche ad autori stranieri (la prima raccolta non italiana è stata Poesie di Emily Dickinson, nel 1956) e, per gli italiani, si era posta come una sorta di "trampolino di lancio" per giovani firme. Nel fondo Mondadori sono conservati molti pareri di lettura a firma Sereni e Fortini.
Nel 1957 Livio Garzanti da Milano, tramite Attilio Bertolucci, mantiene i contatti con i poeti fiorentini:
«Sentii come un naturale complemento del programma della casa editrice il desiderio di accogliere quei poeti che pur essendo importantissimi non erano stati accolti nella collezione mondadoriana dello "Specchio" che allora era dominante. Mi ricordo di un incontro a Firenze con Luzi, Parronchi, Caproni e Bertolucci»
E Bertolucci scriveva a Garzanti:
«Caro Garzanti (…) è una cosa molto importante, importantissima che abbiamo, dopo Penna e Pasolini, anche Luzi e Caproni, e più tardi Sereni, e scusi, il sottoscritto. Vuol dire che la poesia, esclusi i vecchi, ora ce l'ha tutta lei. Quella che conta, si capisce»
Caproni uscì nel '56 con Il passaggio di Enea, Pasolini nel '57 con Le ceneri di Gramsci.
Nel '51 aveva rilevato la casa editrice paterna Vanni Scheiwiller, modo divergente di intendere l'editoria, fatta di libri piccoli, preziosi, di nicchia, che dava alla marginalità un valore. Sandro Penna lo definì il "più piccolo, forse il più grande?, certo il più delizioso editore italiano».
Da Scheiwiller appunto pubblica il suo primo libro di poesie in proprio, Passo d'addio, Cristina Campo, finissima traduttrice. Dichiarava l'editore:
«Sono troppo ottimista per non credere che in Italia, ivi compresa la sana provincia italiana, non ci siano cinquecento lettori intelligenti da sostenere i miei piccoli libri».
Nello stesso anno, per una strana coincidenza degli opposti, esce per l'editore Magenta a cura di Luciano Anceschi Laborintus di Edoardo Sanguineti, annuncio della rivoluzione letteraria che sta per compiersi. Ne tiene le fila Alfredo Giuliani che nel '61 cura l'antologia I novissimi. Poesie per gli anni '60 (i poeti sono Pagliarani, Giuliani, Sanguineti, Balestrini, Porta, legati alla redazione della rivista "Il Verri" diretta da Luciano Anceschi) Aveva scritto Anceschi sul Verri nel 1960:
«Accade in questi anni - e vogliamo mettere come data di inizio del movimento il 1956? - nel nostro paese qualche cosa di naturale, di prevedibile, di necessario: nasce probabilmente una nuova generazione letteraria».
4.6 I premi letterari
I premi letterari sono un fenomeno significativo per l'editoria italiana del dopoguerra. Essi producono coinvolgimento degli editori, dei critici, dei giornalisti e dei mass-media, trasformando la cultura in evento. In Italia i più prestigiosi nascono da motivazioni e promotori diversissimi. Al di là delle polemiche odierne, hanno rappresentato negli anni della ricostruzione dalla guerra alla pace un elemento importante di coesione, di costruzione di immagine per le case editrici, di successo di pubblico anche insperato. I più antichi nascono in Italia nella seconda metà degli anni venti. ma è poi proprio dopo la seconda guerra mondiale che assumono una funzione di volano culturale. Ne riportiamo cinque.
Il Viareggio sorto nel '26 e dopo la pausa bellica, riprende nel '46 premiando significativamente Il Canzoniere di Umberto Saba e nel '47, alla memoria, le Lettere dal Carcere di Gramsci.
Il Bagutta nasce nella sera del 1 novembre '26 nella trattoria toscana di via Bagutta a Milano: undici convitati decisero di costituire un premio autoeleggendosi come giuria. Tra loro erano letterati famosi come Riccardo Bacchelli e altri meno, ma tutti legati alla rivista "La fiera letteraria". Sospeso tra il '37 e il '46 per evitare ingerenze politiche, alla ripresa il primo vincitore fu Il sole bianco di Dario Ortolani, editore Garzanti.
Lo Strega nasce invece nel '47 all'interno di un salotto di amici amanti della letteratura, a casa Bellonci, i cosiddetti "amici della domenica". Primo vincitore Flaiano per Tempo di uccidere (Longanesi)
Il Bancarella nasce dai librai pontremolesi ambulanti che giravano per le campagne vendendo libri: una realtà molto interessante. Nel '53 il primo vincitore è Il vecchio e il mare di Hemingway, in anticipo sul Nobel. «Così il Premio — scrive il direttore commerciale Giovanni Ungarelli — intreccia, edizione dopo edizione, una piccola storia dell'editoria italiana». Ancora oggi il premio è gestito dai soli librai.
Il Campiello nato nel '62 su impulso degli industriali del Veneto, vide come primo vincitore La tregua di Primo Levi edito da Einaudi.
5.1 Nel mondo
Il 28 agosto Martin Luther King al Lincoln Memorial di Washington tenne il discorso del I have a dream
Il 22 novembre 1963 fu assassinato a Dallas il presidente degli Stati Uniti d'America John Fitzgerald Kennedy
Allen Ginsberg pubblicava Reality Sandwiches inaugurando la Beat Generation: Fernanda Pivano, tra New Jork e San Francisco, ne diventava la testimone privilegiata.
La World Science Fiction Society assegnava il Premio Hugo a Philip K. Dick per la novella The Man in the High Castle (La svastica sul sole).
Bob Dylan lanciava Freewheeling; i Beatles registravano il loro secondo singolo Please please me/Ask me why.
La Pop art prendeva le forme dei dipinti di Roy Lichtenstein (Whaam!).
Il Nobel per la letteratura fu assegnato nel '63 a Giorgos Seferis (in arte Seferiadis) «per la sua scrittura lirica, ispirata da sentimenti profondi per il mondo della cultura ellenista» Il Nobel per la chimica andava a Giulio Natta per l'invenzione del Moplen™.
Nel 1963 Gregory Peck conquistava l'Oscar come migliore attore protagonista per l'interpretazione nei panni di Atticus Finch nel film di Robert Mulligan Il buio oltre la siepe, dal romanzo omonimo di Harper Lee (Premio Pulitzer 1961), ancora oggi uno dei romanzi più popolari della cultura nordamericana.
5.2 In Italia
La sera del 3 giugno '63 muore papa Giovanni XXXIII.
Il 9 ottobre 1963 una frana provoca il disastro del Vajont.
Lucio Fontana esegue l'opera Concetto spaziale e inaugura la serie dei "tagli".
La censura si accanisce contro i film La ricotta di Pasolini e L'Ape Regina di Ferreri e contro la gravidanza fuori dal matrimonio della cantante Mina.
Visconti gira Il gattopardo; De Sica Ieri, oggi, domani; Kubrik Il dottor Stranamore; Fellini presenta Otto e mezzo.
Natalia Ginzburg vince il premio Strega con Lessico famigliare, Luigi Meneghello (che insegna in Inghilterra) vince il premio Bagutta con Libera nos a Malo.
Ottiero Ottieri pubblica La linea gotica per Bompiani; Giovanni Giudici fa uscire L'educazione cattolica (1962-1963), Milano, All'insegna del pesce d'oro.
Alberto Arbasino pubblica per Feltrinelli la prima edizione di Fratelli d'Italia (ne usciranno negli anni altre due, per altri editori e con molti rimaneggiamenti); Primo Levi pubblica La tregua, il racconto del suo ritorno da Auschwitz.
Il 17 febbraio 1963 muore a 41 anni Beppe Fenoglio; due mesi dopo esce per Garzanti Una questione privata.
Ernesto Ferrero entra nella redazione Einaudi. In quell'anno la casa editrice torinese pubblica, oltre a Lessico Famigliare, La giornata di uno scrutatore di Italo Calvino; Consiglio d'Egitto di Leonardo Sciascia; Lo scialle andaluso di Elsa Morante, Memorie di Adriano di Marguerite Yourcenar.
Il Gruppo '63 prende il nome dall'anno in cui fu costituito. Ne fecero parte critici, poeti e narratori, la fondazione fu sancita da un convegno che si svolse dal 3 al 8 ottobre all'Hotel Zagarella di Palermo, su invito e di contorno al festival di musica contemporanea «Settimana Internazionale di Nuova Musica» organizzato da Francesco Agnello.
Consideriamo emblematico il caso Gadda per la peculiarità delle due opere principali del Nostro, tra i più grandi scrittori del Novecento, Quer pasticciaccio brutto de la via Merulana e La cognizione del dolore. La stesura dei due romanzi infatti si è incredibilmente dilatata dagli anni della seconda guerra mondiale fino al '63, tra prima scrittura, pubblicazione in rivista, uscita in volume per due importanti case editrici e conseguente diffusione e successo internazionale. Le due opere possono a ben vedere essere rappresentative del lavorìo intellettuale, del fervore ma anche dei dubbi e dei ripensamenti non solo dell'individuo Gadda, ma di tutto quel ventennio postbellico di cui abbiamo fornito a grandi linee la mappa. Gadda in quanto "caso Gadda", incrociando i più grandi intellettuali, scrittori, riviste ed editori dell'epoca, rielaborando incessantemente tracce antiche e dolorose su nuovi impulsi, infine sperimentando le luci e le ombre della nuova industria editoriale e del suo "set", ha in sé tutti gli elementi e le "concause" per assurgere a figura paradigmatica dell'epoca.
6.1 Si inizia con un premio
Il premio Viareggio del '53 viene vinto da un Gadda già sessantenne con Novelle dal Ducato in fiamme edito da Vallecchi di Firenze. La giuria era composta da «più che venti intenditori di lettere». Così risponde a chi lo intervista dopo il premio:
«La generosità e cordialità dei giudici [del Premio Viareggio] mi hanno reso lieve l'alloro. [...] I fotografi [...] purtroppo se la sono presa anche con me: arrivavano a ondate, coronati di lampi come un battaglione all'assalto. Mi hanno sparato 800 lampi al magnesio. I rotocalchi hanno divulgato la mia faccia» [Gadda 1993]
Gadda era un autore apprezzato tra gli addetti ai lavori, anche se relegato all'impressionismo satirico (negli Almanacchi Bompiani figurava nell'elenco "Ci fanno ridere"), ma non conosciuto al grande pubblico. Il Viareggio apre una nuova fase, risvegliando attorno alla sua opera l'interesse degli editori. Nel luglio 1953 Livio Garzanti «editore milanesemente dinamico» come lo definisce lo scrittore stesso, gli propose di ultimare e pubblicare in volume il Pasticciaccio, offrendogli un generoso anticipo. Secondo Pietro Citati ["La Repubblica 2006] «Garzanti fu l'unico editore che sia mai riuscito nell'impossibile impresa di costringere Gadda a scrivere un libro: lo fece con un'intelligenza, uno slancio e un fervore che, oggi, hanno qualcosa di unico» In questo intercetta il desiderio di Gadda che già nel '51 aveva dichiarato di avere un impegno d'onore a completare il «romanzo poliziesco, romanesco».
6.2 Si torna indietro al '46
Quer pasticciaccio brutto de la via Merulana era uscito in cinque "tratti" sulla rivista fiorentina "Letteratura", dal numero del gennaio-febbraio a quello del novembre-dicembre del '46. Si trattava, tuttavia, solo di una prima parte della narrazione. La scrittura continuò più lentamente fino al 1949: salvo tre pagine, ignoriamo cosa abbia scritto. Certo, non la fine: sebbene nell'aprile 1948 Gadda assicurasse per lettera Contini [Contini Gadda 2009] che «anche la coda serpentesca del coccodrillone» si era snodata. Ma il manoscritto risulta tuttora disperso. Le cinque puntate di "Letteratura" corrispondono ai primi sei dei dieci capitoli definitivi; la quarta "puntata" non verrà ripresa nell'edizione in volume, che "taglia" anche le note d'autore apparse in rivista. La stesura e la rifinitura della seconda parte, insieme a un importante lavoro di revisione linguistica (soprattutto della componente dialettale, per la quale si vale della consulenza, fra gli altri, del poeta romanesco Mario dell'Arco), occupa saltuariamente Gadda tra la fine degli anni Quaranta e i primi anni Cinquanta.
«L'occasione esterna di narrare i casi di Liliana Balducci mi venne, dopo la Liberazione, da un amico (…) da Giorgio Zampa, che allora, a Firenze, mi narrò un fatto di cronaca appena accaduto. E Alessandro Bonsanti mi chiese per la rivista "Letteratura" da lui diretta un "racconto poliziesco"»
Controverso il fatto di cronaca germinatore: a lungo si è ritenuto che fosse stato il delitto romano delle sorelle Stern per mano dell'ex cameriera (febbraio '46), oggi si propende per il delitto Barruca (ottobre '45): certi particolari e la data sarebbero più convincenti. Ma si veda l'accuratissima ricostruzione di Emilio Manzotti nel sito dell'Edimburg Gadda Project.
Tra il '47e il '48 Gadda ricavò un trattamento cinematografico del romanzo per la Lux-Film, Il palazzo degli ori, che pareva dovesse girare Antonioni. Non se ne fece nulla, ma la sceneggiatura è preziosa perché "conclude": indica cioè chiaramente l'assassino.
6.3 L'avventura Garzanti
Roma 25 luglio 1955, a Contini:
«Se la mala salute non mi tormenterà ho in programma la fine di quel benedetto Pasticciaccio che ormai, a furia di sentirne parlare, m'è venuto pressochè in uggia, vista la sua sublime fessaggine».
Per l'insistenza di Garzanti e dei suoi collaboratori Bertolucci e Citati, tra il 1955 e il 1957 Gadda scrisse molte pagine nuove. Non mancarono rinvii e ritardi: «sono il morante, il remorante, colui che tarda a far tutto, a leggere, a scrivere, ad andare, a venire» confessava a Contini. Il 9 giugno 1957 l'ultimo capitolo, con le correzioni definitive, fu spedito a Garzanti: il 25 o 26 luglio il romanzo apparve in libreria (tela rossa con sovracoperta colorata) nella collana «Romanzi moderni»; qualche ulteriore variante viene apportata nelle edizioni immediatamente successive del settembre 1957 e del gennaio 1958.
«Ho avuto giorni infernali con l'uscita del volume […] ero sfinito, anche moralmente : non puoi credere cosa mi è costato di fatica e di pena l'infernale pasticcio» [Letter a P. G. Conti, settembre 1957, in Gadda Conti 1974].
«Il mio libro mi ha messo in un mare di seccature, di flashes, di perditempi d'ogni sorta. Sono diventato una specie di Lollobrigido, di Sofìo Loren, senza avere i doni delle due impareggiabili campionesse» (Lettere agli amici milanesi, novembre 1957).
Il Pasticciaccio non ha finale: lo scioglimento della vicenda é rimandato a un secondo volume (ancora nei primi anni Sessanta Gadda afferma di averlo quasi pronto; ma non ve n'è traccia nelle sue carte) o a un'edizione ampliata (che non verrà mai consegnata all'editore).
Garzanti dichiarerà di sentirsi «commosso e quasi impacciato ad esserne l'editore»; Citati testimonia che mai aveva vissuto in casa editrice un entusiasmo come quello che circondò l'uscita del romanzo. Il direttore di produzione, Francesco Ravajoli, disse: «E' bello come I promessi sposi».
Il carteggio Gadda-Garzanti (75 lettere regalate in segno di amicizia dallo scrittore all'editore), smarrito nei successivi cambi di gestione della casa editrice, era stato provvidenzialmente fotocopiato ed è ora pubblicato nel quarto numero dei Quaderni dell'ingegnere a cura di Giorgio Pinotti.
Il successo letterario fu lento, le recensioni tardarono, ma poi furono i lettori giovani a decretarne l'unicità. Gli fu attribuito il "Premio degli editori". Scrive Arbasino [2008]:
«La pubblicazione del Pasticciaccio fu un avvenimento capitale per la cultura del nostro nuovo mezzo.secolo, giacché liberava di colpo la letteratura da ogni soggezione e complesso verso altri 'ordini' o 'sfere'. E la restituiva alla sua dignità di operazione linguistica assoluta – e cognitiva, e stilcritica - in relazione soltanto ai propri fini, il proprio progetto»
6.4 Il mistero del finale
Benchè critici della levatura di Guido Guglielmi abbiano interpretato l'inconcludenza dei romanzi gaddiani come marca strutturale, lo scrittore bluffò a lungo sul finale del Pasticciaccio:
«Il momento più importante sarebbe stato omesso dall'attuale volume per non rompere la suspence e sarebbe riservato a un eventuale seguito, che ci sarà senz'altro (se non crepo prima)». [Intervista a Paese Sera, dic. '57, in Gadda 1993]
«Il seguito, nella stesura grezza, è già scritto….»["Gadda al microfono", in Gadda 1993]
Al suo editore comunicava: «Questa vecchia sceneggiatura [Il palazzo degli ori] affaccia la soluzione dell'enigma poliziesco che sarà materia del secondo volume»
E intervistato nel '59 ["Cosa sta preparando Gadda?"in Gadda 1993] spudoratamente rispondeva:
«Nei prossimi mesi, entro l'estate al massimo, uscirà presso l'editore Einaudi, La cognizione del dolore, un romanzo già pubblicato a puntate sulla rivista "Letteratura" dal '38 al '42, ma non finito. Questo romanzo è stato del tutto rielaborato. Attualmente… sto lavorando – ma da diverso tempo – al secondo volume del Pasticciaccio»
Testimonia il preziosissimo Citati [La Repubblica 2006]: «Del secondo volume, mi parlò decine di volte Come ripeté a Giulio Cattaneo, il secondo volume avrebbe compreso centoventi-centoquaranta pagine. Poi si stancò. (…) Questi sono i misteri del Pasticciaccio: forse non li scopriremo mai, nemmeno se l'introvabile manoscritto venisse alla luce»
6.5 L'avventura Einaudi
Roma, 9 aprile 1963 ore 14
«(…) Colpa mia: colpa l'aver ceduto alla lusinga di Vittorini che, almeno vent'anni fa, mi chiese, a nome di Einaudi, se "avrei pubblicato la Cognizione telle-quelle, nei suoi sperimentali gettoni". Dissi di sì, ringraziai, in un'epoca in cui non trovato né avrei sperato trovare mai altro editore. E sbagliai, e ora ne porto le conseguenza, anche le non previste, le non potute prevedere» [Contini Gadda 2009]
Nella rivalità senza esclusione di colpi tra Garzanti ed Einaudi, nell'aprile 1963 Einaudi pubblica la Cognizione del dolore. Ne esce prima un'edizione fuori commercio, del marzo 1963, in 100 esemplari destinati ai giudici del Prix international de littérature che Gadda effettivamente vinse. In copertina, a piena pagina, il suo ritratto:
«Io odio la mia immagine come un arabo, un ebreo o un iconoclasta: esco da un'estenuante lotta con Einaudi perché non la riproduca su un libro mio che sta per uscire. Ma non c'è stato verso: il libro uscirà con la facciazza mia» [Lettera a Piero Gadda Conti, in Gadda Conti 1974].
6.6 Di nuovo all'indietro, rimontando al '37
La stesura della Cognizione è antecedente al Pasticciaccio e rimonta al 1937 (quando Gadda è a Roma, ingegnere presso il Vaticano); la morte della madre, Adele Lehr, nell'aprile del '36, aveva provocato la vendita dell'appartamento milanese e Gadda vive per qualche tempo nella villa di campagna di famiglia, a Longone al Segrino. Ricordi spiacevoli e sintomi nevrotici lo assalgono. Nel marzo del '37 la villa subisce anche un furto (Gadda scrive alla traduttrice-amica Lucia Rodocanachi: «nelle ore del giorno, sicché non posso prendermela con la Vigilanza Notturna»). Ma la presenza obsédante della villa nell'opera gaddiana risaliva già a dieci anni prima, in un inedito apologo Villa in Brianza ('29, recentemente pubblicato ne I quaderni dell'Ingegnere) e poi in racconti e brani sparsi usciti dentro a Le meraviglie d'Italia (Parenti '39).
«La più famosa casa della letteratura italiana del Novecento: Villa Gadda. Propellente eccellente della sua narrativa, insieme alle malinconie di cui si alimenta, alla pari dei suoi personaggi, il casone di Longone è il punto saliente, il culmine, il Resegone della sua esistenza» [Belpoliti 2010]
Tra il luglio-settembre del 1938 e il gennaio-marzo del 1941 escono sotto il titolo di Cognizione del dolore cinque "tratti", sulla rivista fiorentina di Alessandro Bonsanti, "Letteratura". Non si sa perché subentri un'interruzione: nel '41 Gadda aveva firmato un contratto con Sansoni per la pubblicazione in volume entro dieci anni. Nel dicembre '43 due episodi del romanzo vengono estratti e inseriti nel L'Adalgisa; un altro nel '53 viene compreso nelle Novelle dal Ducato in fiamme. Contattato intanto da Einaudi attraverso Vittorini, Gadda come al solito ritarda all'infinito la consegna, finchè nel '62 non verrà affiancato da Gian Carlo Roscioni, redattore della casa editrice. Per il finale (di nuovo lo stesso problema del Pasticciaccio: Gadda ha a disposizione due "tratti" ulteriori, mai completati) viene aggiunta una poesia, "Autunno" (pubblicata su "Solaria" nel '31), intesa da Contini come «chiave lirica della situazione», e lo scrittore redige ex-novo una sua introduzione, strutturandola all'ultimo momento come un dialogo: "L'Editore chiede venia del recupero chiamando in causa l'Autore". Il volume è infine completato dalla introduzione di Gianfranco Contini.
6.7 Ancora un premio
Einaudi voleva fortemente che la Cognizione vincesse il Prix International de Litttérature, il prestigioso riconoscimento che sei editori europei e uno americano assegnavano a Corfù. Nel maggio 1963 si fronteggiarono Gadda e Nabokov. Secondo Vittorini
«Gadda rappresentava la letteratura arteriosa, quella che porta ossigeno al lettore; Nabokov, il suo grande avversario, incarnava invece la letteratura venosa, carica di scorie, greve per tutte le impurità della vita. Gadda era un avanguardista, un rivoluzionario vestito da borghese; Nabokov era il simbolo di un manierismo estenuato e decadente…» [Ferrero 2005]
Tra i giurati italiani, Moravia, Piovene, Ripellino, Calvino, Carlo Levi. Tra gli stranieri, erano filogaddiani l'editore spagnolo, lo scrittore Enzensberger, gli svedesi. Contrari a Gadda invece i francesi, Callois, Butor, e in particolare l'editore Gallimard, per la difficile traducibilità dell'opera. Vinse Gadda quattro a tre, e fu spedito subito un telegramma all'autore premiato.
La prima edizione in commercio della Cognizione vedrà sparire la faccia di Gadda, sostituita con un particolare della Veduta della Villa Melzi d'Eril alla Gazzada presso Varese del Bellotto
Gadda tradotto
«Il est regrettable che nous n'ayons pas l'équivalent dans notre lettérature» fa dire al suo
Malaussene in riferimento a Gadda Daniel Pennac (Il paradiso degli orchi)
I due romanzi vennero tradotti rapidamente. Il traduttore inglese di entrambi è William Weaver; la traduzione della Cognizione (Acquainted with grief), viene completata nel 1966 e offre in anteprima al lettore inglese due tratti inediti che saranno inclusi nella seconda edizione italiana due anni dopo. In francese uscirà solo negli anni ottanta. Più tempestiva la traduzione del Pasticciaccio: L'Affreux Pastis de la rue des Merles, Paris, Seuil, 1963, traduzione di Louis Bonalumi, con introduzione di Italo Calvino; That Awful Mess on Via Merulana, London, Secker and Warburg, 1966, traduzione di William Weaver; Die Grässliche Bescherung in der Via Merulana, Kornwestheim, Europaischer Buchklub, 1965, traduzione di Toni Kienlechner.
Gli scrittori della neo avanguardia (Gruppo '63) acclamano Gadda come proprio maestro, autodefinendosi "i nipotini dell'Ingegnere".