Magda Indiveri - Leggere in classe, Un infinito numero di Sebastiano Vassalli

 

Sebastiano Vassalli è compagno di viaggio (per mantenere la metafora del viaggiatore[1] che lui amava molto) privilegiato nel percorso scolastico, e spesso i docenti si avvalgono della lettura de La Chimera al momento della trattazione di Manzoni o della Notte della cometa, nel caso affrontino Dino Campana. Poter introdurre autori del secondo novecento nel canone e al tempo stesso portare avanti il progetto di lettura di testi integrali è sicuramente una modalità che sappiamo vincente e che conviene praticare.

Spesso Vassalli viene dunque convocato quando si introduce il concetto di romanzo storico e la sua evoluzione (dopo aver trattato Manzoni, nella mia esperienza passata ho affrontato in anni diversi Vassalli, Tomasi, Morante, o Sciascia de La strega e il capitano, per concludere con un breve saggio di Wu Ming 2),[2] ma questa etichetta gli sta stretta perché la storia che Vassalli racconta è sempre una storia innestata di mito e di psicologia[3], una «archeologia del presente». Ed è per me indimenticabile l’immagine dello scrittore, ricorrente, pur con varianti, in molti incipit dei suoi romanzi, che aduna nel suo giardino i personaggi, ascolta le loro storie e le trascrive.

Scrive Hanna Serkowska:

 

Per Vassalli la storia non esiste, esistono soltanto – come ripeterà in Un infinito numero – le storie umane dentro il passato. Lo scrittore preferisce quel che si definisce a volte la visione “creaturale” della storia – propria delle vittime della storia ufficiale; ovvero dei singoli individui nel loro agire nella storia. Gli interessano le storie umane, perché la storia umana è un infinito numero di storie che finiscono per contraddire l’idea stessa della Storia univoca.[4]

 

Proprio in Un infinito numero il racconto orale, così come la storia non scritta, diventano qualcosa di sacro, da ascoltare contro il rumore inutile del presente.

Il romanzo, uscito per Einaudi nel 1999, evoca il segretario di Virgilio, Timodemo, per il racconto di un viaggio avvenuto con il poeta e Mecenate nella terra degli Etruschi, alla scoperta dei loro misteri e in particolare del motivo per cui nulla di scritto la loro  altissima civiltà ha lasciato. La recherche vuole arrivare alla fonte del mito fondativo di Roma, secondo quanto Ottaviano ha commissionato a Virgilio, ma in realtà diventa un viaggio onirico ed iniziatico, uno sprofondare in un segreto difficile da accettare, secondo il quale la parola scritta è segnale di morte.

Ecco dunque che, magari proprio in concomitanza con la lettura dell’Eneide, il romanzo aggiunge spessore al testo antico e in classe si presta ad attualizzazioni e riflessioni filosofiche, anche in previsione dell’approccio pirandelliano e dello studio della visione nicciana sul Nulla e sull’eterno ritorno.[5] 

Lo conferma l’esergo tratto da Così parlò Zarathustra: «Tutti gli stati che questo mondo può raggiungere, li ha già raggiunti, e non una sola volta, ma un infinito numero di volte.» E nel percorso di avvicinamento alla cultura classica sarà vantaggioso aggiungere i dodici brevi saggi dedicati da Vassalli a Virgilio nel volume Amore lontano.[6]

 

Oggi la nuova edizione di Un infinito numero per Rizzoli consente approfondimenti diversi.[7] In primo luogo consiglio di sostare su quelle che Genette chiama le soglie,[8] notando che l’immagine della copertina è stata cambiata. L’edizione Einaudi riportava su base bianca il disegno di un uccello che nel corpo mostra, con la tecnica dell’intercalage, un viso; nel retro di copertina troviamo che si tratta di Jiři Kolář L’uccello sbalordito, del 1971.[9] L’edizione Rizzoli ha preferito usare un particolare del quadro di Böchlin Villa sul mare del 1878, che invade tutto lo spazio. Sicuramente la vecchia immagine era più enigmatica, la nuova è più simbolica; entrambe colgono aspetti della cultura classica, ma forse l’edizione Rizzoli decurta la distanza e aggiunge pathos, partecipazione emotiva nel possibile lettore che, vedendo il libro sul banco della libreria o sullo schermo, potrà essere attirato ad acquistarlo. Questo studio del paratesto – immagine di copertina, caratteri, formato, testi di bandella o di quarta, segni grafici, prefazione… - sicuramente giova alla lettura e almeno in una fase del suo programma il docente dovrebbe soffermarsi e trattarlo.

L’altra occasione felice è l’aggiunta, in Rizzoli, di una prefazione, a firma Cristina Nesi, che già nel 2015 aveva redatto una monografia vassalliana[10] e che in altre occasioni di Vassalli si era occupata.[11]

 

Sappiamo che le prefazioni temono il triste destino di essere “saltate”, e invece questa può essere occasione di studio specifico per approfondire aspetti che di solito vengono trascurati. Come si fa ricerca? Cosa significa leggere un testo e trovarvi - come un investigatore – tracce, collegamenti, questioni sottovalutate, spiegazioni, ma anche pieghe oscure che nessuno aveva considerato prima? Se agli studenti più giovani può venire in mente il modello Sherlock Holmes o addirittura Indiana Jones, noi adulti ci affidiamo al modello indiziario di Carlo Ginzburg;[12] ed è giusto esplicitarlo in classe per due ragioni essenziali: far risaltare la metodologia scientifica della ricerca umanistica e far capire che di questa ricerca si nutre la passione per la letteratura.

La prefazione della Nesi non ci deluderà. Intanto perché acutamente coniuga l’elemento “storico” con i concetti di “dimenticanza” e di “finzione”, introducendo la profondità dell’analisi e l’attenzione alla cultura orale, alle voci, allo “spazio sonoro”. Poi ci rivela particolari che la sua vicinanza a Vassalli le permette di conoscere, ad esempio la cartella preparatoria del romanzo su cui lo scrittore aveva incollato dei foglietti promemoria e le indicazioni di un titolo poi scartato. Ancora, questo embrione del filone di studi definito dagli addetti ai lavori “critica degli scartafacci” si colora di una vera e propria scoperta che la Nesi ci dona: il libro che Vassalli in quegli stessi giorni «leggeva e rileggeva». Un testo iraniano[13], che ha lasciato un indizio inequivocabile nella sua scrittura: un convolvolo azzurro, che i giovani lettori potranno inseguire tra le pagine del romanzo, scovare, interrogare sul suo senso per Vassalli e per noi. Il fantastico, o meglio il perturbante, irrompe nell’opera di Vassalli e prende forma di spirale, insieme al “segno” della Gorgone che sta a guardia di ogni capitolo. La domanda che ci inquieta diventa: «fino a che punto il nostro passato, anche il più remoto, entra nel presente che stiamo vivendo?»

Cristina Nesi ci indica come una prefazione ben fatta, non didascalica ma evocativa, sia la necessaria compagna di un viaggio dentro e intorno a un romanzo che per sua natura chiede al lettore di non restare in superficie. 

 

Vassalli Einaudi

Vassalli Rizzoli

La civetta cieca

 

 

 21 dicembre 2023

 


[1] S. Vassalli, G. Tesio, Un nulla pieno di storie. Ricordi e considerazioni di un viaggiatore, Novara, Interlinea 2022.

[2] Wu Ming 2, L’utile per iscopo? La funzione del romanzo storico in una società di retro maniaci, Rimini, Guaraldi 2014.

[3] Vassalli si era laureato in Lettere a Milano discutendo con Cesare Musatti una tesi su "La psicanalisi e l'arte contemporanea".

[4] Hanna Serkowska,Sebastiano Vassalli: da abitante del vento a seguace del nulla, «Cahiers d’études italiennes», 9 2009, 81-90; nota 6. https://journals.openedition.org/cei/192

[5] «Ma pare che il primo maestro di Vassalli sia Friedrich Nietzsche. Vassalli non crede in nulla, o meglio, crede nel Nulla di cui fa il fulcro di una nuova religione. Il nichilismo concepito come inerzia vitale diventa per lo scrittore l’essenza della materia e sostanza del mondo.» Ivi, nota 5.

[6] Sebastiano Vassalli, Amore lontano, Torino, Einaudi 2005

[7] Si veda la recente recensione di Mauro Reali, https://laricerca.loescher.it/a-ciascuno-il-suo-enea-romanzesco/

[8] Gerard Genette, Soglie. I  dintorni del testo, Torino, Einaudi, 1989 (ed. orig., Paris, 1987)

[9]Archivio Jiři Kolář:  https://www.archiviojirikolar.it/tecniche-kolar-intercalages.htm

[10] Cristina Nesi, Sebastiano Vassalli, Fiesole, Cadmo, 2005.

[11] Su Griseldaonline, ad esempio, Nesi  aveva scritto nel 2012  de Il cigno: https://site.unibo.it/griseldaonline/it/didattica/cristina-nesi-scandali-bancari-letteratura-cigno-sebastiano-vassalli

[12] Carlo Ginzburg, Miti, emblemi, spie. Morfologia e storia. Milano, Adelphi 2023.

[13] Sadeq Hedayat, La civetta cieca, Milano, Feltrinelli 1960 (trad. Marco Garlaschelli).