Il 5 marzo 2020 ricevo dall’università dove insegno un link tramite il quale siamo invitati a scaricare Teams. Teams? Ignoravo l’esistenza di un programma che avesse questo nome. L’unico che conoscevo, ma davvero solo per sentito dire, era WebEx. Insieme al link arriva un tutorial e un pdf di 5 pagine in cui, passo passo, ci viene detto come calendarizzare una lezione, come registrarla, come usare la chat, come fare a utilizzare la telecamera, come fare per mostrare un PowerPoint ecc. ecc. Mi confronto con una collega, facciamo una prova noi due il sabato mattina nella speranza di essere pronte (leggasi tranquille) lunedì, visto che entrambe abbiamo lezione il pomeriggio, entrambe vogliamo fare bella figura con gli studenti, entrambe siamo persone ansiose.
Nel frattempo, rispondo a diverse mail di studenti (il mio corso è seguito da 226 studenti e per giunta è un laboratorio di scrittura): mi chiedono perché hanno ricevuto un invito a collegarsi lunedì pomeriggio, se quindi ci sarà lezione, se non funziona Internet come potranno fare, se non hanno il microfono come faranno a intervenire. Con calma, cerco di rispondere a tutti e in questo modo trascorro l’intera domenica.
Arriva il giorno fatidico: lunedì, emozione da primo giorno di scuola. Alle ore 15, puntualissima, mi collego e trovo già collegati 98 studenti. Piano piano si aggiungono i soliti ritardatari: riescono a essere in ritardo anche se sono a casa. Non li posso vedere in viso perché sono troppi, vedo solo i loro nomi; essendo piuttosto emotiva, non riesco a nascondere i miei sentimenti nel sapere che sono collegati, che mi vedono, che ci sono. Li saluto, chiedo loro se stanno bene, come stanno vivendo questo momento distopico, se hanno voglia di ricominciare dopo due settimane di fermo. Dalle loro voci capisco che sono emozionati come me: hanno bisogno di essere colmati di fiducia, temono di perdere l’anno, di non imparare come se fossero in aula, di non riuscire a esercitarsi e a sostenere gli esami. Cerco, per quanto possibile, di rincuorarli: io sono la prima docente che sentono (e vedono) da quando bruscamente l’Italia si è fermata. Inizio la lezione (si parla di uso della punteggiatura), facciamo alcuni esercizi, con mia sorpresa e soddisfazione riusciamo a farli quasi come se fossimo in aula: agli studenti che intervengono chiedo di attivare anche il video e non solo il microfono e così vedo i loro visi giovani, vestiti con gli abiti da casa, le fanciulle sono senza trucco e coi capelli raccolti, molti sono seduti a gambe incrociate su un letto o, peggio, semi sdraiati sul divano. Anziché arrabbiarmi, sorrido e chiedo loro se sono comodi. La lezione dura tre ore come da calendario ma senza pausa (in aula l’abbiamo sempre fatta): nessuno studente me l’ha chiesta. Al termine, ci salutiamo: io esclamo “Un abbraccio ragazzi, ci vediamo lunedì prossimo” e, solo dopo aver pronunciato queste parole, mi rendo conto che mai in aula avrei detto “vi abbraccio”. Contemporaneamente, sulla chat ricevo almeno un centinaio di brevi messaggi, tutti più o meno scrivono: “Grazie prof., un abbraccio anche a lei”; “Grazie prof., è stata bravissima”, “Grazie professoressa, stanotte dormo meglio”. Ma cosa ci sta succedendo? Forse, finalmente, ci stiamo rendendo conto che le nostre certezze di esseri umani del terzo millennio possono essere spazzate via in un attimo e quindi ci appigliamo alle relazioni interpersonali per non cadere nello sconforto?
L’eccitazione della prima lezione lascia lo spazio alla riflessione: la prima è andata bene, ma non era difficile riuscire ad avere l’attenzione e la comprensione degli studenti qualora qualcosa non avesse funzionato. Le prossime lezioni, però, saranno molto più difficili: cosa fare affinché gli studenti non si distraggano, seguano con attenzione, continuino a considerare utile e proficuo frequentare il corso? Cerco sul web e trovo diverse indicazioni. Un articolo in particolare mi è stato utile (va detto che io non ho dimestichezza con telecamere e riprese video): è a firma di Graham Stanley e si intitola Remote teaching – how to keep learners' attention.
Chi scrive suggerisce alcuni accorgimenti per evitare distrazioni e per rendere efficace la lezione; li riassumo rapidamente per gli apprendisti telematici come me:
1) prima di iniziare la lezione, verificare se siamo inquadrati bene: mostrare solo una parte della testa è controproducente e ridicolo
2) guardare direttamente nella telecamera: gli studenti avranno l’impressione che li stiamo guardando in faccia. Quindi, niente occhi verso il basso o verso il centro del monitor, ma sguardo dritto nella telecamera
3) verificare che non ci siano finestre o sorgenti luminose alle nostre spalle perché impedirebbero agli studenti di vederci chiaramente
4) gesticolare, scandire bene le parole è utile a chi ci guarda su piccoli schermi (la maggior parte dei miei studenti mi segue sul telefonino)
5) scegliere uno sfondo che non disturbi l’attenzione degli studenti: ad esempio, evitare di avere librerie colme di libri alle spalle perché gli studenti potrebbero distrarsi nel leggere i titoli. Al contrario, prediligere uno sfondo neutro
6) avere sempre un piano B: potrebbero esserci problemi con la connessione Internet, oppure il programma potrebbe non funzionare, quindi è sempre bene essere pronti a una lezione alternativa (ad esempio utilizzare le piattaforme che tutti gli atenei mettono a disposizione dove gli studenti potranno scaricare i materiali che avremmo utilizzato durante la lezione)
Alcuni suggerimenti sono quasi pleonastici, ad altri non avevo pensato…
Prima della pausa pasquale ho ricevuto alcune mail da parte degli studenti. Ne riporto integralmente due:
Gent. Prof. Zangrandi,
apprezzo la fatica che voi professori fate proponendoci le lezioni in remoto. Non deve essere facile.
Ho il timore che il coronavirus ci imporrà di stare in casa oltre il 15 aprile ma sono sicura che non si perderà l'anno.
In attesa di vederla a lezione domani le auguro un'ottima serata.
Immagino che molti di noi abbiano ricevuto mail simili a queste: sono messaggi incoraggianti che rincuorano. Il contenuto della seconda, invece, è più particolare: riporto il testo il cui oggetto è «Feedback Laboratorio»
Gentile professoressa,
volevo darle un feedback di come stanno andando le lezioni, visto che lei ci ha detto che fa anche parte dell’assicurazione qualità della nostra facoltà.
Mi sono resa conto del notevole miglioramento nella stesura del riassunto, per questo mi ritengo molto soddisfatta. Nonostante la difficoltà della didattica in remoto, le lezioni sono state davvero preziose.
La ringrazio, per l’impegno e la passione. Invito lei e tutti i professori a non scoraggiarsi in questa spiacevole situazione.
Le auguro delle buone vacanze di Pasqua.
Non nascondo che mi ha fatto sorridere l’affermazione «la invito a non scoraggiarsi» perché personalmente non credo di aver mai dato l’impressione di essere scoraggiata. Tuttavia, questa espressione mi ha fatto riflettere: gli studenti (contrariamente a quanto pensavo prima di iniziare questa nuova modalità di insegnamento, lo confesso) sono accanto a noi, ci sostengono, comprendono le oggettive difficoltà che incontriamo e l’impegno che mettiamo nell’organizzare le lezioni, apprezzano e trovano efficace anche questo modo di fare didattica. Inoltre, e questo è un segnale davvero positivo, stanno dimostrando alto senso di responsabilità e serietà. Nella straordinarietà di questa situazione, ecco una buona notizia.
14 aprile 2020
Silvia Zangrandi
Università IULM di Milano