Matteo Zenoni - Un’esperienza bergamasca

tra buon senso e spinta tecnologica

 

Nei Promessi sposi che tutti si sono rimessi a leggere in tempi di coronavirus, paragonando l’emergenza sanitaria in cui ci troviamo alla peste che colpì la Lombardia nel Seicento, una figura chiave per lo scioglimento della vicenda è quella di Bortolo, cugino bergamasco di Renzo che, nel capitolo XVII, accoglie il promesso sposo in fuga da Milano e, nel capitolo finale, venuto a sapere che il padrone di un filatoio alle porte di Bergamo è morto di peste, propone al cugino di entrare in società per rilevarlo. Renzo accetta e così i due acquistano lo stabilimento, iniziando un’attività i cui affari alla fine «andavan d’incanto». Già nell’Ottocento, Manzoni lodava quindi la laboriosità, la concretezza dei bergamaschi; la riconversione, in questi giorni, delle industrie tessili del territorio nella produzione di mascherine e camici ospedalieri, oltre agli sforzi per allestire un ospedale da campo negli spazi dell’ex Fiera di Bergamo sono l’ennesima dimostrazione di un popolo che alle parole, alla vuota retorica, preferisce i fatti e il duro lavoro. Anche in ambito scolastico.

Scrivere però un articolo su come la scuola bergamasca abbia cercato di fronteggiare l’emergenza educativa e didattica di fronte allo tsunami coronavirus non può che partire da una considerazione, poco “professionale”, ma oggettiva e concreta: alle riflessioni e alle strategie didattiche di insegnanti abituati a promuovere una scuola di eccellenza si sono intrecciate, in questo territorio, le difficoltà, anche emotive, nel mandare avanti il percorso di apprendimento per alunni le cui famiglie avevano subito gravi lutti o che vivevano l’angoscia di familiari, amici e parenti che avevano contratto il virus.

Poste queste inevitabili premesse, se volessi invece analizzare con razionalità le modalità didattiche che ho messo in campo, potrei individuare due momenti ben distinti: una prima fase, della durata di due-tre settimane, da fine febbraio a inizio marzo, improntata a creare un collante tra la didattica svolta in classe in classe e quella a distanza, per rassicurare adolescenti che vivevano un’esperienza sì ancora emergenziale, ma della cui (lunga) durata non si prevedeva ancora nulla; a questa è seguita poi una seconda fase, in cui ho attuato una rimodulazione di contenuti linguistici e letterari, abilità da conseguire, competenze da promuovere e una ridefinizione delle prove di valutazione, con una spinta forte verso la creazione di prodotti multimediali e la promozione di competenze, non solo disciplinari, ma anche digitali.

Per formazione ed esperienza lavorativa, ho sempre implementato la didattica in presenza con quella a distanza: lo ritengo un modo per far maturare ai ragazzi quelle competenze trasversali e di cittadinanza che la scuola mette spesso in secondo piano: le piattaforme per l’apprendimento (iTunesU, Edmodo, Fidenia nello specifico) hanno sempre caratterizzato il mio agire didattico di insegnante di italiano e latino. Ad essere sinceri, retrospettivamente, le vedevo come un potenziamento di un’attività tradizionale, in classe, “chiudendo un occhio” per quegli alunni che si dimenticavano la consegna di un compito su piattaforma o la visione di una videolezione su Youtube.

Ora, però, l’unica didattica praticabile è quella a distanza e cercare di “riprodurre” in toto, attraverso uno schermo, quello che si faceva in classe, a contatto con gli alunni, è impossibile. Me ne sono accorto dopo la prima fase, in cui pensavo, forse ingenuamente, che registrare una lezione o caricare un esercizio, alla fine, non erano tanto diversi dall’impostare una lezione introduttiva in classe su Alfieri o assegnare un’esercitazione di scrittura creativa o un questionario di analisi del periodo. Forse, anzi, per gli alunni più svogliati e con disturbi d’attenzione, ascoltare una registrazione del loro insegnante, poterla fermare, fare una pausa e poi riprenderla poteva rappresentare un elemento di grande potenzialità, quasi uno strumento compensativo.

In realtà, più i giorni passavano, più ho compreso che la didattica a distanza, giocoforza digitale, può essere una valida ancilla di quella in presenza, ma non potrà mai sostituirla e nemmeno avvicinarvisi se quest’ultima risulta impraticabile (e noi bergamaschi ci siamo ahimè rassegnati a una chiusura dell’anno scolastico online). Forse la didattica a distanza potrà essere un sostituto efficace di quella in presenza per quegli alunni che, nel biennio o, soprattutto nelle classi terminali, abbiano già acquisito una certa autonomia e un metodo di lavoro adeguato ma, come una sorta di fiumana verghiana, travolge inevitabilmente quegli alunni che già in classe andavano stimolati, guidati, spronati, seguiti con particolare attenzione. E che magari proseguivano la loro esperienza di apprendimento nei laboratori pomeridiani, negli sportelli help, nei corsi di potenziamento. Tutte attività che la didattica a distanza fatica a prevedere proprio per non sovraccaricare alunni e famiglie che passano gran parte del tempo connessi davanti a uno schermo. La didattica a distanza tende ad aumentare il divario tra chi ce la faceva e chi non ce la faceva. Ma la scuola, in questa situazione drammatica, a mio parere non può permettersi di deporre «sulla riva, dopo averli travolti e annegati» questi vinti della didattica a distanza: ne vale del loro percorso di apprendimento negli anni futuri.

Credo quindi che pensare di poter mandare avanti delle discipline come italiano e latino in un contesto del genere comporti una necessaria ricalibratura degli obiettivi di apprendimento, delle strategie di insegnamento e di valutazione. E che ogni docente debba agire usando i criteri del buon senso e del giusto mezzo, in una situazione nel quale è difficile riuscire a raggiungere tutti gli studenti in egual modo, come invece poteva avvenire nella didattica in presenza. Leggo di Istituti che hanno mantenuto il medesimo orario scolastico e chiedono dunque agli alunni di collegarsi già alle 8 in videolezione: mi pare un’assurdità che non tenga conto del contesto di emergenza, quasi “di guerra” in cui ci troviamo, ma soprattutto dei nuovi ritmi della nostra vita in quarantena. Credere poi che i 40 minuti in conferenza siano uguali ai 55 minuti di lezione è un’illusione che va subito confutata: in videolezione non hai davanti i corpi degli studenti, non percepisci le loro emozioni, i loro dubbi, le dinamiche interne alla classe, ma puoi vedere 25 icone con microfono e telecamera spenti (per questioni di connessione, non per malizia), che si accenderanno e mostreranno il loro viso se li interpellerai. Lascio immaginare l’alienazione che può provocare in un docente con un minimo di coscienza una lezione in cui si debbano erogare dei contenuti disciplinari (magari anche di un certo spessore) in questo modo.

Come agire dunque? Sicuramente rimodulare i contenuti letterari puntando all’essenzialità e individuando dei nodi concettuali imprescindibili: per fare un esempio, per la disciplina “Lingua e letteratura italiana” di una classe quarta, i concetti di “Neoclassicismo”, “Preromanticismo”, “Romanticismo”, la figura di Ugo Foscolo come autore tra due secoli possono essere affrontati anche in modalità di videolezione registrata, consentendo agli alunni una fruizione quanto più libera. In generale, ritengo che tutte le spiegazioni introduttive possano essere svolte in questa modalità, così come, per lingua latina, le spiegazioni teoriche di argomenti grammaticali. Fondamentale però è ricavare uno spazio di classe come “comunità ermeneutica”, o molto più prosaicamente, di “contatto”:  a questo possono servire le lezioni in presenza, su varie piattaforme (io utilizzo Meet della GSuite). Più che videolezioni andrebbero definite momenti di “ricevimento”, “sportello di classe”, in cui gli alunni prendono la parola, si chiariscono i testi letterari precedentemente assegnati, si cercano punti di contatto e alterità tra autori, epoche, movimenti, ci si esercita con la traduzione di frasi latine o con esercizi di grammatica proposti in diretta dal docente. Una riduzione quindi del 25-30% del monte ore frontale della disciplina mi pare dunque un buon compromesso. Ma, per essere veramente efficace, la didattica a distanza necessita anche di esercizio, frequente e puntuale: l’alunno deve sapere se il percorso di apprendimento che sta affrontando è davvero efficace e dunque in questa direzione deve andare la somministrazione di questionari online (con la possibilità di rivedere le risposte sbagliate) e di compiti di scrittura corretti dal docente. Forse è proprio la competenza di scrittura quella che si può cercare di migliorare e potenziare davvero in questa emergenza sanitaria, cercando delle proposte che vadano nella direzione dell’argomentazione, dell’espressione di giudizi personali, più che nell’esposizione di contenuti (facilmente ricavabili da libri, magari appoggiati vicino al monitor, o da siti web).

Porto un’esperienza molto fruttuosa, che può servire da stimolo per chiunque voglia cercare di recuperare, anche solo virtualmente, la “corporeità” di una classe che non c’è: attraverso la piattaforma Tricider (https://www.tricider.com/), utile per lanciare tematiche su cui gli alunni devono esprimere la loro tesi argomentata su una controversia scelta dal docente, ho predisposto una tricision (termine tecnico per la proposta di scrittura) inerente il “mantenimento o meno del numero chiuso nei corsi di laurea scientifico”. Nei giorni precedenti alla videolezione, ogni alunno ha espresso la sua idea argomentandola e, in diretta, abbiamo discusso, dando la parola agli studenti, delle diverse tesi, cercando di individuare punti di forza e debolezza di ogni argomentazione. Il lavoro proseguirà con la stesura individuale (e corretta dal docente) di una produzione argomentativa sulle medesime tematiche, che su Tricider erano state esposte per punti. In quei minuti, 40 per la precisione, non ho notato una differenza abissale tra didattica in presenza e a distanza: ci siamo sentiti “classe”, nel senso tradizionale del termine.

Veniamo al punto dolente: la valutazione degli apprendimenti. Credo che in una situazione di emergenza sanitaria vadano ricalibrate le richieste e proposte attività che presuppongano la messa in campo di competenze, più che la ripetizione di contenuti o la verifica di abilità. E dunque, in questo finale di anno scolastico online, la preferenza dovrebbe essere accordata, a mio avviso, alla creazione (anche a piccoli gruppi, perché no?) di prodotti multimediali, magari di approfondimento individuale o che ricapitolino alcuni nodi concettuali della disciplina: per quanto pertiene l’italiano, si può proporre un’infografica riepilogativa sulla figura di Renzo (o di un qualsiasi personaggio dei Promessi sposi), la creazione di una “video-poesia”,  oppure una narrazione multimediale sulla figura di Foscolo, corredata da semplici video a cura dallo studente (creati, ad esempio, con Abobe Spark Video, https://spark.adobe.com/it-IT/).

Insomma, da questa emergenza forse i nostri alunni usciranno con un bagaglio di conoscenze letterarie sicuramente più ridotto, ma forse con competenze di scrittura e digitali più solide, che serviranno loro nel proseguo degli studi o, per le classi quinte, nel mondo del lavoro e dell’università.

 

4 aprile 2020

 

Matteo Zenoni

Liceo Linguistico “Cesare Battisti”, Lovere (BG)