È dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost., l'art. 9, comma 1, lett. b), della legge reg. Abruzzo n. 8 del 2022, limitatamente alle parole «i requisiti dei soggetti che possono partecipare alle CER e». La disposizione impugnata dal Governo, affidando alla Giunta regionale il compito di definire i requisiti per poter partecipare alle comunità energetiche rinnovabili (CER), laddove essi sono invece già esaustivamente definiti dalla legge statale, viola il parametro interposto dell'art. 31, comma 2, del d.lgs. n. 199 del 2021, finalizzato a garantire in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale la più ampia possibilità di partecipare a una CER, in attuazione di quanto disposto dal legislatore europeo. Né vale a escludere il vizio di illegittimità costituzionale il carattere non immediatamente lesivo della norma regionale, in quanto la violazione si concreta già nel momento in cui la Regione si appropria di una disciplina che deve invece essere uniforme su tutto il territorio nazionale.
Sono dichiarate non fondate, nei termini di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale, promosse dal Governo in riferimento agli artt. 3, 9, 97 e 117, secondo comma, lett. m) e l), Cost. e all'art. 14 dello statuto, dell'art. 4 della legge reg. Siciliana n. 23 del 2021, nella parte in cui introduce l'art. 3, comma 1, lett. aa), della legge reg. Siciliana n. 16 del 2016, che considera attività edilizia libera l'installazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili ad esclusione della zona ZTO A, sia per i casi contemplati dall'art. 1122 cod. civ., sia quando gli stessi contribuiscono alla formazione delle comunità energetiche. La disposizione regionale ben può essere interpretata nel senso che i soli impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili realizzabili senza titolo abilitativo sono i pannelli solari e fotovoltaici, in linea con quanto previsto dalla normativa statale.
L'interesse pubblico alla tutela del patrimonio culturale, in relazione di un vincolo indiretto, non ha il peso e l'urgenza per sacrificare interamente l'interesse ambientale indifferibile della transizione ecologica, la quale comporta la trasformazione del sistema produttivo in un modello più sostenibile che renda meno dannosi per l'ambiente la produzione di energia, la produzione industriale e, in generale, lo stile di vita delle persone. La posizione ‘totalizzante' così espressa dall'Amministrazione dei beni culturali si pone in contrasto con l'indirizzo politico europeo (Direttiva CEE n. 2001/77) e nazionale (Dlgs 29 dicembre 2003 n. 387) che riconosce agli impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili importanza fondamentale, dichiarandoli opere di pubblico interesse proprio ai fini di tutela dell'ambiente. L'Amministrazione, in sede di esercizio e di riedizione del potere, deve ricercare non già il totale sacrificio dell'uso produttivo di energia pulita delle aree contigue alle aree vincolate (nella specie croci votive), secondo una logica meramente inibitoria, bensì una soluzione comparativa e dialettica fra le esigenze dello sviluppo sostenibile e quelle afferenti al paesaggio culturale.