Giorgio Benedetti
Di primo acchito questo libro può sembrare un numero illimitato di cose che in realtà non è.
Il titolo e la copertina (soprattutto quella scelta per l’edizione italiana) danno subito l’idea di trovarsi di fronte all’ennesimo romanzo appartenente alla categoria della Chick Lit. Tutto sembra suggerire che si tratti di una storia piacevole ma anche estremamente banale e convenzionale, la classica love story con triangolo amoroso a lieto fine: niente di più sbagliato.
Le caratteristiche che questo libro sembra incarnare in apparenza, sono in realtà proprio quelle contro cui si oppone; dimostrazione del fatto che non si deve mai giudicare qualcosa dall’esterno.
Jeffrey Eugenides parte da un tema già affrontato anche nei due romanzi precedenti (The Virgin Suicides, Middlesex), seppur con metodi e risultati diversi, ovvero il “dramma” del coming of age, del crescere; un tema che è da sempre un leitmotiv in letteratura, ma allo stesso tempo è anche sempre attuale poiché è in divenire la realtà in cui si inscrive ogni romanzo di formazione.
La protagonista, Madeleine Hanna, giunta all’ultimo anno di università, si appresta a scrivere la sua tesi sulla “trama del matrimonio”, prendendo a modello i grandi romanzi di Jane Austen e George Eliot. Secondo il professor Saunders (relatore della tesi di Madeleine): “il romanzo ha raggiunto il suo massimo sviluppo e intreccio proprio grazie al matrimonio, e da allora non si è più ripreso”. Saunders è convinto che l’uguaglianza dei sessi e il divorzio siano stati una disgrazia per il romanzo, poiché hanno portato ad una situazione in cui un marriage plot non è più sviluppabile. La possibilità di sciogliere facilmente il matrimonio rende questa ‘istituzione’ più fragile come strumento narrativo: non lo si può più declinare come momento culminante di una qualsiasi storia, attorno al quale immaginare situazioni e azioni. “Che importanza poteva avere con chi si sposava Emma, se poi avrebbe potuto chiedere la separazione?”, si chiede Saunders. Il momento in cui Madeleine tratta questo argomento è cruciale: siamo negli anni ottanta, anni sociologicamente complessi e anni nei quali nuove correnti critiche (strutturalismo e decostruttivismo su tutti) imperavano nei corsi accademici, incoraggiando la decostruzione degli schemi narrativi più tradizionali da parte di vecchi e nuovi critici. Madeleine, studentessa motivata che ama i grandi romanzi della tradizione ottocentesca, non può che iscriversi ad un corso di semiotica e cercare così di capire perché tutti sostengano che il romanzo sia ormai un genere morto. Questo primo momento è cruciale per la crescita della protagonista: compiendo questa scelta mette in discussione tutto ciò in cui ha sempre creduto, il mondo letterario a cui è tanto legata, per affrontare una realtà a lei sconosciuta, in antitesi a quella che le è così cara e familiare. Proprio grazie al corso di semiotica, la sua vita subirà una piega inaspettata, facendole incontrare Leonard Bankhead, il ragazzo complessato e depresso di cui si innamorerà e con cui vivrà una complicata storia d’amore.
A disturbare questo già complicato rapporto a due si aggiungerà però un vecchio amico di Madeleine, Mitchell Grammaticus, studioso di religione, da sempre convinto di doverla sposare.
Dopo una prima parte, che segue i protagonisti nel corso degli ultimi mesi di università, il romanzo continua esplorando gli eventi successivi alla laurea, raccontando il momento in cui i protagonisti devono fare i conti con il destino che li attende, con la vita vera. Assistiamo così alla vita più intima di Madeleine, Leonard e Mitchell, mentre cercano di trovare un modo per costruirsi un futuro, traendo spunto e conforto dagli studi letterari che hanno compiuto, attraverso un corollario di citazioni che vanno da Henry Miller a Jacques Derrida, da Ernest Hemingway a Umberto Eco. Letteratura e vita, si giustappongono in un dialogo metanarrativo che porta il lettore a interrogarsi su un altro topos narrativo: il rapporto tra la realtà e la finzione.
Per quanto la trama del romanzo non sia eccessivamente complessa e variegata, è il modo in cui questo romanzo è scritto ad essere di importanza cruciale. Eugenides, con il suo stile fresco ed elegante, riesce a descrivere benissimo gli stati d’animo e i complessi tipici dell’età dei protagonisti, rendendo inevitabile un coinvolgimento emotivo da parte del lettore, soprattutto se giovane.
Come non immedesimarsi nella studentessa modello Madeleine, per la quale i romanzi d’amore sono tanto cari, ma che possiede una vita amorosa praticamente inesistente? Oppure in Mitchell, il classico ragazzo intelligente ma sfortunato che si fa sempre “soffiare la ragazza” dal primo bell’imbusto che passa?
L’accuratezza di ogni singolo dettaglio è impressionante, quasi maniacale: sembra proprio di trovarsi al centro della scena quando la si legge, di assistere alla lezione universitaria di turno, di dialogare con i protagonisti, quasi di essere noi stessi parte integrante del libro.
Altro aspetto importante è il ruolo della letteratura: i protagonisti amano talmente tanto i libri al punto di immergersi completamente in essi, dimenticandosi della realtà che li circonda. Quello che The Marriage Plot vuole insegnarci, è forse quanto sia di fondamentale importanza l’esistenza di una linea di demarcazione fra la vita e la letteratura: quest’ultima infatti, può rivelarsi ricca di insegnamenti a noi utili, ma è necessario estrapolarli e metterli a frutto in maniera funzionale a seconda del contesto. Madeleine e Mitchell inizialmente si trovano spaesati di fronte al “nuovo mondo” con cui devono fare i conti al termine degli studi, non sanno da che parte cominciare per costruirsi una vita, e invece di porsi interrogativi e affrontare i problemi continuano a rifugiarsi nei libri a loro cari per sentirsi meglio.
Il ruolo centrale della letteratura ‘della tradizione’ e l’importanza cruciale del trarre da essa insegnamenti utili per la nostra vita è proprio ciò che contraddistingue questo romanzo da altre opere contemporanee pensati per il mercato dei “giovani”; The Marriage Plotrecupera la tradizione del Bildungsroman e la declina al presente suggerendo vecchi e nuovi strumenti da utilizzare nel nostro percorso di crescita morale e intellettuale.
Questo libro sembrerebbe così dimostrare che tanto il professor Saunders che gli strutturalisti avevano torto: la “trama del matrimonio” è ancora possibile e il romanzo non è affatto morto. Lo stesso autore ha dichiarato, alla presentazione del romanzo avvenuta a New York: “Il mio obiettivo era rivisitare questi soggetti tradizionali in chiave moderna, dimostrando allo stesso tempo che il decostruttivismo e il postmodernismo avevano torto nel dichiarare morto l’autore, impossibile l’amore, e superflua la letteratura romanzesca”. Pertanto, è possibile trattare oggi temi come questi, ma occorre farlo partendo dalla realtà contingente, cercando il modo di liberare l’universale dalle gabbie imposte da letture anacronistiche e ideologizzanti.
Con The Marriage Plot, Jeffrey Eugenides si riconferma un grande autore, capace di analizzare a fondo l’animo umano e riproporlo nei suoi romanzi con grande realismo e sentimento; un autore consapevole del fatto che viviamo in una realtà problematica e contraddittoria ma che, nonostante ciò, ci sprona a prendere in mano le redini della nostra vita e a rimanere fedeli alle nostre convinzioni anche quando il mondo intero ci è ostile.
Foto 1 da leparoleelecose.it (data di ultima consultazione: 30/08/2021)
Foto 2 da macmillan.com (data di ultima consultazione: 30/08/2021)