Prime ossa: uno sguardo storico e sociale ai primi casi di HIV

Vera Lentini

Prime ossa è uno dei quattro libri della omnibus Ossa: the collection, scritta da Kathy Reichs e pubblicata nel 2016. Il romanzo narra il primo caso affrontato da Temperance Brennan, protagonista della trama e alter ego della scrittrice, alle prese con casi che la porteranno a guardare in faccia le difficoltà, lo stigma, la paura e il panico collettivo di fronte ai primi casi di HIV e AIDS.

 

1. Kathy Reichs e il suo alter ego

2. Prime ossa: trama

3. Contestualizzazione storica

4. La ricerca di una cura

5. Fattore sociale

6. Bibliografia e Sitografia

 

1. Kathy Reichs e il suo alter ego

Kathy Reichs è un’antropologa forense e scrittrice statunitense nata a Chicago il 7 luglio 1948. Dalla prima metà degli anni Ottanta, insegna bioarcheologia all’Università di North Carolina-Charlotte e collabora sporadicamente con le forze dell’ordine per esaminare resti scheletrici rinvenuti sulle scene del crimine.

La sua vita cambia quando contribuisce al caso di Neely Smith, una bambina scomparsa e uccisa nel 1981 in circostanze mai del tutto chiarite. Da quel momento, Reichs decide di mettere le proprie conoscenze scientifiche al servizio delle indagini, contribuendo alla risoluzione di crimini analoghi. Consegue, quindi, la certificazione necessaria dall’American Board of Forensic Anthropology e comincia a lavorare come consulente per polizia, coroner e medici legali.

Negli anni Novanta, i casi affrontati sul campo ispirano Reichs a portare la scienza a un pubblico più vasto, supportata da creatività e rigore scientifico. Nel 1997 nasce così il suo alter ego, l’antropologa forense e scrittrice Temperance Brennan, protagonista del suo primo romanzo, Corpi Freddi. L’opera, ispirata al primo caso di serial killer affrontato realmente da Reichs, diventa un best seller negli Stati Uniti, Canada e Regno Unito. 

Il successo delle imprese di Temperance Brennan spinge Reichs a portare di nuovo sulla scena il suo personaggio con una serie televisiva, Bones, che debutta nel 2005.

L’ulteriore fama acquisita da Temperance Brennan porta Reichs a dedicarle, inoltre, un salto indietro nel tempo, accendendo i riflettori sul suo passato, la sua formazione e i suoi primi passi nel mondo forense. Di questo tratta Prime ossa, contenuta nella omnibus Ossa: the collection, giunta sugli scaffali nel 2016

In Prime ossa Temperance Brennan si trova alle prese con casi che la portano a guardare in faccia le difficoltà, lo stigma, la paura e il panico collettivo di fronte ai primi casi di HIV e AIDS, rievocando i primi casi affrontati da Reichs.

 

2. Prime ossa: trama

Siamo al 17 dicembre 1980, nell’Università degli studi del North Carolina, presso la facoltà di antropologia. Temperance Brennan, una giovane bioarcheologa, viene raggiunta da due agenti di polizia del distretto di Charlotte-Mecklenburg. Dei resti umani carbonizzati sono stati rinvenuti nella roulotte appartenente a Keith Millikin, un noto medico della zona scomparso da giorni. Le forze dell’ordine hanno bisogno del supporto di un esperto come Temperance Brennan per confermare l’identità della vittima.

Le ossa presentano una ferita da arma da fuoco alla nuca, ma non appartengono al Dott. Millikin. Il cadavere è di Russel Ingram, dentista poco raccomandabile perché responsabile di aver utilizzato aghi non sterilizzati durante le operazioni sui suoi pazienti. Qualche giorno dopo, vengono rinvenute le ossa di una seconda vittima, uccisa allo stesso modo, in una macchina carbonizzata. Si tratta di Mark Wong, un agopuntore della zona. Le due vittime hanno due particolarità in comune: entrambe hanno ricevuto una diagnosi di HIV e sono state pazienti del Dott. Millikin

Il mistero della scomparsa del Dott. Millikin viene risolto quando lui stesso si presenta davanti ai resti della sua roulotte. Rivela alle forze dell’ordine che è stato in Messico a procurarsi l’AZT, farmaco contro l’AIDS che spaccia nella sua clinica. Il Dott. Millikin, infatti, rappresenta a tutti gli effetti l’ultima speranza per i pazienti sieropositivi che, a causa di un’infezione fin da subito stigmatizzata, si ritrovano a vivere nella clandestinità, isolati e senza cure.

Grazie a lui si riescono a ottenere informazioni utili per scoprire il vero assassino: un uomo di nome Terry Flynn. L’uomo ha da poco ricevuto una diagnosi di AIDS, una condanna a morte per quei tempi. La frustrazione, nonché la disperazione data dall’isolamento al quale è costretto, lo hanno portato a quelle atrocità. Le sue vittime sono coloro che lui ritiene responsabili della sua diagnosi: una sorta di capro espiatorio per la sua disperazione. 

Flynn viene fermato e arrestato prima di uccidere in modo analogo e con lo stesso movente un perdigiorno e spacciatore di nome Nero Height. La scia di omicidi di Flynn segna l’inizio della carriera forense di Temperance Brennan, decisa ad abbandonare la tranquilla carriera accademica.

 

3. Contestualizzazione storica

Alla base di Prime ossa di Kathy Reichs c’è un insieme di emozioni disordinate che “crescono al punto da sfociare in omicidio”. (Reichs, 2016:90) 

Dal 1981, infatti, una nuova epidemia iniziò a scuotere la società: in California e a New York a giovani uomini apparentemente in salute furono diagnosticati casi di una rara polmonite o casi del sarcoma di Kaposi, un cancro alla pelle. Spesso, le patologie si presentarono contemporaneamente nello stesso paziente. In poco tempo, la crisi sanitaria e sociale locale si trasformò in un fenomeno globale

Dati i casi riscontrarti, in principio si sospettò che l’epidemia fosse limitata alla comunità omosessuale maschile, alle prostitute e ai tossicodipendenti. In realtà, ben presto si aggiunsero casi di diffusione dell’epidemia dovuti a contagi attraverso trasfusioni di sangue, trapianti d’organo, ferite accidentali con strumenti non sterilizzati o trasmissioni dalla madre ai figli durante la gravidanza o il parto. 

L’epidemia prese il nome di sindrome da immunodeficienza acquisita, o AIDS, ancora prima che se ne conoscesse davvero l’agente infettivo.

Nel 1982 il gruppo di ricerca di Robert Gallo negli Stati Uniti e nel 1983 quello di Luc Montagnier e Françoise Barré-Sinoussi in Francia scoprirono un virus che poteva essere effettivamente responsabile dei contagi. Anche le modalità di contagio furono chiarite: emerse che l’infezione si verificava in genere tramite il contatto con sangue o altri liquidi corporei infetti. 

L’omosessualità, la promiscuità sessuale e la tossicodipendenza erano solo contesti con maggiore facilità di trasmissione, in assenza di prevenzioni adeguate (quali l’uso del profilattico) o a causa dell’uso di aghi non sterilizzati

Le ricerche sottolinearono inoltre che le polmoniti o i cancri della pelle erano conseguenze dirette del danneggiamento del sistema immunitario da parte del virus, che rendeva l’organismo più vulnerabile ad altre malattie e infezioni.

Nel 1985, il Dott. Gallo sviluppò il primo test in grado di rilevare l’infezione da HIV nel sangue e a impiegarlo sia a fini diagnostici sia per effettuare controlli preventivi sulle trasfusioni. L’anno seguente si convenne che i due gruppi di scienziati non si riferivano a due virus distinti nei loro studi ma allo stesso, che venne ufficialmente identificato come HIV, retrovirus a RNA, appartenente al genere Lentivirus. Per il loro contributo scientifico, gli scienziati francesi furono insigniti nel 2008 del premio Nobel per la Medicina, contornati dalle polemiche per l’esclusione di Gallo

In Prime ossa, Kathy Reichs offre un’importante testimonianza sull’evoluzione delle procedure forensi come conseguenza diretta di queste scoperte fatte dalla comunità medica, dall’uso di dispositivi di protezione alla precauzione nei contatti, grazie a nuove linee guida:

 

Medici legali, antropologi forensi e tecnici di laboratorio presero a indossare maschere speciali oltre a grembiuli, occhialini e guanti. Evitammo il contatto rischioso con i fluidi corporei dei cadaveri. Seguimmo nuove rigide linee guida per il trattamento e lo smaltimento di lame e aghi. La minaccia era reale e la stavamo prendendo sul serio.” (Reichs, 2016, 88:89)

 

4. La ricerca di una cura

In uno dei primi capitoli di Prime ossa si scopre che il Dr. Millikin non era presente sulla scena del crimine, perché in Messico a procurarsi l’AZT. Questo segmento, fondamentale per lo sviluppo della trama, è ispirato a eventi reali e comuni a quei tempi. 

Nei primi anni dello scoppio dell’epidemia da HIV, infatti, non esistevano cure efficaci, così come non era chiaro quali prevenzioni avrebbero permesso di restare incolumi dai contagi. Questo faceva di una diagnosi da sieropositività una condanna a morte, stigmatizzando l’infezione e la percezione sociale della persona infetta. 

Le difficoltà nel trovare un rimedio efficace non hanno limitato le speranze dei pazienti affetti da AIDS e neanche la mobilitazione dal basso per la ricerca di una cura. Ad esempio, negli Stati Uniti nacquero i buyers club”, gruppi che acquistavano e distribuivano medicinali non approvati da altre parti del mondo, nella speranza di alleviare sintomi e sofferenze dovute all’infezione. 

Uno di questi era proprio l’AZT, farmaco promettente scoperto negli anni Sessanta per la lotta contro i retrovirus che, nel 1984, si rivelò capace di impedire la replicazione dell’HIV tra le cellule sane dell’organismo, preservando le condizioni di salute dei pazienti. Nel 1987 la Food and Drugs Administration (FDA), ente statunitense per la regolamentazione dei medicinali, approvò l’uso dell’AZT.  Tuttavia, il medicinale provocava pesanti effetti collaterali, specialmente con gli alti dosaggi iniziali e, col tempo, le nuove varianti di HIV presentavano resistenze al farmaco, perché erano in grado di mutare rapidamente. Si diffuse così il sospetto secondo cui il farmaco fosse peggiore dell’infezione

La situazione cambiò quando i medici decisero di combinare diversi farmaci retrovirali, compreso l’AZT. L’idea nacque dall’ipotesi secondo cui fosse impossibile che i ceppi del virus sviluppassero resistenze a tutti i diversi medicinali. Da questo approccio nacque la terapia HAART, Highly Active Antiretroviral Therapy: grazie a questa, dal 1996 ad oggi, con continui e progressivi miglioramenti, siamo arrivati alle cure adottate sia in termini preventivi che contenitivi, in caso di esposizione al rischio. 

Il livello di accesso alle terapie preventive e alle cure è, però, un privilegio dei paesi più ricchi o con sistemi sanitari in grado di offrire cure come queste a costo accessibile o totalmente gratuito. L’epidemia di HIV, quindi, ha solo messo in evidenza quello che già con altre infezioni e malattie era evidente: la vera condanna in molti paesi non è la diagnosi, ma la povertà o la ricchezza con cui doverla affrontare

Nonostante la diagnosi da HIV non sia più una condanna a morte e i farmaci permettano ai pazienti di vivere una vita in salute, persiste la necessità di una prevenzione maggiore, magari con vaccini adeguati, oppure terapie in grado di guarire del tutto dall’infezione. 

Questo è reso difficile dal fatto che il virus si integra alle cellule del sistema immunitario, che invece dovrebbero eliminarlo; in una singola infezione o in un singolo organismo, infatti, il virus muta diverse volte, rendendosi irriconoscibile alle cellule che dovrebbero identificarlo e combatterlo. 

Esistono in letteratura scientifica dei casi eccezionali di guarigione dall’infezione, come quelli in cui alcuni pazienti si sono sottoposti a trapianto di cellule staminali per risolvere altre malattie. Questa soluzione non è replicabile su ogni soggetto ma ha evidenziato che il virus non è invincibile. Infatti, mentre in alcuni casi gli scienziati si prodigano per la creazione di un vaccino preventivo contro il virus, alcuni studi si sono focalizzati sulla definizione di una terapia funzionale, volta a impedire il risveglio e la replicazione del virus nel lungo periodo in quei pazienti che, nel frattempo, riescono a negativizzarsi. 

A tal proposito, spicca la campagna di informazione medica e culturale per eradicare lo stigma attorno al paziente sieropositivo “U=U”, ossia “Undetectable = Untrasmittable”, per sottolineare che un paziente sieropositivo non rilevabile, cioè con carica negativa, è un soggetto che non può contagiare altre persone. La campagna vuole inoltre soffermarsi sull’uso corretto delle parole e delle informazioni, facendo attenzione essa stessa a non discriminare un paziente ancora positivo da uno negativizzato. 

 

5. Fattore sociale

I pazienti sieropositivi erano soggetti a una forte emarginazione sociale, spesso autoimposta o determinata da decisioni terze, e alimentata da pregiudizi, stigma e disinformazione. Questa condizione viene descritta a livello emotivo anche da Kathy Reichs. Nelle conclusioni di Prime ossa, infatti, scrive:

 

Alla base di Prime ossa c’è la tempesta di emozioni legate alla malattia. L’ansia quotidiana di coloro che hanno l’HIV. La paura che la loro condizione si evolva in AIDS. La preoccupazione che possano aver trasmesso la malattia ad altri. La loro lotta con il dovere di uscire allo scoperto. Molto peggio è l’agonia di coloro a cui viene diagnosticato l’AIDS conclamato. La straziante consapevolezza che il virus li ucciderà. Che la morte non sarà bella.” (Reichs, 2016, 89:90)

 

Nel corso degli anni, però, lo stigma sociale è stato contrastato dalla nascita di movimenti e associazioni che cercano di restituire voce e dignità a chi l’aveva persa. Una delle prime attività di sensibilizzazione viene citata da Reichs stessa nell’epilogo del romanzo. 

Nel 1985 si allestì una manifestazione che, tra i tanti obiettivi, commemorava le vittime dell’epidemia a San Francisco. In quell’occasione, un gruppo di cittadini ideò un progetto passato alla storia come Names Project AIDS Memorial Quilt, che venne creato materialmente nel 1987. Si trattava di una coperta realizzata con pezzi di stoffa di un metro per due, cuciti tra di loro, e ognuno riportava il nome di una vittima dell’epidemia. Il progetto aveva l’intento di ricordare le vite di chi rischiava di diventare solo un numero nelle statistiche e, al contempo, sensibilizzare la popolazione sull’impatto devastante dell’epidemia. 

L’ultima grande esposizione della coperta risale al 1996 in presenza di figure di spicco del periodo, tra cui il presidente ClintonReichs, presente con la figlia, ricorda così il momento:

 

Quando l’ho rivista nel 1996, i rettangoli rappresentanti più di ottantamila persone coprivano l’intero Washington Mall.” (Reichs, 2016:89)

 

Sul fronte attivista e associazionista, nel 1987 venne fondata ACT UP, la prima che, attraverso atti di disobbedienza civile e protesta non violenta, manteneva alta l’attenzione sull’epidemia. L’organizzazione vuole fornire informazioni accurate, incitare i governi mondiali nel trovare una cura, ma anche educare e sensibilizzare la popolazione civile. Tutto mira a eradicare lo stigma sociale sulla figura dell’infetto, sulla percezione della malattia e la marginalizzazione delle fasce più deboli della società. Infatti, articoli di giornale, film e servizi giornalistici fomentavano disinformazione e panico sociale. Il lavoro di ACT UP e altre associazioni ha contribuito ad arginare i pregiudizi e gli stereotipi sul contagio, richiamando l’attenzione sull’inadeguatezza del sistema di informazione.


Il più grande provvedimento venne istituito solo nel 1988. Il primo dicembre, infatti, viene ufficializzata la giornata mondiale per la lotta contro l’AIDS da UNAIDS, Programma Congiunto delle Nazioni Unite. La giornata ha come scopo la commemorazione delle vittime, l’organizzazione di campagne di sensibilizzazione, la sollecitazione dei governi e della società per combattere i pregiudizi e lo stigma, e il sostegno per i pazienti in cura. L’obiettivo cardine è, però, la lotta per un migliore accesso alle cure mediche e una prioritizzazione della prevenzione all’HIV nella sanità pubblica, specialmente nei paesi più poveri. Durante questa giornata viene indossato un nastro rosso come simbolo di solidarietà.

 La campagna di sensibilizzazione più nota, durante questa giornata, è il Day Without Art, istituita nel 1989. Il progetto ha come obiettivo la commemorazione degli artisti scomparsi per HIV, attraverso una serie di rappresentazioni artistiche. Durante la giornata, organizzazioni, musei e gallerie negli Stati Uniti coprono le loro opere, sostituendole con informazioni sull’HIV e i rapporti sessuali sicuri. Creano, inoltre, locali scuri e isolati, per simulare la condizione di isolamento nella quale vivono i pazienti, attraverso la chiusura delle porte o l’abbassamento delle luci

Durante la giornata, non mancano mostre, programmi, letture, rituali e performance commemorative. Sulla scia di questa iniziativa commemorativa, nel 1998 venne rinominato Day With(Out) Art, per simboleggiare la continua necessità di inclusione degli artisti sieropositivi e delle opere incentrate sul tema.

Tra queste, una delle più ricordate è Untitled di Felix Gonzales-Torres, che creava installazioni diverse usando oggetti di uso quotidiano. Tutte hanno un elemento in comune: la commemorazione del suo compagno morto di AIDS nel 1991. L’installazione più famosa vide un cumulo di 80 kg di caramelle appoggiato a un angolo di un muro. L’artista invitava gli spettatori a portare via una caramella per volta, contribuendo così a spogliare l’angolo entro fine giornata. Le caramelle rappresentavano il peso del suo compagno che, col passare del tempo, si assottigliava, fino a restarne spoglio come l’angolo del muro. 

Arte, attivismo e una corretta divulgazione scientifica contribuiscono a contenere la deriva bigotta, classista e omolesbobitransfobica della società odierna. Arginando queste derive si riuscirà davvero a restituire dignità anche a chi, ormai, non c’è più, e dare rispetto, in termini di prevenzione e cure, a chi riceve una diagnosi. In questa maniera si riuscirà a eliminare, come dice Temperance Brennan al marito Pete, “l’impugnatura della pompa”: estirpare alla radice questo male, sia in ambito sociale che in ambito medico.

 

6. Bibliografia e Sitografia

Banales Meliza, ACT UP, britannica.com (data di ultima consultazione: 03/11/2025)

Dalla Casa Stefano, HIV: storia di un virus ancora da sconfiggere, airc.it (data di ultima consultazione: 03/11/2025)

Day Without Art, visualaids.org (data di ultima consultazione: 03/11/2025)

Greco Pietro, Robert Gallo, l'AIDS e un Nobel negato, scienzainrete.it (data di ultima consultazione: 03/11/2025)

HIV: the ultimate evolver, da evolution.berkeley.edu (data di ultima consultazione: 03/11/2025)

Il Nobel per la medicina 2008, lescienze.it (data di ultima consultazione: 03/11/2025)

Mazzaracca Rachele, CRISPR per eliminare l’HIV dalle cellule immunitarie, osservatorioterapieavanzate.it (data di ultima consultazione: 03/11/2025)

Parmeggiani Stefania, Kathy Reichs: “La mia vita da Lady Ossa”, repubblica.it (data di ultima consultazione: 03/11/2025)

Puggioni Giovanna Benedetta, Perché questo mucchio di caramelle è un’opera d’arte?, focus.it (data di ultima consultazione: 03/11/2025)

Reichs Kathy, Ossa: the collection, 2016.

The history of The Quilt, aidsmemorial.org (data di ultima consultazione: 03/11/2025)

 

Foto 1 da artsandscience.org (data di ultima consultazione: 03/11/2025)

Foto 2 da towson.edu (data di ultima consultazione: 03/11/2025)

Foto 3 da repubblica.it (data di ultima consultazione: 03/11/2025)

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