Mutilazioni genitali femminili: uno stop più che necessario

La mutilazione genitale femminile (MGF) è una pratica di alcune culture del mondo che comporta la rimozione parziale o totale dei genitali femminili esterni (o altro tipo di intervento che li riguarda) per ragioni tutt’altro che mediche.

Per sensibilizzare tutto il mondo all’esistenza, allo sradicamento e alla prevenzione da questa pratica, il 6 febbraio si porta l’attenzione pubblica a riflettere su questa tematica. Durante questa giornata mondiale si ricorda tragicamente come le mutilazioni genitali femminili siano un costrutto culturale da cui nessuno è esente - nemmeno molti di quei paesi cosiddetti “occidentali” o “sviluppati”.

 

1. In cosa consistono le mutilazioni genitali femminili?

2. Le radici dell’usanza

3. CEDAW, WHO e ONU

4. Fonti



1. In cosa consistono le mutilazioni genitali femminili?

Un dato aggiornato a maggio 2022 indica che, nei luoghi in cui è praticata, come Africa, Medio Oriente e Asia, più di 200 milioni di bambine, adolescenti e donne in età adulta portano su di sé i segni di una qualche forma di mutilazione genitale, stado ai dati raccolti in circa 30 nazioni. Ogni anno, circa 3 milioni di loro, spesso prima dei 15 anni, rischiano di subire mutilazioni genitali. Si tratta spesso anche di contesti in cui lo sviluppo economico e sanitario arranca: i costi delle complicazioni sanitarie legate a questa usanza ammontano a circa 200 milioni di dollari.

Dato il forte flusso migratorio, ci sono molte donne e bambine che sono già state sottoposte alle MGF (oppure rischiano di esserlo) anche in Europa, Australia e Nord-America, innalzando quindi le soglie di attenzione globali verso questa pratica da estirpare.

Quando si parla di mutilazioni genitali femminili si intende un insieme di pratiche differenti proprio perché queste sono frutto di tradizioni e retaggi culturali altrettanto eterogenei. Vengono identificati 4 tipi di mutilazioni genitali femminili:

  • tipo 1: la rimozione parziale o totale del glande clitorideo e/o del prepuzio/cappuccio clitorideo;

  • tipo 2: la rimozione parziale o totale del glande clitorideo e delle piccole labbra (talvolta anche delle grandi labbra);

  • tipo 3: tramite “infibulazione” si crea un restringimento della vagina tagliando e riposizionando le piccole labbra (o grandi labbra), mediante suture;

  • tipo 4: altre procedure, tra cui pungere, perforare, incidere, raschiare e cauterizzare l'area genitale.


Le operazioni sono svolte da personale senza alcuna competenza medica, con strumentazioni improvvisate: forbici, rasoi, cutter, pezzi di vetro, scalpelli o coltelli. Talvolta vengono svolte anche da personale medico secondo la credenza che una mutilazione nella sua veste ospedalizzata sia meno dannosa, ma questa non tiene conto delle implicazioni a lungo tempo.

Queste operazioni di natura non medica espongono infatti bambine e donne a conseguenze immediate e a lungo termine: gravi emorragie; febbre; infezioni secondarie (come il tetano); gonfiore dei tessuti genitali; problemi urinari e durante il parto; problemi di guarigione delle ferite; lesioni al tessuto genitale circostante; problemi mestruali ed evidenti traumi psicologici. 

Anche intervenire post-mutilazione per il recupero delle condizioni fisiche della donna non è una pratica affrontabile con serenità: durante questi interventi chirurgici di “deinfibulazione” spesso il tessuto genitale viene ricucito più volte. La donna, di conseguenza, è sottoposta a ripetute procedure di apertura e chiusura, aumentando ulteriormente i rischi sia immediati, sia a lungo termine, sulla sua salute psico-fisica.

 

2. Le radici dell’usanza

Le ragioni per cui vengono praticate le mutilazioni genitali femminili variano a seconda del luogo e delle epoche vissute dalle comunità. Riguardano ragioni socio-culturali diverse, relative alle famiglie e alle comunità di appartenenza della donna.

Alla base delle MGF ci sono spesso la pressione sociale e il senso di inclusione. Essendo vissute e adottate come veri e propri rituali tradizionali indiscutibili, per la donna sono un modo con cui conformarsi alla pratica dominante, assicurandosi un posto nella società ed esorcizzando il suo timore di essere marginalizzata. Così facendo, però, contribuisce tacitamente al perpetuarsi delle mutilazioni nella sua comunità.

Si tratta in molti casi di un vero e proprio rito di passaggio all’età adulta, uno step fondamentale nel processo educativo delle ragazze, per prepararle alla maturità e al matrimonio. Sono un modo per dare al futuro marito una conferma della verginità prematrimoniale della donna che sposerà, nonché della sua fedeltà coniugale. Proprio per le complicazioni che si hanno durante l’atto sessuale, infatti, le MGF sono usate come un deterrente per la libido femminile, “aiutandole” a resistere agli atti sessuali extraconiugali.

Per molte culture, le MGF servono a rimuovere le parti del corpo considerate impure e non femminili, perpetuando il concetto di bellezza e purezza femminile.

Sebbene nessun testo religioso preveda lesioni degli organi genitali di una donna, chi pratica queste mutilazioni spesso sostiene che abbiano un supporto religioso. Di fatto, i capi religiosi assumono posizioni diverse riguardo alle MGF: alcuni le promuovono; altri le considerano irrilevanti per la religione; altri ancora si impegnano per la loro eliminazione.

Alcune comunità, inoltre, per quanto non prevedessero rituali legati ad esse, hanno cominciato a praticarle con il solo scopo di imitare le tradizioni dei gruppi vicini, talvolta nell'ambito di un più ampio movimento di rinascita religioso o tradizionale.

Nonostante si possano rintracciare le motivazioni alla base della pratica, non c’è alcuna giustificazione alla sua esistenza o alla sua continuazione.

 

3. CEDAW, WHO e ONU

La Commissione per l’eliminazione della discriminazione contro le donne (dall’inglese Committee on the Elimination of Discrimination against Women, CEDAW) è un’organizzione di 23 esperti indipendenti che monitorano l’applicazione della Convenzione sulla eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne. 

Adottata dalle Nazioni Unite nel 1979, la commissione CEDAW è ad oggi un forte strumento di impegno sociale, politico e culturale per tutte le donne del mondo. Gli stati che vi aderiscono hanno potuto fronteggiare meglio gli effetti della discriminazione che include violenza, povertà, mancanza di protezione legale, insieme alla sottrazione di eredità dovute, diritti di proprità e di accesso al credito.

Dal suo canto, l’Organizzazione Mondiale per la Sanità (dall’inglese, World Health Organization, WHO) si impegna, con tutti i 194 stati membri, a raggiungere i suoi obiettivi in termini di prevenzione e intervento diretto su scala globale, per impedire qualunque forma di MGF, anche quelle proposte su base ospedalizzata, che si sono ampiamente diffuse ultimamente. Proprio riconoscendo il forte ruolo del personale medico e delle ex-pazienti, WHO fornisce strumenti e formazione per far sì che loro diventino le prime portavoci della prevenzione e dell’aiuto a chi è in difficoltà, creando una solida rete di supporto umano. Oltre a ciò, WHO si impegna nel dare supporto psicologico e medico a tutte le donne con MGF o che temono per la loro incolumità.

Proprio per sensibilizzare in modo più efficiente al tema, WHO ha indetto da qualche anno Health for All Film Festival un festival cinematografico per la produzione di film e cortometraggi sulle tematiche legate alla salute e alla prevenzione. Tra questi non mancano i documentari e alcuni titoli sono stati dedicati alle MGF.

In molti stati, le mutilazioni genitali femminili sono perseguibili come reati penali cui corrispondono anche anni di detenzione.

L’ONU menziona le mutilazioni genitali femminili come una pratica da estirpare entro il 2030, riconoscendola a livello internazionale come una violazione dei diritti umani e includendola nella sua Agenda 2030 come una forma estrema di discriminazione di genere e di disuguaglianza tra i sessi. Dato, inoltre, che i soggetti interessati dall’intervento sono anche bambine che non acconsentono al rituale, la mutilazione genitale femminile è al contempo anche un esempio di violazione dei diritti dei bambini

Se entro il 2030 le mutilazioni genitali femminili dovessero procedere, si stima che le donne vittime di questo trattamento rischioso e dannoso per la propria vita arriverebbero a 4.6 milioni.

 

4. Fonti

“Mutilazione genitale femminile”, da issalute.it (data di ultima consultazione 17/12/2022)

“Female genital mutilation” su who.int (data di ultima consultazione 18/12/2022)

“Female genital mutilation (FGM)” su nhs.uk (data di ultima consultazione 18/12/2022)

“Obiettivo 5 - Parità di genere” su obiettivo2030.it (data di ultima consultazione 18/12/2022)

“Committee on the Elimination of Discrimination against Women” su ohchr.org