L’invenzione dell’inverno: un viaggio illuminante tra memoria e cultura

Chiara Amato

L’invenzione dell’inverno (2016) è un interessante saggio in cui lo scrittore americano Adam Gopnik indaga e racconta il modo in cui è cambiata la percezione dell’inverno nella società moderna. Con originalità e ricercatezza di dettagli, Adam Gopnik ricorre a espedienti letterari, artistici e culturali per consegnare un racconto illuminante dell’inverno e delle storie che hanno ridisegnato il suo immaginario. 

Avvalendosi di una ricchissima bibliografia, Adam Gopnik suddivide la narrazione in cinque finestre da aprire sulla storia della mente d’inverno (il termine finestre è presente nel titolo originale dell'opera, Winter. Five Windows on the Season, ndr.): l’inverno romantico, l’inverno estremo, l’inverno della rigenerazione, l’inverno ricreativo, l’inverno nel ricordo.

La società moderna a cui Adam Gopnik fa riferimento in L’invenzione dell’inverno (pubblicato da Guanda e tradotto in italiano da Isabella C. Blum) è il periodo che inizia alla fine del Settecento e si conclude al termine del Novecento. La tesi che affronta Gopnik presuppone che in questo periodo storico l’inverno sia andato configurandosi in una maniera diversa da quella precedente: in tal senso l’inverno è stato re-inventato. L’inverno conosce così una nuova dimensione che a poco a poco va a definirsi nell’immaginario collettivo.

L’inverno smette di essere una stagione buia e gelida (e quindi un momento di abbandono e ritiro) con la nascita del riscaldamento domestico dovuta alla rivoluzione industriale inglese. Un’invenzione che dà la possibilità di osservare l’inverno dal caldo della propria casa e va di pari passo con il progressivo affermarsi di una classe socio-economica che non solo trascorre l’inverno in tranquillità nelle proprie abitazioni, ma lo immagina e vive anche come uno svago, un periodo divertente, iniziando a praticare, ad esempio, il pattinaggio su ghiaccio. 

Tuttavia, Adam Gopnik spiega che nell’Ottocento il primo uso artistico del pattinaggio su ghiaccio rappresenta una metafora di solitudine ed equilibrio: è raffigurato come un momento meditativo che si fonda sul rifiuto della paura e della caduta e si esplica in un sublime istante di esibizionismo. A riguardo, Gopnik indica una delle sue rappresentazioni preferite, intitolata Il giovane Goethe pattina sul Meno ghiacciato, in cui lo scrittore, poeta e drammaturgo tedesco Goethe scivola sul ghiaccio assorto, superiore a tutto, circondato da ammiratrici adoranti e da pattinatrici che, invece, lo osservano con legittimo disappunto. 

Anche nella letteratura di quegli anni lo sport invernale raffigura la creazione di uno spazio sociale in cui ritrovarsi soli. Al tempo stesso, però, è un’esperienza comune e un’idea poetica: arriviamo sul ghiaccio in compagnia, e sul ghiaccio ritroviamo noi stessi (Gopnik, 2016:156). Gopnik evidenzia come, nell’inverno dello svago ottocentesco, questa duplicità renda il pattinaggio simile a un sacramento ed è la stessa lezione di buona parte dell’arte romantica: noi sogniamo una tribù e finiamo da soli sotto il riflettore, cerchiamo una comunità e troviamo isolamento (Gopnik, 2016:157).

La nuova visione dell’inverno fa sì che inizi a essere immaginato come un periodo lieto, affascinante e poetico. L’inverno diventa una stagione da osservare e ammirare. Questo sentimento trova piena affermazione, per la prima volta, nelle parole del poeta Samuel Taylor Coleridge, il quale dalla Germania scrive alla moglie di aver contemplato uno scenario naturale sublime in cui la luce del sole ardeva sui ghiacci solcando una via di fuoco dorato estesa su tutto il lago. Inizia un’epoca nuova per la letteratura europea, con parole dettate da una pressione emotiva dovuta a un paesaggio invernale sconosciuto. Lo spirito del gelo non ci fa ritirare in un luogo chiuso, bensì ci trascina fuori. 

Secondo Adam Gopnik, l’inverno verso il quale ci mettiamo in viaggio è connesso anche alla musica. Ne è un esempio North Country del compositore canadese Harry Somers, realizzata nel Novecento. Caratterizzata da un tempo incalzante e dagli attacchi incisivi degli archi, North Country sembra evocare l’immagine di un cammino tormentato eppure seduttivo e, per certi versi, necessario. L’inverno ci chiama di nuovo fuori. 

Questa nuova idea dell’inverno comporta la nascita di nuovi sentimenti negli individui: paura, gioia, euforia, fascino magnetico e attrazione misteriosa. Gopnik osserva l’inverno da un’altra prospettiva a partire da un ricordo: la memoria visiva della prima tempesta di neve, contemplata a dodici anni da una finestra nella propria casa di Montreal e vissuta come un prodigio. L’impatto di questo evento è talmente importante nella vita dello scrittore da portarlo a dire di aver varcato la soglia di un mondo nuovo: il mondo dell’inverno (Gopnik, 2016:11). 

Gli inverni rigidi, di un freddo che definisce feroce, vissuti da adolescente a Montreal rappresentano per Gopnik un’emozione indelebile che non l’ha più lasciato, custodita in una sensazione di serenità, di attaccamento al mondo e di comprensione della realtà mai provata prima. Questo atto d’amore per l’inverno è costante nella lettura del suo saggio. 

Dove sono finite [le nevi del passato]? Dentro di noi, e lì rimangono, proprio come l’inverno rimane la mia stagione preferita. Vedo ancora il ragazzino alla finestra, il mio sé altrimenti perduto (Gopnik, 2016:232).

In L’invenzione dell’inverno universi artistici e culturali diversi diventano il tramite per avventurarsi tra i racconti di Adam Gopnik che si susseguono non solo come una piacevole lettura ma anche come una fonte di arricchimento. L’autore riflette su quanto l’inverno sia oggi un tempo al quale aggrapparci, in cui proviamo una nostalgia che ci fa credere che il nostro passato non sia del tutto perduto e con esso i nostri ricordi. Gopnik pone anche l’attenzione sui cambiamenti climatici che hanno stravolto la dimensione invernale. 

Il saggio si caratterizza per una narrazione approfondita e raffinata che dà piena dimostrazione delle capacità comunicative di Adam Gopnik, annoverato tra i più talentuosi saggisti in tutto il mondo. Gopnik è un autore americano e collabora con il New Yorker dal 1986. Ha vinto tre volte il National Magazine Award for Essays and for Criticism e il George Polk Award for Magazine Reporting. I suoi libri sono il frutto di una vita di ricerca, trascorsa tra l’America e l’Europa. Di Adam Gopnik Guanda ha pubblicato i saggi Il segreto del talento, Il manifesto del rinoceronte, Da Parigi alla luna, Io, lei, Manhattan, L’invenzione dell’inverno e In principio era la tavola.

 

Fonti

Adam Gopnik, L’invenzione dell’inverno, Guanda, 2016

Adam Gopnik, su Guanda.it (data di ultima consultazione 10/11/2025)

Foto 1 da illibraio.it (data di ultima consultazione 10/11/2025)

Foto 2 da artesvelata.it (data di ultima consultazione 10/11/2025)