Alice Favi
Quello delle spose per corrispondenza è un argomento molto complesso e delicato, che comprende tantissime vicende personali. Alcune di queste molto lontane da noi e dalla nostra cultura, altre invece molto più vicine di quanto possiamo immaginare. Due autori canadesi raccontano, attraverso le loro opere, le storie così diverse ma allo stesso tempo così simili di due donne che hanno vissuto questa esperienza, che ha cambiato le loro vite per sempre.
Canada, 2001. Kyung è una ragazza coreana. Di bell’aspetto; alta – troppo alta per una orientale; parla un inglese perfetto; è emigrata per sposare un uomo conosciuto solo attraverso delle lettere e delle foto, nella speranza di una vita migliore rispetto a quella in madrepatria. Monty è un canadese, 39 anni, mai sposato, vergine. Geek, circondato da action figures, fumetti, e detentore di una fumetteria. Sposa Kyung perché eroticamente ossessionato dalle orientali; identificandola con le discinte ragazze delle sue riviste, ne fa una rivista in carne ed ossa. Eve Wong è una ragazza cinese, forte, caparbia, sicura di sé. Sino-canadese perfettamente integrata, diventa per Kyung un modello da seguire, il suo ponte per l’integrazione. Ci troviamo a Bandini, una piccola cittadina inventata da Mark Kalesniko, creatore di Kyung, Monty ed Eve. Kalesniko è un fumettista canadese che racconta storie di vita. La sua Kyung in “Mail-order bride”, graphic novel, è una sposa per corrispondenza.
Restando sempre in Canada, ma spostandoci in dietro nel tempo, nel 1997, troviamo Rosaria, un’anziana donna italiana, che la poetessa italo-canadese Gianna Patriarca trova seduta su di una panchina di fronte ad una fontana, in una casa di riposo, intenta a sferruzzare. Da quel lavoro a maglia prenderà forma una poesia, “Daughters for Sale”, a sua volta costruita a partire da una storia vera, ambientata nel secondo dopoguerra: dal presente della fontana, la lirica di Gianna Patriarca proporrà un viaggio nella memoria culturale di una donna (Rosaria) e di una nazione (l’Italia). La storia di Rosaria è quella di una ragazza che emigra, non per scelta ma per un matrimonio combinato dalla famiglia, dal Sud Italia al Canada per sposare un italiano emigrato e sconosciuto, al fine di garantire un futuro dignitoso a tutta la sua famiglia.
Gianna Patriarca ci racconta la storia di Rosaria e lo fa, quindi, rielaborando i sentimenti ed i ricordi della donna. La sua poesia è un racconto soggettivo di un fatto oggettivo, raccontato a modo suo da Rosaria. La donna nasce “a fish in a Calabrian sea” e deve espatriare, non ne capisce il motivo, non si spiega perché il “paradiso” tanto agognato dal pater familias, debba essere più lontano di Napoli. Ama il suo sud Italia così tanto da non saper smettere di riviverne il ricordo, non riuscendo ad apprezzare quanto le offra il nuovo paese. Anche Rosaria in Daughters for Sale di Gianna Patriarca è una sposa per corrispondenza.
Due spose molto diverse sia per periodo storico (Kyung fa parte delle nuove spose per corrispondenza, mentre Rosaria emigra nel secondo dopoguerra); che per provenienza (Kyung è coreana mentre Rosaria è italiana); che per libertà nell’emigrazione (Rosaria è vittima delle decisioni del padre, mentre Kyung emigra volontariamente in cerca di cambiamento e di uno stile di vita migliore). Rosaria è la protagonista di una rielaborazione di una storia accaduta ‘per davvero’, mentre Kyung è la protagonista di una fiction di Mark Kalesniko, che, però, utilizza per la creazione il leit-motiv delle mail-order brides odierne, rendendo Kyung un modello perfetto per l’analisi del fenomeno. Entrambe sono accomunate dall’idea di “interruzione”, cioè di ostacolo nel raggiungimento dei loro obiettivi, della felicità e nel loro vivere costante tra due mondi, quello di partenza e di arrivo. Entrambe si mantengono in bilico su di un ponte metaforico, che è destinato a spezzarsi.
Essere una mail-order bride significava in passato e significa tuttora sposare un perfetto sconosciuto, chiave di un immaginato e immaginario paradiso d’oltreoceano. Il mail-order bride system nasce, per quanto concerne l’America ed il Canada, alla fine dell’ottocento, quando i pionieri a caccia dell’oro del Far West americano si facevano “spedire” una moglie americana che rappresentasse, ad un tempo, forza-lavoro in più e lo stereotipato angelo del focolare. Queste donne non erano scelte per la loro avvenenza fisica, anzi a volte erano vedove o zitelle che, incapaci di trovarsi un marito nella costa Est dell’America, decidevano di partire all’avventura verso la wilderness americana occidentale. Compivano lunghi viaggi tramite nave o carovane e arrivavano pronte a dare il proprio contributo alla bonifica del territorio selvaggio (e alla "civilizzazione" di un mondo prettamente maschile). Chris Enns ha infatti affermato che:
The impact of women on the American frontier in the nineteenth and early twentieth centuries should not be underestimated. To a large degree, women were responsible for taming the wilderness of the “Wild West”. Under their influence, churches were formed, schools and libraries were established, and the importance of home and hearth was rediscovered. The result was nothing short of a complete transformation, the conversion of the western frontier from a rowdy, male–dominated society into a place that became a mecca for settlement even after the Gold Rush and the promise of cheap land came to an end. During these early years of western development, women often worked right alongside their men, turning the soil, planting the crops, and caring for the children who came along. (Enns, 2005)
Il fenomeno si evolve e, dopo le migrazioni interne agli Stati Uniti, arriveranno le spose per corrispondenza dall’estero. In particolar modo, le italiane degli anni Venti in America e negli anni sessanta in Canada migravano per sposare altri italiani emigrati prima di loro in cerca di fortuna. Erano uomini che inseguivano il sogno americano, volevano fare fortuna mantenendo però inalterati gli usi e costumi e la cultura italiana. Per questi motivi necessitavano di una sposa italiana.
Il metodo di reclutamento era fondato sulle relazioni tra le chiese cattoliche italiane e quelle create in America e Canada dagli emigrati italiani. Le parrocchie possedevano archivi con fotografie di ragazze che si prestavano a questo tipo di arranged marriage. In realtà non era concessa loro una libera scelta, i pater familias sceglievano di dare in spose le proprie figlie a perfetti sconosciuti al fine di garantire un futuro brillante a tutta la famiglia.
Oggi, le spose per corrispondenza appartengono a quello che Langevin definisce il terzo mondo. Spose dall’Estremo Oriente – Cina, Filippine, Corea – e dalla Russia. Emigrano sia in cerca di speranza ed un futuro migliore, che guidate dallo stereotipo dell’uomo americano e canadese forte, benestante e piacente. Alcune di loro, infatti, come ha dimostrato Nicole Constable, hanno un buon lavoro in madrepatria ma per via dell’età avanzata (in genere l’età da marito è dai 20 ai 25 anni, superati i quali si è considerate zitelle), e dello stereotipo di weakness legato ai maschi orientali, decidono di partire verso l’altra parte del mondo, preferendo uno sconosciuto ad un compatriota. Inoltre, amano l’idea di lavorare in casa, poiché fuggono, a volte, da lavori pesanti, venendo spesso sfruttate.
Mentre nei casi delle spose italiane il lavoro era precluso e la donna doveva occuparsi della casa e della prole, le nuove spose hanno più libertà di scelta. Nel caso specifico di Kyung, la ragazza non è propriamente libera: deve lavorare nel negozio di fumetti del marito e nel momento in cui incontra Eve Wong, che la introduce nel suo mondo lavorativo ed artistico, Monty cerca di impedirle verbalmente di approfondire la conoscenza con la donna e di sottrarla al mondo fotografico di Eve e compagni.
Eve, però, mostra a Kyung un mondo altro, di cui lei si innamora. Attraverso la fotografia e il lavoro di modella Kyung ha possibilità di integrarsi con gli artisti della realtà bandinese, e di seguire un corso d’arte, facendo del suo corpo un ponte tra terra e stelle – metafora che indica la piena realizzazione di sé attraverso il lavoro, le passioni e le amicizie. La giovane moglie di Monty non avrebbe avuto modo di incontrare questo mondo se non fosse per la sua ‘guida’ Eve. La mail-order bride è infatti costretta nell’opulento mondo del marito, costituito da fumetti, action figures e amici outsiders – anziani e bambini.
“Your body is the bridge between the earth and the stars” è la frase che si trova come prima battuta del graphic novel di Mark Kalesniko. Nella scena, una ballerina completamente nuda si staglia sicura di sé e bellissima contro il fondale nero del teatro e lì qualcuno pronuncia le parole: “Il tuo corpo è il ponte tra la terra e le stelle”. Un corpo, dunque, che vuole aprirsi al mondo, vuole esplorare, raggiungere i massimi livelli fino alle metaforiche stelle ed il cielo. Kyung si commuove vedendola, poiché il suo corpo è martoriato dagli stereotipi, costretto in un abito tipico coreano che lei non sente più suo, uccisa metaforicamente da Monty che ne fa la sua Oriental Doll, la sua “Little Ornamental”.
Little ornamental, piccolo ninnolo, soprammobile; è termine dispregiativo che Monty copia a un pingue signore che abbraccia un’esile ragazza cinese, vestita in abiti succinti, all’aeroporto. Monty è lì per attendere tremante la futura moglie. La vede e subito gli stereotipi che si era prefigurato vengono abbattuti: Kyung è alta, mentre l’altra orientale è bassa; ha abiti castigati, mentre l’altra lascia intuire essere una escort; parla un perfetto inglese, mentre l’altra lo mastica appena.
Lo stereotipo lega Kyung a Monty: uno stereotipo di volta in volta sociale, sessuale, linguistico ed etnico. In seno alla comunità Bandini, così come dallo stesso marito, Kyung viene vista come un’orientale tipica: le signore del supermercato la definiscono una Geisha giapponese, ma Kyung è coreana. Nel privato della loro abitazione, Monty insiste nella sua richiesta di giacere con la moglie che indossa l’abito tipico coreano. E mentre all’inizio Kyung vede questa perversione del marito come qualcosa di salubre e giocoso (lo si nota dal sorrisino che accompagna Kyung alla prima richiesta del marito), si rende ben presto conto che è una devianza morbosa del coniuge e non una normale variazione alla routine della coppia. Il fatto che la moglie padroneggi bene la lingua straniera, infastidisce Monty che l’avrebbe preferita come da stereotipo, ovvero con una scarsa conoscenza della lingua inglese e totalmente dipendente da lui per ogni comunicazione con il mondo esterno.
Anche Rosaria è legata ad uno stereotipo sessuale, in quanto considerata unicamente utero da riproduzione. Lo stereotipo in questo caso non prevede l’accensione dell’appetito sessuale maschile, come nel caso di Kyung, ma è il bisogno riproduttivo legato alla consuetudine, gli usi e costumi “italiani” o, meglio, di una certa società patriarcale italiana. Lo stereotipo linguistico funziona qui al contrario, poiché il marito di Rosaria la sceglie proprio perché italiana e quindi portatrice dell’eredità linguistica, culturale, sociale ed anche culinaria della madrepatria. Il marito di Rosaria, a differenza di Monty, non ha voce – poiché la poesia rispecchia solo il pensiero della donna – quindi i suoi intenti sono desumibili dal contesto storico e migratorio dell’epoca e dalle parole della protagonista di Gianna Patriarca.
Il ponte spezzato è anche il ricordo. Rosaria e Kyung vivono la memoria del passato in modi totalmente diversi, ma entrambe subiscono la rottura con il mondo d’origine, entrambe vivono lo spaesamento di essere divise tra due mondi. Rosaria blocca i rapporti con il presente e vive ancorata al passato, al suo Sud Italia, al paesaggio della sua infanzia e giovinezza, all’odore ed al sapore del mare sulla pelle.
Touch my skin feel how rough, dry, like salt sometimes I can taste my skin it smells of the sea I lift my face to feel the sun I remember the way it walked on my flesh warm like an angel and sometimes with the fiery steps of the devil in this garden the sun wears shoes. (Patriarca, 1997)
Sentire sulla pelle l’odore del mare e del sale, il calore del sole sul viso, un caldo bruciante e diretto: chi ha vissuto il mare può comprendere il senso di nostalgia e spaesamento di Rosaria, arrivata in una città dove il sole si concede con minor generosità. Paesaggio, affetti e circuito sociale, sono gli elementi che maggiormente sono venuti a mancare a Rosaria, abituata alle piccole dimensioni del suo entroterra rurale italiano, in contrapposizione con i vasti spazi canadesi. La stessa Gianna Patriarca non solo fa vivere al suo personaggio la sofferenza più grande nella mancanza del paesaggio, ma prova pena in prima persona nel ricordare l’ “unbelievable beauty/ of a mimosa in bloom […] the market on Saturday/ the red tomatoes”, in quanto è emigrata con la famiglia quando era solo una bambina. Le donne di cui racconta sono estremamente attaccate al paesaggio italiano, e addirittura ne sentono ancora l’eco sulla pelle. Chi è nato “a fish in a Calabrian sea", infatti, al mare vuole ritornare. Non importa quanto possa essere organizzata, ricca di possibilità e interessante una città: chi, come Rosaria, ha aperto gli occhi sulla “distesa indomita e selvaggia,” non può non soffrirne l’assenza e sperare in un momento di ricongiungimento.
Il contrasto tra paesaggio canadese e italiano nasce dal fatto che il Canada è un territorio con elementi architettonici moderni, costruiti in funzione dello sviluppo economico, mentre, il sud Italia aveva ancora, negli anni sessanta, un’economia prettamente rurale che portava la popolazione all’emigrazione. L’emigrazione, come afferma Bevilacqua, avveniva principalmente per ricercare uno stile di vita più orientato all’industrializzazione. Per tale motivo, Rosaria siede su di una panchina in cemento, in un giardino perfetto ma fatto di ferro. L’immagine che si crea nella mente è quella di una nazione futuristica, votata alla costruzione ed allo sviluppo economico. Paradossalmente, però, nell’immaginario stereotipico, il Canada è la terra dei grandi laghi e delle foreste immense, la terra della natura. Rosaria invece descrive una realtà urbana freddamente asettica. Il landscape disorienta rispetto allo stereotipo legato alla nazione, ma è scelto strategicamente come riflesso del paesaggio interiore della protagonista: lasciare l’Italia rurale significa lasciare l’innocenza, che la natura esemplifica metaforicamente. L’aridità della città di arrivo fa da linea guida all’aridità dell’animo di Rosaria, privata di ogni felicità. La panchina fredda è metafora della perdita della speranza e delle memorie dolorose. Rosaria non è riuscita, infatti, a cogliere le note positive dell’emigrazione: la protagonista vede solo la fredda panchina e la fontana di ferro, è cieca all’orizzonte con gli alberi secolari, le montagne innevate e gli spazi aperti infiniti.
Kyung non parla del suo passato, custodisce gelosamente la memoria della madrepatria e gli unici accenni memoriali sono la vista dell’industria di Bandini illuminata di notte, la cucina orientale e brevi rimandi al suo stato di orfana mai adottata. Si intuisce che la vita in madrepatria doveva essere dura per una ragazzina sola, l’unica speranza di un futuro migliore, dunque, è stata vista nell’emigrazione. Kyung però è debole, non riesce ad emigrare da sola, e proprio Monty la accusa, nel finale, di codardia.
Kyung: "Leave me alone!" Monty: "Alone! You can’t do anything alone! You need people! You needed Eve. You needed Frank! And God forbid you need me! Miss Coward couldn’t come to big scary Canada by herself! Get a visa! Hop a boat! No! She needed someone on the other side! A 39 year old virgin! Any port in a storm is better than riding it alone!" (Kalesniko, 2001)
Rivelando questo aspetto caratteriale della protagonista, Monty rimescola le carte passando da carnefice a vittima. Il loro rapporto è una partita a tennis metaforica, in cui i vari set sono vinti di volta in volta da l’uno e dall’altro, ribaltando costantemente il ruolo di vittima e carnefice. Quando Monty insiste per giacere con la moglie solo con indosso l’abito tipico, il lettore si schiera dalla parte della sventurata Kyung; in seguito la moglie si ribella, getta sul bancone i suoi capelli appena tagliati (metafora orientale) e si rifiuta di indossare l’abito tipico. Come smacco finale posa con il suddetto abito per un artista, privando totalmente Monty del comando patriarcale. A questo punto, il lettore prenderebbe le parti della moglie, se non fosse che il marito cerca di riconquistarla, si fa vedere volenteroso di riallacciare i rapporti; brucia tutte le riviste erotiche orientali, la porta fuori a cena andando contro il suo animo casalingo. Tentativi fallimentari, il rapporto ormai leso non può più essere rinsaldato.
Nel finale, infatti, Kalesniko si schiera per la prima volta, ed è Kyung che sceglie come vittima; il ponte si è definitivamente spezzato: le vite dei due protagonisti continuano con la solita facciata di normalità, ma le braccia di Kyung al supermercato sono conserte, non guarda in faccia il marito, e davanti alla televisione le lacrime scendono sul volto della ragazza. Anche per questo Kyung non racconta del passato, da un lato cerca di lasciarselo alle spalle, prova ad integrarsi ed invidia Eve Wong che è totalmente integrata, una sino-canadese perfetta che ha abbandonato i clichés orientali – ad esempio i capelli tenuti riccissimi da una permanente. Dall’altro lato, però, non vuole che il ricordo sia intaccato da elementi esterni, lo custodisce, un mondo interiore che la distacca da Monty e dalla sua opulenta realtà.
Il genio di Kalesniko si vede proprio nella capacità di rendere umani i personaggi, di farne dei modelli da seguire per l’analisi del nuovo fenomeno mail-order bride. Questo realismo si ritrova nella vignetta in cui Kyung posa con l’abito tipico, chiarificatrice della sua doppia appartenenza – le origini coreane e la volontà di essere canadese – e del suo tentativo di attraversare un ponte che però si sta spezzando. Kyung viene ritratta da Frank: come prima cosa salta all’occhio il fatto che la protagonista sia accovacciata su di uno steccato, quindi in uno stato di bilanciamento precario. Simbolicamente questa è già la prima avvisaglia della situazione emozionale della protagonista. In secondo luogo, si nota come Kyung indossi l’abito tipico unitamente a scarponi occidentali, i capelli raccolti in una crocchia all’occidentale e sia intenta a fumare una sigaretta, altro elemento di stereotipo occidentale. L’immagine quindi racchiude perfettamente la doppia appartenenza di Kyung, che tramite l’atto artistico riesce a raggiungere una sorta di stabilità ed a gestire entrambe le identità. L’abito è sia odiato che amato dalla stessa protagonista. Da una parte è odiato perché rappresenta tutti gli stereotipi legati all’oriente che Kyung tenta di abolire, amato poiché le sue origini non si possono dimenticare, la memoria è costantemente presente.
Il ponte si spezza, non soltanto metaforicamente, ma anche fisicamente. La violenza sulle spose per corrispondenza è tristemente molto diffusa. Questo perché, come asserisce Cingolani, l’uomo sente il bisogno di ristabilire il proprio dominio indiscusso, in una società in cui le donne hanno cominciato a ricoprire cariche sia lavorative che sociali, sempre più importanti, andando ad occupare posti, precedentemente appannaggio dei soli uomini. L’insicurezza generata nell’uomo dà origine a comportamenti violenti che si acuiscono sulle spose per corrispondenza poiché rappresentanti di due classi di “minoranze”, donne ed emigrate.
La violenza si vede tra Kyung e Monty. I coniugi arrivano ad una lotta cruenta, la ragazza distrugge il negozio del marito, lo insulta e lui risponde picchiandola violentemente. I due si attaccano e si segnano, spezzando irrimediabilmente il loro rapporto, del quale però preservano la facciata, rendendo ancora più penosa la vita di entrambi.
La violenza inflitta a Rosaria è diversa, si basa sull’isolamento. La donna viene abbandonata, lasciata sola dal marito e dai figli; siede su di una panchina e sferruzza; ma il suo sferruzzare è inutile, non serve a nessuno, è un rituale che Rosaria continua a praticare perché non le è rimasto nulla. L’emigrazione le ha solo portato dolore, non è riuscita a coglierne i lati positivi, vede solo la panchina e la fontana in cemento e si perde gli sconfinati paesaggi canadesi. Resta incollata al passato, al quale non può più tornare, il suo ponte si è spezzato, ma lei è rimasta nel centro e cade.
Canada, 2013. Le spose partono per unirsi ad uno sconosciuto e fuggire lontano dalle difficoltà politiche, economiche e sociali dei paesi di partenza. Ancora, dopo due secoli, ci sono uomini che decidono di passare la vita con delle sconosciute, poiché incapaci di relazionarsi con le nuove donne emancipate ed indipendenti occidentali; e donne, che si uniscono a strangers perché vivono in condizioni post belliche; o di grave crisi economica; o ancora spinte, come nel dopoguerra italiano, ad inseguire il sogno americano. Ciò che rende interessante l’analisi delle due spose Rosaria e Kyung è, appunto, che sono entrambe portavoce di un fenomeno tuttora in voga. Le modalità ovviamente cambiano, si passa dall’utilizzo delle parrocchie italiane, con vasti archivi cartacei, all’utilizzo di magazines, siti internet e piattaforme social network, per le nuove spose. La modernità nella stipula del “contratto” di matrimonio, non cambia però il senso di tale atto: una fuga spesso disperata che viene esemplificata dalle protagoniste.
Nonostante le grandi differenze di età, periodo storico e luogo di provenienza, le due donne sono modello di analisi per le mail-order brides d’oltreoceano; entrambe subiscono violenze fisiche e/o psicologiche; entrambe fanno fronte alla crisi scappando, chi per scelta propria (Kyung), chi perché costretta (Rosaria). Rovinano nel baratro che si sono create per motivi in parte intimi e in parte legati alla diversità socio-culturale del paese di arrivo. Il loro ponte si è irrimediabilmente spezzato, non riesce ad unire i due mondi, quello di arrivo e quello di partenza. Le tiene sospese a mezz’aria, proprio come nell’immagine emblematica di Kyung, dove la giovane donna è visivamente in bilico sulla staccionata, metaforicamente sospesa tra le sue due diverse realtà.
Come Kyung, Rosaria ha distrutto il suo ponte, non l’ha voluto attraversare per paura del nuovo; come Kyung anche Rosaria è timorosa, da un certo punto di vista codarda; entrambe non possono o non vogliono attraversarlo e così restano in un limbo di tristezza, in un corpo martoriato dagli stereotipi; in un paese che non sentono loro; nel ricordo di una madrepatria alla quale non possono o non vogliono tornare. Come Kyung e Rosaria, anche le altre donne, emigrate in cerca di speranza, si trovano il più delle volte, ad inerpicarsi su ponti spezzati, su strade scivolose, che restano comunque l’unico miraggio di sopravvivenza rispetto al paese d’origine.
Enns, C. "Hearts West: True Stories of Mail-Order Brides on the Frontier", TwoDot, 2005
Kalesniko, M. “Mail Order Bride”, Fantagraphics, 2001
Patriarca, G. “Daughter for Sale: Poetry and Prose”, Guernica Editions, 1997