Sicofante nell’erudizione

L’erudizione antica, come quella moderna [cfr. ad esempio Harvey (1990, 103-106)], ha qualche difficoltà a mettere in rapporto la figura del sicofante, definito da Esichio (σ 2238) un calunniatore e un intrigante, con la spiegazione etimologica più verosimile a partire dalla struttura della parola, ossia σῦκον + φαίνειν, «chi mostra, chi denuncia i fichi». Nonostante le oltre 200 occorrenze del termine o dei derivati negli scoli ad Aristofane, solo quelli vetera recentiora ai vv. 31 e 873 del Pluto, oltre alle note ad loca di Tzetzes, si occupano dell’etimologia di sicofante; un accenno, inoltre, compare negli scoli vetera a e c al v. 259 dei Cavalieri (a proposito di ἀποσυκάζεις, cfr. schol. vet. Ar. Av. 1699). Se riguardo al passo dei Cavalieri si evidenzia come in antico i fichi fossero onorati ad Atene, per cui ne veniva punito il furto, la chiosa antica al v. 31 del Pluto spiega che, durante una carestia in Attica, alcuni colsero di nascosto i fichi consacrati agli dèi: in seguito, essi furono denunciati e gli accusatori furono chiamati così sicofanti. Lo scolio recentius riporta un’altra tradizione: ad Atene vi sarebbe stato il divieto di esportare i fichi; lo stratagemma adottato da chi cercò di aggirare l’embargo fu però rivelato alle porte della città a opera di uomini scaltri e malvagi (πανοῦργοι), che furono detti per questo sicofanti, in quanto mostrarono i fichi (su questa versione, cfr. Ath. III 74e, dove si cita la Storia dell’Attica di Istro, FGrHist 334 F 12). Da quel momento, l’appellativo fu affibbiato a tutti i πανοῦργοι. Lo scolio vetus al v. 873 riferisce una versione assai simile di questa storia, ma con un’aggiunta importante, ossia l’antichità dell’episodio, probabilmente in linea con gli scoli al v. 259 dei Cavalieri. Lo scoliasta, poi, aggiunge che il senso di sicofante è strettamente legato all’accezione giudiziaria di φανεῖν, «denunciare» (cfr. schol. Ar. Ach. 542, 726, 824, 938a etc.).Tzetzes, commentando il v. 31 del Pluto (cfr. anche la sua nota al v. 873), dà ulteriori informazioni in proposito, ‘correggendo’ lo scolio vetus al verso (ὁ σχολιογράφος γὰρ οὐ καλῶς τοῦτό φησιν): la questione non riguarderebbe un furto di fichi durante una carestia, ma sarebbe stato Solone a vietare la vendita di questi frutti fuori dall’Attica, dato che essi erano belli e rari (sulla bellezza dei fichi attici, cfr. anche la tradizione attestata da EM 738,38 ss. e cfr. infra). Plutarco (Sol. 24,2), riprendendo forse più il commento di Didimo alle leggi soloniane che Istro (cfr. supraFGrHist 334 F 12), ricorda la legge del nomoteta che vietava di esportare i prodotti agricoli, tranne l’olio: il biografo afferma, al riguardo, come non sia inverosimile ritenere che in antico l’esportazione dei fichi fosse proibita [cfr. Jacoby (1954, I 637,20 ss. e II 513); Piccirilli (1977, 251 s.)]. All’antichità (τὸ πάλαιον) della norma che proibiva l’esportazione dei fichi, forse ribadita poi da Solone, fa accenno una tradizione esegetica che si ritrova nel commento ai Salmi di Cherobosco (157,8-14), nel lessico di Fozio (σ 547,22), nella Suda (σ1330), nell’Etymologicum Gudianum (σ 514,22-29), nel Magnum (738,38 ss.) e, inoltre, in uno scolio a Pl. R. 340d: l’Etymologicum Magnum, insieme a Cherobosco (mutilo, però, nella spiegazione della catacresi del senso del termine), spiega che l’origine del nome è legata alla ‘scoperta’ dell’albero del fico per l’alimentazione quotidiana (per i poveri?), per cui se ne sarebbe vietata l’esportazione (sulla ‘scoperta’ in Attica del fico, cfr. Paus. I 37,2; Ael. III 38; Ath. III 74d). Da coloro che denunciarono in modo litigioso i ladri di fichi si sarebbe poi passati agli accusatori tout court.

Il resto della tradizione esegetica sulle commedie aristofanee inerente al termine «sicofante» e ai suoi derivati offre invece delucidazioni su specifici passi: esse risultano spesso essenziali, poiché chiariscono anche l’identità di alcuni personaggi citati dal commediografo (cfr. ad esempio Ctesia e Nicarco in Ach. 839, 908, Fano in Eq. 1256, Aminia e Pandelto in Nu. 691, 924, Evatlo in V. 592, Cleone in Pax 653, Opuntio in Av. 153, Neoclide in Ec. 254 e Pl. 665, Panfilo in Pl. 174); gli scoli, poi, esplicitano i vari giochi di parole basati su σῦκον e φαίνειν [cfr. ad esempio κἀποσυκάζεις in schol. vet. Ar. Eq. 259a, dove Paflagone è accusato di spremere come fichi i magistrati sotto rendiconto, accusandoli (cfr. anche Av. v. 1699); Φάνος in Eq. v. 1256, il cui nome, derivato da φαίνω, è indice del suo ruolo di Sicofante; Φασιάνος (Ach. v. 726), in cui si gioca con il nome del fiume Fasi in relazione a φαίνειν. Si veda infine σύκινον in Pl. v. 946, con cui si mette in luce la debolezza del Sicofante che esce di scena, alludendo però anche al suo ruolo di accusatore nei processi)].

Lessici ed etimologici, oltre a occuparsi dell’etimologia del termine (cfr. supra), associano il sicofante ad alcune aree semantiche: βασκαίνω, «ammaliare, denigrare» (Et.Gen. β 50; EM 190,22 ss.); βωμολόχος, «buffone» (Et.Gen. β 301; EM 218,7 ss.); κατηγορεῖν, «accusare» (cfr. Hsch. σ 2238, e inoltre gli etymologica s.vv. συκοφαντεῖν o συκοφαντία). Questi repertori usano come testi di riferimento, oltre ad Aristofane, anche Ferecrate, Euripide, Platone, Demostene, Menandro e Plutarco (cfr. Suda σ 1330; EM 190,22 ss., 733,38 ss.). EM733,48 s., infine, riferisce pure di un valore erotico di συκοφαντεῖν, «eccitare», probabilmente riferendosi a un passo menandreo (fr. 464 K.-A.) in cui compare in realtà συκάζειν (cfr. Hsch. σ 2220) e in relazione al significato osceno che assume, in determinati contesti, σῦκον (cfr. sykon).

Stefano Caciagli @ 2016