Buffone nella ricezione

Platone e Aristotele

Il termine βωμολοχία compare una sola volta nei dialoghi di Platone, in un contesto di particolare importanza per la riflessione del filosofo sulla poesia comica. Nel X libro della Repubblica (606c), all’interno dell’ampia disamina sulla μίμησις, dopo aver messo in luce le conseguenze dannose della συμπάθεια del pubblico con i personaggi di Omero e dei tragici, Socrate si sofferma sul comico, περὶ τοῦ γελοίου, per il quale si può sviluppare un argomento dello stesso tipo, ὁ αὐτὸς λόγος. Il provare piacere e non disprezzo davanti a un tipo di comicità degna di vergogna, rappresentata sulla scena comica o in privato, spinge a indulgere a ciò da cui comunemente ci si asterrebbe con la ragione per timore di essere considerati buffoni, φοβούμενος δόξαν βωμολοχίας. Il rischio è per Platone quello di diventare nella propria vita, senza accorgersene, attraverso la consuetudine con questo tipo di comicità, un poeta comico. La βωμολοχία è dunque per Platone segno di una comicità dannosa, priva di scrupoli, capace di effetti negativi sul pubblico, pronto a conformarsi con le attitudini scorrette messe sulla scena dai poeti comici [cfr. Giuliano (2005, 104) e, per i rapporti tra la riflessione di Platone sul γελοῖον e Aristofane, Tulli (2010)].

La connotazione negativa della βωμολοχία, per quanto non esplicitamente connessa con il contesto del teatro comico, è sviluppata nella riflessione etica di Aristotele. Nel VII libro dell’Etica Eudemia (1234a3-23) la virtù etica della εὐτραπελία, la piacevolezza, si configura quale μεσότης fra l’habitus dell’ἄγροικος e del δυστράπελος, cioè del rude e dell’intrattabile, da una parte, e, per l’appunto, del βωμολόχος, dall’altra. Per chiarire la natura di questa virtù, Aristotele sviluppa un’analogia con l’ambito della τροφή: come lo schizzinoso, l’ἄγροικος non accetta alcuna forma di γελοῖον se non prendendola in mala parte, χαλεπῶς, il βωμολόχος invece, come il ghiottone, ne accoglie ogni forma facilmente e con piacere, εὐχερῶς καὶ ἡδέως. L’εὐτράπελος sa invece accoglierne ora una forma ora l’altra e secondo ragione, κατὰ τὸν λόγον. Il quadro è ampliato nell’Etica Nicomachea. Dopo aver ribadito nel II libro (1108a23-26), in relazione alla piacevolezza del divertimento, la distinzione già proposta nell’Etica Eudemia tra la virtù della εὐτραπελία e dei due vizi contrapposti della βωμολοχία e della ἀγροικία, Aristotele riprende il problema nel IV libro (1127b33-1128b9), in un passo di particolare importanza per la riflessione della critica moderna sul tema della βωμολοχία [cfr. ad esempio l’analisi accurata, con utile schema, di Halliwell (2008, 307-331)]. Anche nell’ambito dei momenti della vita consacrati al divertimento esistono delle relazioni sociali appropriate e cose che sia conveniente dire e ascoltare. Coloro che eccedono nel γελοῖον sono considerati βωμολόχοι … καὶ φορτικοί, persone devote in tutto e per tutto al ridicolo, γλιχόμενοι πάντως τοῦ γελοίου, e per questo tese più a suscitare il riso che a dire cose sensate e a non far soffrire chi è oggetto dello scherno, καὶ μᾶλλον στοχαζόμενοι τοῦ γέλωτα ποιῆσαι ἢ τοῦ λέγειν εὐσχήμονα καὶ μὴ λυπεῖν τὸν σκωπτόμενον. A questa categoria di viziosi si oppongono all’estremo opposto gli ἄγροικοι. In questo ambito, come ormai abbiamo visto, la μεσότης è rappresentata dagli εὐτράπελοι. In realtà però, secondo Aristotele, a causa della diffusione del γελοῖον e della tendenza all’eccesso in questo ambito s’ingenera spesso una confusione tra εὐτράπελοι e βωμολόχοι, i quali sono per l’appunto chiamati in modo erroneo εὐτράπελοι come se fossero persone raffinate. Attraverso il riferimento alla ἐπιδεξιότης, virtù che caratterizza l’uomo eccellente nell’ambito della παιδιά, Aristotele apre un’interessante quanto problematica parentesi sull’evoluzione della commedia verso forme più lontane dall’αἰσχρολογία. Dopo aver stabilito la non liceità di ogni forma di σκῶμμα e aver assegnato all’attitudine dell’uomo raffinato e libero il ruolo di norma in questo ambito, Aristotele ritorna brevemente sul βωμολόχος, caratterizzato dal lasciarsi vincere dal γελοῖον, ἥττων ἐστὶ τοῦ γελοίου, pronto a non risparmiare né se stesso né gli altri pur di destare il riso, pronunziando parole che una persona raffinata non direbbe e che in alcuni casi neppure sopporterebbe di ascoltare [cfr., per il ruolo che Aristotele assegna alla risposta emotiva nella trattazione dell’εὐτραπελία, le ancora valide osservazioni di Fortenbaugh (1968, 216-221 = 143-147) e Sorabji (2000, 290-292)]. Nel III libro della Retorica (1419b8-9), in relazione al tema dei γελοῖα, dopo un rinvio agli scritti περὶ in cui se ne distinguevano gli εἴδη, dei quali alcuni sono adatti a un uomo libero, altri no, Aristotele sottolinea come l’εἰρωνεία sia più degna di un uomo libero, ἐλευθεριώτερον, rispetto alla βωμολοχία. L’ironico, infatti, suscita il ridicolo per il proprio divertimento, il βωμολόχος per quello degli altri [cfr. Rapp (2002, 993-995)].

La βωμολοχία si configura dunque per Aristotele quale habitus vizioso caratterizzato da una propensione eccessiva al ridicolo, che viene scelto a scapito di ogni norma di buon comportamento, senza alcuna considerazione per le reazioni delle vittime dello σκῶμμα. Per quanto i tratti del βωμολόχος non differiscano in buona sostanza dall’uso aristofaneo del termine, il legame con l’ambito della commedia appare secondario: un’eccezione significativa deve essere però colta nel collegamento che l’Etica Νicomachea stabilisce tra la pratica di forme sconvenienti del γελοῖον, proprie anche del βωμολόχος, e la fase più arcaica della commedia.

Particolarmente problematico in relazione alla riflessione aristotelica sulla βωμολοχία è un passo del cosiddetto Tractatus Coislinianus (39-40), in cui più di un interprete, in particolare Richard Janko (1984, 216-218), ha visto la presenza di materiale derivato dal perduto II libro della Poetica. Le succinte osservazioni dell’anonimo trattato offrono una tripartizione degli ἤθη tipici della commedia: τά τε βωμολόχα καὶ τὰ εἰρωνικὰ καὶ τὰ τῶν ἀλαζόνων. Il βωμολόχος, a lato dell’ironico e del ciarlatano, sarebbe dunque uno dei caratteri della commedia. Come abbiamo potuto osservare, la stessa Retorica, richiamando gli scritti περὶ ποιητικῆς, propone una distinzione fra εἰρωνεία e βωμολοχία nell’ambito di una διαίρεσις fra gli εἴδη del γελοῖον. In ogni caso Heinz-Günther Nesselrath (1990, 125-128), scettico sull’origine aristotelica del contributo del Tractatus, sottolinea come, in base a quanto emerge dalle pagine di Aristotele, non possa essere ascritta ad Aristotele una dottrina in cui il βωμολόχος, l’εἴρων e l’ἀλαζών siano considerati ἤθη. La possibilità di uno sviluppo di elementi aristotelici in questa prospettiva in ambito peripatetico non appare comunque improbabile.

La filosofia ellenistica

In epoca ellenistica la βωμολοχία diviene un tratto della polemica filosofica fra le scuole, con particolare rilevanza, secondo la testimonianza certo non imparziale di Plutarco (contra Ep. beat. 1086e, Adv. Col. 1108b), in ambito epicureo (in questa prospettiva è usato il termine βωμολόχος da Filodemo, Mus. IV, PHerc. 1479, col. 126, 38-39). Sempre secondo Plutarco (contra Ep. beat. 1095c), Epicuro, nel Περὶ βασιλείας (9 Arrighetti), esortava i sovrani amanti delle lettere a sopportare discorsi su cose militari e φορτικα nei simposi piuttosto che ragionamenti su questioni di musica e poesia. Allo stesso contesto di Epicuro si rifà forse Filodemo nel De bono rege (PHerc. 1507, col. XX, 8-20 Dorandi) discutendo dell’atteggiamento che il re deve tenere nei banchetti allontanando ogni αἰσχρολογία e βωμολοχία tipica delle giovani generazioni [cfr. De Sanctis (2007, 54 s.)]. Sempre in Filodemo nel IV libro del De musica (PHerc. 1479, col. 139, 31-44 Delattre) il verbo βωμολοχεύεσθαι è legato all’ambito di un apprendimento della musica in tarda età con scarsi risultati.

L’oratoria: Isocrate

Nell’ambito dell’oratoria, il verbo βωμολοχεύεσθαι ricorre due volte in Isocrate. Nell’Areopagitico (49), all’interno di un elogio dell’antica παιδεία, che connotava, grazie all’attenta sorveglianza dell’Areopago, l’Atene del passato, Isocrate sottolinea come all’epoca i cittadini si esercitassero a essere seri e non dei buffoni, σεμνύνεσθαι γὰρ ἐμελέτων, ἀλλ’ οὐ βωμολοχεύεσθαι. Contrapponendo il passato al presente, Isocrate osserva in proposito che le persone facete, gli εὐτράπελοι, capaci di motteggiare, che all’epoca dell’oratore sono considerati uomini εὐφυεῖς, avevano in precedenza fama di δυστυχεῖς. Nell’Antidosis (283 s.) Isocrate stigmatizza la tendenza contemporanea a non utilizzare i nomi secondo il loro significato naturale, κατὰ φύσιν, ma a traslarli assegnando i nomi dei κάλλιστα ai φαυλότατα. Un esempio è il fatto che uomini βωμολοχευόμενοι e capaci di motteggiare, σκώπτειν, e parodiare, μιμεῖσθαι, sono chiamati εὐφυεῖς, termine che converrebbe maggiormente agli uomini più dotati in relazione all’ἀρετ. Anche in Isocrate un legame evidente con la commedia manca, ma certo alla sfera del comico fanno pensare i due verbi «tecnici» σκώπτειν e μιμεῖσθαι, significativamente accostati a βωμολοχεύεσθαι, verbo che, come in Platone e Aristotele, sembra più in generale riferirsi a un’inclinazione al ridicolo da considerarsi disdicevole, nonostante la troppo diffusa indulgenza nei suoi confronti [Gauthier-Jolif (19702, 318 s.) mettono in luce il rapporto dei passi di Isocrate con la riflessione aristotelica; cfr. ora Too (2008, 227 s.)].

La biografia

La βωμολοχία diviene un elemento caratteristico della produzione biografica antica. Ne offre una prova Plutarco: le Vite attestano 3 occorrenze di βωμολόχος e 17 di βωμολοχία. La mancanza di βωμολοχία è un tratto di personaggi virtuosi. L’oratoria di Pericle era caratterizzata da un discorso elevato e privo di buffoneria volgare e senza scrupolo, τὸν λόγον ὑψηλὸν εἶχε καὶ καθαρὸν ὀχλικῆς καὶ πανούργου βωμολοχίας (Per. 5,1). La natura di Aristide, opposta a quella di Temistocle, fin dall’infanzia non mostra segni di falsità, βωμολοχία o frode neppure nell’ambito della παιδιά (Arist. 2,2). Tale attitudine virtuosa connota l’educazione spartana: in base all’educazione di Licurgo i giovani spartani si abituano nei sissizii a uno σκώπτειν ἄνευ βωμολοχίας (Lyc. 12,6) [cfr., per il rapporto tra βωμολοχία ed età giovanile, Halliwell (2008, 22-24)]. L’esercito spartano è il solo fra quelli greci esente da ogni dissolutezza, βωμολοχία e ostentazione (Cleom. 33,4). La βωμολοχία è invece tratto caratteristico di politici spregiudicati e tiranni che, con tale attitudine, cercano di blandire le masse popolari. Le persone dabbene sono disgustate dalla condotta politica di Alcibiade che risulta troppo sfrontata e non priva di volgarità e βωμολοχία, in linea con il desiderio di popolarità dell’ateniese (Comp. Alc. Cor. 1,3). Cleone teneva in pugno con la propria accondiscendenza e βωμολοχία gli Ateniesi (Nic. 3,2). Stratocle con la propria βωμολοχία e rozzezza sembra imitare tale attitudine di Cleone (Demetr. 11,2) [cfr., per il tema, particolarmente sviluppato in Plutarco, del rapporto tra uomo politico e δῆμος, de Bois (2008, 321 s.) e Roskam (2014) e, per la rappresentazione delle masse popolari nelle Vite, Saïd (2005)]. Antioco, pilota valente ma per il resto insensato e rozzo, ἀνόητος δὲ τὰ ἄλλα καὶ φορτικός, cui Alcibiade aveva lasciato il comando, provoca i nemici, πολλὰ καὶ πράττων καὶ φθεγγόμενος ἀκόλαστα καὶ βωμολόχα, andando incontro a una disfatta (Alc. 35,6-7). Il tiranno Aristione rivolge motteggi e βωμολοχίαι, accompagnati da mosse di danza, a Silla e Metella dalle mura di Atene, suscitando la collera del dittatore (Sull. 13,1). Lo stesso dittatore tenta di lenire il dolore per la morte di Metella con bevute e banchetti pieni di lussi e βωμολοχίαι (Sull. 35,3) [cfr., per il simposio come luogo in cui si rivela la vera natura dei personaggi nelle Vite, Billault (2008, 577-589)]. Il corteo organizzato da Surena per celebrare la sconfitta di Crasso prevedeva cantatrici cortigiane di Seleucia che cantavano canzoni piene di βωμολόχα καὶ γελοῖα che prendevano di mira l’effeminatezza e la codardia del triumviro (Crass. 32,3). Catone mostra come le accuse che Cesare gli rivolge in una lettera indirizzata al Senato siano simili a motteggi, a una sorta di scherzi, βωμολοχία (Cat. Mi. 51,3). La corte diviene lo sfondo più adatto per la performance dei βωμολόχοι [cfr., sulla βωμολοχία quale tratto caratteristico della corte di Filippo di Macedonia, egli stesso per natura βωμολόχος, già Teopompo (115 FGrHist 81, 162 e 236) e, per il ritratto del sovrano in relazione alla riflessione morale dello storico, Pownall (2004, 143-175)]. Gli artisti asiatici giunti alla corte di Antonio superano per petulanza e βωμολοχία i cortigiani che erano giunti con lui dall’Italia (Ant. 24,2). Gli Alessandrini godevano invece della βωμολοχία di Antonio partecipando non senza eleganza e raffinatezza ai suoi divertimenti: dicevano infatti che egli si serviva con i Romani della maschera tragica, con loro di quella comica (Ant. 29,4). Gli adulatori di Cleopatra allontanano poi alcuni amici di Antonio che non sopportavano le loro crapule e le loro βωμολοχίαι (Ant. 59,6). Anche la corte di Dionigi a Siracusa è caratterizzata da crapule, motteggi, musica, danze e βωμολοχίαι (Dio. 7,7). I successi di Arato mettono in un primo momento a tacere le calunnie, i discorsi, i motteggi e Ie βωμολοχίαι degli adulatori dei tiranni (Arat. 29,7). Ciononostante, i cortigiani ingiuriano apertamente Arato e nei simposi litigano con lui con insolenza e βωμολοχία (Arat. 48,6). Talora la βωμολοχία diviene invece tratto di stile. Cicerone nei propri discorsi si lascia portare attraverso lo σκωπτικόν al βωμολόχον (Comp. Cic. Dem. 1,4). In relazione alle vicende di Filisto, Plutarco rileva come gli storici, utilizzando la ragione, non debbano biasimare, facendo ricorso a oltraggio e βωμολοχία, vicende funeste del passato nelle quali anche al migliore degli uomini potrebbe esser capitato di essere coinvolto (Dio. 36,2).

Luciano

Due occorrenze rispettivamente di βωμολοχία e βωμολοχικός in Luciano (VH 1,3, Hist. Conscr. 17,11) possono essere ricondotte all’ambito della critica letteraria, quale tratto caratteristico di una produzione lontana dalla verità e indulgente a fantasticherie o all’adulazione (a tale attitudine cortigiana si riferisce anche βωμολόχος in Merc. Cond. 24). Nell’Ermotimo (58,1) sono invece considerate βωμολοχικά alcune osservazioni filosofiche paradossali [cfr. Georgiadou-Larmour (1998, 55 s.) e, più in particolare, per l’immagine lucianea (VH 1,3) di Odisseo quale διδάσχαλος … βωμολοχίας, modello negli ἀπόλογοι per la tradizione successiva di una produzione letteraria lontana dalla verità, von Möllendorff (2000, 51-56)].

Michele Corradi © 2016