Press release & risultati del progetto

In uscita a breve un articolo che descrive i principali risultati del progetto.

Qui sotto un breve stralcio del testo

 

Introduzione

La disponibilità di acqua e nutrienti è tra i principali fattori che maggiormente influenzano l'adattamento, lo sviluppo e la crescita delle colture agrarie, nonché l’economia dell’azienda agricola. Sebbene tali aspetti siano stati a lungo studiati, negli ultimi anni l'attenzione si è spostata a causa dei cambiamenti climatici globali e della crescente competizione tra esigenze agricole e civili. Le problematiche legate al clima sono oggi al centro del dibattito internazionale (IPCC 2023), con previsioni di un costante riscaldamento del pianeta che non avrà effetti uniformi, colpendo in particolare i Paesi dell'emisfero settentrionale. In Italia, ad esempio, è già stato osservato un aumento delle temperature minime e massime annuali.

Tra i fattori che condizionano il bilancio idrico e nutrizionale nei frutteti, spicca la gestione del suolo, tecnica che è stata assoggettata a mutevoli cambiamenti dovute alla meccanizzazione, alla riduzione dei costi, all'ottimizzazione della qualità dei frutti e ad una maggiore attenzione verso le questioni ambientali.

In frutticoltura, si sta sempre più diffondendo l'inerbimento del suolo in varie forme (interfilare, temporaneo, spontaneo, seminato, ecc.) come alternativa alle lavorazioni tradizionali e al diserbo chimico. Attraverso questo approccio agro-ecologico è possibile instaurare una serie di effetti sinergici atti a migliorare le caratteristiche fisiche, chimiche e biologiche del terreno. Inoltre, la presenza di un cotico erboso protegge il suolo dall’erosione, ne migliora la struttura, aumenta l'apporto di sostanza organica e la capacità di trattenere i nutrienti, potenziando così l'attività microbica. Tuttavia, l'inerbimento può determinare lo sviluppo di fenomeni competitivi con gli alberi da frutto per gli elementi limitanti, quali acqua e nutrienti, la cui intensità dipende da diversi fattori, come le precipitazioni, i fabbisogni idrici delle specie vegetali e le caratteristiche del suolo.

Nella coltura del pero, come ormai noto da svariati anni, il cotico erboso costituito da specie spontanee può favorire lo sviluppo di malattie fungine, come la maculatura bruna, una delle più gravi patologie del pero nel Mediterraneo. Infatti, alcune specie di graminacee e i loro residui in decomposizione favoriscono la proliferazione del fungo, aumentando la produzione di spore. Per ridurre questo rischio, sono state sperimentate nel tempo diverse strategie di compromesso, come il diserbo selettivo delle graminacee, sostituite da specie a foglia larga (es. trifoglio, potentilla, plantago, rumex), che richiedono meno sfalci e riducono l'ambiente favorevole al fungo, contribuendo anche alla fissazione dell'azoto.

 

Il progetto IFASA - Inerbimento nei Frutteti per l'Aumento della Sostenibilità Aziendale

Come già illustrato in precedenti articoli (Rivista di Frutticoltura, febbraio e luglio 2024), il progetto IFASA, della durata di 18 mesi e finanziato dal PSR 2014-2020 della Regione Emilia-Romagna, è stato coordinato dal Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari dell'Università di Bologna. Questo progetto si è concentrato sulla sperimentazione di una gestione innovativa dell’interfilare nella coltivazione del pero, valutandone gli aspetti agronomici, produttivi, fisiologici, gestionali e di salubrità aziendale. L'obiettivo principale era assicurare la sostenibilità economica e ambientale del frutteto, riducendo l'uso di trattamenti fungini e fertilizzanti, e preservando risorse idriche e il suolo. Le sperimentazioni sono state condotte su due frutteti dell’Azienda Sperimentale Fondazione per l’Agricoltura Fratelli Navarra, in provincia di Ferrara, uno con forma di allevamento a fusetto ed uno a “V”, suddivisi in tre diverse aree: una con copertura erbosa spontanea (“naturale”), una seminata con un mix di leguminose principalmente composte da diverse accessioni di trifoglio sotterraneo (Trifolium subterraneum L.), noto come Gallura S2 (“inerbito”), e una terza con l'interfilare completamente lavorato per eliminare la vegetazione erbacea (“lavorato”).

 

Il ruolo dell’inerbimento controllato sulle caratteristiche del suolo e sulla diffusione delle specie spontanee.

A febbraio è stata fatta la semina del mix di trifogli e in seguito sono stati fatti rilievi sulla velocità di affrancamento sia dell’inerbimento naturale che di quello controllato attraverso il software canopeo® sviluppato con il linguaggio MatLab (Mathworks, Inc., Natick, MA), che utilizza i valori di colore del sistema rosso-verde-blu (RGB) per discriminare la componente vegetale dal terreno e che restituisce come output la copertura vegetale espressa in percentuale. Come prevedibile l’attecchimento dell’inerbimento con trifoglio è stato più veloce ed omogeneo che al momento della raccolta aveva in media una copertura del suolo pari al 90% mentre per l’inerbimento naturale era del 70%. Nel 2023 la maggiore copertura ha comportato una maggiore produzione di biomassa sia fresca che secca nell’inerbimento con trifoglio rispetto all’inerbimento naturale in entrambe le forme di allevamento (figura 2), mentre nel 2024 la biomassa fresca è risultata maggiore nell’inerbimento con trifoglio rispetto al naturale solo nella biomassa fresca, mentre nella biomassa secca tale differenza non c’è stata. In media la biomassa fresca del trifoglio è stata di 9,61 t ha-1 nel 2023 e di 11,56 t ha-1 nel 2024 indipendentemente dalle forme di allevamento. La biomassa secca ha invece registrato in media 1,48 t ha-1 nel 2023 e 1,67 t ha-1 nel 2024.

Il maggiore apporto di biomassa del 2023 del trifoglio associata alle sue caratteristiche ha probabilmente favorito un maggiore accumulo sia di sostanza secca che di azoto del terreno (figura 3) con conseguente miglioramento della struttura e fertilità del terreno.

Nel 2023 le specie maggiormente presenti nella forma di allevamento “fusetto” con inerbimento naturale sono la Malva sylvestris (in media il 50%), Erigeron canadensis, Convolvulus arvensis e l’Amaranthus retroflexus, mentre nella forma di allevamento a “V” le specie predominanti erano la Erigeron canadensis (in media il 55%), seguita da Torilis arvensis, Plantago major, Convolvulus arvensis e Poa annua. Nell’inerbimento controllato con trifoglio chiaramente la specie con la maggior presenza era il trifoglio (in media 56%) in entrambe le forme di allevamento, mentre le altre specie presenti erano principalmente il Senecio vulgaris e il Poligonum avicolare nella forma d’allevamento a fusetto, mentre la Veronica presica e sempre il Poligonum avicolare nella forma a “V”. Nel secondo anno i rilievi delle erbe presenti nell’ interfilare hanno fatto emergere una dinamica sia in quello con inerbimento naturale che in quello con inerbimento controllato. In particolare, nell’inerbimento naturale è stata riscontrata una forte presenza di Poa annua sia nell’allevamento a fusetto (67%) che nell’allevamento a “V” (82%) dove le altre specie erano in media sotto il 5% della presenza. L’inerbimento controllato inoltre ha consentito di limitare la proliferazione di specie monocotiledoni come la poa annua che, come noto, possono essere fonte di inoculo della maculatura bruna del pero (figura 4).

 

In aggiunta alle misurazioni floristiche e al relativo sviluppo durante il periodo sperimentale, sono state condotte misure relative all’effetto legato alla gestione dell’interfilare sul grado di compattamento del suolo. Le misure sono state svolte in entrambi gli anni oggetto di sperimentazione all’inizio del ciclo vegetativo e alla raccolta dei frutti, posizionando la strumentazione al centro dell’interfilare in prossimità delle aree di saggio dedicate alle altre misure di caratterizzazione del suolo (Figura 5). All’inizio del ciclo vegetativo di entrambi gli anni (2023 e 2024), la compattazione del suolo nel profilo 0-30 cm risulta essere simile in tutti i trattamenti di gestione dell’interfilare. Contrariamente, al momento della raccolta dei frutti, il grado di compattamento del suolo è risultato essere variabile in base ai trattamenti sperimentali adottati. In particolar modo, l’impiego di un inerbimento controllato tramite il ricorso a specie leguminose sembra aver ridotto sensibilmente il grado di compattamento del suolo per l’intero profilo misurato. Contrariamente è da rilevare come, in entrambi gli anni di prova, nelle aree assoggettate a lavorazione si osserva un incremento del compattamento del suolo a circa 12,5 cm di profondità. Questo incremento può essere legato alle ripetute lavorazioni del suolo eseguite durante il ciclo colturale che hanno contribuito alla formazione di una suola di lavorazione. Le differenze invece osservate tra il 2023 e 2024 nell’inerbimento naturale sono presumibilmente legate alla composizione floristica che risulta essere a sua volta influenzata dall’andamento climatico stagionale e pertanto influenzare sullo sviluppo radicale delle specie autoctone sviluppate (Figura 5).

 Valutazione delle performance fisiologiche e vegeto-produttive

Nel corso delle stagioni produttive 2023 e 2024, sono stati condotti rilievi sullo stato fisiologico al mezzogiorno solare di piante di pero sottoposte alle differenti gestioni agronomiche dell’interfilare. Utilizzando un LI-COR 6800 (fig. 6 sinistra), sono stati misurati gli scambi gassosi a livello fogliare per valutare l'attività fotosintetica, la traspirazione e la conduttanza stomatica. Contestualmente, lo stato idrico di fusto e foglie è stato misurato tramite la camera di Scholander (fig. 6 destra). Inoltre, durante la stagione sono stati monitorati la crescita dei frutti e dei germogli annuali per rilevare eventuali effetti derivanti dai differenti trattamenti dell’interfilare. In questo articolo, per motivi di spazio, vengono riportati solo i dati relativi alla stagione vegetativa 2023, poiché i risultati del 2024 hanno confermato quanto osservato l'anno precedente.

Le analisi degli scambi gassosi non hanno evidenziato differenze significative tra i trattamenti, eccetto nell'ultima parte della stagione, dove il sistema di allevamento a V “naturale” ha registrato valori di fotosintesi più elevati (fig.7). Per quanto riguarda le misure di potenziale idrico, i trattamenti di inerbimento non hanno prodotto differenze significative nel sistema a fusetto, mantenendo sempre valori superiori a -1 MPa, considerati adeguati. Tuttavia, nella forma di allevamento a V, con il progredire della stagione, il trattamento naturale ha portato a un lieve calo del potenziale idrico, raggiungendo valori prossimi a -1,5 MPa, una soglia che segna il limite dello stress idrico. Questo risultato suggerisce che la gestione irrigua, indipendentemente dal trattamento dell'interfilare, avrebbe dovuto essere ottimizzata per evitare questa potenziale carenza idrica (figura 7). Nonostante il rischio di stress idrico, la crescita dei frutti non ha mostrato particolari problemi. Nelle fasi iniziali della stagione, si sono osservate leggere differenze tra i trattamenti, con il sistema a V naturale che ha registrato la crescita più rapida, mentre il sistema a V inerbito ha mostrato la crescita più lenta. Tuttavia, queste differenze iniziali non si sono tradotte in variazioni significative delle dimensioni finali dei frutti (figura 8). Simili osservazioni sono state fatte per la crescita dei germogli in cui il sistema a V ha mostrato una crescita inferiore rispetto al sistema a fusetto (dati non riportati). È importante notare che la resa per ettaro è stata abbastanza bassa (~10 t/ha), a causa delle condizioni climatiche sfavorevoli e della scarsa allegagione (figura 8) e che il carico produttivo per pianta, pari a circa 2,7 kg/pianta e 13 frutti/pianta, non ha mostrato differenze significative tra i trattamenti.

In sintesi, sia a livello fisiologico che produttivo, le diverse tecniche di gestione dell’interfilare non hanno evidenziato criticità rilevanti o differenze significative. Questo suggerisce che l'uso di tecniche di gestione dell’interfilare basate sulla coltivazione di trifoglio sotterraneo può offrire benefici agronomici e ambientali, migliorando la struttura del suolo senza compromettere la produttività delle colture.

Mappatura della distribuzione della maculatura bruna

Nei due frutteti studiati è stata sviluppata una procedura per valutare i danni causati dalla maculatura bruna e verificare se i diversi trattamenti dell’interfilare potessero influire sull'insorgenza della malattia. Al momento della raccolta, sono state effettuate osservazioni visive sui sintomi della maculatura bruna, analizzando 25 piante per ciascun trattamento. L’intensità della malattia è stata classificata su una scala da 1 a 10, basata sul numero di infezioni rilevate su ogni frutto di ciascuna pianta. Complessivamente, sono state analizzate 75 piante per appezzamento, per un totale di 150 piante (divise tra i sistemi a V e a fusetto).

Per rappresentare la distribuzione spaziale della malattia è stata utilizzata un’interpolazione geostatistica realizzata con software GIS (QGIS). Questo strumento ha permesso di sovrapporre i dati raccolti alle immagini satellitari, evidenziando le aree con maggiore concentrazione di maculatura bruna. Nella mappa, le zone di colore rosso/giallo indicano una più alta frequenza di sintomi (figura 9). L'ipotesi era che i diversi trattamenti del cotico erboso tra le file potessero influenzare la diffusione della malattia.

Dai risultati emerge che, nelle aree con inerbimento naturale e lavorato, sono stati individuati piccoli focolai di maculatura bruna, rappresentati da macchie rosse/gialle, anche se in quantità minime. Invece, le zone con inerbimento artificiale hanno mostrato una distribuzione più molto uniforme non evidenziando alcun sintomo.

Nel complesso, durante la stagione 2023, nei frutteti in esame l'incidenza della maculatura bruna è stata molto bassa, il che non ha permesso di stabilire chiaramente se la gestione dell’interfilare abbia avuto un'influenza significativa sulla diffusione della malattia. Tuttavia, si può concludere che l’inerbimento con trifoglio non ha peggiorato l'incidenza della patologia fungina.

 

Conclusioni

In conclusione, il progetto IFASA ha dimostrato come l'inerbimento controllato nei pereti, in particolare con l'utilizzo di trifoglio sotterraneo, possa migliorare la sostenibilità aziendale senza compromettere la produttività delle colture. I risultati hanno evidenziato benefici agronomici significativi, tra cui un miglioramento della struttura del suolo, una maggiore fertilità e una riduzione della compattazione. Inoltre, l'inerbimento controllato ha mostrato di limitare la proliferazione di specie che possono favorire patologie come la maculatura bruna del pero, senza aumentarne l'incidenza. Sebbene le condizioni climatiche avverse abbiano limitato la resa produttiva complessiva, le tecniche di gestione basate sull'inerbimento si sono rivelate una pratica promettente per l'agricoltura sostenibile, migliorando la qualità del suolo e preservando risorse idriche e nutrienti, pur mantenendo inalterati i livelli produttivi