Recensione a I soldi degli altri, di Mirco Dondi, Vallecchi (2024)
1. LA TRAMA
Due studi televisivi, tre Stati, un albergo, due istituti di credito e, soprattutto, un’azienda nel pieno di una crisi finanziaria nascosta per anni. Questi gli ingredienti del romanzo I soldi degli altri di Mirco Dondi, la seconda opera narrativa dello storico e professore universitario dopo I Malriusciti (Elliot 2012). La formazione professionale dell’autore è parte integrante della struttura e della finalità del romanzo: a partire dal riferimento a un evento storico realmente accaduto (prima parte), la trama si addentra in un racconto d’azione con alcune caratteristiche che si rifanno al noir (seconda parte), per poi trovare lo scioglimento in una scena immaginaria ma fortemente simbolica che chiude la riflessione sulla società innescata in incipit (terza parte). Il libro, vincitore della 16esima edizione del Premio Letterario Internazionale Pegasus Awards 2024, riesce a coniugare un’analisi storica sulla società contemporanea e il suo rapporto con l’informazione a un racconto letterario che cattura l’attenzione del lettore fino all’ultima pagina guidandolo nella riflessione complessiva sulla vicenda.
La storia vede come protagonista un comico, Gerri Sansa, che, al culmine del suo successo televisivo decide di utilizzare il proprio programma su Canal Grande per svelare il crac finanziario di un’azienda dolciaria, la Virgociok, coperto ad arte da una banca, la Credital. Quello che Gerri Sansa non sa è di essersi lanciato in un’impresa molto più grande di lui: Canal Grande, Virgociok e Credital sono unite da interessi comuni e non hanno alcuna intenzione di lasciarsi rovinare da un comico. Nonostante i segreti svelati da Sansa e il caso giudiziario apertosi grazie al suo lavoro, il protagonista subisce una pesante punizione: viene sequestrato e rinchiuso al Felix, un albergo di Sète, cittadina a sud della Francia, dove ha modo di incontrare Michele Colavolpe, bancario della Credital e personificazione dell’ipertrofico potere della finanza. Grazie all’aiuto di alcuni abitanti del Felix, Gerri riesce infine a scappare e gli viene offerta un’occasione di riscatto, opportunità che purtroppo non riesce a sfruttare fino in fondo.
La costruzione della trama (divisa in tre parti a loro volta sequenziate in brevi capitoli) è lineare, fatta eccezione per alcuni flashback utili a ricostruire il passato dei personaggi principali, le loro relazioni e la loro dimensione psicologica. Anche se il disvelamento dei fatti è progressivo e segue l’ordine cronologico, la narrazione, portata avanti da un narratore esterno, avviene focalizzandosi sui singoli personaggi, ottenendo una frammentazione della trama che coinvolge il lettore nel vortice narrativo e gli concede lo stesso livello di consapevolezza dei fatti che hanno i personaggi. Il risultato è una storia che non viene mai raccontata dall’alto, ma da dentro, tramite la cucitura tra loro di piccole scene nelle quali non sono mai presenti più di quattro o cinque personaggi; compito del lettore legare i fatti tra loro per avere un disegno completo. Dietro a una trama lineare e semplice da seguire si nasconde un numero ampio di riflessioni che il lettore può cogliere; forse alcune sono state inserite dall’autore e altre sono il frutto spontaneo della lettura di terzi – com’è normale che avvenga quando si dona un’opera al pubblico. Di seguito se ne proporranno alcune tra le più evidenti dopo una prima lettura.
Infine, ultimo aspetto tecnico da analizzare, il linguaggio. Moderno, asciutto e ricco di registri diversi: la narrazione in terza persona è costruita con frasi brevi e un lessico semplice, mentre i discorsi diretti sono molto coloriti e ricchi di espressioni dialettali; non manca il linguaggio tecnico della finanza, puntuale e approfondito, specialmente nei paragrafi in cui sono raccontate le frodi compiute da Credital e Virgociok per coprire i buchi in bilancio di quest’ultima.
2. VIRGOCIOK COME PARMALAT
Nota importante per capire il romanzo: la vicenda che costituisce il motore di tutta l’azione, ovvero il fallimento nascosto della Virgociok, è un chiaro riferimento al più grande scandalo della storia della finanza italiana, quello della Parmalat di Calisto Tanzi. Per godere del romanzo e delle vicende di Gerri Sansa non occorre comprenderne il riferimento, ma saperlo cogliere aiuta ad approfondire il livello di lettura. Così nel Presidente della Virgociok, Rota Bulò, si riconosce l’aspetto familiare e rassicurante del Presidente della Parmalat Calisto Tanzi[1]; nelle accurate descrizioni delle acrobazie finanziarie suggerite e imposte dai banchieri della Credital[2] si riconoscono quelle di Tanzi e dei suoi uomini per coprire gli enormi buchi in bilancio[3]; in modo un po’ più azzardato, nell’attacco di Gerri Sansa contro Rota Bulò sulla durata potenzialmente infinita di una tavoletta di cioccolato grazie a modifiche alla composizione chimica dei prodotti[4], si potrebbe intravedere un riferimento alla produzione di latte a lunga conservazione della Parmalat, un vero e proprio investimento economico e politico. Infine, in Gerri Sansa è facile riconoscere il comico Beppe Grillo, che ha indagato personalmente nei conti della Parmalat e ha iniziato a denunciare le irregolarità nei suoi spettacoli già dal 2002, un anno prima del crac finanziario[5].
Questo parallelismo, che in prima battuta sembra far avvicinare il romanzo al filone della non-fiction (per poi prenderne nuovamente le distanze con l’avvio del sequestro di Sansa e quindi della trama vera e propria), si mantiene vivo anche sul finale, dove si assiste a una sostanziale vittoria delle banche. Nel romanzo infatti molti personaggi vengono indagati o arrestati, ma il banchiere Michele Colavolpe, principale nemico di Sansa, salva la propria immagine, e di conseguenza quella degli istituti di credito. La medesima cosa è successa dopo il crac della Parmalat: fatta eccezione per pochi uomini, nessun banchiere è stato condannato, nonostante la lista di istituti di credito che hanno concesso prestiti e obbligazioni alla Parmalat comprendesse banche italiane, europee e statunitensi[6].
3. I PERSONAGGI
Il romanzo è ricchissimo di personaggi molto diversi tra loro e nessuno (fatta eccezione per Gerri Sansa) ha una caratterizzazione a tutto tondo. Ognuno è disegnato tramite pochi e incisivi tratti del carattere: c’è lo strozzino senza scrupoli e dall’attitudine di un cavernicolo (Bencini), c’è l’orgogliosa e arrogante proprietaria dell’hotel Felix, in cui viene rinchiuso Sansa, indurita nell’animo da un amore giovanile non corrisposto (Leonarda Savioli), ci sono le sue figlie irrimediabilmente segnate dall’aggressività della madre (Harlette e Veronica), c’è un collega di Sansa, un altro comico, che mostra un carattere camaleontico e profittatore (Leo Braun), e così via, per tutti gli altri. In questa tavolozza variegata rimane un solo punto fermo: ognuno esiste in funzione dei propri interessi economici. Tutti sono legati vicendevolmente da debiti, crediti, favori, mentre qualsiasi altro legame (amoroso, affettivo, amicale) diventa inconsistente. I soldi guidano le azioni e l’andamento della trama.
L’unico punto di riferimento dell’intero sistema è il protagonista, Gerri Sansa, disegnato a tratti con i lineamenti dell’eroe: Sansa sente sulle proprie spalle la responsabilità del suo ampio seguito e mette a rischio carriera e vita per rivelare al pubblico la verità sulle speculazioni e le frodi della Virgociok e della Credital. Una vera e propria battaglia che si configura fin da subito come uno scontro tra Davide e Golia, con la differenza che nel romanzo in questione Davide soccombe.
Gerri Sansa non ha l’aspetto di un eroe: fin dalle prime righe è disegnato come un uomo paffuto e dai capelli rossi, con un pessimo carattere di cui non fa segreto[7]. Nella complessità della sua figura, agli aspetti dell’eroe si affiancano quelli dell’antieroe: succube di un caos da lui stesso creato in ambito familiare e amoroso, cerca di comportarsi da uomo giusto nei confronti delle due donne della sua vita (Angelica ed Edelmira) e delle due figlie avute da queste, senza riuscirci; è sommerso dai debiti con la Credital, concessi grazie alla garanzia della sua stessa popolarità. Un eroe sbugiardato, che però, come in ogni storia che si rispetti, ha un antagonista da combattere: Michele Colavolpe, banchiere senza scrupoli e ideatore di molti illeciti della Virgociok. L’uomo compare a racconto inoltrato come una figura misteriosa vestita di nero, e la sua identità viene rivelata al lettore solo a pagina 135, suscitando in Gerri Sansa i peggiori incubi. Come per gli altri personaggi, anche Michele Colavolpe è disegnato con pennellate veloci: l’unica cosa che deve interessare il lettore è la sua natura cinica nei confronti dei risparmiatori che sistematicamente contribuisce a truffare, sostenendo pubblicamente di fare il loro bene. Di Colavolpe sappiamo solamente ciò che lui vuole farci vedere.
Infine, l’eroe e l’antagonista si scontrano in un faccia a faccia televisivo trasmesso su Gran Canal (affiliata spagnola di Canal Grande) per cercare di difendersi dalle accuse che vengono loro rivolte: Sansa deve dimostrare di non essere un ciarlatano e che le sue denunce contro la Credital e Colavolpe sono vere, Colavolpe deve dimostrare la sua innocenza di fronte alle accuse di Sansa. Così lo spettacolo televisivo si fa vero e proprio tribunale popolare, dove il verdetto viene deciso dal pubblico attraverso il televoto: l’epicità dello scontro tra eroe e antagonista si mescola a uno scenario distopico, il cui risultato è determinato da un fattore reale della nostra quotidianità, ovvero la scarsa disponibilità del pubblico a credere a chi racconta la verità, nel caso in cui essa risulti ostile al pubblico stesso.
4. IL RAPPORTO TRA INFORMAZIONE E VERITÀ
La trama principale è in parte formata da tante trame più ridotte, iniziate in modo autonomo, incrociate tra loro e poi nuovamente terminate in maniera indipendente. Il naturale egoismo delle persone mosse prevalentemente da un interesse economico, l’influenza del potere finanziario delle banche sono solo alcuni dei temi proposti dalla complessa ragnatela su cui si costruisce l’intero racconto, ma uno dei più imponenti per l’approfondimento che presenta e per la centralità nel racconto è il rapporto tra informazione, pubblico e verità.
Le riflessioni sul tema, sempre proposte tramite la voce dei personaggi e mai da un narratore esterno, fanno capolino a inizio romanzo e nel finale, nella cornice dei programmi televisivi di Gerri Sansa, Buffet gratis, e del suo collega e rivale Leo Braun, Mandorle amare. Consapevole della potenza mediatica del suo show dopo la prima stagione, Gerri Sansa si convince di dover andare oltre, di dover svegliare un popolo dormiente, catturato dagli scandali intorno ai personaggi famosi come un bambino resta affascinato davanti a uno schermo luminoso. Quello stesso pubblico galvanizzato dal gossip e dagli scandali deve trasformarsi nel più vigile e spietato controllore dei tre poteri dello Stato[8]. E che cos’è questo se non il servizio che il giornalismo e i cittadini dovrebbero dare alla democrazia? Sansa è nel romanzo il portavoce di quell’idea di giornalismo come cane da guardia del potere, della libertà democratica e della politica. Il modo in cui la riflessione prosegue nel racconto non rivela una visione ottimistica dell’autore a riguardo: il caso Virgociok viene portato in tribunale e i cittadini scoprono di essere stati truffati, mentre alcuni dei responsabili sono arrestati e incriminati. Tuttavia, come detto in precedenza, le banche (grandi artefici della frode) ne escono illese, e Gerri Sansa non viene riconosciuto come eroe: perde il lavoro, abbandona la sua vita e di lui non si sa più niente, ormai sostenuto soltanto da un piccolo manipolo di risparmiatori truffati che gli sono grati per il lavoro svolto. Davanti al grande pubblico, però, la sua immagine è distrutta: nel duello televisivo contro Colavolpe la dialettica del banchiere finisce per invertire i ruoli, facendo diventare Sansa l’aguzzino colpevole di aver minato la fiducia su cui si basa il sistema finanziario, mandando così in malora i risparmi dei privati cittadini. Da parte sua il comico può soltanto rivolgere al banchiere accuse vere ma non dimostrabili, e il giudizio finale del pubblico decreta la vittoria di Colavolpe, anche se con uno scarto minimo (50,4%).
La verità ha fatto in parte il suo corso fuori dagli studi televisivi, ma il giornalismo e il pubblico non si sono dimostrati all’altezza del loro compito: prima del duello finale tra Sansa e Colavolpe, la Verità viene portata in scena sottoforma di banconota all’interno di un tabernacolo posto su un tavolo da gioco, dentro a un contesto che prende il fatto oggettivo e lo mastica fino all’estrema spettacolarizzazione, prima di darlo in pasto al suo pubblico. Questo poi è chiamato ad avere fede in quello che vede, applicando un atto opposto al ragionamento e all’analisi razionali: il risultato non può che essere una votazione guidata dai sentimenti, che premia chi è riuscito a smuovere le viscere degli spettatori, più che il cervello. Una scena che sopra è stata definita come distopica, ma che in realtà si ripete più e più volte nel nostro presente, e che costituisce una denuncia del nostro sistema informativo e della nostra disattenzione rispetto all’informazione.
5. BIBLIOGRAFIA
Gabriele Franzini, Il crac Parmalat. Storia del crollo dell’impero del latte, Roma, Editori riuniti, 2004.
Mirco Dondi, I soldi degli altri, Firenze, Vallecchi, 2023.
Vittorio Malagutti, Buconero Spa. Dentro il crac Parmalat, Roma, Editori Laterza, 2004.
6. SITOGRAFIA
Beppe Grillo, Il caso Parmalat e il crepuscolo dell’Italia, in “Internazionale”, n. 524, 30/01/2004, https://www.internazionale.it/opinione/beppe-grillo/2004/01/30/il-caso-parmalat-e-il-crepuscolo-dellitalia-2, visto il 20/08/2024.
Walter Galbiati, Quindici anni fa il crac Parmalat: quando l’Italia rimase senza latte, in “La Repubblica”, 4/12/2018, https://parma.repubblica.it/cronaca/2018/12/04/news/parmalat-213378886/, visto il 21/08/2024.
[1] Dalle interviste rilasciate nel corso degli anni Tanzi si dichiara estremamente attaccato ai valori cristiani e alla DC. In Gabriele Franzini, Il crac Parmalat. Storia del crollo dell’impero del latte, Roma, Editori riuniti, 2004, pp. 21-22 e in Vittorio Malagutti, Buconero Spa. Dentro il crac Parmalat, Roma, Editori Laterza, 2004, pp. 57-68.
[2] Le specificità delle azioni bancarie tra Virgociok e Credital si trovano nel capitolo Il vaso scoperchiato, in Mirco Dondi, I soldi degli altri, Firenze, Vallecchi, 2023, pp. 32-41.
[3] V. Malagutti, Buconero Spa, cit., pp. 75 ss. Il testo ricostruisce progressivamente tutte le manovre finanziarie e le amicizie politiche che hanno coperto i buchi in bilancio della Parmalat per un quarto di secolo.
[4] Mirco Dondi, I soldi degli altri, Firenze, Vallecchi, 2023, p. 22.
[5] Beppe Grillo, Il caso Parmalat e il crepuscolo dell’Italia, in “Internazionale”, n. 524, 30/01/2004, https://www.internazionale.it/opinione/beppe-grillo/2004/01/30/il-caso-parmalat-e-il-crepuscolo-dellitalia-2, visto il 20/08/2024.
[6] Walter Galbiati, Quindici anni fa il crac Parmalat: quando l’Italia rimase senza latte, in “La Repubblica”, 4/12/2018, https://parma.repubblica.it/cronaca/2018/12/04/news/parmalat-213378886/, visto il 21/08/2024.
[7] La primissima frase che pronuncia è «I am a fat fucking bastard» «Sono un fottuto grasso bastardo», in M. Dondi, I soldi degli altri, cit., p. 9.
[8] I soldi degli altri, cit., pp. 16-19.
30 settembre 2024