Milena Bernardi
Brevi note sull’esperire La Fantastica
Le brevi riflessioni che seguono risentono di un vissuto personale che può accerchiare, a volte, il proprio percorso di studi. Mi permetto di farne cenno.
Per lungo tempo mi sono tenuta a distanza dal lavoro letterario di Gianni Rodari.
Percepivo di essere caduta in una sorta di conflittualità che, pur motivandomi a studiare Rodari e il Pioniere, Rodari e l’impegno politico, Rodari e La grammatica della fantasia, mi tratteneva dal tornare con interesse e motivazione ermeneutica sui suoi testi poetici e narrativi per l’infanzia.
Con una eccezione: il trasporto da lettrice per il romanzo C’era due volte il barone Lamberto.
Contemporaneamente, osservando gli atteggiamenti spesso ambivalenti della scuola nei confronti della letteratura per l’infanzia, riflettevo sul cambio di passo che la didattica dell’educazione alla lettura andava gradualmente adottando verso le composizioni di Rodari: dopo una prima fase di diffidenza e distanza riservate alle pagine di un autore laico, che non risparmiava di ritrarre e interpretare la società degli anni Sessanta con fare problematico, lucido, ironico, rivelatore dei “conflitti di classe” (Faeti, 2001), la scuola sembrava abbracciare “tutto Rodari”, illustrato, ripubblicato, citato e ricollocato sui libri di testo.
Si affacciava una tendenza: l’intensificarsi della diffusione di quei testi nelle aule, negli eventi editoriali, nelle librerie e nelle biblioteche, offriva un’apertura importante verso l’educazione letteraria per l’infanzia. Tuttavia, non potevo evitare di cogliere i sintomi di un processo di “addomesticamento” tendente ad attribuire al lavoro di Rodari una veste di affidabile e condivisa rassicurazione che, il più delle volte, si assegna ad un’opera quando la si consideri ammissibile rispetto a criteri di approvazione di natura ibrida: i sistemi di controllo (Bernardi, 2016) scelgono la via di mezzo. Consentono il controcanto di tracce di irriverenza, se adottate in un clima di familiarità, abitudine, ripetitività, spine smussate. Un processo che, alla fin fine, mira a rendere l’opera letteraria innocua.
La ripetizione insistita della proposta non escludeva edizioni di altissima qualità – basti ricordare i volumi illustrati da Emanuele Luzzati – ma, a maggior ragione, rischiava di contribuire allo scivolamento dell’intero corpus di quei testi nella routine delle letture che non stupiscono più.
Il che, evidentemente, molto dipende dalla modalità e qualità dell’offerta, della fruizione e della cornice di conoscenza e approfondimento che si dedica a pagine che, in questo caso, si espandono dal racconto breve alla filastrocca, ai testi teatrali e ai romanzi.
Privare il testo dell’aura dello stupore e della sorpresa equivale a spegnerne la fiammella dell’attrazione, condannandolo ad apparire, appunto, innocuo.
Apparire, non essere poiché, come scrive Giorgio Manganelli (G. Manganelli, 2014), un libro non è mai innocuo. In un modo o nell’altro, un libro suggerisce domande, stimola pensieri, risveglia la riflessione critica nell’accoglimento come nel rifiuto.
Ma situare Rodari nella categoria del consueto, finanche dell’intrattenimento inoffensivo, ha costituito e ancora rappresenta un pericolo, persino una ferita per il suo lavoro, poiché significa tollerare, e forse ordire, un certo grado di tradimento nei confronti dell’autore, della sua opera, della sua biografia intellettuale e letteraria.
Proprio questa possibile modalità di doppiezza con cui si divulgava la letteratura per l’infanzia di penna rodariana e l’ambiguità di lettura e fruizione che ne derivava erano alla base della mia ritrosia. Di contro, la risoluzione di un conflitto in un filone di ricerca può trovare conforto solo nella ricerca stessa.
A questa considerazione si accostano alcune riflessioni intorno a Rodari scrittore di libri per l’infanzia: filastrocche, poesie, romanzi, pensieri da studiarsi nell’ottica dello straniamento, dell’estraniazione, all’insegna delle suggestioni che l’autore stesso stende nella Grammatica: un testo in cui rintracciare le indicazioni di una metodologia che non scinde mai l’esperienza del fare scuola dalla ricerca teorica, anzi, nasce proprio dal connubio tra desiderio di conoscenza e prassi educativa.
Quindi, i volumi rodariani e le ambivalenze delle tendenze.
L’autore che scrive pagine in onore del pensiero divergente e problematico VS la tendenza ad inglobare l’autore e l’opera in un sistema di pensiero mediamente convergente e conforme allo status quo.
Ma rileggendo Rodari si comprende come l’intera sua produzione ragioni dei valori dell’umano, ponendo al centro il focus dell’educazione alla libertà. La complessità del tema si ramifica verso la sfera sociale, politica, pedagogica, educativa, filosofica, storica, finanche antropologica, e si affida, anche, a categorie interpretative che azzarderei a definire “sottili” perché intuibili al sentire oltre al ragionare: i toni sottesi, a volte amari e malinconici, e, per citare una categoria spesso attribuita a Collodi (Marcheschi, 2006), quella sorta di tenace pessimismo attivo e positivo che scruta lucidamente ma non si rassegna e, prima fra le altre, il rispetto per l’infanzia e le sue proprie potenzialità.
Protagonista della trama rodariana, l’educazione alla libertà e quindi all’uguaglianza, porta con sé il soggetto bambino e la società, e al primo racconta la seconda disegnando una rappresentazione del reale che richiede l’analisi dell’apparato metaforico e delle fonti letterarie cui l’autore fa ricorso.
La presenza della favola e della fiaba, della tradizione poetica classica e delle suggestioni innovative della poesia sperimentale, senza trascurare la filastrocca quale composizione radicata sia nella cultura orale dell’infanzia e da essa tramandata e ricreata, sia nella forma poetica di un genere che transita nel mistero della letteratura del giallo, della detective story, dell’incubo. Quasi a convalidare l’ombra di un sintomo ossessivo e imperscrutabile. Nulla è ovvio, nella filastrocca.
Quindi, la letteratura di Rodari e le ambivalenze delle tendenze.
All’interno di una tendenza in ambito letterario e, nello specifico, nella letteratura per l’infanzia, si annidano sempre ragioni culturali, sociali, pedagogiche, educative e certamente artistiche ed estetiche che generano un’area di complessità: le tendenze sono sistemi complessi.
Esperire la Fantastica
Un giorno, nei Frammenti di Novalis (1772-1801), trovai quello che dice: “Se avessimo anche una fantastica, come una Logica, sarebbe scoperta l’arte di inventare”. (Rodari, 1973, p. 3)
Le tendenze sono sistemi complessi. Possono esaltare bisogni costruiti, condizionamenti; come scoperchiare bisogni profondi e finalmente manifestati; possono offrire rassicuranti certezze in cui rifugiarsi ed identificarsi; oppure scoperchiare le discrasie delle più radicate credenze; le tendenze colgono, come calamite delle forme di comunicazione, i vuoti e i pieni del sentire sociale e soggettivo, ma i modi, i linguaggi in cui li traducano in prodotti culturali, costituiscono un campo di studi infinitamente vasto, cui, tuttavia, ritengo sia doveroso dedicare qualche cenno.
Queste esigue parole, soltanto per ribadire come non vi sia alcuna componente semplice o addirittura banale, nel configurarsi di una tendenza. Dal punto di vista della letteratura per l’infanzia, ne vengono coinvolte le immagini di infanzia e, di conseguenza, le produzioni letterarie e iconografiche che all’infanzia guardano. Recuperare Rodari nello scaffale dei classici ha permesso di restituire ai lettori adulti e bambini un’opera inconfondibile e donatrice di una poetica del rispetto dell’infanzia firmata in ogni pagina. Ma l’ambiguità prodotta dal principio di tollerabilità e di accettazione applicato alle produzioni artistiche, in particolare se rivolte all’infanzia, deve mettere in guardia circa l’esporsi dei testi alla minaccia di semplificazioni e asportazioni dal contesto di pensiero complesso da cui prendono vita e a cui conducono.
Ecco perché emerge, a ben vedere, la necessità critica di evidenziare quel movimento intellettuale che Rodari indica e che ho qui sintetizzato con “esperire la Fantastica”.
Assumere il punto di vista dello straniamento consente di trasferire la visione oltre l’orizzonte del “qui”, del noto, dell’ordinario che ammutolisce se non si va cercando la sua voce. Nell’oltre del rinnovato punto di vista, invece, si dispiega un nuovo paesaggio di possibilità di lettura, scoperta, decifrazione e interpretazione della realtà che può, finalmente, essere così narrata nella sua versione rivelatrice.
L’arte di inventare, ricordando Novalis, accoglie i semi che germogliano nel terreno fertile della Fantastica: una sorta di area franca ed intermedia del “come se” in cui l’esperire appartenga, però, all’esperienza dell’aver messo le mani e gli occhi nei pensieri e negli scambi di idee che diventeranno parole e testi. Rivelare, questo dovrebbe fare la letteratura. Disvelare, allora, quanto è nascosto dalla polvere del normato, dell’usuale.
Rovesciamento, ribaltamento carnevalesco, ironia, ricorso al grottesco e al caricaturale, deformazione, malinconia amara, rivisitazione, estraniazione: così Rodari, evidentemente schierato sul fronte della scuola attiva e, verrebbe da dire, pronto anche da scrittore a sperimentare il difforme, il complesso, l’alterità.
Esperire la Fantastica richiede allora l’audacia educativa e letteraria di staccarsi dal suolo sicuro per provare l’ebbrezza di una dimensione in cui la ricerca della singolarità si opponga alla generalizzazione, e la curiosità verso un altro punto di vista si sostituisca alla stereotipia di quanto si consideri acquisito. Ancora: le tendenze possono e sanno fagocitare, visto che godono del consenso e si muovono come dispositivi massificanti.
Salvare la letteratura per l’infanzia (e la letteratura tout court) da fauci tanto insaziabili è un compito culturale di fondamentale responsabilità, primariamente nei confronti delle bambine e dei bambini.
Gianni Rodari ha offerto un contributo etico, letterario, culturale che ha messo radici nell’immaginario ma è bene chiedersi da quale terreno quelle radici ricavino nutrimento e se lo trovino, laggiù, sul fondo. Perché la riflessione critica discuta, senza uniformarsi, delle pagine rodariane, perché la linfa scorra e irrori la presenza di questo autore, al pari di altri, è indispensabile salvaguardarne l’afflato rivolto all’alterità, al pensiero altro, tanto più vicino al sentire obliquo e a quel guardare di sbieco proprio dell’infanzia.
Infine l’invito a cercare la scrittura, l’espressività, la possibilità del proprio dire. E il calamaio inaugura un capitolo storico, di storia della scuola, di generazioni con penne e pennini, di avventure letterarie, messe in campo fin da quella prima edizione di Filastrocche in cielo e in terra, pubblicato dall’editore Einaudi nel 1960. Anni in cui sporcarsi con l’inchiostro era un peccato quotidiano; ma da quella sbadataggine bambina, sembra sussurrare la poesia, può nascere un nuovo seme. In onore di Novalis.
Il calamaio
Che belle parole
Se si potesse scrivere
Con un raggio di sole.
Che parole d’argento
Se si potesse scrivere
Con un filo di vento.
Ma in fondo al calamaio
C’è un tesoro nascosto
E chi lo pesca scriverà parole d’oro
col più nero inchiostro. (Rodari, 1960)
A. Ascenzi, (2002), (a cura di), La letteratura per l’infanzia oggi, Vita e Pensiero, Milano
M. Bernardi, (2016), Letteratura per l’infanzia e alterità, FrancoAngeli, Milano
L. Costa Lima, (2003), L’immaginazione e i suoi confini, in F. Moretti (a cura di) Il Romanzo, vol. IV, Einaudi, Torino
A. Faeti, (2001), Quel tenebroso affare. Scuola e romanzo in Italia, in F. Moretti (a cura di) Il romanzo, Vol. I, Einaudi
G. Manganelli, (2014), Non ci sono libri innocui, testo inedito pubblicato in L’indice dei libri del mese di settembre, Editrice nuovo Indice S.r.l.
D. Marcheschi, (2006), Collodi e la linea sterniana della nostra letteratura, introd. a Carlo Collodi. Opere, Arnoldo Mondadori, I Meridiani, Collezione
T. Todorov, (2007) La letteratura in pericolo, Garzanti, Milano,
G. Rodari, (1973), Grammatica della fantasia, Einaudi, Torino
G. Rodari, (1960-1972), Filastrocche in cielo e in terra, Einaudi, Torino
V. Sklovskij, (1984), L’energia dell’errore, Editori Riuniti, Roma-Bari
27 aprile 2021