Magda Indiveri - Delle parole non si butta niente

 

Parole in gioco

Siano sempre benedetti i manuali agili, snelli e di chiara scrittura, che ti introducono in un argomento sconosciuto: e se a pagina 11 ancora nulla sai, a pagina 91 hai già capito di cosa si tratta e a pagina 193 sei in grado non solo di seguire il procedimento, ma anche di replicarlo in prima persona.

È proprio il caso del manuale di ludodidattica per le scuole primarie Le parole in gioco che Carocci ha pubblicato a fine 2022, a cura di Margherita Ghetti. Se la definizione di ludodidattica può tenere a distanza i neofiti, il titolo scelto, del resto mutuato dall’enigmista Stefano Bartezzaghi, coglie esattamente il cuore della questione e si rivolge ai docenti della primaria, proponendo attività continuative e non rapsodiche, un vero e proprio metodo, in particolare dal terzo al quinto anno, conforme alle competenze di fine ciclo delle Indicazioni Nazionali sulla scrittura. Perché - e nessuno come Walter Benjamin  (L’alfabetario, in Infanzia berlinese, Einaudi 2001) ancora ci commuove nel ricordare lo stato di grazia in cui, bambino, la mano inseriva le lettere nel listello a formare parole - lo scrigno magico  delle parole i bambini lo percepiscono subito, lo maneggiano come set di mattoncini Lego, e questa risorsa innata va coltivata a scuola perché non si spenga («Il bambino ha cento lingue ma gliene rubano novantanove»: il monito del pedagogista Loris Malaguzzi è il grande incubo di noi insegnanti) e perché anzi si fortifichi e si  trasformi in pensiero divergente, capacità di vedere il rovescio delle cose e di trasformare la realtà in qualsiasi ambito, da adulti, si vada ad operare.

«Fai uscire il TOPO dalla TANA!» è il motto d’inizio, prima tappa del percorso, che intende applicare il cambio di lettera in parole di uguale misura per approdare a una sequenza di senso. Il gioco si chiama metagramma; dalla sostituzione si passa poi alle eliminazioni (lipogrammi), alle aggiunte, alle ripetizioni, al predominio del suono, ai neologismi, alle parole-valigia, agli haiku, fino alla riscrittura di proverbi, filastrocche e fiabe,  in un percorso ben strutturato, con materiali aggiuntivi on line,  perfetto per chi si affaccia al metodo e vuole applicarlo subito. Vengono inoltre previsti esercizi in contesti plurilingui, preziosi nell’attuale formazione delle classi, e utili per stimolare spirito di accoglienza, apertura mentale e intercomprensione. Idealmente il percorso di ludodidattica, in linea con il sempre invocato curricolo verticale, potrà proseguire nella scuola secondaria, e in tal caso lo strumento a mio parere insuperabile è Vanvere di Monica Longobardi (Carocci 2011) che sta un po’ in filigrana anche dietro a questo manuale. Non è un caso! La Longobardi è stata docente di Margherita Ghetti al liceo e poi sua guida negli studi di ludolinguistica all’università. A rovescio, l’inserimento della letteratura nella scuola primaria è di recente supportato da autori come Matteo Giancotti, e qui mi permetto di suggerire la lettura di un suo articolo interessante e ricco di spunti: https://laletteraturaenoi.it/2022/10/19/da-educare-al-testo-letterario-appunti-e-spunti-per-la-scuola-primaria/

Evidentemente chi conosce e pratica già la ludodidattica noterà in Le parole in gioco la mancanza di spessore storico, che forse si può recuperare (magari in una seconda edizione?) con una bibliografia ragionata divisa in settori, dalla teoria (Gianni Rodari, Tullio de Mauro, Gabriele Pallotti, ecc.) alla sperimentazione (Fosco Maraini, Stefano Benni, Toti Scialoja, Ersilia Zamponi, gli autori dell’Oulipo, ecc), e con qualche precisazione sullo stato dell’arte. Il GISCEL ha sempre dedicato una sua sezione alla didattica della scrittura e nel suo sito sono consultabili tutti i numeri della bella (e compianta) rivista «Italiano e oltre», diretta da Mario Ambel (https://giscel.it/italiano-e-oltre/) in cui sono riportate diverse esperienze ragionate. Per restare poi in Emilia,  dagli anni ottanta sono attivi i laboratori di scrittura tenuti presso Scienze dalla Formazione di Bologna da Emanuela Covever e  Angela Chiantera e presso Scienze della Formazione primaria di Modena e Reggio Emilia; corsi specifici sono stati condotti per Loescher da Lisa Bentini, che scrive spesso sul sito dell’editore Topipittori;  Miur e IRRSAE hanno prodotto, a seguito di corsi di aggiornamento, alcune pubblicazioni da cercare in biblioteca (una tra tutte: Prove di scrittura. Proposte per il recupero di Monica Longobardi). Altri manuali di ludolinguistica sono stati pubblicati ultimamente (Mollica 2019), segno dell’interesse costante; per questo Le parole in gioco è utilissimo e raccomandabile per la sua spendibilità immediata, tanto che accetto di giocare coniando un nuovo proverbio: “il manuale ha l’oro in bocca!”  

 

Le parole di Gadda

I “Gaddòfili” questo Natale hanno ricevuto un grande regalo dalla cerchia di studiosi legata a Paola Italia: il Gaddabolario (Carocci), ovvero un elenco in ordine alfabetico di duecentodiciannove parole ri-usate, inventate, trasformate da Carlo Emilio Gadda nelle sue opere. La curatrice ipotizza un doppio uso, uno strumento di comprensione per chi si affaccia all’opera gaddiana e un approfondimento per chi già la conosce e l’apprezza. A me che appartengo alla seconda categoria, e anzi, sto nel girone dei fanatici, è sembrata una meravigliosa scatola da gioco, piena di pedine e gettoni con cui andare su e giù tra scoperte, tranelli e “torna al via.” Uno gnommero fatto e finito, che mi ha trasmesso grande felicità. Geniale anche aver reso pubblico ogni volta l’autore della scelta verbale e della nota esplicativa; così il gioco si basedowizza, prima si cercano le parole “amate”, poi quelle meno conosciute, poi si va a vedere cosa hanno scelto le persone amiche: i professori-poeti come Bertoni o Frasca, gli autori di teatro come Bonazzi, i cari colleghi gaddòfili come Stracuzzi, gli studiosi di Umanesimo come Anselmi e Severi, gli animatori culturali come Di Paolo e Camurri, le insuperabili  Gaddiste come Italia, Bricchi, Pedriali… Senza dimenticare (perché c’è, nel Gaddabolario, pur non riportando sue scelte) l’apporto essenziale e appassionatamente studiato di Emilio Manzotti. In tutto questo ingravallesco guazzabuglio, il passaggio successivo è trovare le parole che mancano. La questione era prevista: infatti sul sito del novello “Centro Studi Gadda”  https://centrostudigadda.unipv.it/   per tutto il 2023 (cinquantenario della morte del Gaddus) sarà commentata una nuova parola alla settimana.  Mentre compulso, rileggo, sfoglio, riemergono quasi a memoria le parole di Come lavoro, che è un’invettiva gaddiana contro la monolingua «uso-Cesira» e anche un’ode all’uso “spastico” della lingua e della parola nelle sue varianti «come fusse pasticca tra i denti» (in Lingua letteraria e lingua dell’uso; entrambi i saggi sono in C.E. Gadda, I viaggi, la morte, Garzanti 2009). Penso al concetto di letteratura come ars combinatoria e confido che i bambini educati alla ludodidattica potranno rivelarsi futuri lettori appassionati della parola gaddiana.  Ah, a proposito! Io forse avrei scelto ossedenti.

 

Parole in movimento

La rivista ArgoOnLine (https://www.argonline.it/)  ha organizzato nella primavera del 2022 un laboratorio di letteratura elettronica che ha prodotto alcuni testi che potremmo definire “mutanti”, poi pubblicati in rete. Scopro questo nuovo versante letterario grazie a un collega, Angelo Rossi, che mi segnala alcuni suoi testi usciti su Argoonline. Mi spiega anche che le poesie pubblicate, la cui programmazione informatica è di Fabrizio Venerandi, uno dei massimi esponenti della letteratura elettronica italiana, si possono definire “elettroniche” in quanto la programmazione informatica entra massicciamente nella redazione e nelle modalità di lettura dell’opera:  essa può diventare “impossibile" da leggere in un testo stabile, perché nasce sullo schermo cambiandolo mentre lo si legge, può ricombinare all’infinito parole e versi pur mantenendo un senso o necessita dell’intervento del lettore per permetterne la lettura.

Cerco maggiori informazioni e trovo un articolo illuminante di Valerio Cuccaroni  (https://www.argonline.it/canzonieri-elettronici-forme-poesia-tecnologica/), dal quale imparo che la poesia elettronica, di cui oramai esiste un circuito internazionale (https://eliterature.org/), ha come padri nobili il Raymond Queneau dei Cent mille milliard de poèmes e il Nanni Balestrini del Tape Mark 1, considerato il primo testo generato dal computer. I pilastri di questa nuova letteratura sono l’ipertestualità e l’interattività e se ne discute pure la vicinanza con i videogiochi. Ancora di nicchia, è in espansione e oggetto di analisi critica: è del 2021, per Mimesis, il saggio di Roberta Iadevaia Per una storia della letteratura elettronica italiana.

Leggendo i tre testi di Angelo Rossi (https://www.argonline.it/tag/letteratronica/) Instabil3, Testo Sesto Resistente, Pizzutiana - il verso che muta mentre gli occhi leggono quello successivo, la ricombinazione di una sestina all’infinito, e poi un testo tratto da Pizzuto le cui parole danzano come appese ad elastici in attesa che il mio colpo di mouse le palesi e le mescoli e mi inquieti “Chi sono io?” -  mi pare di capire che il meccanismo che comanda è quello della variante, dello spostamento. Ripenso allora al “topo che esce dalla tana”, nelle classi dei bambini di primaria, o alle varianti che Gadda trasceglie e accoglie tutte, e vedo ricomporsi, dall’infanzia all’età adulta, quello scrigno di parole che è una delle nostre più preziose ricchezze. In tempi di sostenibilità, impariamo a non buttarle.

 

27 gennaio 2023