Sceneggiatura di una novella (Fondo Gianni Celati, Busta 3/39 b)
1. Autunno
Su uno stradone che attraversa le campagne, costeggiato su entrambi i lati da villette geometrili particolarmente bizzarre per l’ovvietà del disegno, in un bel mattino d’autunno passano e ripassano due giovani motociclisti. I due motociclisti, con occhiali scuri e borchie ai polsi, si fermano davanti ad una palazzina ovvia e bizzarra come le altre. Uno dei due dice: “E’ entrata lì”. Restano a sorvegliare una finestra con tapparelle semiabbassate, sperando di poter rivedere almeno per un attimo la bellissima ragazza appena giunta in paese. La bellissima ragazza è Armanda, venuta a trovare la sua zia Aldina dopo una lunga assenza dall’Italia.
Nel salotto della signora Aldina c’è un lungo tavolo ovale, ninnoli dovunque, e cartoline infilate nella specchiera d’una credenza. Attorno al tavolo sono sedute tre cugine di Armanda, con due loro bambine. La signora Aldina serve il caffè per tutti, e scosta la tenda per guardare fuori dalla finestra, dove i motociclisti stanno sempre occhieggiando. Armanda è seduta a capotavola, e racconta la sua storia alle cugine.
Sei anni prima s’era innamorata di un tale di Milano, e l’aveva seguito in un viaggio d’affari in Medio Oriente. Arrivati a Istanbul, dopo una settimana quel tale era scomparso. Armanda s’è ritrovata in un lussuoso albergo senza un soldo in tasca, con un grosso conto da pagare. Le è stato offerto un lavoro come entreneuse in un locale notturno, e il padrone di quel locale ha preso il suo passaporto, promettendo di riconsegnarglielo non appena il conto dell’albergo fosse stato saldato. Però dopo due mesi Armanda era ancora là a fare l’entreneuse. Una sera un inglese s’è offerto di saldare il suo debito, se lei fosse andata a lavorare nel suo locale a Londra. Armanda ha firmato un contratto ed è partita per Londra, dove s’è ritrovata a fare la spogliarellista in un locale di Soho.
La signora Aldina spalanca gli occhi a questa notizia: “Oh Dio Santo, Madonna prega per noi!” Le due bambine chiedono: “Ma ti spogliavi proprio nuda?” Armanda dice che è un mestiere come un altro, e continua la sua storia. Un giorno aveva preso un aereo per New York, dove conosceva l’arredatore di un grande negozio di moda italiana. Quando lo stesso tipo di negozio era stato aperto a Los Angeles, l’avevano assunta come modella per la sfilata inaugurale. Da allora ha sempre fatto la modella. Dopo quattro anni di lavoro a Los Angeles è tornata a Milano. Adesso ha un buon lavoro, fa la fotomodella per riviste di moda e si trova bene. Negli ultimi tempi le è venuta voglia di riprendere gli studi, perché si sente molto ignorante. Così s’è iscritta all’università, e vorrebbe laurearsi in filosofia. Però i libri che deve studiare sono così difficili, lei non sa come fare. La signora Aldina dice: “Sai chi ti potrebbe aiutare? Enrico, quello della villa Broni, dove c’è la signora Gliceria. Lui dicono che è un appassionato della filosofia. E poi è un ragazzo così educato!” Qualcuno fa osservare che i due motociclisti sono sempre là fuori, che passano e ripassano. Armanda spiega che l’hanno seguita quando è scesa dalla corriera. Dietro la villetta c’è un sentiero che porta ad un vasto terreno devastato, pieno d’erbe spontanee. Di lì si arriva ad un prato recintato dove c’è una capra. Là in fondo c’è la villa Broni. La signora Aldina, le sue figlie, le due bambine e Armanda vanno in processione verso la villa, e sono accolte festosamente dalla vecchia Gliceria. Viene chiamato Enrico, che si affaccia sulla porta ed è presentato ad Armanda.
Enrico è un ragazzo dall’aria riflessiva e un po’ incantata. Vive in quella vecchia villa signorile, di proprietà della sua famiglia, accudito dalla sua nutrice, la vecchia Gliceria. È venuto ad abitare lì da quando studia all’università, per concentrarsi meglio. Non ama le grandi città. È orfano di madre, e suo padre vive nelle parti di Gallarate. Tutto questo Enrico lo racconterà ad Armanda per presentarsi, mentre i due vanno a fare quattro passi sul prato dove c’è la capra. Si danno appuntamento per l’indomani, Enrico spiegherà ad Armanda la filosofia di Kant.
Il mattino dopo Armanda accompagna a scuola le due bambine, figlie di sue cugine. La scuola con i bambini al mattino, che arrivano da tutte le parti sullo stradone, sembra affascinarla. Uno dei due motociclisti passa e ripassa come se volesse farsi notare, occhieggiando Armanda. In realtà tutti guardano Armanda, perché è proprio bella. Poi nella villa Broni, Armanda e Enrico si mettono a studiare. Enrico fa del suo meglio per spiegare di cosa parla un libro che ha davanti. Ma subito, la prima espressione, rende Armanda perplessa. Cosa vuole dire “Logica trascendentale”? Enrico cerca di spiegarle che è la logica che trascende le apparenze, che porta a capire quali “A priori” ci permettano di capire le apparenze. Cosa vuol dire esattamente “A priori”? Enrico spiega: è qualcosa che fa parte del nostro modo di vedere il mondo, ma che non possiamo spiegare. Per esempio, il tempo, noi non possiamo spiegare cos’è il tempo, ma abbiamo la nozione del tempo.
Armanda resta a pensarci su, poi confessa che tutte quelle parole le fanno venire vergogna. Perché vergogna? Perché lei si sente intimidita, si sente ignorante.
Enrico per calmarla propone di fare un giro sul Po. Passeggiando lungo le rive del Po Enrico parla di sé. Dice che gli piace molto ascoltare gli altri. Quando gli altri parlano c’è sempre qualcosa di straordinario, e spesso di commovente, negli atteggiamenti che assumono. Armanda dice che a volte anche lei ha la stessa impressione. Enrico dice che forse per questo, perché gli piace ascoltare gli altri, che s’è comperato un apparecchio radiotrasmittente ed è diventato radioamatore. Parla con gente lontanissima, di quasi tutti i paesi del mondo.
Tornati alla villa Broni, Enrico fa visitare ad Armanda l’altana dov’è installato il suo apparecchio radiotrasmittente. Dice che di solito, quando si contatta un altro radioamatore, non si sa cosa dirsi, e ci si scambia informazioni tecniche e stupide battute. Per questo lui è sempre un po’ deluso di quei contatti radio. Però negli ultimi tempi gli è capitato di mettersi in contatto con qualcuno che abita in mezzo all’Atlantico, e che è molto diverso dagli altri radioamatori.
Quel tale non fa che parlargli dell’isola su cui vive. Di lui Enrico sa soltanto che si chiama Archie, che vive su quell’isola con la moglie, e che va sempre a fare lunghe passeggiate. Adesso è l’ora del contatto serale, ed Enrico raccoglie il segnale di Archie. Archie si mette a parlare di quello che ha fatto durante la giornata, si direbbe un uomo di mezz’età con una voce molto grave.
Armanda ed Enrico stanno bevendo il caffè servito dalla vecchia Gliceria, è mattino e sono nel salotto di villa Broni. Enrico confessa di non capire quasi niente di quello che Archie gli dice. Più che altro lui fa finta di capire, dicendo sempre: “Yes, yes”, perché sente che Archie ha molta voglia di parlare. Ma il suo inglese è molto scadente, e fa fatica anche a formulare una domanda. Armanda a questo punto dice: “Potrei aiutarti io, lo capisco abbastanza bene l’inglese”. Enrico però chiede: “Come?” Lei sta per andarsene, e questo gli dispiace molto.
Davanti alla villetta della signora Aldina s’è fermato un macchinone americano. Al volante c’è Moreno, il fratello giovane e spavaldo di Armanda. Sullo stradone passano i due motociclisti. Armanda ed Enrico si scambiano gli ultimi saluti. Armanda dice che forse è meglio per lei rinunciare a studiare, perché sente di non potercela fare. Enrico risponde: “Potresti cominciare con i libri più semplici, per capire i concetti generali”. Promette che gliene spedirà uno. Allora lei dice che, se lui la aiuterà nei suoi studi, lei lo aiuterà a capire cosa dice Archie. Si danno la mano. Armanda e Moreno partono con il macchinone americano, salutati dalla signora Aldina e dalle cugine e cuginette.
Armanda e Moreno sono in una zona collinare dalle parti di Tortona. È un vecchio borgo. Sulla porta d’una vecchia casa c’è un vecchio seduto che guarda nel vuoto. Armanda chiede a Moreno: “Ma il papà fa sempre così?” Moreno spiega che da quando una ruspa ha distrutto il suo pozzo, lui è rimasto come scioccato e non parla più. Ci teneva tanto a quel pozzo, che aveva costruito con le sue mani! In macchina Moreno parla ad Armanda del suo lavoro. È un rappresentante di maglieria e lavora soprattutto in Olanda e Germania. Adesso s’è messo in società con un tale di nome Busotti, che secondo lui è un tipo molto in gamba. Con aria spavalda racconta dei traffici che hanno assieme. Si tratta di questo. Moreno è in contatto con alcune grandi ditte d’importazione di maglie in Olanda e Germania, a cui finora ha venduto le maglie di quattro ditte molto quotate di Reggio Emilia. Ora Busotti farà confezionare ventimila capi di maglieria in tutto identici a quelli prodotti dalle ditte per cui Moreno lavora, che però costano molto meno perché più scadenti. Moreno ha già trovato il modo di piazzarli presso le ditte d’importazione in Germania e Olanda, e verranno venduti come se fossero prodotti delle ditte che lui rappresenta. C’è un piccolo trucco da fare, ma la cosa è semplice, basta ungere delle ruote. Lui e Busotti faranno un sacco di soldi, e c’è il caso anche che diventino i boss del mercato di maglieria da quelle parti.
Stanno viaggiando su un’autostrada, in una zona di piatte campagne. Armanda fa notare al fratello che il loro affare è disonesto. Moreno risponde che tutto è previsto, non c’è modo di incastrarli legalmente. Busotti è uno che prevede tutto! A proposito, Busotti abita da quelle parti. Lui ci terrebbe molto a presentarlo ad Armanda, così lei si rende conto di che tipo è.
La villa di Busotti è una villa geometrile per ricchi, con un parco e una sala di bigliardi e altri confort per ricchi. Busotti è un tipo di mezz’età, franco, rude, e un po’ sbracato. Sta raccontando ad Armanda la sua carriera, parla del primo trucco con cui s’è messo a vendere tessuti. Poi dice che l’industria qui è una cosa nuova e con molte risorse. Una commissione americana è venuta per studiare le piccole industrie familiari nelle loro zone, per vedere qual è il loro metodo aziendale. Ma non ci hanno capito niente, non hanno capito che si tratta di inventare qualcosa di nuovo ogni giorno. Lui personalmente possedeva un’industria di vernici, con trentacinque persone che lavoravano per lui, ma l’ha venduta perché si diverte di più a fare affari come battitore libero. Armanda chiede se tutti i suoi affari sono disonesti come quello delle maglie. Busotti ride, risponde che lei ha delle idee un po’ all’antica.
Ma gli piacerebbe molto poter parlare con lei per sentire il suo parere. Ad esempio, secondo lei fare quattrini è una cosa volgare? Armanda risponde: “Si, se uno li fa in modo disonesto”. Moreno dà delle pacche sulle spalle a Busotti, dicendo di non badare a quello che dice Armanda. Lei è una stramba che s’è messa in mente di studiare libri difficili. Busotti solennemente sentenzia che per una ragazza bellissima come lei studiare non fa bene. Quello che dovrebbe fare è sposarsi. Armanda gli fa sapere che lei di sposarsi non ne ha nessuna voglia. Degli uomini lei ne ha già avuto abbastanza.
Veduta dell’isola in mezzo all’Atlantico, con le sue coste battute dalle onde, il suo cielo sereno anche se piove, le pecore che vagano per prati e si accucciano sulla strada. Tutto ciò si vede col sottofondo della voce grave di Archie. Enrico nella sua altana sta registrando le parole di Archie, poi toglie la cassetta dal registratore. Si mette a scrivere una lettera che comincia così: “Cara Armanda, sono tanto contento di aver fatto la tua conoscenza. Ti ho spedito un libro che forse ti aiuterà nei tuoi studi. Ho registrato i discorsi di Archie e ti mando la cassetta, così puoi ascoltarli anche tu e puoi spiegarmi cosa dice. Io devo far sempre finta di capire quello che dice, e mi sembra di imbrogliarlo”.
Armanda a Milano. In uno stanzino è in attesa di posare per delle foto di moda, cerca di leggere un libro. Comincia la seduta fotografica in uno studio pieno di luci. Poi Armanda esce per Milano e torna a casa. Vive in un appartamento quasi senza mobili, con muri spogli. Squilla il telefono ed è lo sbracato Busotti che vorrebbe invitarla ad una festa nella sua villa. Armanda declina l’invito, apre il pacchetto di Enrico e comincia a leggere la lettera. Poi si spoglia nuda, si siede al tavolo e comincia ad ascoltare la cassetta con la voce di Archie, trascrivendola su grandi fogli.
Nel salotto di villa Broni, Enrico legge una lettera di Armanda, che dice: “Caro Enrico, anch’io sono molto contenta di averti conosciuto. Ti ringrazio del libro che mi hai spedito, mi sembra di capirlo. Ti ho trascritto il nastro che mi hai mandato, così forse ti sentirai meno in colpa con Archie”. Enrico è salito nella sua altana a stabilire il contatto radio serale. Nel salotto la vecchia Gliceria riceve la sua amica signora Aldina. Le due vogliono ascoltare i dischi dell’opera col nuovo stereo che c’è nel salotto. Non amano molto la televisione, perché dicono che trasmettono troppe stupidate. Mettono su il disco e si siedono ad ascoltare. Ma ecco, c’è un contatto, e sentono attraverso il giradischi la voce inglese che parla dall’isola lontana. Le due fanno dei commenti su quel radioamatore con cui Enrico s’è messo in contatto. Enrico ha registrato i discorsi di Archie, toglie la cassetta e comincia a scrivere una lettera.
Armanda sta rientrando nel suo appartamento, e c’è la solita telefonata del Busotti che la invita ad una festa. Le parla d’una grandissima villa tutta di cristallo, con piscina interna dove lei potrebbe fare il bagno. Mentre lui parla, Armanda legge la lettera di Enrico. Poi si spoglia nuda e si siede per trascrivere un nastro. Busotti è sulla porta della sua villa, guarda il cielo e dice a se stesso: “Porca miseria, mi rifiuta. Che tipo, quella là”.
Siamo su uno stradone dove tutte le costruzioni che si vedono sono piccole industri familiari. Si vedono villette sormontate dall’insegna di una ditta. Una di queste è un maglificio, e qui troviamo Busotti e Moreno intenti a controllare delle maglie. Le confrontano con altre. Busotti dice: “Vedi che non c’è differenza? Per vedere la differenza bisognerebbe far l’analisi delle fibre”. In questo posto devono far confezionare i ventimila capi di maglieria da smerciare in Olanda e Germania. Uscendo per strada, Busotti sollecita Moreno a portargli Armanda nella sua villa. Dice che da quando l’ha vista pensa solo a lei.
Enrico nella sua altana sta scrivendo una lettera ad Armanda: “Cara Armanda, questa notte ti ho sognato. Poi è successo qualcosa di strano, leggendo le tue trascrizioni dei discorsi di Archie. A proposito, com’è bella la tua calligrafia! È successo che da ieri ho cominciato a immaginare l’isola di Archie. Non faccio che vederla tutti i momenti. Vedo il promontorio coperto d’erica, le fattorie sparse, l’orizzonte sul mare, e lontanissimo la forma indistinta di un faro. Quello dovrebbe essere il punto più lontano del continente, in mezzo all’Atlantico. Cara Armanda, la cosa strana è questa: che mi sembra di poter vedere tutto, come se fosse fuori dalla mia finestra”. Durante la lettura della lettera vediamo l’isola e i vari aspetti descritti. Poi troviamo Enrico in piedi che guarda dalla finestra.
2. Inverno
Enrico è venuto a Milano per sostenere un esame all’università. Lo vediamo brevemente in sede d’esame, mentre lui parla di Platone e il suo esaminatore si annoia e si fruga in un orecchio con la matita. Enrico va a dormire a casa di due amici, Paolo e Paola. Si mette a parlare dell’isola e di Archie, dice che adesso riesce a immaginarla. Però lui non sa dove sia quell’isola, perché sembra che Archie voglia mantenere l’incognito. Paolo e Paola hanno un dubbio: è sicuro che quell’isola esista? Potrebbe essere uno scherzo.
Enrico è offeso all’idea che Archie possa ingannarlo. Paolo e Paola avanzano un’altra ipotesi. Archie potrebbe essere uno che sta tentando un esperimento. Quale esperimento? Forse sta tentando di capire se un altro uomo della sua epoca riesce ancora a immaginare qualcosa. Enrico chiede: ma perché dovrebbe fare così? E poi, tutti riusciamo a immaginare qualcosa. Secondo Paolo e Paola, nella nostra epoca, noi siamo disposti ad accettare solo informazioni, spiegazioni, cultura, dati precisi e fatti verificabili. Ma cosa succederebbe se uno dovesse vivere con una grande scarsità d’informazioni? Si dovrebbe immaginare le cose, così come lui immagina l’isola. In altri termini, spiegano i due, non potrebbe più difendersi con la cultura e il sapere, come facciamo sempre tutti. Enrico trova i loro discorsi cervellotici. Lui è sicuro che Archie sia una persona più semplice, forse è uno che assomiglia un po’ ad Amanda.
Enrico va a trovare suo padre, che vive in una villa nei boschi, tra Milano e Gallarate. Suo padre è un ex avvocato che adesso si dedica esclusivamente alle speculazioni in borsa. Nella villa tiene sempre otto televisori accesi su canali diversi, per essere informato ora per ora su ciò che avviene nel mondo. Lui sa che tutto quanto avviene nel mondo, fatti politici o eventi naturali, in qualche misura incide sul mercato azionario. Tiene una contabilità di fatti e informazioni su un grande registro con rilegatura rossa, dove scrive anche gli acquisti di azioni e l’andamento del mercato, giorno per giorno. Come spiega, il mondo è diventato un sistema a circuito chiuso, e per controllare ciò che avviene bisogna tenersi sempre informati. Enrico comincia a pensare che forse i suoi amici hanno ragione, e riflette ad alta voce: “Può darsi che quell’isola non esista davvero”. Il padre ignaro chiede: “Che isola?”
Suo padre soffre di cuore, ma non vuole vedere i dottori perché è troppo preso dall’andamento del mercato azionario. A Enrico dispiace che viva da solo, è preoccupato. Gli viene l’idea di trasferirsi lì, ma poi dice che deve tornare a villa Broni per parlare con Archie. Il padre ignaro chiede: “Chi è Archie?”
Quando Enrico sbarca alla stazione di Porta Garibaldi, c’è Armanda ad aspettarlo in macchina. Dice che vuole passare il weekend in campagna, e vuole chiedergli delle cose che non ha capito nel libro che ha letto. I due partono dunque per la campagna, e la vecchia Gliceria li accoglie contenta. Cenano parlando di Archie e dei nastri registrati. Enrico ha l’idea di porre delle domande ad Archie, ma Armanda dovrebbe scrivergliele in inglese. Nella notte Enrico accompagna Armanda verso la casa della signora Aldina, attraverso il prato dove c’è la capra. I due si stringono per il freddo, ed Enrico cerca di baciare Armanda. Lei lo respinge dicendogli severamente: “Questo non devi farlo più, eh?” Enrico si scusa umilmente per il raptus che gli è venuto. Si ferma a guardare le stelle e dice tra sé: “Io capisco che non sono niente. Sono uno qui come tanti. Ma a momenti me lo dimentico. Mi viene come una voglia di impormi e di essere riconosciuto. Forse sarò sempre un uomo senza carattere”. Armanda lo prende per un braccio e i due proseguono nel buio.
È giorno, i due stanno studiando un libro di filosofia nel salotto di villa Broni. Enrico spiega: “Capisci? Lo spazio e il tempo noi non sappiamo cosa siano. Sono il modo che abbiamo per pensare ai fenomeni e organizzarli nella nostra mente”. Armanda: “Ma allora, lo spazio là fuori, per la strada, lo spazio fino alle stelle, noi non sappiamo cos’è?” Enrico: “Noi lo sappiamo per come siamo fatti. Se fossimo fatti in un altro modo, sarebbero per noi cose diverse”. Armanda con un certo stupore: “Però, siamo ben strani, eh?” Salgono nell’altana e Armanda richiama l’attenzione di Enrico su una frase pronunciata da Archie. È una frase appena percepibile, come se Archie l’avesse pronunciata per sé.
Ascoltandola si capisce che, dopo un discorso sull’isola, Archie sta dicendo: “Tutto questo non lo vedrò più”.
Nel cortile della villa s’è fermato il macchinone americano di Moreno. A bordo ci sono Moreno e Busotti. Enrico e Armanda vanno a ricevere i visitatori. Busotti li invita a cena in un ristorante. Per strada Enrico parla di quella strana frase di Archie. Busotti è molto interessato alla storia. Secondo lui vuol dire che Archie sta per diventare cieco. Enrico pensa: per quello allora ci tiene tanto a parlarmi di quello che vede sull’isola. Mentre sono al ristorante Enrico continua a parlare di Archie, ma Moreno si mostra seccato di questi discorsi, non capisce che bisogno c’è di farla tanto lunga. Enrico spiega che dopo quasi due mesi di contatti con Archie, non è ancora riuscito a sapere dove sia la sua isola. Busotti gli risponde che basta procurarsi uno di quegli aggeggi per localizzare i contatti radio. Lui può dirgli a chi deve rivolgersi. Anzi, glielo scrive su un pezzo di carta, e gli dice di andarci a suo nome.
I quattro sono in una discoteca. Busotti balla con Armanda. Enrico è seduto in un angolo e beve da solo, tranquillo. Moreno sta ballando con una donna prosperosa, e la tocca. Poi lo vediamo che esce con lei dalla discoteca, e vanno contro un muro a baciarsi appassionatamente. È molto tardi. Busotti, Armanda ed Enrico sono tornati a villa Broni con un taxi. Armanda dice che deve andare a letto, perché l’indomani prenderà un aereo per Los Angeles, deve partecipare ad una sfilata. Enrico esce ad accompagnare Armanda, mentre Busotti resta solo con la vecchia Gliceria. Comincia a sfogarsi, a cuore aperto con la vecchia signora. Dice che s’è preso una sbandata per Armanda, ma teme che lei lo disprezzi. Armanda gli ha detto chiaramente che pensare ai quattrini è una cosa volgare. Busotti chiede a Gliceria: “Secondo lei, fare quattrini è una cosa volgare?” Gliceria commenta: “Ci vogliono anche quelli nella vita. Ma non sono tutto”. Busotti è rassegnato: dice che è deciso a cambiar vita, pur di fare piacere ad Armanda. Quasi quasi vuol diventare povero.
Armanda in aereo tenta di leggere un libro, non ci riesce. Guarda le nuvole e comincia a piangere. Un passeggero accanto a lei chiede se può aiutarla. Con aria serena lei risponde: “Non è niente. Per un momento mi sono sentita molto sola”.
Nella sera Gliceria e la signora Aldina tentano di ascoltare il disco dell’opera, ma sentono la voce di Archie attraverso la puntina dei giradischi. Stanno ad ascoltarlo tranquille come se capissero qualcosa. Enrico nella sua altana ascolta Archie. Vorrebbe chiedergli spiegazioni su quella strana frase che s’è scritto su un pezzo di carta, ma non osa. Mentre Archie parla si vede l’isola, e si vede una casa di pietra grigia a cui ci avviciniamo. Sulla porta si affaccia un uomo che resta a guardare il cielo. Quello è Archie.
La signora Aldina nel suo salotto parla con le cugine di Armanda, dice: “Armanda mi ha telefonato da quel posto là in America, Los Angeles, dico bene? Il viaggio è andato bene e lei sta bene. Mamma mia, ha fatto quattordici ore di volo!” Le bambine che stanno guardando la televisione cominciano a gridare: “Venite venite, che fanno vedere Los Angeles, il posto dov’è andata Armanda”. La signora Aldina e le cugine di Armanda accorrono e restano a guardare delle immagini di Los Angeles. La signora Aldina dice: “Ah, io in quei posti lì non ci andrei neanche se mi danno un milione. Io sto bene qua”.
Un vecchietto magro e misterioso, con aria stramba, dice che sì, lui conosce benissimo Busotti. Sì, lui può procurarsi uno di quegli aggeggi per localizzare i contatti radio. Nel suo laboratorio, dove ci sono dovunque vecchie radio e televisori e lo schermo d’un radar, Enrico lo sta ad ascoltare. Il vecchietto parla sempre per allusioni, si direbbe che alluda a traffici poco puliti.
Enrico esce per Parma. È in una strada deserta e sente una bellissima voce di donna che canta. Qualcosa come un canto liturgico, ma molto dolce. Non capisce da dove venga. Corre ad un angolo, e non lo sente più. Torna indietro e lo sente più forte. Si guarda attorno perplesso. Poco dopo sulla piazza del battistero incontra una ragazza seduta sotto il battistero, che sta lì a leggere nel freddo un pacco di giornali e riviste. Questa ragazza si chiama Isabella. Enrico le parla di quella voce che ha sentito, che non capiva da dove venisse. È come se il vento la portasse da una grande distanza. Isabella sfogliando i suoi giornali dice che anche ad altri è successo di sentire quella voce, e c’è anche chi ci ha fatto una fissazione.
A Milano Armanda esce dallo studio fotografico e trova Busotti ad attenderla. Parlano del viaggio a Los Angeles. In macchina c’è un lungo silenzio imbarazzato. Poi Busotti sbotta a dice che si sente tanto solo, così solo come non s’è mai sentito in vita sua. E questo da quando ha conosciuto Armanda. Dice: “Guardi un po’: io che non ho mai pregato neanche la Madonna, che non ho mai scritto una lettera neanche a mia mamma, bè, ieri ho avuto l’impulso di scriverle una lettera. Perché? Glielo dico subito. Per chiederle di alleviare un po’ la mia solitudine, per gentilezza, se non è un disturbo”. Dopo una pausa Busotti chiede: “Ho parlato bene?” Armanda sorride e gli dà un bacio su una guancia. Esce di corsa dalla macchina e sale in casa. In casa si spoglia nuda e comincia a trascrivere i nastri di Enrico.
Enrico sta scrivendo una lettera: “Cara Armanda, so che sei tornata da Los Angeles e mi piacerebbe rivederti. Quassù fa un gran freddo e mi vengono i brividi. Ho anche dei brutti presentimenti. Perché oggi compio ventuno anni e non ho ancora un carattere”. Enrico sta tornando a villa Broni. Qui trova i suoi amici Paolo e Paola che sono venuti con bottiglie a festeggiare il suo compleanno. La vecchia Gliceria ha preparato un gran pranzo, e ha invitato la signora Aldina e le due bambine. Tutti si mettono a tavola. Enrico vuole riprendere quella conversazione iniziata a Milano, e chiede: che cos’è l’immaginazione? Cosa vuol dire immaginare qualcosa? Lui immagina l’isola di Archie, ma cos’è che vede? La signora Gliceria ha la sua idea: l’immaginazione è qualcosa che si vede dentro ma è come se fosse fuori.
Le due bambine chiedono: ma è dentro o fuori quello che s’immagina? Ad esempio, una di loro ha immaginato una montagna e ha fatto un disegno. Enrico chiede: “Se non facevi il disegno, la montagna riuscivi a immaginarla lo stesso?” La bambina risponde: “Meno, perché non c’erano i colori che ho messo nel disegno”. Paolo fa notare che nessuno sa spiegare cosa sia l’immaginazione. Gli esperti parlano e parlano per far finta di poter spiegare tutto! In realtà parlano solo per intimidire la gente. Enrico è salito nella sua altana per stabilire il contatto radio con Archie, accende il registratore e lo lascia parlare da solo, scende. Da basso continua la discussione sull’immaginazione. Paola sostiene che, se non ci fosse il linguaggio, non ci sarebbe immaginazione. Una bambina chiede: “Allora il mio cane non immagina niente?” Paola risponde: “Quando ascoltiamo le parole è come se qualcuno ci chiamasse a rispondere su ciò che dicono. E ognuno di noi cerca di avere una visione di ciò che le parole dicono, e di ciò verso cui ci chiamano”. La bambina: “Non ho capito niente”. La vecchia Gliceria: “Io non sono d’accordo, perché io riesco a immaginarmi il mio povero marito anche senza parole. Per esempio me lo immagino di notte, quando sono a letto da sola senza un uomo col manico”. Risate. In un tardo pomeriggio invernale, arriva alla villa un furgoncino. A bordo c’è quel vecchietto misterioso, con un ragazzotto che trasporta fuori una cassa. Nell’altana il vecchietto si mette a lavorare, collega fili, monta uno schermo luminoso. Fa sempre misteriose allusioni. A tratti sembra che parli d’un film di fantascienza. Altre volte sembra che tratti roba rubata all’esercito. Quando Enrico stabilisce il contatto serale con Archie, c’è molta attesa. Da basso la vecchia Gliceria ascolta Archie parlare attraverso il giradischi. Nell’altana Enrico fa un salto di gioia: ha localizzato l’isola! Guarda sulla carta geografica, si tratta d’una piccola isola al largo delle coste scozzesi.
A Milano vediamo Armanda che va a cena con Busotti, e ride molto alle sue battute. Busotti dice che, se lei vuole, può comprare una barca a vela per portarla a spasso nel mediterraneo. Però, se lei vuole, può anche rinunciare a far quattrini e diventare povero. È anche disposto a diventare onesto. Armanda chiede: “Davvero farebbe questo per me?”
Enrico in treno. Suo padre è stato ricoverato all’ospedale, lui accorre. Un dottore gli spiega che non si tratta d’un fatto cardiaco, ma d’una metastasi al polmone, il cosiddetto cancro del fumatore. Enrico in un bar parla con i suoi amici Paolo e Paola, spiega loro che suo padre è in stato di incoscienza, e viene tenuto in vita “a termini di legge”. Adesso lo vediamo di notte e di giorno al capezzale di suo padre, in una stanzetta tutta bianca.
Armanda e lo sbracato Busotti sono in una gioielleria di Milano, da fuori vediamo che lui offre dei gioielli e lei rifiuta ridendo. La signora Gliceria e la signora Aldina possono finalmente ascoltare in pace l’opera lirica. Enrico è nella villa vuota di suo padre, accende tutti i televisori. Prende il registro rosso dove suo padre annotava gli appunti per giocare in borsa, e lo studia con aria perplessa. Poi, come per riflettere meglio, esce dalla villa nei boschi. È su un sentiero che porta al canale Vigorelli e poi al Ticino. Per terra nella neve sono fiorite le pratoline, che Enrico si china a guardare.
Nel suo appartamento a Milano Armanda si spoglia nuda, e si mette a trascrivere i nastri di Enrico. Sente dei rumori nell’altra stanza, si alza e va a vedere.
Nel soggiorno trova Moreno che si stava facendo ruotare delle chiavi attorno al dito, e la accoglie dicendo: “Cretina che non sei altro!” Dice che lei non deve interferire nei suoi traffici con Busotti. Se lo vuole sposare che lo sposi, ma non venga a tirar fuori le sue scemenze sull’onestà. Lei non capisce un accidente di economia, e vuole ficcare il naso in un affare di centinaia di milioni. Se l’affare va in porto, nel giro di qualche anno in Olanda non si venderà più una maglia italiana senza che lui e Busotti lo vogliano. E sarà come avere un impero. Riesce a capirlo questo? Per tutta risposta la nuda Armanda, dopo averlo ascoltato in silenzio, prende un vaso e glielo tira in testa.
La vecchia Gliceria ascolta la voce di Archie attraverso il grammofono, con il fazzoletto sul naso a tratti singhiozzando. Enrico sta uscendo e vede Gliceria piangere, si ferma. Gliceria singhiozza: “Mi dispiace tanto di non essere venuta al funerale di tuo padre”. Poi, accennando alla voce di Archie: “Ma lo lasci parlare da solo, quello lì?” Enrico risponde: “Parla nel registratore”. Gliceria tra sé: “Poverino anche lui, parlare con un registratore”.
Mentre si sente più chiara la voce di Archie, sorge davanti a noi l’isola, e poi la casa di pietra grigia. Archie sulla porta depone davanti a sé due valigia, e resta lì immobile.
Nella stanzetta d’ospedale dove Enrico sta vegliando suo padre. In stato d’incoscienza il padre muove le labbra e comincia a delirare: “Ma ci avevano detto che si poteva fare il muro divisorio, con i sassi. Ma i sassi sono venuti dentro al muratore, e s’è scucito. Giovanna! Senti qua come pesa!” Poi sobbalza con improvviso rantolo, e crolla morto. Enrico corre per il corridoio dell’ospedale gridando: “E’ morto, è morto!” Si ferma a bussare al vetro di una guardiola e singhiozza. Di nuovo l’isola, Archie e sua moglie stanno caricando le valigie su una macchina, e partono dopo un ultimo sguardo alla casa di pietra.
Siamo nella villa del padre di Enrico, con i televisori accesi. Enrico sta studiando quel registro rosso e dice tra sé: “Ma è un disastro”. Esce nel bosco sul sentiero verso il canale di Vigorelli, fermandosi un attimo a guardare le pratoline spuntate nella neve. Giunto sul canale una guardia campestre lo ferma per fargli le sue condoglianze, poi gli attacca un lungo bottone. Dice che lì vengono molti a suicidarsi gettandosi nel canale, e dopo vanno a stritolarsi negli ingranaggi della centrale elettrica, da cui lui deve tirarli fuori tutti maciullati. Lui considera quei suicidi dei maleducati, per il lavoro che lo costringono a fare. Dice che ci vogliono le buone maniere anche per morire, altrimenti è uno schifo. Anche i cani, i gatti, i fiori e le piante hanno le loro buone maniere. Perché gli uomini no? L’unico suicidio educato è stato quello d’un artigiano che, prima di buttarsi in acqua, s’è legato una gamba ad uno di quegli anelli in riva al canale, e così non è andato a maciullarsi negli ingranaggi laggiù.
Dopo averlo ascoltato, Enrico prosegue. In fondo al canale, verso la chiusa, si vede una figura indistinta. È Armanda che raggiunge Enrico e gli dice di aver saputo solo adesso della morte di suo padre. I due si abbracciano fraternamente. Poi Armanda dice che ha deciso di sposare Busotti. Enrico è sorpreso, chiede: “Ma perché?”
3. Primavera
Archie e sua moglie su un battello, arrivano al piccolo porto di Oban e sbarcano con le loro valigie, come due profughi.
Ora vediamo Enrico che cerca il contatto radio con Archie, senza più trovarlo. È lì con una pila di cassette registrate davanti, non sa cosa fare. Si mette a scrivere una lettera: “Cara Armanda, Archie non risponde più”.
Nel laboratorio del maglificio già visto, Busotti sta dicendo che l’ordine di ventimila maglia è annullato, lui è disposto a pagare la penale. Moreno alle sue spalle vorrebbe intervenire, ma Busotti gli dà delle spinte per farlo star buono. Per strada Moreno sembra disperato, chiede: ma perché? Perché? Busotti risponde: “Così vuole Armanda. E io dico che ha ragione lei”. Moreno brontolando dice che combinerà quell’affare per conto suo. Busotti gli risponde che lui può rovinarlo, se vuole. Moreno deve sottomettersi, se non vuole diventare un T.F. “Cosa sarebbe un T.F.”, chiede Moreno. Busotti risponde: “Un tagliato fuori”.
Armanda è a casa di sua zia Aldina, con cugine e nipoti. La signora Aldina accenna imbarazzata al suo matrimonio con Busotti. Le due bambine chiedono: “Lo ami?” Armanda esce dal retro, e passando per il prato dove c’è la capra arriva a villa Broni. Gliceria le dice che Enrico s’è chiuso nell’altana e non si muove più. Lei è preoccupata per lui. Armanda sale nell’altana e trova Enrico davanti alla finestra. Enrico le spiega che ad un certo punto aveva smesso di ascoltare Archie, perché non capiva niente e non sapeva cosa dirgli. Lo registrava soltanto, lasciandolo parlare da solo. Poi aveva anche smesso di stabilire il contatto serale, perché aveva altro per la testa. E quando ha ricominciato a chiamarlo, s’è accorto che Archie non rispondeva più. Adesso gli dispiace molto di non potergli più parlare.
Armanda si mette ad ascoltare l’ultimo nastro registrato, dove Archie dice solo poche parole. Dice che domani partirà dall’isola, e che ringrazia Enrico per averlo ascoltato.
Più tardi Enrico e Armanda stanno a parlar in salotto del congedo di Archie, assieme a Gliceria. Ecco perché Archie diceva che non avrebbe più visto l’isola. Ma dov’è andato? Cos’è successo? È molto tardi e Armanda deve tornare da sua zia Aldina. Enrico la accompagna fin davanti alla porta della villa. È molto triste perché non potrà più parlare con Archie, e anche perché lei si sposa. Lei gli mette una mano intorno alle spalle, e lui le ruba un bacio. Lei dice: “Mi avevi promesso di non farlo più”. Enrico si scusa umilmente. Dice: “Non ho carattere. Sono in balia di tutte le eccitazioni perché non ho carattere. Sarò sempre uno zero”. Armanda dice: “Io voglio averti come fratello, voglio che noi due siamo fratelli”. In quel momento arriva sul cortile il macchinone di Moreno. Nel buio Armanda scappa per un sentiero laterale, dicendo ad Enrico: “Trattienilo tu, io non voglio parlargli”.
Moreno entra nella villa gridando: “Dov’è Armanda? So che è qui”. Enrico cerca di trattenerlo, ma Moreno gli dà delle spinte e vuole salire al piano di sopra in cerca di Armanda. Arriva la vecchia Gliceria in camicia da notte con un forcone in mano, e costringe Moreno ad arretrare e sedersi su una poltrona. Dalla porta aperta è entrata la capra, che sta lì a guardare Moreno seduto. Enrico si mette a fare a Moreno una predica sulle buone maniere. Dice che anche i cani, i gatti, i fiori e gli alberi hanno le loro buone maniere. Perché gli uomini no? Dice che le buone maniere non sono ipocrisia. Sono il modo che abbiamo di mostrare che siamo qui come tutti gli altri, né più né meno. Perché, tanto, siamo tutti qua per morire. Moreno comicamente si prende la testa tra le mani e dice: “Ahi, questi discorsi mi fanno venire mal di testa! Sono troppo pesanti, non ci resisto!” Gliceria lo tiene seduto col forcone. Enrico dice: “Tu devi promettere che lascerai in pace Armanda, altrimenti ricomincio a parlare”. Moreno disperato alza le braccia: “No! Tutto quello che vuoi! Ma sentire quei discorsi, no!” Enrico e Gliceria lo lasciano andare, e Moreno fugge col suo macchinone sgommando nella notte.
Enrico è nella villa di suo padre, le televisioni sono spente. Sta studiando il gran registro rosso e fa dei conti. Conclude: “Ma qua è un disastro spaventoso!” Armanda intanto sta uscendo da un portone assieme ad una sua amica, e le due vanno verso il parco pieno di gente che passeggia. L’amica sta dicendo che c’è un regista che vorrebbe conoscere Armanda, per proporle di recitare in un film. Armanda risponde: “Ma io non so recitare”. L’amica la prega di venire al suo ricevimento di giovedì sera, dove si sarà quel regista. Armanda risponde: “Non credo che potrò venire, giovedì devo vedere Busotti”.
Da una banca escono Enrico ed un impiegato, il quale sta spiegando ad Enrico che ormai da anni suo padre giocava in borsa in modo dissennato, e che ha fatto grossi acquisti di azioni proprio quando c’è stato il crollo in borsa. Enrico chiede quale sarà l’ammontare del debito. L’altro risponde: “Solo con la nostra banca sono circa quattrocento milioni. Ma poi comprava azioni anche attraverso altre banche, questo è il fatto”.
Armanda e Busotti in macchina verso la villa di quest’ultimo. Busotti allegro si vanta di aver sistemato Moreno, il quale brontolava perché lui vuole diventare onesto. Questa era la condizione posta da Armanda per sposarlo, e lui l’ha rispettata. Adesso Moreno è in Germania, dove lui l’ha spedito a lavorare per un suo amico. Armanda ascolta guardando dal finestrino.
Quando entrano nella villa trovano una sala piena di regali di nozze. Chi li ha mandati? Busotti spiega che sono regali dei suoi amici, tutta gente che lui ha invitato al pranzo di nozze. Aggiunge: “Sai, ci sono tanti industriali con cui faccio affari, e bisogna prendere tutte le precauzioni perché nessuno si offenda. Eh, cara mia, sapessi, c’è tanta rivalità, e le precauzioni non sono mai troppe”. Armanda resta lì a guardare tutta quella roba, servizi di posateria e di piatti, vasi, tappeti, lampade, un vogatore, due biciclette, e ad un tratto comincia come a parlare tra sé: “In fondo anche il matrimonio è una precauzione. Ci si mette insieme per poter stare in piedi. Ma sì, tutto è una precauzione. I soldi, le macchine, le case, le mogli, i figli, i vestiti. Tutte precauzioni per poter stare in piedi. Certe volte a Milano mi sembra che il cielo sia così buio perché in giro c’è solo gente che pensa alle precauzioni da prendere. E tutti quei pensieri di precauzioni mi sembra che vadano in aria, e formano una cappa di fumo sopra la città. Ma perché bisogna prendere tante precauzioni per poter stare al mondo? Ci si sposa, si compra la casa, la macchina, tanti vestiti. E dopo, cosa resta?” Durante questo discorso Busotti passeggia inquieto a capo chino. Alla fine si lascia cadere su una poltrona come vinto, e dice tra sé: “Porca miseria, ho capito. Ho capito tutto. Non vuole più sposarmi”.
Su una strada un automobilista si ferma con una gran frenata. Armanda è sul ciglio della strada che fa l’autostop. L’automobilista incredulo che una così bella ragazza voglia salire, apre lo sportello: “Venga, venga, bellezza”. In una casa a Milano c’è un ricevimento, la padrona di casa è l’amica di Armanda. Sta parlando con un regista e dice: “Non credo che Armanda verrà”. Il regista sospira: “Ah, io darei non so cosa per metterla nel mio film”. L’amica accenna ad un uomo grasso appena arrivato, dice che è un sociologo molto importante, e va a riceverlo. Dalla porta aperta intanto sta entrando Armanda, e molti si voltano a guardarla. Armanda si ritrova davanti all’amica e al sociologo, l’amica li presenta. Il sociologo la squadra, e dice ad Armanda: “Ah, lei sarebbe quella modella che s’è messa a studiare filosofia”. Aggiunge con ironia: “Guadagna molti soldi e vuole permettersi anche questo lusso, vero?” Armanda resta congelata a quelle parole, il sociologo si allontana. L’amica la riscuote. Armanda precipitosamente dice che non può trattenersi, deve tornare a casa a fare le valigie.
Un aereo sale in volo. Enrico è sulla porta della villa di suo padre assieme a un uomo. Mentre l’uomo parla, lui alza la testa a guardare l’aereo che passa. L’uomo dice che ci vorrà un po’ di tempo per vendere quella villa, anche perché è molto mal ridotta. L’uomo chiede anche cosa deve fare di tutti quei televisori. Enrico soprappensiero risponde: “Glieli regalo”, mentre continua a guardare l’aereo che passa. A bordo dell’aereo vediamo Armanda, che guarda il paesaggio sotto di sé come se cercasse qualcosa.
In un bar Enrico sta telefonando a casa. La vecchia Gliceria stravolta gli dice: “Ha telefonato Armanda, dice che non si sposa più. È partita per Londra. Qua è tutto uno scombussolo. C’è il signor Busotti che è disperato, è qui e vuole parlare con te”. Nel salotto di villa Broni troviamo Busotti spettinato, afflitto, più sbracato del solito, che si lamenta con Gliceria. Sta spiegando il suo grande amore per Armanda. Dice che è diventato onesto per lei, ha rinunciato ad un affare di ventimila maglie, tutto perché lei fosse contenta. E invece all’ultimo momento, paf! Insomma, è diventato onesto per niente.
Spunta l’alba. Busotti nel salotto s’è addormentato con le braccia sul tavolo. Enrico entra, e Busotti alza la testa mezzo addormentato e comincia a lamentarsi. Con la testa che gli crolla dal sonno, parla della vita, dell’amore, dei soldi, e dice che è tutta un’illusione. Poi ricade di nuovo addormentato. Enrico gli parla egualmente. Dice che suo padre credeva di controllare il mercato delle azioni, forse credeva di controllare la sorte, e così è andata a finire che adesso lui è diventato povero. Tra poco anche quella villa dovrà essere venduta. Allora lui e Gliceria saranno in mezzo a una strada. Ma in fondo, che succeda quello che deve succedere. Parlando Enrico ha cominciato a sbadigliare, e adesso si assopisce su una poltrona. Al mattino Gliceria arriva col caffè e chiama i due dormienti, che però non si svegliano. Gliceria si mette a bere il caffè guardandoli. Ad un tratto Busotti si sveglia stralunato e chiede: “In che anno siamo?” Gliceria risponde: “Nel 1984. Ma perché?” Busotti afflitto risponde: “Eh, vuol dire che ho cinquant’anni e sono rovinato”. Gliceria serenamente commenta: “Ma non li dimostra mica, sa? È ancora un bell’uomo”.
Enrico vaga per Parma, è in quella strada dove un’altra volta ha sentito la voce di donna che cantava. Si aggira cercando di sentirla, niente. Tende l’orecchio, ed ecco, la sente. È una bellissima voce di donna. Enrico rimane col naso in aria, incantato. Adesso sta sbucando sulla piazza del battistero, dove trova quella ragazza Isabella seduta a leggere un pacco di giornali. Si avvicina e le chiede se avrebbe voglia di venire a vivere con lui. Lei gli risponde che di morosi ne ha già due, e che viene lì proprio per essere lasciata in pace. Enrico le parla della voce che ha sentito. Isabella risponde: “Basta che non diventi una fissazione. Ad ascoltarla troppo si va in manicomio, stai attento”. Ma chi è la donna che canta? Isabella non lo sa. Enrico è triste e dice che ha bisogno di compagnia. Vorrebbe amici e amiche da poter abbracciare. Cosa dovrebbe fare? Chiede a Isabella. Isabella risponde: “Che ne so? Fai un viaggio, vai all’estero, sganciati. Non star sempre lì a immaginare le cose, prigioniero delle parole”.
4. Estate
Siamo in un parco a nord di Londra. Armanda dall’alto guarda la città lontana. Ha con sé un libro e si siede su una panchina a leggerlo. Ad un tratto alza la testa. Enrico sta risalendo un prato con uno zaino in spalla. Armanda riprende a leggere, ed Enrico va a sedersi sulla panchina. Guardando davanti a sé, le chiede perché è scappata dall’Italia. Armanda risponde: “Perché in Italia mi sembra che gli uomini siano tutti dei bambini che non cresceranno mai”. Enrico le chiede se si trova bene a Londra, lei risponde di sì. Dopo una lunga pausa, Enrico dice: “Io sto andando a nord. Dicono che a nord adesso le giornate siano lunghissime”.
Una visione di Glasgow, periferia nord, quartieri di palazzoni popolari, zone squallide. È notte e due poliziotti girano per quei quartieri guardandosi attorno. Nella notte un pullman corre per autostrade del nord tra distese d’alberi. Nel pullman troviamo Enrico e Armanda che dormicchiano negli stretti sedili, con le teste appoggiate l’una all’altra. Nell’alba arrivano a Glasgow. Davanti alla stazione centrale, gli altoparlanti, il viavai, i taxi, e scopriamo Enrico incantato che si guarda attorno. Arriva Armanda dicendo che ha comprato i biglietti.
Un trenino si arrampica su per una montagna tra distese d’alberi. Enrico e Armanda sorridenti guardano fuori dal finestrino. Nella cittadina di Oban aspettano il battello sul porto, guardando i gabbiani. Quando sbarcano dal battello Enrico dice: “Di qua”. I due camminano con gli zaini su una strada dove ci sono pecore accucciate sull’asfalto, attraverso la brughiera. Enrico dice: “La casa di Archie deve essere da quella parte. Là c’è il promontorio. È tutto come me l’ero immaginato”.
Arrivano davanti alla casa di pietra grigia che conosciamo già. Enrico dice che deve essere la casa di Archie. Vanno a bussare e viene ad aprire un uomo di mezz’età. Vedendoli esitanti l’uomo sorride e si presenta: “My name is McConnoll”.
Armanda gli chiede se sa dove si può trovare un alloggio. McConnoll risponde che ha un cottage da affittare lì accanto. Esce dalla casa la moglie di McConnoll e saluta i due arrivati. Quando Enrico e Armanda sono nel cottage, Enrico chiede: “Chi sono quelli? Dove sarà Archie?”
L’indomani cominciano a girare l’isola. Enrico riconosce tutto, e anche Armanda gli indica delle cose. Alla sera nel cottage Enrico sta scrivendo una lettera, e mentre viene data lettura della lettera vediamo Enrico e Armanda in giro per l’isola. La lettera dice: “Cara Gliceria, siamo arrivati sull’isola di Archie, e a me sembra di riconoscere tutto quello che vedo. Abbiamo trovato la spiaggia sopraelevata tutta coperta di licheni, e la città dei conigli selvatici, e il passaggio a un’altra isola che al pomeriggio è sommerso dall’alta marea. Ma soprattutto quello che c’è di bello qui è il cielo. C’è tanto cielo. Vediamo sempre nuvole che vanno da est a ovest, e poi molti uccelli, corvi, sparvieri, gabbiani e altri che non conosco. Di gabbiani ce ne sono molte specie. Intorno dappertutto pecore e vacche che vanno dove vogliono loro”.
Armanda entra nel cottage dicendo che i McConnoll li hanno invitati a guardare la televisione. Enrico propone di preparare gli spaghetti che ha portato con sé. Poi lo vediamo nella cucina dei McConnoll che prepara gli spaghetti. A tavola non capisce niente della conversazione, e Armanda deve spiegargli tutto. I quattro decidono di chiamarsi col nome di battesimo, e qui si scopre che la signora McConnoll si chiama Susan e suo marito si chiama Archie. Enrico stupefatto chiede: “Your name is Archie?” Nel loro cottage Enrico e Armanda dormono su due lettini affiancati. Di notte Enrico ascolta il vento, e Armanda gli chiede: “Non dormi?” Allunga una mano e i due si tengono per mano tra i lettini. Enrico sta pensando all’uomo che si chiama Archie, e vive nella casa di Archie. Dice di non riconoscere la sua voce, dunque è un falso Archie. Che fine ha fatto il vero Archie?
Altri giri sull’isola, commentati dalla lettera che al mattino Enrico sta scrivendo: “Cara Gliceria, devi sapere che qui il terreno è molle di licheni che formano strati di torba. Crescono così in fretta, i licheni. E, sai, le loro spore vanno dovunque, anche attraverso gli spazi fino ad altri pianeti. Ma rifiutano le città. In giro non ci sono alberi, tranne in luoghi particolarmente riparati. Perché c’è sempre molto vento e la terra non è terra ma torba. Poi ci sono tanti massi erratici che fanno impressione. È come se si vedesse il punto in cui si sono spaccati, lasciando dietro di sé molte briciole. Dappertutto pietre, erica, rocce ignee. Ah, poi devo dirti della pioggia, che c’è quasi sempre ma non te ne accorgi. E il vento che ti spinge o blocca, quando cammini. Ci hanno detto che c’è un’altra parte dell’isola tutta diversa, ma ancora non ci siamo andati. Armanda dice di salutare sua zia Aldina”.
Enrico e Armanda sono seduti su uno scoglio e stanno parlando del loro padrone di casa, che Enrico chiama il “falso Archie”. Si chiede se sa qualcosa del vero Archie. Certo che deve saperlo, dato che abita nella sua casa. Armanda chiede: “Ma è proprio la sua casa?” Enrico giura di sì, è proprio come lui l’ha immaginata. Adesso Amanda propone un gioco: mette le mani sugli occhi di Enrico, e lui deve descrivere tutto quello che c’è intorno.
Enrico comincia a descrivere quello che ha visto. Enrico scrive una lettera a Gliceria: “Cara Gliceria, devi sapere che su quest’isola hanno uno strano modo di salutare. Storcono il mento come se dicessero ‘Ma guarda un po’’, e invece vogliono dire ‘Salve, come va?’ è tutta gente che non ti guarda molto, ma secondo me sorride più del normale. Anche i nostri padroni di casa, i signori McConnoll, secondo me sorridono più del normale. Sono simpatici, ma io mi chiedo sempre cosa è successo ad Archie. Ho spesso nostalgia di villa Broni, e mi piacerebbe che tu fossi qua con noi”.
Mentre ascoltiamo la lettera, vediamo Enrico e Armanda che escono dal loro cottage per andare a guardare la televisione dai McConnoll. Il signor McConnoll fa commenti sui programmi televisivi, Armanda e Susan ridono, ed Enrico li guarda ridere senza capire. Poi Enrico si alza, fa qualche passo nella stanza, e va davanti ad Archie per chiedergli: “You know the man with a radio who trasmitted from this island?” McConnoll non capisce, Armanda deve spiegare tutta la storia. Il signor McConnoll è sorpreso. Guarda Enrico sorridendo e dice: “Ah, era lei quello del contatto radio con Archie? Anche Susan è contenta di questa notizia, e si mette a parlare con Armanda. Enrico è di nuovo isolato, non capisce niente. Allora dice tra sé: “Ma chi è Archie?” Poi formula solennemente la domanda ad alta voce: “Who is Archie?”
Visione notturna lungo una strada, si separano ad un bivio. Uno dei due poliziotti vede in distanza dei ragazzi che stanno cercando di aprire una macchina e fuggono. Accorre e trova un altro ragazzo addormentato sul marciapiede. Lo sveglia. Il ragazzo salta in piedi con un coltello in mano e cerca di tenere a distanza il poliziotto. Il poliziotto si fruga nella tasca posteriore dei calzoni e tira fuori una pistola. Il ragazzo sembra che faccia il gesto di tirare il coltello e il poliziotto gli spara. Il ragazzo cade e il poliziotto resta lì paralizzato. Si china in ginocchio sul ragazzo come se pregasse. Arriva di corsa l’altro poliziotto a vedere cos’è successo. Il poliziotto inginocchiato gli porge la sua pistola.
Nella notte l’isola è battuta dal vento. Si sentono le pecore che belano. La porta del cottage sbatte. Enrico si alza in punta di piedi e va in un’altra stanza, dove resta a pensare. Sul vano della porta appare Armanda nuda e assonnata, che dice: “Enrico, cosa c’è?” Al mattino i due stanno camminando lungo una strada che costeggia il mare, mentre ascoltiamo le parole di un’altra lettera: “Cara Gliceria, ieri sera il nostro padrone di casa ci ha finalmente raccontato la storia di Archie. Archie è un poliziotto di Glasgow. Una sera mentre stava tornando a casa c’è stato un incidente, e lui ha ucciso un ragazzo. Subito dopo ha sentito un gran senso di colpa, perché aveva agito in modo impulsivo. Si è sentito colpevole di sciatteria nei propri gesti e pensieri, di poca attenzione al mondo esterno che lo circondava. Sai, andava in giro con una pistola in tasca, e per quello è successo l’incidente. Un altro poliziotto l’ha trovato col ragazzo morto steso per terra, e questo poliziotto devi sapere che era un suo amico. Archie gli ha detto di sentirsi molto colpevole, ma di non essere pronto ad andare in prigione. Gli ha chiesto di lasciarlo andare a vivere per cinque anni da qualche parte, e dopo sarebbe tornato per farsi arrestare e sostenere il processo per l’omicidio. L’altro poliziotto aveva accettato. Così Archie è venuto ad abitare su quest’isola con la moglie, e poi alla sera parlava con me via radio per dirmi quello che aveva visto attorno a sé nel mondo esterno, ogni giorno”.
Enrico e Armanda sono giunti in alto su un promontorio, e laggiù guardano il mare con altre isole davanti. Adesso scendono verso il mare, e la lettera prosegue: “Insomma, Archie ha passato cinque anni su quest’isola, ed ha dedicato quei cinque anni ad imparare a osservare quello che gli stava attorno, per rendere più attenti i propri gesti e pensieri. Dopo cinque anni, poi, come aveva promesso all’amico, è tornato a Glasgow a farsi arrestare”.
Enrico e Armanda sono nell’unico pub dell’isola, ed Enrico beve giganteschi bicchieri di birra. Quando tornano indietro è tutto buio, senza stelle. Nelle tenebre fitte devono camminare senza sapere dove mettono i piedi. E per giunta Enrico dà le onde, Armanda deve sostenerlo. Di loro si vedono due sagome nere, che spiccano su un fondo violaceo. Ad un tratto cadono in un fosso. Nel fosso a Enrico viene in mente questo: ma insomma, chi è il loro padrone di casa, che conosce così bene la storia di Archie, e si chiama anche lui Archie?
Quando arrivano al cottage Enrico è sempre vacillante per la sbornia. Si butta su Armanda a corpo morto per abbracciarla, lei lo scansa e lui cade sul letto. Lì disteso dice che qua tutto lo eccita, il vento, la pioggia, il buio, i sassi, la storia di Archie. Vorrebbe abbracciare e baciare Armanda, perché ogni tanto gli vengono le voglie. Ma è solo perché lui è uno senza carattere, in balia di tutte le eccitazioni, e così non può essere davvero casto. Si addormenta dicendo: “Ad ogni modo, ci proverò”.
Un giorno andando a spasso per una strada dell’isola, Enrico e Armanda incontrano McConnoll che sta scaricando della terra dal camion. McConnoll dice che stanno costruendo una strada, e qui tutti aiutano a fare le strade. Poi li invita a salire sul camion. Li porterà a vedere una bellissima vacca che lui chiama Catriona, e di cui è innamorato. Intanto si vede la signora McConnoll davanti alla casa che saluta alcuni bambini che stanno andando a scuola, e resta a guardarli mentre quelli scendono verso una vecchia scuola in pietra grigia, cinta da un muretto in pietra grigia, sulla riva del mare.
Enrico e Armanda con zaini sulle spalle stanno attraversando una vallata piena d’erica e di bogs, cioè quei terreni molli di torba che quando piove divengono quasi come sabbie mobili. Enrico è sprofondato fino alla cintura in un punto molle, e Armanda lo tira fuori tutto infangato. Enrico deve levarsi i calzoni. Mentre aspettano che i calzoni si asciughino su un muretto di pietre, guardano oltre il muretto. Là c’è una vecchia casa di pietra abbandonata, che Armanda ed Enrico in mutande si avvicinano ad osservare. Armanda dice che è difficile immaginare come poteva essere la vita in quella casa, dove la gente dormiva assieme alle bestie, completamente isolata da tutto. Enrico dice che noi tendiamo ad immaginare la vita degli altri sempre come sorprendente, ma quando si è in una situazione, semplicemente, capita che le cose stiano così. Poi parlano della scacciata degli scozzesi dalle loro terre, nel secolo scorso. Sono stati scacciati con le armi per poter introdurre l’allevamento delle pecore, al posto dell’agricoltura, che era poco redditizia per i lord locali.
Enrico e Armanda stanno scendendo dal camion di McConnoll, e quest’ultimo li porta a vedere la vacca Catriona che pascola in un prato. Di lontano vediamo la signora McConnoll che li guarda, e intanto i bambini hanno raggiunto la loro scuola di pietra in riva al mare. Enrico in mutande vicino la casa diroccata, sta scrivendo una lettera: “Cara Gliceria, devi sapere che le giornate si fanno sempre più lunghe e adesso fino alle undici di sera ci si vede bene. Ti devo dire gli ultimi sviluppi della storia di Archie. L’altro giorno il signor McConnoll ci ha portati a vedere una vacca di cui si è innamorato. È proprio una bella vacca. Io ho colto l’occasione per chiedergli chi era lui, e perché sapeva così bene la storia di Archie. Siccome anche lui si chiama Archie, ma non può essere il mio Archie perché ha una voce diversa”.
Durante la lettura della lettera vediamo Enrico e Armanda ricevuti nella casa dei McConnoll. Si siedono davanti al camino e cominciano a bere birra, ridendo molto. Il signor McConnoll si dispone a raccontare. Ora vediamo che Armanda traduce per Enrico ciò che dice. Intanto la lettera prosegue: “Così il signor McConnoll ci ha raccontato la sua storia. In breve, lui è l’altro poliziotto, l’amico di Archie, quello che gli ha permesso di andarsene dopo averlo sorpreso sul fatto, come ricorderai. Dopo quell’episodio e dopo l’arresto di Archie, lui non ha più voluto fare il poliziotto e s’è messo in pensione. È venuto quattro mesi fa ad abitare su quest’isola, nella casa di Archie. Per una coincidenza si chiama anche lui Archie”.
Enrico e Armanda con i loro zaini in spalla stanno ora salendo un sentiero pietroso, piove e li vediamo arrancare controvento. Qui intorno è tutto un deserto di pietra. Mentre camminano, riprende la lettura della lettera: “Cara Gliceria, ti scrivo questa lettera mentre siamo in viaggio. È un viaggio che durerà molti giorni, perché siamo passati ad un’altra isola attraverso un piccolo istmo quasi sempre sommerso dall’alta marea. Mentre ci arrampicavamo su una costa abbiamo visto le capre selvatiche, alte un metro e mezzo e con il vello che arriva fino a terra. Sono come dei predoni che amano andare a infastidire le pecore. Poi abbiamo trovato una pecora che era stata appena attaccata da uno sparviero, e altre cose del genere che non ti dico per non impressionarti. Io sono sprofondato in un pantano di fango, e ho dovuto aspettare che il fango si seccasse sui calzoni, altrimenti non riuscivo più a muovermi. Le giornate sono ora così lunghe. Pensa che ti sto scrivendo alle dieci di sera e ci vedo ancora bene”.
Durante la lettura della lettera Enrico e Armanda sono sbucati in un valloncello pieno di salici. Davanti c’è l’orizzonte ancora chiaro, con strisce rosse di nubi. Si stanno disponendo a passare la notte lì, e Armanda distende i sacchi a pelo mentre Enrico scrive la sua lettera. La lettera prosegue: “Vogliamo arrivare su una cima di cui mi ha parlato Archie, e poi scenderemo da un’altra parte e da lì prenderemo il battello per tornare sulla terraferma. Ma questo viaggio è così lungo, a pensarci bene, che mi chiedo se finirà mai. Anche tutta la storia di Archie mi sembra strana. Adesso che è finita e il povero Archie è in prigione, mi sembra come una vicenda sognata nel dormiveglia.
Imbucherò questa lettera quando scenderemo dall’altra parte di questo monte, che non è un monte ma un cono vulcanico spento. Dicono che laggiù ci sia un negozio di alimentari che fa anche da ufficio postale. Spero che ti arrivi un giorno o l’altro. Sia io che Armanda ti pensiamo, tuo Enrico”.
Dopo una lunga arrampicata Enrico e Armanda sono sorpresi dal crepuscolo. Enrico dice: “Ma che ora è? Non ci capisco più niente”. Armanda dice: “Vieni, lassù c’è ancora luce”. Adesso sono sulla cima, e crollano a terra stanchissimi. Poi Enrico si alza, punta il dito verso qualcosa. Intorno si vedono distese di isole sul mare a perdita d’occhio. Enrico dice: “Laggiù c’è il faro, quello di cui mi parlava Archie”. Armanda non riesce a vederlo, e alla fine cogliamo una lucina lontanissima e quasi impercettibile. Armanda dice: “è ben difficile trovarlo, come hai fatto a vederlo subito?” Enrico risponde: “Se non l’avessi tanto immaginato, non sarei riuscito a vederlo”.
I due stanno dormendo nei sacchi a pelo, mentre la luce opaca dell’alba alle nostre spalle comincia a illuminare le isole lontane.
5. Epilogo
Archie sul battello con sua moglie, stanno tornando all’isola. L’isola spunta là in fondo nella luce dell’alba. I due sbarcano e si avviano con le valigie in mano lungo la strada tra le brughiere, quella percorsa da Armanda ed Enrico al loro arrivo.
Enrico e Armanda stanno scaricando le valigie da un taxi davanti alla villa Broni. Si avviano con valigie e zaini verso la villa. Enrico si ferma a guardarla incantato e dice: “Questo posto mi piace. Ma tra due settimane dovrò lasciarlo, perché la villa è stata venduta. Gliceria andrà a stare in città, e io non so dove andrò. Andrò avanti come uno zero, uno dei tanti che servono solo per fare le statistiche. E ogni giorno mi sveglierò dicendomi che non c’è avvenire, perché tutto è perduto”. Armanda lo prende per un braccio e dice: “Io non lo permetterò. Vieni”.
Riprende la visione di Archie e di sua moglie, mentre questi arrivano alla casa di pietra grigia. Bussano. Escono McConnoll e sua moglie a salutarli. Tutti e quattro entrano in casa, la porta si chiude.
È mattino. Enrico sta leggendo un libro su una sedia a sdraio nel cortile della villa. Gliceria arriva a portargli il caffè e si siede a guardarlo in silenzio. Arriva anche Armanda a bere il caffè, e Gliceria le chiede: “Tu Armanda non studi più?” Lei risponde che ci ha rinunciato, tornerà a fare il suo mestiere di modella, che non è un brutto mestiere. Dal sentiero dietro la villa arrivano le cugine di Armanda, con le due bambine. Armanda e Gliceria vanno loro incontro. Le vediamo ridere, poi Armanda dice ad Enrico: “Enrico, noi andiamo in barca sul Po, tu vieni?” Enrico risponde: “No, preferisco restare qui”. E mentre le donne e le bambine se ne vanno verso la macchina con l’aria molto allegra, cominciamo a sentire una voce fuori campo. Subito dopo le ultime parole di Enrico, la voce dice: “Ad Enrico restava ormai poco tempo, per guardarsi attorno in quel posto dove era nato. La sua villa era stata acquistata da un industriale di Modena, che l’avrebbe rimodernata e trasformata in un emporio di lampadari. Quel mattino era arrivata una lettera dall’isola in mezzo all’Atlantico, scritta da Susan McConnoll. La lettera diceva che Archie aveva sostenuto il suo processo, a Glasgow, ed era stato assolto. I suoi superiori gli avevano impedito di dichiararsi colpevole, considerando quell’omicidio un semplice incidente di lavoro. Se lui si rimproverava qualcosa, era una faccenda personale che non riguardava la legge. Così Archie e sua moglie erano tornati sull’isola, dove volevano restare per sempre. Da quelle parti tutto andava bene, la costruzione della nuova strada era terminata, e la vacca Catriona aveva fatto un vitellino. Adesso i due amici, Archie e Archie, si sarebbero dedicati all’allevamento delle pecore. Se un giorno Enrico e Armanda fossero tornati sull’isola, sarebbero sempre stati i benvenuti”.
Mentre la voce fuori campo racconta, si vede Enrico che tira fuori la lettera e si mette a leggerla. Da un’inquadratura della lettera si passerà in dissolvenza ad immagini dell’isola, dove i due Archie stanno andando a vedere il vitellino della vacca Catriona. Poi si vedranno le villette geometrili nei dintorni di villa Broni, e le zone del Po, e Armanda con cugine e cuginette che vanno in barca sul Po. Ora la lettera è terminata, e seguiamo le donne in barca molto allegre, finché non si torna sull’isola dove i due Archie si stanno allontanando dalla vacca Catriona. Ora vediamo la vacca frontalmente, che ci guarda a lungo, con il grande sguardo interrogativo delle bestie.
Pubblicato il 18 aprile 2019
Sceneggiatura di una novella (Fondo Gianni Celati, Busta 3/39 b)