Silvia Tatti - Insegnare didattica della letteratura

Una riflessione operativa per la formazione insegnanti

Il quadro istituzionale

 

Il decreto relativo ai 24 cfu necessari per l'accesso al percorso Fit, pubblicato dal Miur il 10 agosto [1], è stato preceduto da un intenso dibattito che ha prodotto diversi interventi [2] e prese di posizione anche istituzionali da parte del Cun, della Crui, del CSNU [3]. Il decreto n. 59 uscito il 13 aprile 2017 ha definito gli ambiti dei 24 cfu divisi in discipline psico-antropo-pedagogiche e metodologie e tecniche didattiche; la natura del dibattito che è seguito ha evidenziato la presenza di una contrapposizione tra coloro che auspicavano che ci fosse spazio per inserire tra i requisiti di accesso al percorso Fit anche le didattiche disciplinari e quelli che invece sostenevano la necessità di un rafforzamento pedagogico-didattico anche nell'ambito delle metodologie e tecniche didattiche, escludendo una connessione specifica con le discipline. L'obiettivo dei 24 cfu, nelle intenzioni del legislatore, è quello di selezionare i futuri docenti non solo sulla base delle conoscenze specifiche delle materie che andranno ad insegnare, ma di verificare non tanto la loro predisposizione all'insegnamento (che emerge ben difficilmente attraverso prove di ingresso seppure inerenti materie pedagogiche), quanto un’ulteriore acquisizione di conoscenze di natura diversa da quelle specifiche della classe di concorso. Insomma un piccolo saggio della complessità del bagaglio di conoscenze che permettono di affrontare le sfide di una professione che richiede competenze sempre più diversificate e raffinate, quali sono quelle che nelle intenzioni del legislatore l'insegnante deve acquisire al termine del percorso Fit. Proprio per questo avere già un'idea di come insegnare le discipline dovrebbe essere una prerogativa dei contenuti dei requisiti di accesso, seppure introdotta in modo solo parziale e per ora affidata a soluzioni provvisorie in attesa di un'ampia ridefinizione dei percorsi che permetta di legare tutte le fasi della formazione in ingresso degli insegnanti. C'è il rischio infatti che senza una programmazione organica dei contenuti dei 24 cfu, gestita dalle istituzioni universitarie in modo coordinato, questi finiscano per innestare dei frammenti, divisi in spezzoni di 6 cfu, di saperi diversi e complessi sul percorso disciplinare degli aspiranti docenti senza che ci sia un momento di raccordo con il percorso formativo quinquennale disciplinare pre-laurea. Un rischio accentuato dalla fase di transizione che necessariamente sarà incompleta, visto che i 24 cfu saranno introdotti in modo per lo più aggiuntivo e non programmati con contenuti mirati fin dall'inizio del percorso formativo del futuro docente.
La prima difficoltà da affrontare sarà dunque quella di organizzare pacchetti organici, con contenuti in grado di fornire un sapere minimo che dia un'idea di cosa sia la professione insegnante e della declinazione didattica delle discipline e che su quello poi si basi la selezione.
Il tirocinio e le didattiche disciplinari che saranno al centro soprattutto del primo anno del percorso Fit avranno poi il compito di saldare le due componenti della formazione insegnanti, disciplinare e pedagogica; il primo anno del percorso Fit infatti prevede "corsi di lezioni, seminari e laboratori" destinati a completare la "preparazione degli iscritti nel campo della didattica di tutte le discipline afferenti alle classi di concorso".
Nel quarto ambito (DM 10-8-2017, art. 3, comma 3 d [4]) relativo alle metodologie e tecniche didattiche sono state inserite le discipline caratterizzanti dei percorsi formativi; sono previsti i settori disciplinari che costituiscono gli ambiti specifici delle classi di concorso «a condizione che, ai sensi del comma 5, sia certificata la loro declinazione nei termini delle metodologie e tecnologie didattiche per gli insegnamenti compresi nelle classi concorsuali, in coerenza con gli obiettivi formativi di cui all’Allegato A». Si rivaluta in questo modo la formazione disciplinare che non può assolutamente essere ridotta a vantaggio di una formazione pedagogica; è solo sulla base di una solida preparazione disciplinare che possono essere individuate, adattate alle circostanze specifiche, all'utenza e al contesto, coerentemente con quanto riconoscono le Linee guida e le Indicazioni nazionali [5], le modalità didattiche opportune per trasmettere nel modo più efficace i saperi caratterizzanti dei singoli percorsi. Le discipline però, per essere considerate valide ai fini del riconoscimento dei 24 cfu, devono essere declinate in chiave didattica e d'altronde nelle declaratorie della maggior parte dei settori disciplinari implicati è prevista la didattica della disciplina e l'attenzione alla trasmissione dei saperi.
Sia dunque in previsione di una formazione preconcorsuale che implica i 24 cfu, sia in vista del percorso Fit, vanno definiti con urgenza i contenuti delle didattiche disciplinari privi per lo più di settori dedicati; dal punto di vista universitario, all'interno del quale mi posiziono, è necessario svolgere una riflessione su questo aspetto, perché per molti settori, tra cui l'insegnamento della letteratura italiana, non esiste una tradizione universitaria di declinazione didattica delle discipline.

 

2. Le sfide della didattica della letteratura

 

Le seguenti riflessioni riguardano quindi i contenuti della didattica della letteratura italiana e dell'italiano nel percorso Fit e nel quarto ambito dei 24 cfu, un elemento qualificante che dovrà funzionare da collante tra gli insegnamenti psico-pedagogici e quelli disciplinari. L'insegnamento è presente nelle declaratorie del settore disciplinare L-FIL-LET/10 Letteratura italiana, ma non è un ambito autonomo.
Si tratta dunque di individuare un sillabus di contenuti di didattica della letteratura in questo nuovo sistema di formazione iniziale degli insegnanti molto più integrato e organico rispetto ai precedenti delle Sis e del Tfa [6].  Cosa andremo a insegnare dunque nei corsi di didattica della letteratura che l'università dovrà organizzare sia per i requisiti di accesso sia all'interno del percorso Fit, attivando una doppia competenza di ricerca e didattica, che nasce necessariamente dal confronto tra pratica universitaria e lavoro scolastico? E' una domanda che presuppone una riflessione più ampia sull'insegnamento letterario oggi, su cosa significa educare alla letteratura, alla lettura e al confronto con testi letterari del passato e del presente.
Tali interrogativi hanno suscitato un dibattito acceso che riguarda la scuola italiana [7] ma che varca i confini nazionali [8]  e investe in pieno una riflessione sulla funzione del sapere umanistico in un momento complessivo di riformulazione dei linguaggi, dei saperi e della comunicazione.
Un elemento positivo è che in molti casi il dibattito ha superato lo stadio che si potrebbe definire come "didattichese" soprattutto attraverso il dialogo con altre discipline, la filosofia, le neuroscienze, la psicologia, la comunicazione, la linguistica [9], impostando il problema dell'insegnamento letterario non solo in termini interni al percorso scolastico (programmi, educazione linguistica e letteraria ecc.), ma rilevandone in senso lato le potenzialità cognitive e formative nell'attuale congiuntura culturale, anche attraverso l'esplorazione di temi come le connessioni tra strutture del racconto e sviluppo del pensiero critico, la storia della lettura, la ricerca linguistica ne verificandone anche l'utilizzo didattico.
Lo stato del dibattito può anche in un certo senso rassicurare la componente universitaria sul rischio che l'insegnamento della letteratura non garantisca più la conservazione del patrimonio culturale, con la paura di escludere autori o testi; un compito assegnato in via prioritaria all'università ma fino ad ora condiviso almeno con i licei. In realtà la condizione attuale dell'insegnamento della letteratura nella scuola secondario di II grado, con le difficoltà legate alla trasformazione dei processi cognitivi e di acquisizione del sapere dei discenti, mostra che è necessario superare, nella scuola, un'ottica relativa a tagli e restrizioni; il discorso deve necessariamente virare verso il superamento dell'impasse della contrapposizione tra saperi disciplinari e competenze [10], verso un'acquisizione di saperi selezionati che faccia maturare anche le competenze, evitando ogni riduzione di complessità e di semplificazione del percorso. La chiave del sapere è che la conoscenza del passato deve servire per affrontare il presente e costruire il futuro [11]; un compito complesso che necessita di conoscenze da acquisire ma anche di stimoli a interpretare una realtà che sfugge a una decodifica affidata a strumenti tradizionali. Questo implica che i termini del discorso vadano necessariamente ripensati. Ad esempio non penso sia corretto dire che la comprensione letteraria sia agevolata da percorsi facilitati, schemi interpretativi, uso intensivo della parafrasi, apertura di finestre esplicative; il risultato di questo tipo di approccio, ampiamente utilizzato nella scuola e all'origine di molti manuali, è quello di una banalizzazione che priva la letteratura proprio del suo apporto formativo più vero. La complessità è una risorsa del testo letterario: capire un linguaggio raffinato e diverso dalla comunicazione quotidiana è un esercizio stimolante e ha un'indubbia valenza metodologica; significa imparare un nuovo modo per comunicare che ha una sua specificità che va salvaguardata e assimilata. Lo studente può non capire tutti i riferimenti presenti nel testo, ma penso sia meglio una comprensione che non consenta di cogliere tutti i significati e le potenzialità di un testo piuttosto che avvicinarsi al testo stesso attraverso schemi che limitano la possibilità di un rapporto più diretto, seppure complesso e in grado di produrre stimoli e interrogativi.
La scoperta delle potenzialità del linguaggio nelle sue diverse articolazioni è una risorsa irrinunciabile attraverso la quale avvicinarsi testo letterario; un linguista autorevole come Luca Serianni si è pronunciato, nella sua lezione di congedo dall'insegnamento universitario [12], contro il fatto di assoggettare il testo letterario a esercizio linguistico che rischia di spegnere ogni piacere per la lettura, contro il grammaticalismo, contro ogni sindrome classificatoria; l'insegnamento letterario costituisce invece un'ottima opportunità per incrementare la varietà di linguaggi e funziona come ulteriore modalità di approccio alla comunicazione.
La complessità, la specificità del linguaggio letterario con le sue regole, le allusioni, le polisemie è un patrimonio da esplorare con profitto, non un ostacolo da superare.
In fondo in terza media gli studenti studiano storia dell'arte contemporanea; i manuali spiegano come l'arte interpreta la realtà utilizzando sofisticati e metaforici strumenti critici; un testo letterario, anche scelto tra quelli più antichi o tra quelli più complessi dal punto di vista linguistico, espressivo, non presenta certo difficoltà superiori alla comprensione dell'arte astratta contemporanea.
Un altro obiettivo fondamentale dell'insegnamento della letteratura, sul quale converge la bibliografia critica, è quello di sottolineare il suo potere conoscitivo, del mondo e della realtà personale dell'adolescente. La letteratura permette al discente di comprendere le sue esperienze, esprimere le sue emozioni e stimolare la sua immaginazione. E' un'esperienza di crescita che deve essere fruttuosamente implementata con i tanti linguaggi delle immagini, filmici, musicali. Non esiste solo un valore più tradizionale e consolidato di educazione alla cittadinanza e al senso civico che non perde la sua centralità anche ora, esteso a un'idea di cittadinanza globale; va sottolineato il valore esistenziale e formativo della lettura, come risorsa individuale e collettiva.
Alcuni interventi critici insistono sulla possibile utilizzazione della letteratura per un'educazione che contempli una pluralità di idee e linguaggi contro ogni omologazione, per lo sviluppo di un pensiero critico. L'insegnante dovrebbe accompagnare lo studente alla scoperta di tutte le potenzialità personali e formative della letteratura, la sua funzione contro il degrado e l'inciviltà, il suo potere conoscitivo nei confronti dell'esistenza e della memoria. Marta Nussbaum [13] ha proprio sottolineato l'importanza della narrazione, della metafora e della lettura per favorire processi di integrazione agevolati dalla spinta all'immedesimazione e condivisione che il racconto o la rappresentazione delle esperienze umane producono nei discenti.
Il profilo dell'insegnante di letteratura e di italiano che dovrebbe uscire dai nostri corsi universitari definisce quindi un docente che dovrebbe essere in grado almeno di: fornire gli strumenti per un'analisi testuale formale, espressiva, formativa, storica non fine a se stessa e aperta anche agli altri linguaggi artistici e culturali; avviare alla comprensione di un linguaggio complesso, allusivo, plurisemantico come quello letterario per arricchire lessico e capacità espressive; dare gli strumenti per contestualizzare l'esperienza letteraria; valorizzare il contributo formativo della letteratura; introdurre una pratica di lettura individuale e collettiva che stimoli lo sviluppo del discente e incrementi il suo senso critico.

 

3.Ricerca universitaria e didattica

 

Se questi, come ha ricostruito la bibliografia critica interrogandosi sulle trasformazioni in atto, sono dunque gli scopi di altissimo valore culturale dell'insegnamento letterario, nelle sue molteplici e stimolanti articolazioni che ne fanno una disciplina centrale del percorso scolastico e anche dell'esperienza umana in senso lato, come trasformare queste potenzialità in pratiche didattiche virtuose e efficaci? Come avviare dei docenti volti a valorizzare a scuola le potenzialità che il testo letterario ha come valore formativo, ma anche come organizzazione e selezione dei saperi [14], decodifica dei linguaggi della comunicazione, resistenza alla omologazione, sviluppo del pensiero critico, rielaborazione dell'esperienza personale, incentivo alla maturità emotiva?
Ovviamente non ho una ricetta né una risposta e nemmeno mi propongo di definire nel dettaglio i moduli di insegnamento destinati ai diversi ordini di scuole, ciò che richiederebbe un  lavoro ben più ampio di un semplice intervento in itinere come quello che sto scrivendo e competenze scolastiche specifiche che vanno misurate sull'esperienza effettiva dell'insegnamento nella scuola; posso solo avanzare delle riflessioni senza alcuna pretesa di esaustività nell'intento però di arrivare a dei percorsi operativi utili a definire gli insegnamenti che l'università si appresta a impartire di didattica della letteratura, con l'obiettivo di individuare, strada facendo, un sillabus di contenuti da rivolgere a coloro che intraprendono il percorso per diventare insegnanti.
In un momento in cui la teoria letteraria è priva di idee forti e la critica sperimenta percorsi spesso eclettici, l'incontro tra ricerca e didattica può andare in diverse direzioni con risultati spesso utili anche a riconsiderare le prospettive critiche, le modalità di trasmissione della tradizione letteraria, i problemi relativi al canone e alla storiografia, tutti temi che hanno una loro centralità più scolastica che universitaria, seppure anche l'università si sia ultimamente interrogata sulla didattica della letteratura nei corsi universitari triennali e magistrali [15].
Innanzitutto la critica [16] ha insistito sulla necessità di superare un approccio di tipo narratologico; l'analisi testuale improntata sulla narratologia ha costituito una stagione importante della critica letteraria, soprattutto a partire dagli anni settanta, in cui si è ampliato enormemente anche a scuola l'approccio di tipo semiotico-strutturalista. Da un punto di vista scolastico la proposta di utilizzare strumenti obiettivi come la focalizzazione, il sistema dei personaggi, il contesto spazio-tempo, se ha risposto in un certo momento al tentativo di sottrarre il testo a una lettura impressionistica, idealizzata, emotiva che rischia di rimanere superficiale e oltretutto è esperienza difficile da condividere, ha però imbrigliato, nell'utilizzo eccessivo che ne è stato fatto, il testo in schemi astratti che allontanano il lettore da un rapporto autentico,  di relazione conoscitiva e nello stesso  tempo empatica con il testo trasformando la lettura in una pratica che svilisce le potenzialità più autentiche della letteratura. L'approccio narratologico è ancora molto usato nella scuola secondaria di primo grado, perché sembra utile in un momento in cui è necessario guidare l'alunno privo di capacità critiche verso una lettura comunicabile e condivisibile del testo.
In realtà l'analisi del testo in ogni ordine di scuola e tanto più nelle scuole superiori deve sì sottolineare la complessità del discorso letterario, attraverso la riflessione guidata sul linguaggio specifico, le scelte lessicali, anche l'uso di figure retoriche, ma con l'obiettivo di chiamare in gioco l'esperienza dello studente segnalando le implicazioni esistenziali dei temi affrontati e la forza comunicativa dei racconti e dei versi, in una direzione spendibile per decifrare la realtà circostante; aprire delle finestre su mondi diversi, anche lontani da un punto di vista spaziale e temporale, permettendo l'acquisizione di informazioni su esperienze stranianti per tornare poi sul presente con maggiori strumenti conoscitivi. L'approccio narratologico spesso rimane fine a se stesso; può funzionare come strumento tecnico, ma non può costituire la principale strada di accesso al testo letterario e spesso comporta un allontanamento emotivo dalla letteratura che ne vanifica l'apporto formativo.
L'analisi testuale condotta quindi secondo queste modalità o comunque mirata più a una decifrazione formale del testo stesso va sostituita, in ogni ordine di scuola, da percorsi che evidenzino le potenzialità della letteratura e le sue strette connessioni con la realtà esistenziale, culturale, civile, espressiva e comunicativa dei discenti.
E' anche opportuno insistere, a questo scopo, non solo sul classico approccio interdisciplinare, inteso come confronto tematico-espressivo tra linguaggi diversi, ma su un percorso pluridisciplinare che permetta di valorizzare le specificità del discorso e del racconto letterario a fianco delle specificità e potenzialità di tanti linguaggi creativi come la musica, l'arte, il cinema. L'insegnante di italiano può usare il testo letterario per trasmettere stimoli in direzione di discipline praticate in misura inferiore o per niente nella scuola come l'arte, la musica, l'opera, il cinema non necessariamente in chiave di comparazione intersemiotica o attraversamento tematico, ma anche come spunto di riflessione su come si costruisce un racconto nei diversi linguaggi e come combinazione di modalità espressive il cui fine è quello di approfondire la conoscenza e l'interpretazione della realtà.
E' inoltre opportuno un nuovo approccio filologico che metta in relazione il discente con la pratica della scrittura, intesa come un'attività concreta che permette di entrare nell'officina dello scrittore, mostrare il testo letterario nel suo farsi come un percorso complesso e affascinante e non come un monumento distante e difficile da comprendere [17]. La scrittura va mostrata non come un processo astratto idealizzato, come un prodotto finito, ma come una pratica faticosa e tormentata, che accomuna scrittore e lettore e che mostra il percorso complesso della scrittura di un testo letterario legittimando anche le esitazioni del lettore che si sente implicato nel processo costruttivo; è utile mostrare il raccontare o scrivere versi come una pratica da ripetere, da usare, da riprodurre.  La filologia volta a ricostruire l'officina degli autori, a seguire l'opera nel suo farsi, può quindi trovare un'efficacia didattica e avvicinare il discente alle opere.
Allo stesso modo anche la lettura può essere mostrata come una pratica che non è sempre uguale nel tempo, ma che è stata soggetta nelle diverse epoche a modalità legate allo sviluppo culturale [18]; gli studi sulla storia della lettura uniti a un approccio sul piano delle ricezione mostrano il dinamismo del rapporto tra lettore e testo in ogni epoca rende la lettura un'attività più coinvolgente che gratifica anche la spinta al protagonismo degli adolescenti interpreti attivi di sempre nuove modalità di accesso ai testi, non solo dal punto di vista strumentale (lettura digitale ecc.) ma anche dal punto di vista dell'esperienza specifica della lettura stessa.
La pratica della lettura a voce alta è utilizzata da molti docenti anche degli istituti superiori. D'altronde la declamazione ha accompagnato la poesia nell'Ancien Régime fino a Settecento inoltrato ed era un modo per valorizzare il discorso poetico.  Se quindi la pratica della lettura ad alta voce permette di facilitare la lettura di un testo, di esplorarne le potenzialità, deve essere utilizzata anche perché è una rara pratica comunicativa condivisa in un mondo in cui dalla visione di film e serie tv all'ascolto della musica tutto avviene in modalità individuale.
Utile anche, per raccordare le molteplici competenze richieste al futuro insegnante, un approccio che unisca letteratura, antropologia, storia, che sottolinei come la letteratura sia una chiave di accesso illuminante per comprendere i processi storici ed umani. Tale tipo di approccio, negli ultimi anno, è stato ad esempio usato per spiegare l'evoluzione della letteratura risorgimentale [19] che ha costruito il suo immaginario su alcuni motivi forti appartenenti ai modelli culturali della nazione italiana e che ha veicolato lo spirito patriottico della nazione attraverso proprio un immaginario affidato in gran parte ai testi letterari. Al di là delle questioni e delle perplessità che tale metodo ha sollevato nell'ambito critico e storiografico, è indubbio che un approccio di questo tipo valorizzi l'esperienza umana e il contributo storico della letteratura, evidenziando le strette connessioni dell'immaginario letterario con l'evoluzione del pensiero e con i modelli di comportamento dei popoli; mostra insomma il suo legame indissolubile con le civiltà e permette di comprendere le svolte estetiche che caratterizzano la storia delle diverse culture.
Quelli citati sono solo alcuni primi tentativi, senza alcuna pretesa di esaustività, di dare contenuti a insegnamenti di didattica che dovranno essere poi elaborati, in sede di laboratorio didattico attraverso il confronto con le competenze specifiche della scuola. La riflessione sugli insegnamenti di didattica della letteratura che l'università dovrà impartire in modo regolare e continuativo a partire dai prossimi mesi dovrà essere quanto mai ampia e articolata.


Pubblicato il 20/09/2017

 

Note:


[1] Nota e allegati al link: http://www.miur.gov.it/web/guest/-/modalita-acquisizione-dei-crediti-formativi-universitari-e-accademici-di-cui-all-art-5-del-decreto-legislativo-13-aprile-2017-n-59

[2] Si vedano ad esempio gli interventi di Claudio Giunta e gli articoli usciti ne «Il Sole 24 ore» nelle date 7 maggio, 21 maggio, 28 maggio.

[3] Cfr. Parere Cun del 7 giugno 2017 (https://www.cun.it/provvedimenti/sessione/209/parere/parere-del-7-6-2017) e la nota del 9 marzo del Consiglio Nazionale degli studenti universitari rivolta all'On. Ministro Valeria Fedeli. Del problema del percorso Fit si occupa la commissione didattica della Crui che riunisce regolarmente i delegati alla formazione insegnanti delle università italiane.

[4] Nota prot. 616, Modalità acquisizione dei crediti formativi universitari e accademici di cui all'art. 5 del decreto legislativo 13 aprile 2017 n. 59.

[5] Le indicazioni nazionali e le linee guide relative ai diversi ordini di scuole (Indicazioni nazionali riguardanti gli obiettivi specifici di apprendimento concernenti le attività e gli insegnamenti compresi nei piani degli studi previsti per i percorsi liceali di cui al D.M. 211/2010; Linee guida emanate con le Direttive Ministeriali n. 4 e n. 5 del 16/01/2012 per il secondo biennio e quinto anno per i percorsi degli Istituti Professionali) hanno preso atto della necessità di formulare programmazioni specifiche che tengano conto dei contesti e della realtà anche delle singole classi, sullo sfondo della dimensione territoriale e sociale.

[6] Dall'esperienza del Tfa alla Sapienza è nato il contributo Lettere in classe. Percorsi didattici del Tfa di area letteraria della Sapienza, a cura di P. Cantoni e S. Tatti, Sapienza Editrice, Digilab, 2015 (open access: http://digilabepub.uniroma1.it/index.php/Formazione/issue/view/13/showToc).

[7] Per una ricognizione complessiva cfr. S. Giusti, Per una didattica della letteratura, Lecce, Rovato, PensaMultimedia, 2014; Id., Insegnare con la letteratura, Bologna, Zanichelli, 2011; A. Manganaro, Insegnamento della letteratura e didattica per competenze, tra scuola e università, in La didattica della letteratura nella scuola delle competenze, a cura di G. Langella, Pisa, ETS, 2014, pp. 65-80. G. Corsalini, Percorsi di formazione all'insegnamento letterario: tra critica e didattica della letteratura, Milano, Angeli, 2010; U. Motta, Il canone letterario e il ruolo della scuola, in «Lineatempo», Rivista online di ricerca storica letteratura ed arte, 10, 2009.

[8] Cfr. ad esempio M. Fumaroli, L'umanesimo e la crisi contemporanea dell'educazione, Istituto italiano per gli studi filosofici, Napoli, 2006; M. Nussbaum, Cultivating Humanity, 1997 trad. it., Coltivare l’umanità. I classici, il multiculturalismo, l’educazione contemporanea, Roma, Carocci, 2006; T. Todorov, La littérature en péril, 2007, trad. it. La letteratura in pericolo, Milano, Garzanti, 2008; J. M. Schaeffer, Petite écologie des études littéraires; Pourquoi et comment étudier la littérature, 2011, trad. it., Piccola ecologia degli studi letterari. Come e perché studiare la letteratura?, Torino, Loescher, «QDR Didattica e Letteratura, 1, 2014.

[9] R. Ceserani, Convergenze[3. Letteratura, psicoanalisi, neuroscienze I, in «La ricerca», 31 ottobre 2013: Federico Batini, Insegnare e valutare per competenze, ivi; A. Casadei, Poetiche della creatività. Letterature e scienze della mente, Milano, Bruno Mondadori, 2011.

[10] P. Perrenoud, Costruire competenze a partire dalla scuola, traduzione di G. Gialdino, Roma, Anicia, 2010; M. Castoldi, Progettare per competenze, Roma, Carocci, 2013; e cfr. anche le osservazioni di A. Del Rey, À l’école des competences, Paris, La Découverte, 2010; Per una letteratura delle competenze, a cura di N. Tonelli, «I Quaderni della ricerca», 6, Loescher, 2013; C. Sclarandis, La letteratura italiana per i nuovi italiani, in «Griseldaonline» (www.griseldaonline.it/didattica/la-letteratura-per-i-nuovi-italiani.html), 2; Le competenze dell'italiano, a cura di N. Tonelli, «Quaderni della ricerca», 5, Loescher, Torino, 2016.

[11] Cfr. U. Motta (art. cit. pp. 5-6) che richiama G. Steiner: «Qui si definisce lo scopo precipuo della scuola: la conservazione e trasmissione di quella parte del passato storico e intellettuale (il canone) che costituisce un investimento valido per il futuro. In quale senso o accezione, lo ha spiegato Steiner in questi termini: quando un giovane studente "è stato esposto al virus dell’assoluto, quando ha visto, udito, odorato la febbre in coloro che sono alla ricerca della verità disinteressata, gliene rimarrà come un riverbero. Per il resto della sua vita privata, magari del tutto normale, priva di distinzione, questa persona possiederà una protezione contro il vuoto"».

[12] Lezione di congedo dall'insegnamento universitario, Roma, Sapienza Università di Roma, 14 giugno 2017, pubblicata su youtube, a cura di SapienzaRoma.

[13] M. Nussbaum, Coltivare l’umanità. I classici, il multiculturalismo, l’educazione contemporanea, cit.; cfr. su questo S. Giusti, Per una didattica della letteratura, cit., p. 142.

[14] Cfr. J.M. Schaeffer, Piccola ecologia, cit.

[15] Rinvio ai risultati di un gruppo di lavoro sulla Didattica nato all'interno dell'Adi (Associazione degli italianisti) con l'obiettivo di individuare contenuti e obiettivi dei moduli di letteratura italiana e pubblicati sul sito dell'associazione: www.italianisti.it

[16] Si veda quanto osservato dalla critica francese Marielle Macé riportato in S. Giusti, F. Batini, Imparare dalla lettura, «I Quaderni della ricerca», n. 5, Loescher, Torino, 2013, p. 86: «Probabilmente ho davvero sentito la consapevolezza e il desiderio di una vera e propria rottura rispetto a un’analisi semiotica o narratologica della lettura che tende a farne un’attività non solo separata, ma anche autonoma e quasi esorbitante, di decifrazione. Per me si tratta invece di un’attività più molteplice ed eterogenea di come l’abbiamo finora immaginata, della quale alcuni scrittori e saggisti contemporanei hanno fornito una descrizione fenomenologicamente più corretta. Si trattava quindi di tagliare un po’ i ponti momentaneamente con la semiotica e la narratologia, per andare a cercare le risorse sul fronte dell’estetica e delle teorie del quotidiano e affidandosi alla descrizione letteraria come strumento di pensiero». Cfr. M. Macé, Façons de lire, manières d'être, 2011, trad. it. La lettura nella vita. Modi di leggere, modi di essere, «Quaderni della ricerca», 4, Torino, Loescher, 2016.

[17] Cfr. anche per queste problematiche P. Italia, Editing Novecento, Roma, Salerno, 2013.

[18] Per una sintesi e una prima ricognizione sulle pratiche di lettura cfr. almeno Storia della lettura nel mondo occidentale, a cura di G. Cavallo e R. Chartier, Roma-Bari, Laterza, 1995.

[19] Cfr. A.M. Banti, La nazione del Risorgimento: parentela, santità e onore alle origini dell'Italia unita, Torino, Einaudi, 2000.