Introduzione
Come insegnare a leggere? Come trasmettere ai nostri giovani studenti il piacere della lettura? E come rendere la lettura un elemento centrale non solo per la carriera scolastica ma per l’intera esistenza dei giovani, futuri cittadini? Sono alcune delle questioni sulle quali ci siamo soffermati come Associazione degli Italianisti – sezione didattica negli ultimi anni, domande alle quali è difficile rispondere in modo univoco.
Esiste un’enorme letteratura sulla lettura, che non ripercorro e che è stata ampiamente utilizzata nei contributi qui pubblicati, segno della necessità che gli addetti ai lavori sentono di reinterrogarsi sulla persistenza di una modalità di apprendimento irrinunciabile, della quale è necessario verificare la tenuta nel nostro presente, di fronte a nuovi strumenti comunicativi.
Una delle occasioni di incontro legate a questo tema è stato il seminario che si è tenuto nel febbraio del 2020, a Roma, al Liceo Tasso, La giornata di un lettore, punto di approdo delle molteplici sperimentazioni, iniziative, proposte emerse nel corso di un progetto annuale sulla lettura organizzato da Adi-sd e Cepell (Centro per il Libro e la Lettura); anche La voce nel testo, un progetto di educazione alla Reading Literacy organizzato sempre in collaborazione con il Cepell, ha insistito sulla lettura e sul rapporto con i classici.
Nella specifica occasione de La giornata di un lettore alla quale hanno partecipato docenti, esperti, rappresentanti del Cepell, scrittori e attori sono emerse le molteplici potenzialità e le diverse modalità di approccio alla lettura e sono stati riportati molti esempi di pratiche didattiche, con uno sguardo sempre rivolto ai giovani e alla scuola.
Ma poi, andando a leggere attentamente i saggi raccolti nel volume La giornata di un lettore Un progetto di educazione alla lettura dell’Associazione degli Italianisti e del centro per il Libro e la Lettura («I quaderni della ricerca», 56, Loescher, 2021, a cura di Lucia Olini e Silvia Tatti) che raccoglie gli interventi di quella giornata, ci rendiamo conto che in realtà la lettura non può essere considerata come una delle attività di apprendimento che si fanno a scuola, propedeutica a tutte le discipline e dotata anche di un suo statuto autonomo, in grado di permettere di sviluppare l’immaginazione, la creatività, la consapevolezza, ma è un’attività onnicomprensiva, conoscitiva e speculativa, che coinvolge anche la dimensione intima di ognuno ed evoca ricordi, rivela opzioni esistenziali, segnando profondamente la storia di ogni individuo.
La lettura non dovrebbe essere pensata nei termini di un problema (frammentazione, perdita di lettori, rinuncia alla integralità ecc.), ma di una potenzialità che apre strade, come risorsa individuale e come elemento associativo, strategico per l’inclusione sociale e di genere ad esempio, per la crescita intellettuale e conoscitiva, per la sensibilizzazione su tematiche esistenziali e sociali.
Ho letto recentemente il discorso di accettazione del Nobel di Grazia Deledda (e ricordo che una delle tante attività dell’Adi-sd degli anni passati è stato proprio un progetto sui premi Nobel italiani) che così aveva dichiarato:
«Sono nata in Sardegna. La mia famiglia, composta di gente savia ma anche di violenti e di artisti primitivi, aveva autorità e aveva anche biblioteca. Ma quando cominciai a scrivere, a tredici anni, fui contrariata dai miei. Il filosofo ammonisce: se tuo figlio scrive versi, correggilo e mandalo per la strada dei monti; se lo trovi nella poesia la seconda volta, puniscilo ancora; se va per la terza volta, lascialo in pace perché è un poeta. Senza vanità anche a me è capitato così».
Senza alcuna vanità, mi sono in parte ritrovata nelle parole della Deledda, eccetto che per la conclusione, dal momento che non sono diventata scrittrice, ma storica della letteratura; però nella mia prima adolescenza superavo un quasi scontato disagio tipico dell’età e una indubbia insoddisfazione leggendo; tornavo a casa da scuola, a dodici, tredici, quattordici anni e non vedevo l’ora di mettermi a leggere, cosa che facevo in modo assolutamente dissennato, prendendo i libri (non molti) che erano in fila nella biblioteca casalinga, senza sceglierli, attratta da un titolo o una copertina. Ho letto le cose più disparate, solo per il piacere di entrare nelle storie, di partecipare a dei racconti, di immedesimarmi nella vita e nelle storie degli altri. Avevo evidentemente bisogno di trovare un appiglio, una direzione e la lettura è stata una sponda formidabile che solo in seguito ho ricomposto all’interno di un percorso scolastico. Quando questo è avvenuto è stata una rivelazione, della quale non smetto di stupirmi, perché era come se un’esperienza personale e un po’ segreta, quasi rubata come reagente all’interno di una quotidianità sconfortante, diventasse, nella partecipazione e nella scuola, un elemento di forza, per entrare nel mondo, per comprenderlo, per condividere.
Ecco se dovessi accostare delle parole alla lettura una di queste vorrei che fosse “condivisione”; perché se la lettura è una pratica che si fa soprattutto in solitaria, in realtà immette in un circuito di comunicazione e di scambio che permette l’esercizio del pensiero critico e che spinge anche a esprimere l’emotività, con tutte le potenzialità di crescita che un’esperienza come questa implica quando ad essere coinvolti sono gli adolescenti. La crescita esponenziale di circoli di lettura, anche durante la pandemia, esprime esattamente questo bisogno di partecipazione sollecitato dalla lettura.
Un’altra parola che accosterei a lettura è “giudizio”; la letteratura, la buona letteratura, non è mai inerte e non lascia mai indifferenti, scatena reazioni, invita a pensare. Le storie degli altri ci riguardano sempre anche quando sono molto lontane nel tempo e nello spazio; costringono a esprimere un giudizio, a elaborare un pensiero, a prendere posizione.
Le attività che l’Adi-sd ha portato avanti in questi anni vanno nella direzione di individuare sempre nuove strade di accesso alla lettura e coniugano l’attenzione alla scuola e alla costruzione di percorsi didattici e strategie comunicative con la consapevolezza che la lettura implica un coinvolgimento personale e apre strade che vanno ben al di là della disciplina specifica.
Nei saggi qui proposti le sperimentazioni costruite nel corso delle attività degli ultimi anni si aprono a nuove ulteriori esplorazioni che indagano le radici antropologiche della specificità del lettore-uomo (Olini), il valore civile e politico dell’atto sociale del leggere (Cavone), l’evoluzione delle pratiche di lettura nel mondo digitale (Nesi), il potere conoscitivo insito nel rapporto guidato con il passato (Passione). Tra i saggi raccolti nel volume La giornata di un lettore e i contributi qui pubblicati c’è stata la pandemia che ha potenziato e reso evidente un disorientamento esistenziale, una perdita di connessioni già in atto nelle generazioni di adolescenti, che bisogna con pazienza riannodare. Il recente rapporto sui dati dell’ultimo periodo, «Leggere in pandemia #1 – Nuovi percorsi di lettura degli italiani» realizzato in collaborazione da Aie (Associazione italiana editori) e Cepell ha dimostrato che mentre l’acquisto di libri è in crescita, il numero di lettori diminuisce, soprattutto nella fascia 15-17 anni dove si è registrato il calo più massiccio proprio nei mesi del distanziamento sociale.
Aprire quindi ipotesi di accesso alla lettura attraverso varie strade, anche multimediali, anche in rapporto con i nuovi mezzi comunicativi e relazionali, riprendere la pratica di lettura condivisa con tutte le modalità che possono essere utili (ad alta voce, performativa, individuale, associata a riscrittura ecc.), considerare l’uso personale e sociale della lettura, come avviene nei testi qui proposti costituisce sicuramente un tassello importante, necessario non solo a dare concretezza ai percorsi didattici, ma anche a proiettare la scuola nel futuro degli studenti, nostri prossimi concittadini e lettori per sempre.