Marcella Di Franco - Tra letteratura digitale e antica ars scribendi

Premessa

     Il contesto ideologico dell’odierno Terzo Millennio è sempre più caratterizzato da frenetici cambiamenti sociali e culturali che sono stati determinati dal vertiginoso sviluppo delle tecnologie dell’informazione. La nostra è una complessa civiltà tecnologica, sempre più pervasa dall’impatto dilagante  non solo dei vecchi mass media, ma soprattutto dei new media o nuovi mezzi di informazione, telematici ed informatici, che hanno moltiplicato in modo esponenziale la quantità dei flussi di informazione e comunicazione, grazie alla rapidità e alla facilità di connessione alle rete internet a livello mondiale e globale. Si tratta di un processo in continua espansione, potenzialmente illimitato, dagli imprevedibili risvolti futuri.

1. Reale vs virtuale

     L’evoluzione tecnologica ha raggiunto un livello così elevato che l’ambiente-territorio in cui ciascun individuo agisce, l’oìkos si è amplificato nel tempo e nello spazio, oltrepassando i confini del corpo e della territorialità geografica proiettandolo nell’era del cyberspazio. Accanto alla realtà “vera” o tangibile si è sviluppata una parallela realtà “virtuale” o finta, composta interamente da bit privi di “colore, dimensioni o peso che possono viaggiare alla velocità della luce”.[1] Il progresso tecnologico del XXI secolo sta gradualmente alterando e sfalsando i vecchi equilibri su cui per secoli si era basato il sistema culturale della civiltà occidentale, divisa tra eìdos, in quanto rapporto con l’essenza dell’oggetto,  koinè, tessuto culturale comune, oìkos, come ambiente di vita e di relazioni e bìblos, come mezzo di conservazione e trasmissione del sapere, nonché modalità tradizionale di approccio alla conoscenza, tramite l’antica quanto desueta ars scribendi. Il libro nell’attuale società, dominata dall’automazione e dai ritrovati elettronici, sembra così avere smarrito la sua antica importanza.
Nel corso del lungo cammino della storia, l’uomo ha esercitato la sua intelligenza e la sua creatività anche attraverso l’invenzione rivoluzionaria della scrittura. Mezzo per comunicare, la scrittura ha anche permesso di conservare le esperienze del passato e di trasmetterle alle generazioni future, segnando il discrimine tra la preistoria e la storia. Ma se un tempo per comunicare si usava la scrittura cuneiforme, i geroglifici, l’alfabeto dei Fenici, oggi i mezzi di informazione e comunicazione  sono radicalmente cambiati: si invia un veloce sms o una rapida e-mail, si comunica tramite le reti internet, fino ad arrivare ai recentissimi I-pad e I-phone.    
Nuovi scenari si spalancano davanti a noi, affascinanti da un lato, ma più inquietanti dall’altro. Non si tratta riduttivamente della paura sette-ottocentesca, storicamente legata alla prima e alla seconda Rivoluzione industriale,  che la macchina prenda il sopravvento sull’uomo dominandolo e schiacciandolo, quanto piuttosto del pericolo che l’uomo, immerso in questo mondo impalpabile che è il virtuale, senza più limiti di spazio e di tempo, perda la dimensione della realtà ontologica più autentica, quella del sé e dell’altro. 
Secondo Jean Baudrillard, le tecnologie si possono infatti considerare “espulsioni dell’uomo” [2] che si proietta in un mondo aleatorio costruendo intorno a sé un mondo virtuale perfetto, ma fittizio che eclissa il simultaneo mondo reale, una sorta di “snaturamento” e “sdoppiamento” della personalità. Il pericolo è quello di rinchiudersi in un mondo immaginario in cui tutto diventa incorporeo, immateriale e intercambiabile.
Mentre per il filosofo Heidegger la tecnologia riduceva l’uomo a cosa, facendo di lui un ingranaggio del grande apparato produttivo, attraverso il virtuale il confine è spostato ancora più oltre. Le cose scompaiono per essere sostituite dalle loro corrispondenti immagini, fotografie o simboli. Anche se è pur vero che la cultura umana è stata sempre costruita su forme simboliche, oggi ci stiamo sempre più orientando verso l’ipersimbolizzazione elettronica, la smaterializzazione del reale, incanalandoci in una sorta di buio tunnel che forse non ha via d’uscita o piuttosto inoltrando in una nuova “foresta di simboli”, memoria delle Corrispondenze di Charles Baudelaire, composta da lussureggianti impulsi iconici, segnali astratti, segni alfabetici, numerici e grafici.
L’uomo nuovo che si prefigura è sempre più alla ricerca di relazioni globali, si trasforma sempre più in un “nomade telematico” [3] che, progressivamente liberato dai condizionamenti spaziali e temporali, diventa cosmopolita, abitante dell’ubicumque, anche quando rimane fisicamente in un solo luogo, quasi appropriandosi del potere dell’ubiquità o più semplicemente amplificando le sue possibilità di rapportarsi con il mondo. È un uomo che si avvia ad una relazione bionica e simbiotica con la macchina e che in un prossimo futuro, incontrerà sempre più difficoltà a distinguere il proprio io reale e naturale dalle proprie “estensioni” o “protesi” elettroniche.

 2. Web e didattica
 
     Che cosa implicherà tutto questo per le generazioni di oggi e per quelle del domani? La maturazione psicologica di ogni persona - soggetto è un processo estremamente complesso che si realizza attraverso l’interazione tra gli elementi neurobiologici, presenti nella sua struttura organica, e l’esperienza che continuamente fa nell’ambiente, un ambiente luogo di vita, insieme di oggetti concreti e reali in cui è possibile comunicare e condividere significati con persone “affettivamente significative”. Ma è anche un ambiente intessuto dei simboli che l’uomo ha prodotto nella sua incessante attività creatrice, in una dinamicità ed evoluzione continua, costruita attraverso cioè un’esperienza muldimensionale o pluridimensionale. Televisione, videogiochi, computer, accessori digitali e satellitari fanno ormai parte del vissuto quotidiano, quantitativamente dominanti e prevalenti nell’esperienza comune di tutti o dei più.
L’esperienza del virtuale a volte può essere persino più viva, emotivamente più coinvolgente, percettivamente più attraente, anzi talvolta più piacevole e interessante di quella che si ha con gli oggetti reali, specialmente nell’età infantile, preadolescenziale e adolescenziale. L’individuo, a qualsiasi fascia d’età appartenga, è però inevitabilmente esposto ai rischi ed ai pericoli che si annidano nel mondo virtuale, primo fra tutti quello di confondere il piano reale con quello immateriale del  web in tutte le sue possibili declinazioni. Basti pensare alle molte ore che i bambini, i ragazzi e, in verità, anche gli adulti trascorrono “parcheggiati” davanti agli schermi della tv, di un pc, di un tablet, di un I-pad, di uno smartphone, immobili davanti al video, imbambolati dai suoni, catturati dalle sirene seducenti di immagini multisensoriali, capaci di catturare l’attenzione in modo estremamente veloce ed efficace.
Molto è stato detto e scritto sui danni che un’esposizione prolungata ai programmi televisivi o ai videogiochi può portare, soprattutto nei bambini: eccesso di stimolazione senso percettiva, stress, abitudine alla passività generale del corpo, perdita del movimento degli occhi, confusione tra reale e virtuale, difficoltà ad apprendere attraverso esperienze diverse, deficit dell’esperienza fisica, declino del dialogo interattivo con la famiglia e con i coetanei, incentivazione di comportamenti aggressivi, abitudine a ricevere messaggi senza prendere iniziative, ad ascoltare senza rispondere, declino della fantasia e creatività, omologazione immaginativa, appiattimento del pensiero costruttivo etc. I new media pertanto non rappresentano semplici mezzi di informazione e di intrattenimento, ma sono anche strumenti di manipolazione del consenso, di omologazione e di conformismo culturale.
Ma la verità è che, al di là della macchina, quello che conta veramente è la persona che la utilizza. Il computer in se stesso non è in sé né buono né cattivo, è solo uno strumento neutro:  il potenziale pericolo è insito nell’uso che se ne fa. Pensiamo ad esempio al diffuso fenomeno del cyberbullismo di così squallida, triste e ricorrente attualità, soprattutto tra i giovani. Oggi purtroppo si è perso anche il gusto della conversazione e del dialogo costruttivo tra gli esseri umani.  L’incomunicabilità chiude ed isola sempre più l’individuo nel suo “piccolo” mondo. Le cause sono molteplici: mancanza di tempo, presenza di mezzi di comunicazione sempre più veloci ed efficaci che difficilmente si conciliano con il piacere di stare insieme. Ma, senza la prossimità fisica è quasi impossibile creare un contesto in cui si possa esplicitare l’umorismo, l’arguzia, la comicità, la gestualità corporea. E il ritmo e la ricchezza di una conversazione sbiadiscono quando ci si parla “a distanza”. Occorre dunque avviare  ed educare verso una fruizione positiva, critica e costruttiva del mezzo, indirizzata al bene, a partire dagli ambienti educativi per eccellenza: la famiglia e la  scuola.

3. Digital humanities e ricerca umanistica

     Questo non significa che la tecnologia digitale del nostro secolo e la conoscenza tradizionale, orale e/o scritta, debbano necessariamente contraddirsi, ma possono dialogare a vicenda, integrarsi dialetticamente, velocizzare la divulgazione culturale e ampliare la circolazione delle idee a livello globale. Infatti il vertiginoso progresso delle cosiddette “digital humanities”, [4] dagli anni ’90 in poi, anni che possono considerarsi di spartiacque, trovano il loro campo di applicazione anche nell’ambito della ricerca umanistica, della critica letteraria e degli studi letterari in genere. Il world wide web consente l’utilizzo di nuovi strumenti per esporre on line contenuti o documenti letterari che superano i tradizionali saggi critico - argomentativi o le monografie editi su supporto cartaceo o compresi all’interno di più ampie riviste scientifiche. Il testo letterario o libro, una volta realizzato e finito su supporto cartaceo, vive off line, in una dimensione astorica che fissa e ferma lo scorrere del tempo.
La stilistica computazionale, meglio nota come “stylometry”, oggi consente di impiegare tecniche automatiche di analisi, interpretazione critica dei testi, anche attraverso il ricorso ad algoritmi in grado di “misurare” lo stile, i topoi, le ricorrenze tematiche e lessicali di un autore poste a confronto anche con altre sue opere o opere altrui.
L’elettronica, se opportunamente sfruttata, può costituire per gli studiosi un’opportunità preziosa, un supporto efficace alla loro attività di studio scientifico dei testi e dei sistemi letterari. L’informatica, infatti, consente di realizzare “ipertesti” che fondono insieme, in una fruizione simultanea, video, audio, immagini statiche, testi, animazioni, documenti reali o prodotti digitali,  creando un effetto di mimesi del reale sia pure illusorio.

4. La destrutturazione semiotica

     Come nell’ormai remoto 1455, l’invenzione della stampa a caratteri mobili, ad opera del tedesco Johannes Gutenberg segnò il passaggio drastico dalla certosina e paziente attività dei copisti e degli amanuensi alla riproduzione meccanica dei testi in molte copie, con ripercussioni capillari sulle modalità di circolazione del pensiero, sulle prospettive di allargamento culturale, passando dalle antiche élites sociali aristocratiche a strati sociali medio - borghesi  o poveri, tradizionalmente esclusi dai circuiti della conoscenza, così nella nostra età del Postmoderno,  l’attuale rete internet ha aperto scenari dal futuro imprevedibile di radicale “democratizzazione” culturale, anche per l’accessibilità economica, relativamente abbordabile, dei costi di connessione, annullando la distinzione tra cultura “alta” e “bassa”.
Ma quando si digita freneticamente su tastiere, touch screen di pc, smartphone, tablet, ebook reader, il rischio è di scribacchiare convulsamente di tutto e di più, attraverso messaggi, tweet, post, tag, email ecc. trascurando le buone norme grammaticali della propria lingua nazionale. Si utilizza una lingua informale o pedestre, anche a scapito di un uso corretto dell’ortografia, della punteggiatura e della sintassi cosicché  sempre più spesso capita  di leggere, sui social media e nei commenti in rete, autentici strafalcioni, orribili mostruosità linguistiche, immersi in una sorta di nuova e mastodontica “Torre di Babele” collettiva, corale e plurilingue che trascina verso un registro sciatto, trascurato che non fa più distinzione tra il codice scritto e quello parlato e che si sottrae a qualsiasi rigorosa interpretazione semiotica o nesso logico tra segno e significato. 
E se un tempo per comunicare  si scriveva una lettera, oggi un sms o una e-mail. Così idee e sentimenti viaggiano attraverso abbreviazioni e acronimi, in maniera veloce e funzionale. Non è possibile definire questo cambiamento in termini qualitativi, si può però prendere atto della differenza delle modalità di impatto che questa nuova forma di comunicazione ha sulle relazioni tra gli uomini: quanto quella di ieri era una comunicazione anche fisica, fatta di scrittura, odori, impronte e attesa, tanto quella di oggi è non solo immediata, ma soprattutto incorporea, asettica e impersonale. Inutile dire che non esiste più l’antico labor limae, la cura stilistica, formale e lessicale e che si va sempre più verso la deriva, l’abbassamento qualitativo, a fronte di un paradossale aumento quantitativo, incontrollato e incontrollabile, di informazioni che circolano in rete.

5. Libri cartacei vs ebook digitali
     La rete, infatti, attraverso la creazione di siti web, blog, portali, canali digitali e pagine personali, si configura ogni giorno di più come una gigantesca piattaforma di comunicazione “onnivora”, un oceano sconfinato, un “collettore” immenso nel quale sono riversati masse di contenuti, raccolti miliardi di dati che si sovrappongono in modo indifferenziato ed equivalente, circa il loro valore e la loro autorevolezza, e che si accumulano secondo una disposizione orizzontale.
In questo contesto scompaiono anche le gerarchie verticali, i ruoli e le figure rigide della tradizionale industria editoriale: autore, editore, tipografo, critico e pubblico. Ogni autore, immettendo un contenuto nella blogosfera delle piattaforme on line si converte, in un certo senso, in editore di sé stesso, avendo generato un contenuto o UGC, “user generated content”. Il testo on line spesso è un “oggetto” gratuitamente disponibile, non è una “merce” in vendita come il libro tradizionalmente pubblicato e venduto nelle librerie fisiche o virtuali. L’autore acquisisce una sua autonoma visibilità, amplifica e nello stesso tempo disperde la propria soggettività, superando i tradizionali canali di divulgazione del sapere, delle idee dell’industria editoriale finalizzata al profitto economico e alla trasformazione-riduzione dell’oggetto-libro a pura merce in vendita che risponde alle effimere mode del momento o alle esigenze del mercato. Parallelamente scompare la “buona” letteratura tradizionale, frutto di lunghi e lenti processi di preventiva selezione, editing e vaglio critico ed estetico. Nella rete si corre anche il rischio di smarrire la proprietà intellettuale e i diritti del copyright per cui si può assistere a operazioni di furto o plagio, attraverso abili assemblaggi, rimontaggi e interpolazioni.
Anche il pubblico canonico del passato si dissolve e si trasforma in community, la comunità virtuale dei visitatori che semplicemente navigano o interagiscono con l’autore attraverso i post o i commenti nello spazio appositamente riservato a loro per esprimere il loro feedback sul contenuto proposto. Il pubblico-comunità, inserito in una logica di ribaltamento o intercambiabilità dei ruoli, agisce così in modo attivo e diventa simultaneamente autore nel senso di generatore di ulteriori contenuti che si moltiplicano attraverso la dinamica dell’accumulo anodino e della proliferazione rizomatica. La comunità è dunque un sistema telematico di comunicazione tra individui che si interfacciano virtualmente, senza che realmente si conoscano, il  che allenta la distinzione tra spazio pubblico e privato o riservato.
L’estrema facilità delle connessioni in rete più svariate, attraverso la semplice query sui motori di ricerca, predispone ad un fruizione passiva dei contenuti da parte dell’utente e induce a ridurre la capacità di riflessione, di comprensione autentica, nel senso di intelligere ossia capire nel profondo, di analisi critica, attiva e ragionata applicata agli stessi contenuti della rete.
L’offerta della rete è estremamente vasta, anzi pressoché sterminata e consente di raccogliere e registrare miliardi di dati di navigazione degli utenti, successivamente utili ad elaborare statistiche, a individuare tendenze e gusti dei frequentatori, più o meno assidui della rete, spesso ignari di essere del tutto assoggettati a logiche economiche – produttive che sfruttano il loro innato desiderio e bisogno di comunicare, di dire, di parlare, di dialogare con i propri simili di ogni parte del mondo. Si tratta di un’esigenza primordiale che appartiene alla natura umana, fin dalla sua comparsa sulla terra. Il web riesce a incamerare moltissimi dati grazie alla sua eccezionale capacità di memorizzazione, virtualmente inesauribile, che consentirà forse in un futuro neanche troppo lontano di “archiviare” tutto il sapere umano all’interno di un semplice quanto farraginoso sistema documentale e di poterlo rileggere o usufruire in modalità asincrona, cioè senza bisogno di attività simultanea tra i processi coinvolti, il momento della produzione e quello  della fruizione, e in modo reiterato nel tempo. È un processo inarrestabile, potenzialmente senza fine, poiché sarà sempre possibile aggiungere nuovi objects - contenuti eterogenei, all’interno di un sistema dotato di intrinseca forza centripeta, attraverso una continua giustapposizione o l’accumulo ininterrotto di elementi.
Mentre nella comunicazione tradizionale era prevista una semplice triade tra un emittente (l’autore), un messaggio (il contenuto), un ricevente (il destinatario), la produzione on line travalica queste nette distinzioni e si presta più alla condivisione o casuale disseminazione dei contenuti più vari. L’oggetto è depositato on line perché qualcuno un giorno o forse mai, possa ritrovarlo, quasi si trattasse di un “reperto” archeologico  riportato alla luce da un fortuito o intenzionale scavo virtuale o piuttosto ripescato  dalla massa liquida, informe,  omologante e soprattutto disumanizzante dello sterminato pelagus digitale.


Bibliografia

A. Burdick, J. Drucker, P. Lunenfeld, T. Presner, J. Schnapp, Umanistica digitale, Milano, Mondadori, 2014, pp.80-90.
D. de Kerckhove, Brainframes. Mente tecnologica, mercato, Baskerville, Bologna 1993.
L. Dibattista (a cura di), Storia della Scienza e Linguistica computazionale: sconfinamenti possibili, Milano, Franco Angeli, 2009, pp.30-60.
N. Negroponte, Essere digitali, Sperling  & Kupfer, Milano 1995.
 

Pubblicato il 20/09/2017

 

Note:

[1] N. Negroponte, Essere digitali, Sperling  & Kupfer, Milano 1995.

[2] D. de Kerckhove, Brainframes. Mente tecnologica, mercato, Baskerville, Bologna 1993.

[3] L. Dibattista (a cura di), Storia della Scienza e Linguistica computazionale: sconfinamenti possibili, Milano, Franco Angeli, 2009, pp.30-60.

[4] A. Burdick, J. Drucker, P. Lunenfeld, T. Presner, J. Schnapp, Umanistica digitale, Milano, Mondadori, 2014, pp.80-90.