Il presente contributo rielabora l’intervento da me tenuto in occasione del Seminario di restituzione della proposta formativa dell’Adi-sd Marche per l’anno 2022/23.
Ho infatti avvertito, e avverto tuttora, l’urgenza di condividere con quanti hanno a cuore i percorsi formativi dei giovani, sia nella scuola sia nel mondo accademico; interrogativi e difficoltà che sperimento come docente, nella prospettiva di sondare la possibilità di un'azione comune per non restare passivi osservatori di trasformazioni in atto che, a mio avviso, richiedono attenta vigilanza e lucidità critica.
In un tempo di fughe nostalgiche verso parole d’ordine di rigore e merito o, all'opposto, di fede cieca verso innovative pratiche didattiche à la page, ritengo quanto mai essenziale che un docente sappia stare responsabilmente nella complessità di questo nostro tempo: non deve certo avere risposte e soluzioni pronte all’uso (sempre a rischio di semplificazioni ideologiche e metodologiche), ma accettare di abitare questa complessità, contattarla, lui in primis, per poi provare ad offrire ai propri studenti strumenti conoscitivi e critici affinché, a loro volta, essi sappiano prenderne coscienza e attrezzarsi per stare in essa. La letteratura è una delle chiavi di accesso a questa complessità, ne sono profondamente convinta. Benché sovente a noi docenti di lettere, anche per la percezione dei colleghi di altre discipline, si chieda di essere una sorta di tuttologi, il proprium della nostra professionalità, e anche della nostra passione, è offrire uno sguardo sulla vita e sulla storia (recente, passata o remota che sia) attraverso la pagina letteraria, conil suo linguaggio, la sua dimensione simbolica, evocativa o mimetica.
Il prof. Emanuele Zinato, in una conferenza a Civitanova Marche del 20 gennaio 2023, proponeva di guidare gli studenti alla scoperta degli inserti saggistici presenti in opere narrative di Italo Calvino mediante “saggi di lettura” di brani antologici di testi calviniani. Un saggio di lettura presuppone, così almeno io lo intendo, che ci siano momenti di lettura “altra”, di lettura magari meno puntuale del testo: si leggono insieme, in classe, pagine di Calvino perché i ragazzi abbiano l’opportunità di compiere una lettura autonoma, una esplorazione meno “strutturata”, nella fiducia che ciò che noi insegnanti abbiamo aiutato a vedere in quel testo, sia intravisto o anche solo vagamente intuito in altri passi calviniani.
E qui vengo al primo nodo della mia riflessione: i nostri studenti riescono davvero ad approcciare un testo letterario, anche solo di media difficoltà, senza la nostra mediazione? Io constato una crescente fatica, che mi inquieta e mi preoccupa, perché mi rendo conto con sgomento che molti testi non parlano più a loro. Quando assegno ai miei alunni, anche quelli più adulti, un testo da leggere in autonomia, non necessariamente un intero romanzo, anche solo un racconto oppure un brano antologico, so bene che in una classe di 25 ragazzi almeno sette non lo leggeranno affatto ed altri dieci lo leggeranno senza capirlo del tutto. Ma quei sette sono degli irriducibili scansafatiche?
Alcuni senz’altro... Eppure ogni insegnante d’esperienza sa bene che dietro a certe “rese” preventive c’è un senso di inadeguatezza: lo studente rinuncia in partenza, se leggere tre pagine di Pirandello gli richiede un’ora di tempo perché quel testo è irto di parole che gli risultano inintelligibili (non solo di per sé, ma anche nel contesto), perché tutto è solo frammento e lui, senza l’aiuto di qualcuno, non è capace di rimettere assieme “i pezzi” del puzzle.
Le mie lezioni di letteratura sempre più spesso sono diventate questo faticosissimo lavoro di mediazione per ricostruire un senso, aiutare a passare dal dettaglio all’insieme e ancora dall’insieme al dettaglio, anche per aspetti del testo che solo pochi anni fa non chiedevano una mediazione così massiccia, così importante nel merito e nel tempo dedicato (recentemente ho dovuto spiegare in una classe quinta liceale la parola “frange”…). Insomma, i ragazzi hanno bisogno di un esperto navigatore per non annegare nel testo.
Credo sia quindi fondamentale, in quanto docenti di letteratura, confrontarci su questa problematica molto schiettamente e provare ad individuare soluzioni e strategie (se esistono) oppure prendere atto che l’era dei social, dei tiktoker e degli youtuber (ammesso e non concesso che questa sia la causa del fenomeno) sta rendendo la maggior parte dei ragazzi incapaci di “stare”, fermarsi, dimorare nella pagina letteraria, a meno di essere sostenuti, accompagnati dai docenti, con un tutoraggio che si deve fare sempre più minuzioso e che richiede tempi lunghi e distesi, molto poco conciliabili con i ritmi frenetici della scuola degli ultimi anni.
Secondo nodo: che cosa plasma l’immaginario dei nostri studenti? Non certo i testi letterari, perché pochi di loro sono lettori. A mio avviso, la questione dell’immaginario è molto importante, in quanto è di lì che spesso passa la possibilità di collocare le realtà, anche lontane, che i testi letterari fanno loro incontrare. Ricondurre al familiare, per quanto possibile, ciò che avvertiamo come “strano”, “diverso”, “distante”, è il primo passo che ci rende disponibili all’incontro, non nell’annullamento di quella diversità, ma nel suo accoglimento in uno spazio che è già nostro. Fino ad un decennio fa questo aggancio con l’immaginario dei ragazzi risultava tutto sommato ancora percorribile: certo, nessuno di loro era cresciuto, come noi adulti della generazione X, a pane, marmellata, robot, e telefilm americani, però molti ancora andavano al cinema e in una classe pochissimi non avevano idea di chi fossero Severus Piton oppure Obi-Wan Kenobi, Forrest Gump o Neo, Indiana Jones o Rocky, D’Artagnan o Dracula. Oggi i riferimenti dell’industria culturale dell’intrattenimento si sono moltiplicati e, assieme alle piattaforme digitali on demand, rendono difficilissimo, talora impossibile, risalire ad un immaginario condiviso. Anche in questo caso, si impone l’esperienza del frammento, che resta drammaticamente tale.
Alcune attività, proposte ai miei studenti, di esplorazioni di temi in canzoni o serie tv mostrano inequivocabilmente che lo specchio è andato in mille pezzi: ciò che cita l’uno è appena noto all’altro, se non del tutto sconosciuto (per non parlare dello smarrimento della sottoscritta). E se lo specchio è andato in frantumi (non ci avventuriamo ora nell’interrogativo se ciò sia un bene o un male, constatiamo il fatto) la risposta alla domanda “che cosa plasma l’immaginario dei nostri studenti?” resta per me urgente, perché non so dove mettere, nello “scaffale” dei loro eroi e delle loro eroine, l’inesperto Andreuccio da Perugia, il paladino Orlando, la sfuggente Angelica, il malinconico Tancredi, l’appassionato Jacopo Ortis.
Ultimo nodo: come accompagnare gli studenti a sentire “vicino” il testo letterario senza “usarlo”? Per chiarire il concetto, riferisco una personale esperienza: alcuni anni fa, mentre sfogliavo libri di testo allo scopo di vagliare una nuova adozione del manuale di letteratura, mi sono imbattuta in un “compito di realtà” (come tale era presentato) in cui si chiedeva ai ragazzi di preparare un depliant turistico della Sicilia partendo dalla novella Rosso Malpelo. Quell’esercizio mi è apparso letteralmente una profanazione di un testo unico, straordinario, che, per ciò che racconta e per come lo racconta, non può essere “usato”. Che altro possiamo fare se non stare anche noi (e i nostri ragazzi) sulla sciara insieme a Malpelo e Rannocchio, a guardare le ossa spolpate del Grigio e ad interrogarci sulla vita e sulla morte? Questo non basta, forse? Agli occhi di qualcuno, di chi ha pensato quel compito, ad esempio, è troppo o è troppo poco? Certo nessuno di noi svolgerebbe questa professione, se i nostri insegnanti ci avessero fatto preparare un depliant turistico… Noi ci siamo lasciati ferire da quella storia (e da altre) e per questo, a 19 anni, abbiamo deciso che, senza letteratura, la vita ci stava stretta.
Si tratta senza dubbio di un caso limite, ma credo possa essere illuminante per farci riflettere: la letteratura “serve” per “fare qualcosa”? Dobbiamo giustificare agli occhi dei nostri studenti, con una attività altra, ulteriore, che non scaturisca naturaliter dal testo, la lettura di una pagina di Verga o di Sciascia o di Calvino o di un canto dantesco o di una lirica di Petrarca, Pascoli e Leopardi? Quando il conte Ugolino dice a Dante in Inferno XXXIII, vv. 40-42 «Ben se’ crudel, se tu già non ti duoli / pensando ciò che ’l mio cor s’annunziava; / e se non piangi, di che pianger suoli?» non sta parlando solo a Dante, ma anche a noi. Anche noi dobbiamo piangere, null’altro che piangere, a quell’ascolto.
Troppo spesso, temo, le proposte didattiche che ci vengono rivolte ci orientano invece a stimolare attività “estroflesse” sui testi di letteratura, veicolando l’idea (pericolosa, a mio avviso) che occorra appunto una giustificazione altra perché quel testo “sia utile” o che vada ancorato alla realtà e si trasformi in competenza spendibile nella società e nel mondo del lavoro oppure che da esso debba scaturire un “prodotto”.
Nel gennaio 2023 il prof. Roberto Mancini, in occasione di una conferenza su Etty Hillesum presso il liceo in cui insegno, ha fatto un’affermazione per me densa di significato: ha detto che la scuola dovrebbe prendersi cura dell’anima dei ragazzi. Ciascuno di noi può dare alla parola “anima” la valenza che ritiene, credo sia comunque chiaro cosa il filosofo intendesse dire.
Aiutiamo dunque gli studenti, con la nostra fantasia e la nostra capacità di mediazione, ad abitare con noi quei testi letterari che ci hanno parlato e continuano a parlarci proprio perché la forza del linguaggio poetico e narrativo apre domande vitali e mette in contatto ciascuno di noi con ciò che riconosciamo come umano, oltre le distanze spaziali e temporali. Non esiste orientamento più essenziale: l’essenza stessa dell’orientarsi è il conoscersi.
Se, come docenti di letteratura, ci facciamo passivamente soggiogare da logiche altre, che perseguono fini altri, rischiamo di lasciare ancora di più disarmati i ragazzi di fronte alla complessità del postmoderno.
Bibliografia
1. E. ZINATO, Le risorse didattiche del criptosaggismo di Calvino, in Italo Calvino. La ragione di fronte al labirinto, Civitanova Marche, Liceo “L. Da Vinci”, 20 gennaio 2023.
2. R. MANCINI, Conversazione con gli studenti del Liceo Campana su Etty Hillesum, Osimo, Liceo “Campana”, 28 gennaio 2023.