Giorgia Totola - Sognare i Classici insieme ad Antonio Tabucchi

Figlio, disse la vecchia, ascolta, così non può andare,

non puoi vivere da due parti, dalla parte della realtà e

dalla parte del sogno, così ti vengono le allucinazioni.

 

ANTONIO TABUCCHI, Requiem

 

 

Parole chiave: sogni; sognatori; classici; Apuleio;  Dedalo; Ovidio; Tabucchi

 

            Questa proposta didattica si prefigge di analizzare Sogni di sogni di Antonio Tabucchi, concentrandosi principalmente sui racconti associati all'antichità.

            Nella prima parte si è pensato di soffermare l'attenzione sulla dimensione onirica offerta dall’autore nella sua produzione letteraria: muovendo dalla prospettiva classica, si può notare come in Tabucchi la presenza del fenomeno onirico sia sempre più costante e raggiunga la massima espressione in Requiem e in Sogni di sogni.

            Nella seconda parte l'analisi si concentra principalmente su Sogni di sogni, evidenziandone le peculiarità: la scelta dell'editore, del racconto, del titolo e dei personaggi. Nell'opera si può riscontrare anche una notevole stratificazione di livelli, generata dal recupero della fiaba e dall'utilizzo dei peritesti.

            Nella terza parte, infine, è proposta la lettura di tre sogni connessi con il mondo classico: Sogno di Dedalo, architetto e aviatore; Sogno di Publio Ovidio Nasone, poeta e cortigiano; Sogno di Lucio Apuleio, scrittore e mago. La scelta dei racconti è stata dettata non solo da un interesse personale per il mondo classico, ma anche dall'esigenza di circoscrivere l'oggetto dello studio: l'opera prevede venti sogni di venti personaggi storici appartenenti a epoche differenti; limitare l'analisi agli unici tre sognatori dell'antichità è sembrata la selezione più ragionevole per esigenza di omogeneità. Non manca, però, un'appendice dedicata al sogno di Fernando Pessoa per il ruolo che il poeta portoghese ha ricoperto nella produzione letteraria di Antonio Tabucchi.

 

1. Antonio Tabucchi e la dimensione onirica

 

            Il sogno è una costante nella produzione letteraria di Antonio Tabucchi: da Piazza d'Italia a Si sta facendo sempre più tardi la dimensione onirica costituisce un elemento distintivo di quest'autore. Nel sogno Tabucchi scardina le usuali leggi di successione spazio-temporale e mescola la realtà con la fantasia. Anche in Sostiene Pereira, in una scrittura storico-realistica, il sogno è presente ed è una maschera narrativa in grado di stimolare la fantasia del lettore.

            Secondo la visione moderna, il sogno appartiene all'ambito privato: il contenuto del sogno riguarda esclusivamente l'inconscio dell'individuo che sogna. Tutto il resto (apparizioni di defunti, numeri, etc.) è relegato nella sfera della superstizione e delle credenze popolari.

            Nella cultura greco-romana, invece, il sogno assumeva una dimensione collettiva: nella vita quotidiana il vero problema era l'interpretazione dei sogni che coinvolgeva l'intera comunità:

 

La storia dei sogni accompagna la storia degli uomini. Da quando ha imparato a raccontarsi, l'uomo racconta i suoi sogni, attribuendo al fatto di sognare motivazioni diverse. L'interpretazione delle interpretazioni dell'attività di sognare potrebbe costituire un'interpretazione della civiltà dell'uomo.1

 

            Dai trattati della Grecia classica fino a l'Interpretazione dei sogni di Freud, l'uomo ha cercato di cogliere il significato della propria vita interpretando i segni dello stato notturno. Nel II sec. d.C, per esempio, gli antichi si affidavano ad Artemidoro e ai parametri proposti nel Libro dei sogni in cui l'autore, dopo aver distinto i sogni profetici (ὄνεροι) dalle semplici visioni (ἐνύπνια), attua un’ulteriore classificazione e, fra i sogni veri, discerne quelli diretti e chiari (θεωρηματικοί) da quelli simbolici (ἀλληγορικοί) che necessitano di un'interpretazione.2 Nel Commento al Sogno anche Macrobio riprende la classificazione di Artemidoro e la articola in cinque diverse tipologie: tra i sogni profetici individua il somnium (sogno da interpretare), l'oraculum (apparizione in sogno di un personaggio autorevole che pronuncia una profezia) e la visio (visione di ciò che accadrà); tra le semplici visioni colloca, invece, l'insomnium (sogno che riproduce gli affanni dello stato di veglia) e il visum (stato intermedio tra la veglia e il sonno).3

            Per certe culture collegare i propri sogni a eventi accaduti ha una funzione terapeutica e permette di attribuire un significato a ciò che sembrerebbe arbitrario e assurdo. Qualora l'evento sognato dovesse verificarsi a posteriori, il sogno assumerebbe, invece, una valenza divinatoria. In entrambi i casi, l'interpretazione del fenomeno onirico è sempre associata all'esistenza dell'uomo.

            Per Tabucchi, i sogni hanno lasciato tracce nella Storia; la letteratura se n'è impossessata e le ha tramandate ai lettori «in totale libertà»:

 

Si conoscono sogni che hanno cambiato il corso della Storia (il sogno di Costantino), e sogni per mezzo dei quali si è tentato di cambiarlo (il sogno di Scipione). [...] E che i sogni significhino tutto (Freud) o non significhino niente (Caillois: ed anche questa è un'interpretazione), che siano fatti di materia vissuta o di materia appartenente ad una dimensione “altra”, è semplicemente raccontandoli che la letteratura, in totale libertà, li ha proposti ai suoi oniromanti: cioè a noi tutti, i lettori.4

 

            La scrittura è veicolo di conoscenza per l'uomo e permette di trasportare il lettore in mondi lontani. Classificare il sogno e/o interpretarlo con la psicologia del profondo sarebbe riduttivo.5

            Tabucchi si serve spesso del sogno: nelle sue opere la presenza del fenomeno onirico diviene sempre più costante e raggiunge la massima espressione in Requiem e in Sogni di sogni. In Piazza d'Italia e nei primi racconti di Tabucchi il sogno è uno degli espedienti narrativi ed è ancora molto legato alla realtà e agli stimoli fisici.6 Solo nella produzione successiva dell'autore il sogno rappresenta l'elemento fondante e diviene un tutt'uno con l'opera stessa. Nella Nota introduttiva a Requiem, per esempio, Tabucchi afferma che il romanzo, oltre a essere «una “sonata” è anche un sogno, nel corso del quale il [...] personaggio si trova a incontrare vivi e morti sullo stesso piano: persone, cose e luoghi che avevano bisogno forse di un'orazione, un'orazione che il [...] personaggio ha saputo fare solo a suo modo: attraverso un romanzo».7 Sin dall'incipit il lettore è introdotto, insieme al protagonista, in un mondo onirico, popolato da personaggi riconducibili al mondo reale (il drogato, lo Zoppo della Lotteria, il Tassista, la Zingara), ma descritti in situazioni paradossali e assurde.

            In Requiem si avvia anche il gioco della finzione letteraria e dell'intertestualità: lo Zoppo della Lotteria, ripreso dal Libro dell'inquietudine di Pessoa, si avvicenda da un libro a un altro, accrescendo la dimensione onirica come referente della narrazione:

 

Domani c'è l'estrazione, disse una voce, non vuole comprare una cartella? Aprii gli occhi. Era un omettino sui settanta, vestiva modestamente ma aveva nel volto e nei modi l'aria di un decoro perduto. Avanzò zoppicando nella mia direzione ed io pensai: lo conosco questo tipo, e poi gli dissi: un momento, noi ci siamo già visti da qualche parte, lei è lo Zoppo della Lotteria, altroché se l'ho incontrata. Dove?, chiese l'uomo sedendosi sulla mia panchina con un sospiro di sollievo. Non so, dissi io, ora come ora non saprei dire, ho un'impressione assurda, l'idea di averla incontrata dentro un libro, ma forse sarà il caldo o la fame, a volte il caldo e la fame fanno di questi scherzi. [...] il problema è che neanche so perché mi trovo qui, è come se fosse un'allucinazione, [...] ah, adesso mi ricordo, era Il Libro dell'Inquietudine, lei è lo Zoppo della Lotteria che rompeva inutilmente le scatole a Bernardo Soares, ecco dove l'ho incontrata.8

 

            Il tema dell'intertestualità è ripreso e si complica in Sogni di sogni, in cui l'autore sceglie venti personaggi famosi e li fa sognare nella dimensione del racconto.9 Nel libro Tabucchi riutilizza e corregge le creazioni altrui in uno scambio letterario reciproco, che implica nostalgia e devozione.10 Egli recupera il passato, se ne appropria e lo “supera” con la sua esperienza culturale.11 In tal modo, Tabucchi affida al sogno il compito di confondere il lettore e di tracciare una sorta di mappa culturale in cui perdersi come in un labirinto.

 

2. Sogni di sogni: uno sguardo d’insieme

 

            Sogni di sogni rappresenta, insieme a Requiem, il nucleo costitutivo della dimensione onirica proposta da Antonio Tabucchi nella sua produzione narrativa. Edito da Sellerio nel 1992, il libro è caratterizzato da venti brevi racconti, in cui l'autore sogna e riporta i sogni di venti personaggi famosi appartenenti a epoche diverse.12

                   Tabucchi afferma di avere iniziato l'opera qualche anno prima della pubblicazione, scrivendo due sogni, Dedalo e Rimbaud, e di averla conclusa solo in seguito.13  La stessa scelta della casa editrice è significativa per comprendere l'entità della creazione artistica: nel 1993 Tabucchi dichiara di pubblicare per Sellerio i suoi "rumori di fondo", «un po' per esorcizzarli, un po' per vederli trasformati in un oggetto più inerte che è il libro, che forse fa meno male del ronzio che ci accompagna durante la giornata».14

            Ancora una volta, Tabucchi predilige il racconto rispetto al romanzo, perché lo ritiene un fatto consustanziale della tradizione italiana: la stessa letteratura italiana è fondata sul racconto, dal Novellino e dal Decameron fino a Novelle per un anno di Pirandello. Per l'autore il racconto è una misura speciale, una sorta di forma chiusa, un po' come il sonetto in poesia.15

            Nonostante raggiunga la massima notorietà con due romanzi, Sostiene Pereira (Milano, Feltrinelli, 1994) e La testa perduta di Damasceno Monteiro (Milano, Feltrinelli, 1997), anche in seguito Tabucchi continua a scegliere per i suoi libri misure brevi raffinatissime, decretando, in tal modo, la fine di un'epoca caratterizzata da romanzi grandi non solo per estensione, ma anche per prospettiva di vita. Egli non ha mai negato di costruire le proprie storie, muovendo spesso da dettagli apparentemente irrilevanti, carpiti occasionalmente anche dai discorsi della gente:16 anche ne Il tempo invecchia in fretta (Milano, Feltrinelli, 2009), l'autore suggerisce al lettore spunti di riflessione sull'esistenza, concentrando l'attenzione sui piccoli dettagli della vita.17

            Antonio Tabucchi risolve, con una breve battuta, la scelta del titolo: «I sognatori del mio libro non sono personaggi di romanzo, ma persone realmente esistite. Io ho finto che essi ci raccontassero un sogno, mi sono messo al loro posto: per questo sono “sogni di sogni”».18 Tabucchi sogna e riferisce i sogni di personaggi noti realmente esistiti e, ancora una volta, unisce in un'opera narrativa finzione (i sogni) e realtà (i personaggi).19

            Già Fernando Pessoa aveva utilizzato tale espediente narrativo ne Il marinaio, in cui  tre Vegliatrici, in questo caso prive di identità, vivono la notte raccontandosi a vicenda i propri sogni. Una Vegliatrice sogna un marinaio che sogna una patria mai avuta. Ad un certo punto, però, il marinaio sparisce, forse esce dal sogno e, quindi, dalla finzione, lasciando le tre donne e il lettore nel dubbio:

 

PRIMA VEGLIATRICE: Ma cosa accadde dopo?

SECONDA VEGLIATRICE: Dopo? Dopo che? Dopo significa qualche cosa?... Arrivò un giorno una nave... Arrivò un giorno  una nave... -  sì, sì, può essere stato solo così... - Arrivò un giorno una nave e passò da quell'isola, ma il marinaio non c'era più...

TERZA VEGLIATRICE: Forse era ritornato in patria. Ma in quale?

PRIMA VEGLIATRICE: Sì, in quale? E che cosa ne sarà stato di lui? Qualcuno mai lo saprà?20

 

In tale contesto Pessoa riprende Shakespeare e ne rispetta la grammatica, il play within the play within the play con il quale lo scrittore inglese rappresenta la finzione della vita nella finzione teatrale21.

            Gli interrogativi sollevati dalle Vegliatrici coinvolgono il lettore in una sorta di gioco proposto da Pessoa e segnalato al lettore dallo stesso Tabucchi nel commento a Il marinaio: «Quale è questa patria sulla quale Pessoa non vuole dirci altro? Ha qualche significato questa interrogazione dal sapore di un indovinello con la quale il dramma si conclude? [...] accettiamo di giocare all'apparente sciarada che Pessoa ci propone e vediamo di capire il meccanismo grazie al quale il Marinaio riesce a scomparire».22

            Tabucchi associa la condizione del marinaio a quella del prigioniero rinchiuso in una cella sulla quale si aprono due porte: la prima conduce alla libertà, la seconda al patibolo. Entrambe le porte sono custodite da due guardiani: l'uno dice sempre la verità, l'altro dice sempre le menzogne. Per salvarsi, il prigioniero può formulare una sola domanda a un solo guardiano (quale sia la porta che, secondo il collega, conduce alla salvezza o al patibolo) e, una volta ottenuta la risposta, scegliere la porta opposta: per arrivare alla verità, il prigioniero deve elaborare il processo in senso inverso, applicando il “gioco del rovescio”. Per Tabucchi, anche il marinaio, che è sogno di un sogno, può liberarsi nello stesso modo, sovvertendo il sogno e sognando chi lo sogna:

 

[...] sognando, il Marinaio evade dal sogno come dalla bocca di un imbuto, chiude il circolo, si dissolve; e dissolvendosi fa dissolvere con l'alba coloro che sognandolo lo fecero sognare. La sciarada è risolta, il racconto è finito. Che lo consideriamo fuggito al Tempo o alla Spazio o che lo vogliamo addormentato/morto fra gli scogli dell'isola, il Marinaio ha risolto comunque il mistero e ha raggiunto la dimensione della sua patria: sia essa un archetipo inconscio, una dimensione  «altra» o il Nulla, che forse è patria più idonea ai sogni che noi siamo.23

 

            Il Marinaio di Pessoa riesce, quindi, a salvarsi e a raggiungere la dimensione della sua patria. Nell'onirismo anche i personaggi di Tabucchi raggiungono la loro patria: nel sogno essi ottengono uno stato di liberazione e di emancipazione esistenziale.24

            Anche Tabucchi realizza in Sogni di sogni l'idea suggerita da Shakespeare secondo cui l'arte ha il potere di unificare nel sogno reale e surreale: l'opera di Tabucchi evidenzia come il legame tra razionale e irrazionale si manifesti nella creazione artistica prefigurata nelle visioni notturne.25

            I sognatori di Tabucchi sono personaggi famosi, ricordati nei singoli racconti per l'opera più rappresentativa: Dedalo per la costruzione del labirinto, Caravaggio per La vocazione di San Matteo, Rabelais per Gargantua e Pantagruel, Goya per la Fucilazione, etc. L'autore attribuisce al sogno l'ispirazione dei capolavori, condividendo la natura profetica del sogno.

            I personaggi dei sogni si ritrovano protagonisti delle proprie opere realizzate (Apuleio parla con Lucio trasformato in asino, Ovidio è vittima di uno scandalo di corte, Cecco Angiolieri è punito per le sue offese, etc.) e sono rappresentati nella loro umanità; quindi, nella loro intrinseca debolezza. Infatti, Tabucchi predilige le creature  «zoppicanti esistenzialmente», la cui vita incompiuta possa essere riempita e ricostruita dalla letteratura:

 

Credo che le creature zoppicanti, le creature incompiute, le creature un po' emarginate specialmente da un punto di vista esistenziale, godano della mia preferenza. Non ho mai sentito una grande attrazione narrativa per le persone che nella vita hanno riscosso una pienezza, una compiutezza. Ho sempre forse preferito le persone appunto zoppicanti esistenzialmente, con una vita incompiuta, con una vita fatta di desideri, con una vita proiettata, con  una vita meno definibile, meno piena e meno compiuta.26

           

            In Sogni di sogni la tensione onirica si genera nel lato debole dei personaggi, rappresentati nella loro alterità esistenziale: il titolo di ogni racconto contiene un termine che connota l'aspetto umano di ciascun personaggio e produce una sequenza di bestemmiatori, di malfattori, di visionari, di oppiomani accanto a poeti, a scrittori e a pittori.27 Alla parola è affidato il compito di influenzare anche il passato (e non solo il futuro) e di offrire illusioni, per quanto labili, di realizzazione: Dedalo libera il Minotauro, Caravaggio incontra Dio, Leopardi ritrova Silvia sulla luna, etc.

            In Sogni di sogni è possibile riscontrare una notevole stratificazione di livelli, generata dal recupero della fiaba28 e dall'utilizzo dei peritesti.29

                  Tabucchi decide di raccontare i sogni altrui secondo la modalità del genere fiabesco, associando il contenuto dei racconti anche a echi culturali differenti: all'inizio del libro, per esempio, l'autore propone una citazione tratta da un'antica canzone cinese, che suggerisce di collocare le storie in un luogo in cui gli uomini possano intrecciare le loro vite e vivere i sogni degli altri:

 

Sotto il mandorlo della tua donna, quando la prima luna d'agosto sorge dietro la casa, potrai sognare, se gli dèi sorridono, i sogni di un altro.

 

            All'esergo Tabucchi affianca un altro segnale paratestuale, costituito dalla Nota introduttiva e utilizzato dall'autore con la finalità di continuare a evocare il gioco finzione - realtà e di suggerire le coordinate geografiche lungo le quali procedere nella lettura:

 

Mi ha spesso assalito il desiderio di conoscere i sogni degli artisti che ho amato. Purtroppo quelli di cui parlo in questo libro non ci hanno lasciato i percorsi notturni del loro spirito. La tentazione di rimediare in qualche modo è grande, chiamando la letteratura a supplire a ciò che è andato perduto. Eppure mi accorgo che queste narrazioni vicarie, che un nostalgico di sogni ignoti ha tentato di immaginare, sono solo povere supposizioni, pallide illusioni, implausibili protesi. Che come tali vengano lette, e che le anime dei miei personaggi, che ora stanno sognando dall'Altra Parte, siano indulgenti con il loro povero postero.

 

           Secondo Tabucchi, forse è possibile chiamare  «la letteratura a supplire a ciò che è andato perduto»: in Sogni di sogni i morti ritornano a vivere nello spazio fittizio della narrazione e si esprimono come se fossero vivi.30  In tal modo, la letteratura può contribuire ad aggiungere qualcosa che prima non esisteva.31

           I piani temporali si moltiplicano, infine, con le biografie dei personaggi che inquadrano storicamente i sognatori e che creano la sovrapposizione tra verità (la vita realmente vissuta da ciascun protagonista) e finzione (l'altra vita immaginata da Tabucchi).32

            Il rapporto tra realtà e fantasia non è, però, lineare e porta alla circolarità: alla fine della narrazione il gioco letterario può essere ripreso senza soluzione di continuità:

 

Quello che è stato torna, bussa alla nostra porta, petulante, questuante, insinuante. Spesso reca un sorriso sulle labbra, ma non bisogna fidarsi, è un sorriso ingannatore. E intanto noi viviamo, o scriviamo, il che è lo stesso in questa illusione che ci conduce.33

 

3. Sogni di sogni e il mondo classico

 

            Sogni di sogni raccoglie, in una forma originale e nuova, venti visioni notturne di personaggi cari all'autore. In tale opera Tabucchi propone una sorta di percorso letterario dall'antichità al Novecento, intrecciando una fitta rete di fonti. È come se lo scrittore mettesse in gioco se stesso, emancipando la propria scrittura rispetto a quella della tradizione precedente.34 Non è un caso riscontrare in molti racconti la ricerca della libertà da parte dei sognatori e, quindi, anche da parte della stesso Tabucchi: nel Sogno di Dedalo, per esempio, il protagonista trova una soluzione per il  Minotauro, imprigionato nel palazzo, e per se stesso, gravato dal rimorso della morte del figlio; nel Sogno di Apuleio Lucio scrittore libera l'amico Lucio, imprigionato in sembianze ferine. Sin dai primi racconti, si percepisce la necessità di scovare una via d'uscita da quel labirinto intertestuale.35

 

Sogno di Dedalo, architetto e aviatore

 

            Quasi tutti i sogni cominciano nello stesso modo: con una data, con il nome del sognatore, con la sua sintetica presentazione e con un'espressione formulare, più o meno, simile ( «Fece un sogno» o  «Sognò che/di»).36 I  sognatori presenti nel libro compaiono in ordine cronologico e, tranne Dedalo, sono tutti personaggi storici, inquadrati brevemente da Tabucchi nell'appendice conclusiva.37

            Dedalo è il primo sognatore a comparire: egli è un personaggio mitologico e, in quanto tale, non collocabile storicamente.38 La sua collocazione all'inizio dell'opera sembra funzionale e permette di introdurre il lettore in un’atmosfera onirica di sospensione, supportata anche dalla breve presentazione fornita dall'autore nell'apparato biografico: «DEDALO Architetto e primo aviatore, è forse un nostro sogno».39

             Dedalo sogna di essere in un palazzo immenso e di percorrerne affannosamente i corridoi senza sbocco. Ad un certo punto, egli si ritrova in una sala, splendidamente decorata, in mezzo alla quale vi sono un ampio letto e, sul bordo del letto, in lacrime, un uomo con la testa di toro. Dopo aver conosciuto il motivo dello sconforto ( «Piango perché sono innamorato della luna [...] non posso raggiungerla perché sono imprigionato in questo palazzo»)40, Dedalo si commuove e si offre di aiutare l'uomo.

            Tabucchi evita accuratamente di nominare il Minotauro (in tutto il racconto lo chiama con l'appellativo di “uomo bestia”) e  lo descrive come  «un uomo snello, dalle agili e giovanili fattezze», contrariamente a quanto tramandato dalla tradizione mitologica.41 Egli capovolge e umanizza il mito proprio come capovolge e umanizza gli altri “mostri sacri” del libro.42

            La dimensione a-temporale e la natura fantastica del mito consentono all'autore di spostare l'attenzione del lettore nella finzione letteraria e di dare spazio a un'interpretazione che non si esaurisce nel testo.43 Non è permesso capire quando sia avvenuto precisamente il sogno di Dedalo; senza dubbio, dopo la fuga da Creta e dopo la morte del figlio Icaro. L'architetto ricorda il palazzo, prima in maniera confusa ( «Quella sala la ricordava, ma non ricordava perché la ricordava»)44, poi in maniera più lucida ( «Ora Dedalo ricordava, e era felice di ricordare. Sotto i cespugli aveva nascoste penne e cera. Lo aveva fatto per sé, per fuggire dal palazzo»).45 È come se Dedalo rivivesse i momenti di prigionia e sostituisse la figura di Icaro con quella del Minotauro, applicando all'uomo-bestia un paio di ali da utilizzare per volare fino  alla luna.46

            Marco Cipriani introduce una lettura psicoanalitica del mito, forse avvalorata anche dalla presenza di Freud alla fine di Sogni di sogni47: «La compassione dimostrata verso il Minotauro consente anche una diversa lettura del sogno: la rinuncia alla fuga e la prigionia stessa dell'architetto sono indotte dal senso di colpa per essere stato artefice dell'isolamento, delle sofferenze e, forse, della morte stessa del mostro.».48 Non si deve trascurare, però, il commento di Tabucchi riguardo al rapporto letteratura-psicoanalisi:

 

L'idea della letteratura soltanto come un freudiano “ritorno del rimosso” mi pare di una semplificazione di una banalità esasperante. Che mancanza di rispetto per il nostro Inconscio postulare che il “represso” riemerga in letteratura. L'inconscio merita indubbiamente una considerazione più reverenziale, e anche la letteratura, che diamine, altrimenti sembra di giocare una partita di ping pong.49

 

            L'interesse di Tabucchi per Freud sembra, quindi, soprattutto di natura letteraria: nel 1993 l'autore dichiara la propria simpatia nei confronti del dottor Freud che ritiene un  «grande romanziere».50 Tale convinzione è confermata anche nell'apparato biografico di Sogni di sogni in cui Tabucchi afferma come i Casi clinici di Freud possano  «essere letti come ingegnosi romanzi».51

            Il sogno di Dedalo si conclude con il volo del Minotauro:

 

La notte è lunga, disse, la luna mostra la sua faccia e ti aspetta, puoi volare fino a lei.

L'uomo-bestia si girò e lo guardò con i suoi occhi miti di bestia. Grazie, disse.

Vai, disse Dedalo, e gli dette una spinta. Guardò l'uomo bestia che si allontanava con ampie bracciate nella notte, e volava verso la luna. E volava, volava.52

 

            La sostituzione di Icaro con il Minotauro implica inevitabilmente un cambiamento di prospettiva del mito classico: al sole, responsabile della morte di Icaro, si sostituisce la luna, associata alla notte e all'attività onirica; mentre l'uomo-bestia riesce a volare fino alla luna incoraggiato dallo stesso Dedalo, Icaro soccombe per aver disubbidito alle raccomandazioni del padre e per essersi avvicinato troppo al sole. Di Teseo, infine, nessuna traccia.

 

Sogno di Publio Ovidio Nasone, poeta e cortigiano

 

            Il secondo sogno è dedicato al poeta Ovidio, vissuto in età augustea (43 a.C – 17/18 d.C)53 e relegato a Tomi, sul Mar Nero, nell'8 d.C., in seguito all'improvviso provvedimento punitivo di Augusto.54 Ovidio muove i primi passi sotto il principato augusteo, anche se non aderisce fedelmente al gusto e alla sensibilità del tempo: egli conduce abilmente un gioco di generi e di sottili allusioni.55

            Il racconto di Tabucchi si apre, come gli altri, con i dettagli del tempo e del luogo in cui si effettua il sogno e, in poche righe, sintetizza le problematiche fondamentali associate al poeta, quelle dell'esilio, della conseguente sofferenza e della metamorfosi.56

            Dopo l'indicazione  topica  puntuale («A Tomi, sul Mar Nero»), Tabucchi  fornisce al lettore un dettaglio cronologico parziale:  «una notte del 16 gennaio dopo Cristo», ossia il 16 gennaio di un anno imprecisato. Senza dubbio, il sogno deve essere collocato dopo la relegatio, avvenuta l'8 d.C. per volere di Ottaviano Augusto. Poiché non è specificato l'anno, non si riesce, quindi, neppure a stabilire chi sia «il Cesare» nominato da Tabucchi, se si tratti di Ottaviano Augusto, morto nel 14 d.C., o del successore Tiberio, durante il cui principato avviene la morte di Ovidio.57

            Nel sogno Tabucchi riporta Ovidio a Roma e lo trasforma in una grande farfalla, come se fosse un personaggio delle Metamorfosi. La farfalla-Ovidio giunge in patria su un cocchio ed è accolta da una folla plaudente, che la scambia per una divinità orientale. Compreso l'equivoco, Ovidio desidera rivelare la propria  identità, ma si rende conto di non riuscire più a utilizzare il linguaggio verbale solo quando apre la bocca: «Dalla sua bocca uscì uno strano sibilo, un fischio acutissimo e insopportabile che obbligò la folla a mettersi le mani sugli orecchi».58

            Da questo momento il sogno di Ovidio, di compiacere all'imperatore e di essere riaccolto in patria, si trasforma in un incubo: giunto al palazzo imperiale, il poeta, in grado di emettere solo un sibilo di insetto, decide di comunicare i suoi versi al Cesare con un balletto, suscitando, però, un vento fastidioso e la conseguente ira dell'imperatore.59 A questo punto, il Cesare chiama i pretoriani e ordina loro di tagliare le ali a Ovidio: «Non poteva sopportare che quell'insetto indecente eseguisse davanti a lui quel femmineo balletto».60 I soldati eseguono l'ordine e mozzano le ali del poeta. Così, disprezzato e allontanato dall'imperatore, Ovidio torna in esilio, privato delle ali, ossia della possibilità di compiacere ai Cesari con la propria poesia:

 

Le ali caddero a terra come se fossero molli piume e Ovidio capì che la sua vita finiva in quel momento. Mosso da una forza che sentiva essere il suo destino, fece dietro-front e ondeggiando sulle sue atroci zampe ritornò sulla terrazza del palazzo. Sotto di lui c'era una folla inferocita che reclamava le sue spoglie, una folla avida che lo aspettava con le mani furiose.

 E allora Ovidio, ballonzolante, scese le scale del palazzo.61

 

Sogno di Lucio Apuleio, scrittore e mago

 

            Anche nel sogno di Apuleio Tabucchi propone il tema della metamorfosi.62 In effetti, sia Apuleio sia Ovidio sono accomunati da un'opera intitolata Metamorphòseon libri.63

            Il sogno di Apuleio si apre con l'indicazione spazio-temporale e la consueta espressione formulare: «In una notte di ottobre del 165 dopo Cristo, nella città di Cartagine, Lucio Apuleio, scrittore e mago, fece un sogno».64 Apuleio sogna di passeggiare in una cittadina della Numidia e di assistere a uno spettacolo di saltimbanchi, durante il quale vede dapprima un acrobata seminudo fingere di perdere l'equilibrio, poi una donna dai seni abbondanti, accompagnata dalla musica di un pifferaio, cavalcare e mimare pose oscene con la frusta. Vicino alle gabbie delle scimmie, un asino con le zampe all'aria esibisce il suo fallo in erezione. A questo punto, lo spettacolo diventa a pagamento: Apuleio estrae dalla borsa due monete d'argento e, insieme ai pochi rimasti, guarda il resto dello spettacolo, ossia la donna afferrare il fallo dell'asino e strusciarselo sul ventre. Avvicinatosi meglio, Apuleio sente l'asino emettere parole umane:

 

Sono Lucio, disse, non mi riconosci?

Quale Lucio?, chiese Apuleio.

Il tuo Lucio, disse l'asino, quello delle tue avventure, il tuo amico Lucio.

[...]

Questa strega mi ha fatto un maleficio, disse l'asino, mi ha imprigionato in queste sembianze, solo tu puoi liberarmi, tu che sei scrittore e mago.65

 

            Apuleio pronuncia allora una formula magica. Subito dopo, la ballerina si trasforma in una vecchia e, come per incanto, si dissolve nell'aria insieme a tutto lo spettacolo e a tutta la città. Improvvisamente, Apuleio si ritrova a Roma, in una splendida giornata di luce, a passeggiare chiacchierando con l'amico Lucio, cui rivela di avere fatto un sogno la notte precedente.66

            Alla conclusione del racconto, il lettore non può esimersi dal notare il salto spazio-temporale: il sogno inizia a Cartagine e si conclude a Roma. Dalle ultime battute si può ipotizzare una interpretazione dicotomica: immaginare Apuleio a Roma mentre racconta un sogno ambientato a Cartagine; oppure collocare lo stesso scrittore africano nella prima parte del sogno a Cartagine, nella seconda a Roma.67 Di conseguenza, anche la trasformazione di Lucio asino in Lucio amico avviene rispettivamente secondo due modalità: nel passaggio dal sogno alla realtà o nel sogno stesso.

            È interessante notare come nel titolo Tabucchi attribuisca ad Apuleio non solo l'appellativo di “scrittore”, ma anche quello di “mago”, senza tenere conto dell'assoluzione dall'accusa di magia, ottenuta dall'autore dopo il processo nel 158/159 d.C.68 Nel sogno Tabucchi accorda ad Apuleio la facoltà di liberare l'asino con un rituale, confermando, in tal modo, l'implicazione dello scrittore africano con le arti magiche: «Apuleio balzò verso il fuoco e afferrò un tizzone ardente, tracciò nell'aria dei segni, pronunciò le parole che sapeva di dover pronunciare».69 Si assiste, di nuovo, a un rovesciamento dei termini: mentre Apuleio-scrittore si è servito di tutta la sua capacità oratoria per difendersi dall'accusa infamante di mago, Tabucchi prende invece le distanze dal dato storico, ironizzando e trasformando Apuleio in un mago abile ed esperto.

            Ancora una volta, la forma onirica permette allo scrittore di offrire nuove modalità di approccio ai temi trattati: anche se il sogno non corrisponde perfettamente alla realtà, si avvicina a essa e, nell'alterità dell'inconscio, acquista la credibilità del lettore.  

 

Appendice

 

Sogno di Fernando Pessoa, poeta e fingitore

 

            In Sogni di sogni non poteva mancare una visione notturna dedicata a Fernando Pessoa, poeta cui Antonio Tabucchi era particolarmente legato.70

            In Un baule pieno di gente Tabucchi riferisce alcuni dettagli della vita di Pessoa, manifestando un certo disagio prima di effettuare "l'intrusione" nella biografia del poeta.71 Nell'apparato biografico di Sogni di sogni Tabucchi riporta, in sintesi, la vita di Pessoa, rispettando la volontà di un autore che ha gelosamente custodito la propria identità: Lisbona 1888-1935, Pessoa rimane orfano di padre da piccolo, viene educato in Africa del Sud, dove il suo patrigno è console del Portogallo; egli ha la consapevolezza di essere un genio e il timore di diventare pazzo come la nonna paterna. Sa di essere “plurale” e lo accetta, dando voce a molti poeti, il maestro dei quali è Alberto Caeiro, uomo di salute cagionevole, riservato e schivo, che vive con la vecchia prozia in una casa di campagna del Ribatejo. Pessoa è impiegato in ditte import-export come traduttore di lettere commerciali; nella sua vita ha un solo amore, Ophélia Queiroz, impiegata come dattilografa in una delle ditte in cui il poeta lavora. Il  «giorno trionfale» della sua vita è l'otto marzo 1914,  «quando i poeti che lo abitano cominciano a scrivere per sua mano».72

            Tabucchi introduce l'eteronimia di Pessoa come momento liberatorio e salvifico per il poeta portoghese, che sublima la propria infima condizione esistenziale nella molteplicità e nella letteratura.73 Le personal notes di Pessoa, redatte in inglese con uno stile scarno e impersonale, parlano di un uomo triste e solo, fino alla creazione del primo eteronimo, quello di Alberto Caeiro.74  Si tratta di un espediente finalizzato alla volontà di  «sentire e di sentirsi»:

 

Multipliquei-me para me sentir 

para me sentir, precisei sentir tudo,

transbordei, não fiz senão extravasar-me

despi-me, entreguei-me,

e há em cada canto da minha

alma um altar a um deus diferente

 

Mi sono moltiplicato per sentire

per sentirmi, ho dovuto sentire tutto,

sono straripato, non ho fatto altro che traboccarmi,

mi sono spogliato, mi sono dato,

e in ogni angolo della mia anima

c'è un altare a un dio differente.75

 

            Da questo momento, si assiste, pur nell'anonimato dell'eteronimia, a una rinascita non tanto personale, quanto letteraria del poeta portoghese.76

            Fernando Pessoa sogna di svegliarsi la notte del sette marzo 1914. La parte iniziale del racconto è puntuale nei dettagli relativi al presente, ma si offusca non appena l'attenzione si sposta sul privato e sull'infanzia in Sud Africa, a testimonianza della riservatezza del poeta riguardo a un periodo difficile vissuto in un paese remoto.77

            Dopo essersi preparato nella sua piccola stanza d'affitto, Pessoa si reca nella stazione centrale sul marciapiede del treno diretto a Santarém. Sono le otto in punto. Alle 8.05 il treno parte e Pessoa prende posto in uno scompartimento, nel quale una signora dalle sembianze familiari sta leggendo («Essa era sua madre ma non era sua madre, ed era immersa nella lettura»).78 Anche Pessoa inizia a leggere due lettere arrivate dal Sud Africa, in cui si parla di un'infanzia lontana. Ad un certo punto, la signora pronuncia una frase oscura («Fui come erba e non mi strapparono»)79, che Pessoa decide di annotare, mentre scorre il paesaggio piatto della campagna del Ribatejo.

            Giunti a Santarém, il poeta scende e chiede a un vettorino di accompagnarlo con la carrozza in una casa isolata imbiancata a calce. Il vettorino dimostra subito di conoscere bene non solo quella casa, ma anche il nome del proprietario. La carrozza parte. Di nuovo, scorre un paesaggio di campagna, ma non si tratta della campagna portoghese, ma di quella sudafricana. Dapprima Pessoa è confuso, poi si rassicura quando il vettorino gli rivela la precisa indicazione topica: «Siamo in Sud Africa, rispose il vettorino, e la sto portando a casa del signor Caeiro».80 Pessoa si abbandona sullo schienale del sedile, incrocia le gambe, vede le sue caviglie nude dentro due pantaloni alla marinara e capisce di essere un bambino diretto in Sud Africa.

            Come il paesaggio è “altro” rispetto alla percezione della realtà, così Pessoa scorge se stesso come un bambino, pur mantenendo l'identità di adulto. Il gioco del doppio sembra anticipare l'incontro con Alberto Caeiro e decretare ufficialmente l'inizio del gioco dell'eteronimia pessoiana.

            Tabucchi riporta la genesi della prima finzione letteraria, immaginando un confronto diretto tra Pessoa e Caeiro e trasferendo nel racconto le notizie ufficiali dell'eteronimo: Pessoa giunge nella casa di campagna dove Caeiro vive con la vecchia zia («Sulla porta di casa c'era una vecchietta con gli occhiali e una cuffia candida. Pessoa capì subito che si trattava della prozia di Alberto Caeiro»),81 che lo esorta a non stancare troppo il nipote a causa della sua condizione fisica («Non mi faccia troppo stancare il mio Alberto, disse la vecchietta, è di salute così cagionevole»)82 e ottiene la rivelazione della propria duplicità da parte dello stesso Caeiro l'otto marzo del 1914:

 

Sono la parte più profonda di lei, disse Caeiro, la sua  parte oscura. Per questo sono il suo maestro. [...] Lei deve seguire la mia voce, disse Caeiro, mi ascolterà nella veglia e nel sonno, a volte la disturberò, certe altre non vorrà udirmi. Ma dovrà ascoltarmi, dovrà avere il coraggio di ascoltare questa voce, se vuole essere un grande poeta. [...] Era l'otto di marzo, e dalla finestra di Pessoa filtrava un timido sole.83

 

            La metafora del risveglio posta all'inizio del racconto ( «sognò di svegliarsi») trova corrispondenza nella fase conclusiva del racconto, quando Pessoa si accomiata dal maestro dopo la rivelazione di Caeiro e chiede al vettorino di farsi accompagnare subito alla fine del sogno, forse spinto dal desiderio di iniziare una nuova vita:

 

Si alzò e si accomiatò. La carrozza lo aspettava alla porta. Ora era diventato di nuovo adulto e gli erano cresciuti i baffi. Dove la devo portare?, chiese il vettorino? Mi porti verso la fine del sogno, disse Pessoa, oggi è il giorno trionfale della mia vita.84

 

27 giugno 2022

 

Note

 

1. A. Tabucchi, Autobiografie altrui. Poetiche a posteriori, Milano, Feltrinelli, 2003, pp. 25-26.

2. Artemidoro, Libro dei sogni, 1.1-2.

3. Macrobio colloca il sogno di Scipione tra i sogni  “veritieri”: vi compaiono personaggi famosi (l'Africano ed Emilio Paolo); c'è la visione della sede destinata agli optimi viri dopo la morte (1.3.8-11) e si sente l'esigenza di interpretazione dimostrata dallo stesso Commento al Sogno. Particolarmente esaustiva è l'analisi di F. Stock, Un viaggio lungo un sogno, in Cic., Il sogno di Scipione, Venezia, Marsilio, 19942, pp. 9-34.

4. A. Tabucchi, Autobiografie altrui, op. cit., p. 27.

5.  «L'idea della letteratura soltanto come un freudiano “rimosso” è una semplificazione di una banalità esasperante», cfr. A. Tabucchi, Doppio senso, in  «Alfabeta», 2, 1985, p. 4.

6. Particolarmente significativo è il sogno di Garibaldo in cui il rumore provocato dalle finestre e le parole di Asmara si confondono e diventano le azioni del sogno; cfr. A. Tabucchi, Piazza d’Italia, Milano, Feltrinelli, 19983, p.142.

7. A. Tabucchi, Requiem, Milano, Feltrinelli, 19954, p. 7.

8. A. Tabucchi, Requiem, ivi, pp. 16s.

9.  «Avrei potuto far sognare molti altri scrittori, poeti e artisti che amo. Non dirò quali perché non mi pare bello nominare gli esclusi. Ma volevo che questo fosse un piccolo libro d’ore, evitare di sovraccaricarlo, e soprattutto evitare che assumesse l'aspetto di un dizionario, di un repertorio; mi sarebbe impossibile, fra i venti “sognatori” che ho serbato, fare un'ulteriore scelta di preferenza. Tutti questi fanno parte del mio bagaglio di scrittore, compresi i pittori e i musicisti, perché anche la musica e la pittura possono entrare nella scrittura», cfr. A. Tabucchi,, Parole d'autore, in Sogni di sogni letto da M. Baliani, CD audio, Roma, Full Color Sound, 2008, pp. 9s.: 9.

10.  «Mi accorgo che queste narrazioni vicarie, che un nostalgico di sogni ignoti ha tentato di immaginare, sono solo povere supposizioni, pallide illusioni, implausibili protesi», cfr. A. Tabucchi, Nota, in Sogni di sogni, Palermo, Sellerio, 19967, p. 13.

11. Non si tratta di una sfida con il modello, ma della capacità da parte dell'autore di cogliere l'essenziale di quel modello e di passare oltre: «Alle generazioni di scrittori che anagraficamente mi precedono io credo di dovere molto, e lo considero un fatto di tutta normalità. Delle loro cose che mi sono sembrate migliori, o per me più utili, io mi sono appropriato senza riserva, e le ho esibite senza riserva, perché esse sono patrimonio della mia cultura, costituiscono l'io che oggi io sono. Ma, allorché tali scrittori sono diventati patrimonio della mia personale espressione, io sono anche diventato patrimonio della loro, con una valenza che le loro opere prima non possedevano e che io gli ho dato appropriandomene», cfr. A. Tabucchi, Doppio senso, op. cit., p. 4.

12. I sognati e, allo stesso tempo, i sognatori sono, in ordine di apparizione, Dedalo, Ovidio, Apuleio, Cecco Angiolieri, François Villon, François Rabelais, Caravaggio, Francisco Goya, Samuel Taylor Coleridge, Giacomo Leopardi, Carlo Collodi, Robert Louis Stevenson, Arthur Rimbaud, Anton Čechov, Achille-Claude Debussy, Henri de Toulouse-Lautrec, Fernando Pessoa, Vladímir Majakovskij, Federico García Lorca e Sigmund Freud.

13.  «Avrei potuto parlare di Sogni di sogni, che è l'ultimo libro pubblicato. Ma questo, devo dire, non è effettivamente un ultimo libro, perché si riferisce a un'idea, l'idea di scrivere sogni altrui, che io ho avuto qualche anno fa; anche se è in ordine di tempo l'ultimo che ho scritto, in ordine di concepimento non è il mio ultimo foglio. Io ebbi l'idea di scrivere sogni altrui qualche anno fa: ne scrissi due, Dedalo e Rimbaud, e poi per i casi della vita lasciai il progetto nel cassetto. Poi, sempre per i casi della vita, ritornata la voglia di riprendere in mano il progetto, ho avuto del tempo a disposizione», cfr. A. Spinette, Incontro con Antonio Tabucchi, in Gli spazi della diversità. Atti del Convegno Internazionale "Rinnovamento del codice narrativo in Italia dal 1945 al 1992" a cura di S. Vanvolsem-F. Musarra–B. Van Den Bossche, vol. 2, Roma, Bulzoni-Leuven, 1995, pp. 651-668: 652.

14. A. Spinette, Incontro con Antonio Tabucchi, ivi, pp. 663s.

15.  «Il racconto è una misura che mi piace molto, una misura difficile, devo dire, più difficile del romanzo. Il romanzo è un contenitore nel quale possiamo buttare tante cose, è un grande contenitore [...]. Il racconto invece credo che sia una forma chiusa, un po' come il sonetto in poesia. Per assecondare le leggi [...] del racconto bisogna pensare soprattutto, e tenere presente la misura del tempo», cfr. A. Dolfi–M.C. Papini (a cura di), Antonio Tabucchi. Come nasce una storia, in Scrittori a confronto. Incontri con Aldo Busi, Maria Corti, Claudio Magris, Giuliana Morandini, Roberto Pazzi, Edoardo Sanguineti, Francesca Sanvitale, Antonio Tabucchi, Roma, Bulzoni, 1998, p. 183.

16.  «Nella vita ci sono tanti tipi di prospettive, le cosiddette grandi prospettive, che tutti ritengono fondamentali, e quelle che io chiamo microprospettive, che saranno insignificanti, lo ammetto. [...] La microprospettiva è un modus vivendi [...] è una forma di concentrare l'attenzione, tutta l'attenzione, su un piccolo dettaglio della vita, del tran tran quotidiano, come se quel dettaglio fosse la cosa più importante di questo mondo, ma con ironia, sapendo che non è affatto la cosa più importante di questo mondo, e che tutto è relativo», cfr. A. Tabucchi, Voci, in Il gioco del rovescio, Milano, Feltrinelli, 1994, pp. 129s.

17. Il tempo invecchia in fretta è costituito da nove racconti, in cui protagonista è il tempo in tutta la sua complessità. Lo spunto del titolo è stato offerto da una frase misteriosa del presocratico Crizia: «Inseguendo (lett. andando dietro) l'ombra, il tempo invecchia in fretta»; cfr. F. Fazio,  Intervista ad Antonio Tabucchi, in Che tempo che fa, RAI Tre, 10 ottobre 2009.

18. A. Tabucchi, Parole d'autore, in Sogni di sogni,  letto da M. Baliani, op. cit., p. 10.

19. Il legame tra narratore fantastico e scrittore di romanzi storici risiede nella struttura formale dell'opera di Tabucchi non rigida, ma elastica e adattabile a diversi contesti: in entrambi i casi l'autore si rivolge alla letteratura per  «guardare l'altra faccia della medaglia»; cfr. A. Tabucchi, L'oca al passo, Milano, Feltrinelli, 2006, p. 131. Tabucchi considera “allettante” «leggere la realtà al "rovescio", scambiando l'asse causa-effetto». Tale tecnica narrativa è riconducibile a Pessoa, come afferma lo stesso Tabucchi: «Pessoa è un genio perché ha capito il risvolto delle cose, del reale e dell'immaginato, la sua poesia è un juego del revés»; cfr. A. Tabucchi, Il gioco del rovescio, Milano, Feltrinelli, 1991, p. 13.

20. F. Pessoa, Il marinaio, Torino, Einaudi, 19962, pp. 31s.

21. Nella Tempesta, per esempio, Prospero ritorna nel mondo degli uomini, dopo aver abbandonato la sua bacchetta magica e, in tal modo, dimostra la coincidenza tra mondo e teatro: «But this rough magic / I here abjure; and, when I have requir'd / Some heavenly music / [...] / I'll break my staff / Bury it certain fathoms in the earth»  (Ma questa mia primitiva arte / Ecco io abiuro; e dopo che le avrò chiesto solo / Un po' di musica celeste / [...] / spezzerò la mia bacchetta / La seppellirò alquante tese sotto terra)», W. Shakespeare, La Tempesta, Atto V, scena I, Torino, BUR, 1984, p. 246. L'associazione Pessoa–Shakespeare è suggerita dallo stesso Tabucchi: «Pessoa glossa lo stratagemma shakespeariano: la Vegliatrice (un sogno) sogna un marinaio che sogna una patria; ossia play within the play within the play», cfr. A. Tabucchi, “Il Marinaio”: una sciarada esoterica?, in Un baule pieno di gente. Scritti su Fernando Pessoa, Milano, Feltrinelli, 2000, pp. 105s.

22. A. Tabucchi, Una sciarada per Il marinaio, in F. Pessoa, Il marinaio, Einaudi, Torino 19962, pp. 51-59: 57s. Senza dubbio, Tabucchi ha presente la seguente massima di Pessoa: «Ho per la vita l'interesse di un decifratore di sciarade», cfr. F. Pessoa, Il poeta è un fingitore. Duecento citazioni scelte da Antonio Tabucchi, Milano, Feltrinelli, 1992, p. 15.

23. A. Tabucchi, Una sciarada per Il marinaio, in F. Pessoa, Il marinaio, op. cit., p.58.

24. S. Storchi, Sogni di sogni di Antonio Tabucchi: strategie della metanarrazione tra tradizione e postmoderno, in L. Rorato–S. Storchi (a cura di), Da Calvino agli ipertesti. Prospettive della postmodernità nella letteratura italiana, Firenze, Franco Cesati editore, 2002, pp. 157-167.

25. Tale visione prospettica è riconducibile al mondo classico greco: per esempio, un aneddoto riporta che il pittore Parrasio, vissuto nel V-IV secolo a.C., abbia ritratto Eracle come gli era apparso in sogno, cfr. Ateneo, XII 543 f , e Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, XXXV 72. La stessa letteratura greca antica riconduce l'iniziazione artistica di poeti come Esiodo, Eschilo e Callimaco ad apparizioni oniriche di divinità: cfr. Esiodo, Teogonia, vv. 22-34; Pausania, Descrizione della Grecia, 8.42.7; Callimaco, Aitia, 1, fr. 1, vv. 21-28 e fr. 2.

26. N. Roelens–I. Lanslots (a cura di), Dibattito con Antonio Tabucchi, in Piccole finzioni con importanza. Valori della narrativa italiana contemporanea, Ravenna, Longo, 1993,  p. 151.

27. Cfr., per esempio, Sogno di François Villon, poeta e malfattore; Sogno di  François Rabelais, scrittore e frate smesso; Sogno di Francisco Goya y Lucientes, pittore e visionario; Sogno di Samuel Taylor Coleridge, poeta e oppiomane; Sogno di Giacomo Leopardi, poeta e lunatico, etc.

28.  «Ho pensato di raccontare questi sogni di altre persone, e sapendo che la mia era un'appropriazione indebita ho scelto un livello stilistico che è quello della fiaba. Ho pensato di raccontarli secondo la modalità della fiaba», cfr. A. Spinette, Incontro con Antonio Tabucchi, in op. cit., pp. 662s.

29. Tutti i libri di Tabucchi sono caratterizzati da spazi meta-narrativi, funzionali alla comprensione del testo.

30.  «Si scrive proprio per questo, per creare di nuovo una presenza e un fantasma della persona che ci ha preceduto, perché possa ancora colloquiare con noi. È una sorta di antropologica continuazione comune a tutti gli uomini della terra, che ciascuno esprime a suo modo, chi scrivendo il ritratto del padre, chi portandosi dietro la mascella del proprio genitore», cfr. A. Spinette, Incontro con Antonio Tabucchi, op. cit., p. 659.

31.  «Un libro è sempre una realtà parallela. La letteratura è sempre un “di più” rispetto a ciò che c'è, e in quanto tale è un'altra realtà. Essa aggiunge un qualcosa che prima non esisteva», cfr. M. Alloni, Non possiamo essere ubiqui. Letteratura e conoscenza pre-logica, in Una realtà parallela. Dialogo con Antonio Tabucchi, Lugano, ADV, 2008, pp. 35-44: 37.

32. I. Villi, Sogni e sognatori, in A. Tabucchi, Sogni di sogni, op. cit., pp. 5-8: 7.

33. A. Tabucchi, L'angelo nero, Milano, Feltrinelli, 19976, p.10.

34. Non si dimentichi la definizione dei sogni fornita da Tabucchi nella Nota: «Sono solo povere supposizioni, pallide illusioni, implausibili protesi».

35. In genere, il percorso del labirinto è concepito come una sfida lanciata dall'artista. In Tabucchi tale lettura trova riscontro, per esempio, nel Sogno di Dedalo in cui si amplia la visione prospettica e «al punto di vista di Teseo si aggiunge quello di Dedalo», cfr. U.M. Schroeder, Il labirinto e la rete. Percorsi moderni e postmoderni, Roma, Bulzoni, 1996, p. 76.

36. Solo le formule di introduzione ai sogni di Ovidio, di Caravaggio, di Debussy e di Pessoa sono diverse. Per i primi tre personaggi, le differenze sono minime; per Pessoa, la formula rimanda allo stato di veglia: «La notte del sette marzo del 1914, Fernando Pessoa, poeta e fingitore, sognò di svegliarsi», A. Tabucchi, Sogno di Fernando Pessoa, poeta e fingitore, in Sogni di sogni, op. cit., p. 64.

37. cfr. A. Tabucchi, Coloro che sognano in questo libro, in Sogni di sogni, op. cit., pp. 77-86.

38.  «Una notte di migliaia di anni fa, in un tempo che non è possibile calcolare con esattezza, Dedalo, architetto e aviatore, fece un sogno», cfr. A. Tabucchi, Sogno di Dedalo, architetto e aviatore, in Sogni di sogni, op. cit., p.15.

39. Ivi, p. 79.

40. Ivi, p. 16.

41. Nel mito classico il Minotauro è un mostro dal corpo di uomo e dalla testa di toro, nato dall'unione di Pasifae, moglie di Minosse, con un toro. Egli viene rinchiuso nel Labirinto costruito da Dedalo ed è, in seguito, ucciso da Teseo. Riguardo a Dedalo, esistono diverse versioni del mito: secondo Apollodoro, Dedalo è rinchiuso nel labirinto, per avere consegnato ad Arianna il filo che avrebbe permesso a Teseo di uscire dal Labirinto dopo l'uccisione del Minotauro, cfr. Apollodoro, Biblioteca, 1.126; secondo Euripide e Diodoro Siculo, invece, Dedalo viene imprigionato per aver costruito il toro di legno con cui Pasifae avrebbe soddisfatto le proprie curiosità sessuali; quindi, prima dell'impresa di Teseo, cfr. Euripide, I Cretesi e Diodoro Siculo, Biblioteca storica, 4.77; secondo Ovidio, infine, Dedalo non sarebbe mai stato trattenuto nel labirinto, cfr. Ovidio, Metamorfosi, 8.183 e sgg. e Ars amatoria, 2.21 e sgg.

42. Si pensi al racconto dedicato a Leopardi nel quale Tabucchi mette in evidenza soprattutto l'aspetto umano, sottolineando, per esempio, la passione del poeta per i dolci; cfr. A. Tabucchi, Sogno di Giacomo Leopardi, poeta e lunatico, in Sogni di sogni, op. cit., p. 44.

43.  «Le fantasie notturne del personaggio mescolano mito a onirismo e spostano l'attenzione in un immaginario collettivo che è origine della letteratura: il sogno mitico potrebbe essere apertura sul sogno più grande della letteratura», cfr. N. Trentini, Una scrittura in partita doppia. Tabucchi fra romanzo e racconto, Roma, Bulzoni, 2003, p. 205.

44. A. Tabucchi, Sogno di Dedalo, architetto e aviatore, in Sogni di sogni, op. cit., p.16.

45. Ivi, p. 17.

46.  «Con quelle penne e con quella cera costruì abilmente un paio di ali e le applicò alle spalle dell'uomo-bestia», cfr. A. Tabucchi, Sogno di Dedalo, architetto e aviatore, in Sogni di sogni, op. cit., p. 17.

47. cfr. A. Tabucchi, Sogno del dottor Sigmund Freud, interprete dei sogni altrui, in Sogni di sogni, op. cit., pp. 74-6.

48. M. Cipriani, La presenza del mondo classico nel racconto breve del secondo Novecento italiano, in Il mondo classico nell'immaginario contemporaneo, a cura di B. Coccia, Roma,  APES, 2008, pp.283-400: 373.

49. A. Tabucchi, Doppio senso, in op. cit., p. 4.

50.  «In questo momento Freud mi sta molto simpatico, perché mi sto facendo la convinzione che sia un grande romanziere», cfr. A. Spinette, Incontro con Antonio Tabucchi, in op. cit., p. 663.

51. A. Tabucchi, Coloro che sognano in questo libro, in Sogni di sogni, op. cit., p. 86.

52. A. Tabucchi, Sogno di Dedalo, architetto e aviatore, in Sogni di sogni, op. cit., pp.17s.

53. La data del 17 d.C. è attestata nella Cronaca di S. Girolamo. Nel primo libro dei Fasti, però, Ovidio allude a eventi romani avvenuti alla fine del 17. Poiché la notizia dei fatti non poteva essere giunta a Tomi in così breve tempo, alcuni ritengono opportuno spostare la data della morte di un anno.

54. Non si conoscono le ragioni precise dell'allontanamento del poeta da parte dell'imperatore. Ovidio ne parla velatamente nei Tristia, 2.207: «Perdiderint cum me duo crimina, carmen et error (due crimini mi hanno perduto, un carme e un errore)». Dietro le accuse ufficiali di immoralità dell'Ars amatoria sembra nascondersi un coinvolgimento da parte del poeta in uno scandalo di corte: l'adulterio di Giulia Minore, nipote di Augusto, con Decimo Giunio Silano. Sul tema, si veda A. Luisi, Il perdono negato. Ovidio e la corrente filoantoniana, Bari, Edipuglia, 2001 e  A. Luisi-N. F. Berrino, Culpa silenda. Le elegie dell'error ovidiano, Bari, Edipuglia, 2002.

55. Ovidio scrive principalmente opere elegiache: gli Amores, le Heroides, l'Ars amatoria, i Remedia amoris, i Medicamina faciei femineae, i Tristia, le Epistulae ex Ponto. Egli compone anche le Metamorfosi (2-8 d.C.), un poema epico al di sopra dei limiti imposti dalla poetica tradizionale. Nella biografia dedicata all'autore, Tabucchi cita solo le Metamorfosi, sottolineandone il carattere celebrativo: «Fu un grande poeta, dotato di una squisita cultura ellenistica, e nelle Metamorfosi cantò l'apoteosi di Augusto descrivendone la trasformazione in astro», cfr. A. Tabucchi, Coloro che sognano in questo libro, in Sogni di sogni, op. cit., p. 79.

56.  «A Tomi, sul Mar Nero, una notte del 16 gennaio dopo Cristo, una notte di gelo e di bufera, Publio Ovidio Nasone, poeta e cortigiano, sognò che era diventato un poeta amato dall'imperatore. E in quanto tale, per miracolo degli dèi, si era trasformato in una grande farfalla», cfr. A. Tabucchi, Sogno di Publio Ovidio Nasone, poeta e cortigiano, in Sogni di sogni, op. cit., p. 19.

57. Non si conosce il motivo di questa indeterminatezza; Marco Ceriani sostiene si tratti di una incertezza voluta da Tabucchi semplicemente per  «rappresentare il potere imperiale, tirannico e brutale, senza attribuirgli un'identità precisa», cfr. M. Cipriani, La presenza del mondo classico nel racconto breve del secondo Novecento italiano, in  op. cit., p. 375.

58. cfr. A. Tabucchi, Sogno di Publio Ovidio Nasone, poeta e cortigiano, in Sogni di sogni, op. cit., p. 20.

59. L'associazione proposta da Tabucchi tra recitazione dei versi e danza è curiosa. Lo stesso Ovidio propone una analogia simile tra scrivere e danzare in Pont. 4.2.33: «Scrivere in queste condizioni è come danzare nelle tenebre». Anche in questo contesto è determinante il rapporto tra poeta e pubblico. A tal proposito, cfr. A. Barchiesi, Il poeta e il principe. Ovidio e il discorso augusteo, Roma-Bari, Laterza, 1995.

60. A. Tabucchi, Sogno di Publio Ovidio Nasone, poeta e cortigiano, in Sogni di sogni, op. cit., p. 21.

61. Ibidem.

62. In Sogni di sogni vi sono altri due racconti in cui si verifica un cambiamento di stato: nel Sogno di Cecco Angiolieri, poeta e bestemmiatore e nel Sogno di Samuel Taylor Coleridge, poeta e oppiomane.

63. Il romanzo di Apuleio è noto anche come Asinus aureus. Quest'ultimo titolo è attribuibile ad Agostino, cfr. Agostino, De civitate Dei, 18.18.

64. A. Tabucchi, Sogno di Lucio Apuleio, scrittore e mago, in Sogni di sogni, op. cit., p. 22.

65. Ivi, p. 24. Il richiamo alle Metamorfosi è evidente, anche se nel racconto di Tabucchi Lucio ha già subito la trasformazione in asino e cerca la complicità di Apuleio, responsabile della sua creazione.

66.  «A un certo punto Apuleio si fermò e trattenendo Lucio per la tunica lo guardò negli occhi e gli disse: stanotte ho fatto un sogno», A. Tabucchi, Sogno di Lucio Apuleio, scrittore e mago, in Sogni di sogni, op. cit., p.25.

67. Entrambe le città, Cartagine e Roma, sono importanti per lo scrittore africano: nato a Madaura, in una zona di confine tra la Getulia e la Numidia, Apuleio compie gli studi prima a Cartagine, poi ad Atene; per qualche anno, soggiorna anche a Roma, benché non si sappia precisamente quando.

68.  «Sposatosi con la vedova Pudentilla, (Apuleio) fu accusato dai parenti di lei di averla spinta al matrimonio con arti diaboliche per impadronirsi della sua dote», cfr. A. Tabucchi, Coloro che sognano in questo libro, in Sogni di sogni, op. cit., p .79. Nel 158/159 d.C. Apuleio sostiene il processo e viene assolto, pronunciando l'orazione tramandata con il titolo De magia.

69. A. Tabucchi, Sogno di Lucio Apuleio, scrittore e mago, in Sogni di sogni, op. cit., p. 24.

70. Tra gli scritti incentrati sulla figura di Pessoa si ricordino I dialoghi mancati (Milano, Feltrinelli, 1988), Un baule pieno di gente (Milano, Feltrinelli, 1990) e Gli ultimi tre giorni di Fernando Pessoa (Palermo, Sellerio, 1994). Non si dimentichi, inoltre, l'edizione italiana dell'opera di Pessoa, curata da Tabucchi in Una sola moltitudine (vol. 1, Milano, Adelphi, 1979; vol. 2, Milano, Adelphi, 1984).

71.  «Provoca un senso di disagio e quasi di colpa visitare l'esistenza di un simile personaggio, profanare quel grigio guscio cheratinoso così pertinacemente elaborato sotto il quale Fernando Pessoa visse la sua impercettibile vita di insetto piccolo borghese», cfr. A. Tabucchi, Un baule pieno di gente, op. cit., pp. 30s.

72. A. Tabucchi, Coloro che sognano in questo libro, in op. cit., pp. 84s.

73. Per spiegare Pessoa nella sua complessità, si è parlato spesso di turbe e di traumi, di carenze affettive, di complesso edipico mai superato e di omosessualità rimossa. Per Tabucchi non è questo il punto: «Quello che conta è, come (Pessoa) ci ha detto, che «la letteratura, come tutta l'arte, è la dimostrazione che la vita non basta. Trovate un uomo cui la vita basti: costui non farà mai letteratura»; cfr. A. Tabucchi,  Una sola moltitudine, vol. 1, op. cit., p. 25.

74. I principali eteronimi riconducibili a Pessoa sono tre: Alberto Caeiro, Álvaro de Campos e Ricardo Reis. Accanto a questi ve ne sono molti altri: il filosofo António Mora, Raphael Baldaya, autore di un Tratado da Negação; Bernardo Soares, autore del Libro do Desassossego; il critico Federico Reis, cugino di Ricardo; Alexander Search, scrittore di racconti inglesi; C. Pacheco, Charles Robert Anon, Vicente Guedes, Abílio Quaresma, il Barão de Teive... In tutto, ventiquattro. È interessante notare come l'eteronimia pessoiana si verifichi in una dimensione sincronica.

75. Álvaro De Campos, Passagem das Horas (traduzione di A. Tabucchi).

76. Nel 1942, dopo la morte di Fernando Pessoa, si delinea una personalità letteraria senza precedenti: si scopre la collaborazione del poeta con le migliori riviste portoghesi dell'epoca ("A Águia", "Exílio",  "Centauro", "Portugal Futurista", "Presença"); gliene si attribuisce la fondazione di nuove (sicuramente, quella di "Orpheu" e di "Athena"). Si associa, inoltre, a Pessoa l'introduzione in letteratura della psicoanalisi e della fenomenologia: Caeiro viene alla luce e inizia a poetare l'otto marzo 1914, quando il Novecento dell'Io è ancora tutto da inventare: La coscienza di Zeno è del 1923, Uno, nessuno e centomila del '25-26, Finnegans Wake del '39, Juan de Mairena del '36, il primo Manifeste du Surréalisme del '24. Lo stesso Das Ich und das Es di Freud è del 1923; cfr. A. Tabucchi, Un baule pieno di gente, op. cit., pp. 14  e 29.

77. Dal 1896 al 1905 Pessoa vive a Durban, dopo essersi trasferito con la madre e con il patrigno Joâo Miguel Rosa. Di quel periodo non compaiono tracce nelle sue poesie; esistono solo alcune fotografie, in cui si attestano l'austerità dell'ambiente familiare e la saudade di un periodo più felice trascorso a Lisbona, quando tutti erano ancora in vita. In un'istantanea appare  «seduto a metà scala, a fianco della sorellina, ma da lei discosto, Fernando adolescente, un giovanottino esile con le spalle cadenti, le mani intrecciate su un ginocchio, la bocca stretta da una impercettibile piega malinconica e gli occhi persi oltre l'obiettivo. Ha una positura scomoda di chi si sente transitorio e fuori posto», cfr. A. Tabucchi,  Una sola moltitudine, vol. 1, op. cit., p. 29. A tal proposito, risultano significativi anche i versi di Álvaro de Campos:  «No tempo em que festejavam o dia dos meus anos / eu era feliz e ninguém estava morto. / No casa antiga, até eu fazer anos era uma tradiçâo de há séculos, / e a alegria de todos, e a minha, estava certa como uma religiâo qulquer (Al tempo in cui festeggiavano il mio compleanno / io ero felice e nessuno era morto. / Nella casa antica, perfino il mio anniversario era una tradizione secolare, / e l'allegria di tutti, e la mia, era certa come una qualsivoglia religione; cfr. Álvaro De Campos, Aniversário, traduzione di  A. Tabucchi).

78. A. Tabucchi, Sogno di Fernando Pessoa, poeta e fingitore, in Sogni di sogni, op. cit., p. 64.

79. Ibidem.

80. A. Tabucchi, Sogno di Fernando Pessoa, poeta e fingitore, in Sogni di sogni, op. cit., p. 65.

81. Ivi, p. 65s.

82. Ibidem. Caeiro nasce già con il certificato di morte: egli muore nel 1915, l'anno dopo la sua nascita come eteronimo.

83. A. Tabucchi, Sogno di Fernando Pessoa, poeta e fingitore, in Sogni di sogni, op. cit., p. 66s.

84. Ibidem.