Cristina Nesi - Silvia Ballestra, La Sibilla

Vita di Joyce Lussu, Bari-Roma, Laterza, 2022, pp. 235

 

In un capitolo intitolato Diritto alla biografia, all’interno del saggio Semiosfera, Jurij M. Lotman ci dice che nei secoli antichi le biografie erano dedicate agli uomini, che uscivano dai codici generali della cultura e che avevano avuto un comportamento diverso dalle consuetudini abituali.

Joyce (diminutivo di Gioconda) Salvadori, marchigiana di origini inglesi, moglie di Emilio Lussu, conosciuto dopo la fuga di lui dal confino fascista di Lipari (insieme a Carlo Rosselli e a Fausto Nitti) e con il quale condividerà anni di lotte antifasciste e di clandestinità partigiana, è stata a tutti gli effetti una donna con diritto di biografia, perché il tracciato della sua vita rompe  ogni «assuefazione a modelli costruiti in precedenza» e perché per migliorare e superare quei modelli ha aperto la quotidianità inquieta delle sue giornate alla «trasgressione critica» (J. Lussu, Il libro delle streghe).

Militante del Partito d’Azione e poi del Partito socialista, Joyce è stata poetessa e traduttrice di poeti misconosciuti in Italia (turchi, africani, curdi, vietnamiti, eschimesi), considerando il lavoro di traduzione un lavoro politico, capace di dare voce a chi voce non avrebbe e di far conoscere la lotta di decolonizzazione.

Ma Joyce ci consegna anche un’auto-cronologia lucida sul fallimento delle speranze post resistenziali: «dal ’48 al ’58 comizi elettorali, sindacati, partiti di massa, Unione donne italiane (UDI). Conseguenze: ulcera gastrica con operazione d’urgenza. Dal ’58 al ’68: molti viaggi, ricerca di poesie nel mondo, partecipazione a movimenti di liberazione anticolonialisti, in Africa e in Medio Oriente. Conseguenze: stata sempre benissimo» (S. Ballestra, La sibilla).

Dopo le elezioni del 1948 la partecipazione politica femminile in Italia langue e nemmeno la costituzione dell’Unione donne italiane riesce a far fronte alla drammatica condizione di vita delle donne. Altissimo l’analfabetismo. Drammatico il tasso di lavoro nero femminile in tutta Italia. Nelle aree rurali e minerarie della Sardegna, poi, la miseria è tale che i bambini muoiono ancora di fame e le donne, anche quelle iscritte ai partiti, non hanno vita sociale. Il movimento delle donne in Sardegna culmina nella grande mobilitazione congressuale a Cagliari del 1951, dove si parla di lavatoi, di fognature, di scarpe per bambini, di medicina gratuita. «È questa la politica che interessa a Joyce. Quella di base e dal basso, pratica, costruttiva, concreta. La più difficile» (S. Ballestra, La sibilla).

Sul piano della vita personale Joyce prende coscienza che avere un figlio nel 1944 può rendere difficile coniugare «l’amore personale e la vita ideale» (S. Ballestra, La sibilla). Giovanni, il solo figlio di Joyce ed Emilio, nasce a Roma nei giorni della liberazione della capitale e sarà accudito per venticinque anni anche da Nennetta, una vice madre barbaricina, cugina di Emilio. Molti i rimpianti che affiorano in liriche tarde. La conciliazione fra vita pubblica e vita privata può creare perdite irrecuperabili e forse le pagine più intense del libro della Ballestra sono quelle che guardano gli aspetti più in ombra di questa donna forte e solare. Spesso, per riportarli a galla scandagli le poesie, dove Joyce non fa sconti ai propri errori, come nel 1935 a Mombasa quando scrive di aver «paura del rimorso, - di coloro / Ch’ho ingannati – non per me. Oh no! ma per loro / perché soffriranno» (J. Lussu, Inventario delle cose certe). Sono versi che forse alludono al suo primo e breve matrimonio con Aldo Belluigi, un caposquadra del Partito Nazionale fascista, poco istruito a giudizio del fratello di Joyce, Max Salvadori, che avvierà con il cognato un’attività agricola fallimentare in Kenia: «M’ha tolto ogni orgoglio, ogni speme e sorriso, / ed or non so più che nascondere il viso, / e piangere, piangere, piangere» dirà in una lirica del 19 luglio 1936.

Tornata a casa dall’Africa Joyce ritroverà Emilio, entrerà nel Comitato di Liberazione Nazionale e si specializzerà nella falsificazione di documenti per tanti fuorusciti e per tanti ebrei: «C'è un paio di scarpette rosse numero ventiquattro / quasi nuove: / - recita una sua lirica - sulla suola interna si vede / ancora la marca di fabbrica / Schulze Monaco / c'è un paio di scarpette rosse / in cima a un mucchio / di scarpette infantili / a Buchenwald…».

Joyce Lussu è stata una donna «intera», per definirla con un aggettivo da lei stesso utilizzato per la sibilla di Orgosolo, Elisabetta Lovico: «alle donne hanno sempre tolto qualche cosa: autonomia, autorità, identità […] In Elisabetta non vi è nulla di tutto questo. Aveva autonomia, autorità e identità; e le usava bene, non per sopraffare, ma per aiutare la sua comunità, in maniera interamente femminile, diversa e opposta al potere patriarcale e guerriero; come le antiche sibille delle società comunitarie» (J. Lussu, Il libro Perogno).

Eppure, Orgosolo ha dimenticato questa donna energica, generosa e saggia, capace di pacificare ogni lite, e Silvia Ballestra con La sibilla vuole accertarsi che questo non succeda anche a Joyce Lussu.

 

 

21 dicembre 2023