Alessandro Ferioli – Il debate per lo sviluppo di competenze trasversali

 

Che cos’è il debate?

Il debate è un confronto dialogico, in forma di gara regolata, fra due squadre contrapposte di interlocutori che sostengono rispettivamente, secondo turni e tempi prestabiliti, una tesi a favore (pro) e una contraria (contro) su un tema assegnato[1]. Ciascuna squadra deve far prevalere la propria posizione con argomentazioni sviluppate sulla base di dati, difendendola da obiezioni della squadra avversaria e confutando le tesi contrarie. Difatti il dibattito è finalizzato non alla mediazione, ma allo “scontro” di argomenti per imporre una fra le due posizioni in campo. Il debate, come pratica didattica, risale alle dispute dei sofisti nell’antica Grecia e alle quaestiones delle università medievali, e da qualche tempo fa parte dei piani di studio degli istituti superiori nei Paesi anglosassoni. Più di recente si è diffuso anche in Italia, trovando spazio stabile nella didattica di alcune scuole. La prima edizione delle Olimpiadi di debate delle scuole italiane si è svolta nel novembre 2017, a Roma; la seconda si è tenuta a Tivoli nel marzo 2019; a due edizioni in collegamento internet, nel 2020 e nel 2021, è poi succeduta la quinta, nel 2022, in presenza a Bardonecchia.

La metodologia del debate prevede il coinvolgimento degli studenti con differenti compiti, anche sul presupposto dell’individualizzazione nell’assegnazione di ruoli, e richiede spazi allestiti con dotazioni utili alla preparazione di grafici, immagini e diapositive a sostegno degli interventi oratori. Riguardo agli ambienti, servono almeno un’area per lo svolgimento del dibattito, ove si mettano una di fronte all’altra le due squadre (pro e contro), uno spazio per il pubblico, uno riservato alla giuria, e infine una posizione centrale per il Moderatore (Chairperson).

 

Le operazioni del debate

Le parti in cui si struttura una gara di debate sono diverse. La prima operazione è la scelta dell’argomento, che in una “sfida” non strutturata può essere stabilito in classe (secondo i programmi svolti e in forma pluridisciplinare), mentre, nel caso di una competizione formale, viene definito dagli organizzatori della gara. Il tema deve essere controverso e dirimente, con una possibilità molto limitata, o nulla, di mediare fra un pro e un contro; esso deve essere definito in modo chiaro (anche socialmente e geograficamente, se necessario) e non prestarsi a equivoci semantici; deve, altresì, consentire di sostenere due ragioni di forza uguale e contraria.

Le mozioni sono classificabili in tre categorie, che non sono quasi mai rigorosamente separate fra loro: sui fatti (presenti, passati e futuri), sui valori (etici, estetici ecc.), sulle azioni correlate a un problema collettivo (policy). I temi proposti nelle Olimpiadi di Tivoli erano distinti fra temi preparati, ossia annunciati ai concorrenti con l’anticipo necessario a documentarsi (“i paesi sviluppati hanno obblighi maggiori di tutti gli altri nelle politiche di mitigazione del cambiamento climatico”; “la gestione delle risorse idriche deve essere sostenibile e dovrebbe essere affidata solo a enti pubblici”; “l’ingegneria genetica rivolta alla modificazione dell’essere umano dovrebbe essere vietata”) e temi impromptu, cioè comunicati poco prima dello svolgimento della gara (“l’Alternanza Scuola-Lavoro è uno strumento didattico efficace”; “dovrebbe essere obbligatorio per gli studenti praticare almeno uno sport agonistico a scuola”; “gli studenti della scuola superiore dovrebbero partecipare obbligatoriamente ad un programma Erasmus di almeno un semestre”). Nelle olimpiadi del 2022 erano proposti due temi in lingua italiana (“La Corte Penale Internazionale dovrebbe rendere perseguibile il reato di Ecocidio”; “Giovani fra 16 e 25 anni dovrebbero far parte degli organi governativi preposti alla transizione ecologica negli Stati della EU, con le stesse responsabilità e gli stessi doveri dei membri senior”) e due in lingua inglese (“This House would ban the consumption of animal meat”; “This house prefers fair trade products over zero distance products”).[2]

La seconda fase è la raccolta della documentazione, attività finalizzata a sviluppare competenze nella ricerca e selezione critica di fonti e documenti. Nella didattica la ricerca può basarsi in parte su indicazioni puntuali del docente in classe, con il relativo orientamento bibliografico, e in parte mediante una libera indagine extrascolastica, mentre nel dibattito impromptu gli strumenti sono soltanto quelli (cartacei) consentiti. La terza fase è quella dell’assegnazione della tesi che ciascuna squadra dovrà sostenere. Non è richiesta un’adesione ideologica alle ragioni che si andranno a portare; anzi, giacché l’elemento centrale dell’esercitazione è l’uso della retorica, le due squadre potranno scambiarsi le posizioni in una seconda tornata della competizione. La quarta fase è la designazione del portavoce, ossia di chi rappresenterà la propria squadra.

La quinta fase è costituita dal dibattito vero e proprio, che è il fulcro della competizione. Gli interventi dei dibattenti devono essere pertinenti e convincenti, sia perché supportati da fonti autorevoli, sia perché presentati attraverso tecniche di organizzazione del discorso e uno stile comunicativo efficace. Una possibile traccia, secondo le esperienze maturate dalle scuole, è la seguente: a) presentazione del tema, con le posizioni generali assunte dalle squadre e l’anticipazione delle argomentazioni di massima; b) prime argomentazioni a sostegno delle rispettive posizioni, presentate da due dibattenti diversi dai precedenti; c) pausa per la riorganizzazione delle idee ed eventuale ripianificazione della strategia argomentativa; d) ogni squadra, con un terzo debater, procede alla confutazione delle tesi della squadra antagonista, con la possibilità per tutti o alcuni dei componenti di ciascuna squadra, o perfino per il pubblico come parte terza (tranne che in alcuni periodi “protetti”), di porre agli oratori alcune domande, la cui elusione è valutata negativamente; e) conclusione, affidata a un quarto debater o allo stesso che ha presentato il tema all’inizio, in cui siano riassunte le argomentazioni[3]. Il Moderatore presenta la mozione, dà la parola ai dibattenti, apre lo spazio alle domande dal pubblico (Floor debate), coordina la fase della votazione, infine congeda gli speaker e chiude la gara.

L’ultima fase è quella del giudizio finale, espresso da un giudice (o, nei tornei importanti, una giuria di giudici in un numero dispari) che formula un punteggio servendosi d’una scheda di valutazione con opportuni indicatori e descrittori[4]. Nella didattica scolastica si usano modalità di valutazione adattate all’età, alla complessità dell’attività, e che tengano conto sia dei risultati del gruppo nel suo complesso che della prestazione di ciascuno dei suoi componenti. In ogni caso si tratterà di valutazione autentica su compiti di realtà. Vincere non significherà aver sostenuto una posizione “vera” di contro a una “falsa”, ma aver convinto – anche attraverso la confutazione della squadra avversaria – che la propria posizione sia la più attendibile, la più plausibile, quella praticabile realisticamente con maggiore efficacia. La valutazione è uno dei momenti più importanti della gara anche dal punto di vista pedagogico e didattico, poiché la restituzione, in forma di giudizio costruttivo, di quanto osservato dal giudice su ricchezza e coerenza argomentativa degli interventi nel loro insieme e singolarmente, su adeguatezza e rilevanza delle fonti, nonché su capacità comunicative, porta gli studenti a riflettere sulle proprie prestazioni e induce una rinnovata motivazione nel processo d’apprendimento.[5]

 

Il debate in prospettiva pedagogica

Il debate insegna le tecniche per sostenere una posizione basandosi non tanto sulla passionalità nella difesa di intime credenze, quanto piuttosto sull’applicazione di regole dialettiche. I margini di spazio entro cui si misura la validità di una posizione sono determinati dall’approvazione degli ascoltatori[6]. Inoltre il debate sviluppa una serie di competenze trasversali utili per il curricolo scolastico e per l’esistenza sociale ogniqualvolta si avrà un ruolo attivo in processi decisionali, e quando si dovranno proporre soluzioni o confrontarsi con quelle altrui. Il rischio «di separare la parola dalla verità dei suoi contenuti» – che pure esiste ed è stato legittimamente paventato[7] – può e deve essere arginato attraverso il rispetto dei diversi orizzonti di valori, che costituiscono la misura delle cose, e nell’ambito dei quali ciascuno deve poter ricercare “la” verità, per poi agire conformemente a essa, senza abdicarvi in nome del relativismo. Basta pensare alla profondità morale di un tema come quello del «mentire a fin di bene» per restare quasi sgomenti davanti non soltanto alle possibili posizioni assumibili, ma anche alle implicazioni etiche sottese a ciascuno snodo argomentativo.

Rendersi conto della complessità delle cose ha come conseguenza l’abbandono di modalità comunicative sbagliate, a cominciare dall’atteggiamento dogmatico, e abitua ad attutire la potenziale conflittualità d’un contraddittorio. Raffrontare opinioni discordi, anche fingendo di essere tabula rasa riguardo ai principî etici e ideologici di partenza, è utile per affinare il proprio parere, che avrà comunque sempre qualche elemento di debolezza. Inoltre, attraverso la piena comprensione delle regole del gioco (e la capacità di applicarle) è possibile esercitarsi a considerare le posizioni contrarie alla propria, a non sclerotizzarsi nelle proprie convinzioni, a considerare e rispettare le differenze culturali e d’opinione pur confutandole, a rafforzare le competenze relazionali (anche riguardo ai turni di parola), a smascherare i tentativi di manipolazione e travisamento (fallacie argomentative), quando non addirittura di creazione o di ri-creazione dei fatti. Difatti esiste anche un’etica del dibattito, che individua i principî di comportamento che sono all’opera nell’agire comunicativo, e motiva all’assunzione di atteggiamenti corretti. Perciò nelle gare è prevista la sottoscrizione di un “codice” che prescrive una condotta rispettosa verso tutti i partecipanti a vario titolo, anche per garantire che le operazioni si svolgano in un clima costruttivo, non conflittuale, e che la capacità del dibattente non sia disgiunta dalla sua “integrità”[8].

In definitiva la pratica del debate migliora le competenze trasversali utili ad affrontare meglio l’intero percorso di studio, poiché abitua al pensiero critico e a esprimersi pubblicamente in modo efficace. Sotto l’aspetto linguistico, inoltre, il debate impone un rigoroso tirocinio riguardo alla scelta del lessico, in tutte le sue sfumature qualitative, alla costruzione del periodo e all’acquisizione di tecniche di argomentazione (ossia gli aspetti classicamente chiamati elocutio e actio); sicché è evidente l’interconnessione di alcune competenze attese dalla pratica del debate con quelle richieste per lo svolgimento della “nuova” tipologia B della prima prova scritta dell’esame di Stato. Se dovessimo individuare il nodo nevralgico della didattica del debate, lo indicheremmo forse nel consolidamento lessicale, che è stato correttamente riconosciuto come una competenza di cittadinanza, poiché il numero di parole conosciute e usate è direttamente proporzionale al grado di sviluppo della democrazia: difatti, per dirla con Gustavo Zagrebelsky, «essendo la democrazia una convivenza basata sul dialogo, il mezzo che permette il dialogo, cioè le parole, deve essere oggetto di una cura particolare, come non si riscontra in nessuna altra forma di governo. Cura duplice: in quanto numero e in quanto qualità»[9].

È importante rimarcare l’attenzione che si deve porre agli aspetti formativi della persona nella pratica del debate. Secondo le ricerche del Cfbt Education Trust e dell’English Speaking Union, gli studenti coinvolti nei debate hanno aumentato del 25% la probabilità di completare la scuola superiore negli Stati Uniti d’America, con un’impennata del 70% nel caso degli studenti afro-americani[10]. È quindi corretto concludere che il debate – per l’insieme di competenze che sviluppa e per gli aspetti etici che può contribuire a promuovere – sia davvero un potente strumento educativo.

 

 

 27 giugno 2022

 


[1] Per bibliografia/sitografia vd. www.debateitalia.it, cons. il 3 maggio 2022. Usiamo qui come termini equivalenti “mozione” o “tema”, e allo stesso modo “speaker”, “debater”, “oratore”, “dibattente”.

[2] https://www.debateitalia.it/pagine/temi-dibattiti-2022, cons. il 3 maggio 2022.

[3] Per la costruzione del dibattito vd. Manuele De Conti, Matteo Giangrande, Debate. Pratica, teoria e pedagogia, Milano-Torino, Pearson, 2017 (rimarchiamo l’importanza di questo manuale per gli aspetti tecnici, didattici e operativi). Per la gestione di un torneo vd. Matteo Giangrande, Le regole del debate. Guida ai protocolli per coach e debater, Milano, Pearson, 2020.

[4] Sul giudizio vd. Christopher Sanchez, Il debate nelle scuole, Torino, Pearson, 2018, pp. 14-20.

[5] Letizia Cinganotto, Elena Mosa, Silvia Panzavolta, Il debate. Una metodologia per potenziare le competenze chiave, Roma, Carocci, 2021.

[6] Per gli strumenti di logica, dialettica e retorica vd.: Adelino Cattani, Botta e risposta. L'arte della replica, Bologna, Il Mulino, 2001; Idem, Avere ragione. Piccolo manuale di retorica dialogica, Roma, Audino, 2019; Didattica, dibattito, fallacie e altri campi dell’argomentazione, a cura di Adelino Cattani, Manuele De Conti, Napoli, Loffredo, 2012; Giovanni Boniolo, Paolo Vidali, Strumenti per ragionare, Milano, B. Mondadori, 2002; Paola Cantù, Italo Testa, Teorie dell'argomentazione. Un'introduzione alle logiche del dialogo, Milano, B. Mondadori, 2006; Elisabetta Imperato, Aver ragione è ancora un’arte? Dialettica e argomentazione in Schopenhauer, «Fare l’insegnante», ii, 2, 2018, pp. 41-43.

[7] Maria Giovanna Fantoli, Il debate ovvero il dibattito regolato: potenzialità e limiti, «Nuova Secondaria», xxxvi, 4, 2018, pp. 22-26: 25.

[8] Una serie di regole essenziali di correttezza è in A. Cattani, Botta e risposta, cit., pp. 129-130. Vd. inoltre Manuele De Conti, Joseph Zompetti, L’etica del debate, Milano, Pearson, 2019.

[9] Gustavo Zagrebelsky, L'onestà delle parole, https://accademiadellacrusca.it/it/contenuti/titolo/8, cons. il 3 maggio 2022.

[10] https://debate.uvm.edu, cons. il 3 maggio 2022.