Martyna Urbaniak - Archivi digitali del CTL

Metodologie e strumenti per la ricerca letteraria tra parole e immagini

Prendendo spunto da alcune questioni sollevate da Giancarlo Alfano in apertura di questa sezione di Griseldaonline e riguardanti l'urgenza, da parte di critici, studiosi e professori di lettere, di accogliere e di proporre forme nuove di dibattito sulla letteratura, e nuovi canali di diffusione della conoscenza letteraria, vorrei discutere due recenti esperienze del gruppo di ricercatori del Centro di Elaborazione Informatica di Testi e Immagini nella Tradizione Letteraria (CTL) della Scuola Normale Superiore di Pisa (www.ctl.sns.it). Lina Bolzoni, direttrice del centro, l'ha fondato nel 2000 con l'obiettivo di formare un gruppo di ricerca deciso a indagare i rapporti tra parola e immagine che in vario modo caratterizzano i diversi momenti della storia letteraria. L'approccio metodologico transdisciplinare e l'intreccio d'indagini a carattere strettamente letterario, studi storici, ricerche sulla storia del libro illustrato e analisi storico-artistiche consente di comprendere le complesse dinamiche del dialogo tra il codice verbale e quello iconico e di collocarlo entro una più ampia prospettiva letteraria e culturale. Alle indagini "tradizionali" s'affianca inoltre il ricorso a tecnologie informatiche, e in particolare l'impegno nella costruzione di archivi digitali di cui si rimarcano non solo la facoltà di immagazzinare e di rendere liberamente e gratuitamente accessibili on-line una grande quantità di riproduzioni di documenti spesso rari e di difficile reperimento, ma anche le importanti potenzialità di strutturazione di tali dati in relazione ai metadati di studio, e le opportunità di creare in questo modo nuovi stimoli e percorsi per la ricerca. Particolarmente interessante risulta osservare le architetture ipertestuali sviluppate presso il CTL nell'ottica di alcune questioni emerse nell'ambito dell'ampio dibattito accademico che, com'è noto, sin dagli anni Novanta del secolo scorso si è aperto intorno alle opportunità di applicazione di strumenti ipertestuali in aree diverse della cultura e della ricerca. La disputa, coinvolgendo studiosi di discipline diverse, da informatici a ricercatori di storia letteraria, antropologi e filosofi, ha dato stimolo all'elaborazione di una serie di definizioni dell'ipertesto sempre più specifiche e all'individuazione di campi d'indagine in cui l'applicazione delle varie metodologie di costruzione d'ipertestualità multimediale sembrava offrire maggiori prospettive di novità e di sviluppo. La formulazione di quelle istanze teoriche, accompagnata da una serie di esperienze pratiche di modellizzazione ipertestuale, ha offerto sollecitazioni importanti per la costruzione di archivi digitali. Distinti dai database – all'epoca contenitori di risorse digitalizzate ancora piuttosto semplici e capaci di offrire poco più di uno scaffale elettronico dove trovare, alla stregua di una biblioteca tradizionale, i libri su cui fare ricerca – essi hanno assunto sempre più il carattere di architetture complesse e controllate, all'interno delle quali raccogliere una messe d'informazioni (dati e metadati) strutturate, codificate in maniera selettiva e conforme all'ottica d'indagine prescelta, e disponibili per interrogazioni complesse. Nelle collezioni digitali di area umanistica, intese come commentari critici, si sono così visti dei veri e propri strumenti di ricerca capaci di supportare analisi sistematiche e, entro i limiti prestabiliti, esaustive di varie problematiche testuali e iconografiche altrimenti indagabili solo attraverso indagini campionarie, intravedendo al contempo in queste nuove potenzialità occasioni di sollecitare sguardi critici originali e di aprire così prospettive inedite di ricerca.
Entro questa corrente vivace d'indagini si collocano anche le esperienze di costruzione degli archivi digitali di parole e immagini maturate dal CTL, e in particolare le indagini condotte nel corso degli ultimi cinque anni nell'ambito di due ampi progetti europei: Anton Francesco Doni – Multimedia Archive of Texts and Sources (AFDMATS), progetto sviluppato tra il 2008 e il 2012 grazie a un ERC 'Starting Independent Resercher Grant' vinto da Giovanna Rizzarelli; e Looking at Words Through Images: Some Case Studies for a Visual History of Italian Literature (LOOKINGATWORDS), progetto iniziato nel 2012 nell'ambito dell'"Advanced Grant" assegnato dall'European Research Council a Lina Bolzoni. Queste due indagini – diverse tra loro dal punto di vista degli oggetti e delle prospettive di ricerca poiché dedicate l'una all'esplorazione delle caratteristiche peculiari del rapporto tra parola e immagine nelle opere manoscritte e a stampa di Anton Francesco Doni, e l'altra alla ricostruzione delle pratiche di traduzione visiva dell'Orlando furioso messe in atto nelle edizioni cinquecentesche del poema e allo studio dell'impatto culturale esercitato dal "classico" ariostesco anche attraverso l'influenza modellizzante della sua veste editoriale – hanno richiesto e richiedono procedimenti di analisi differenti che, pur nell'unicità dei presupposti metodologici, prospettano una diversità di approdi. E anche se i risultati di queste due esperienze si potranno confrontare qui solo in parte, per via dello stato diverso di avanzamento dei lavori (il primo progetto è, infatti, già concluso mentre il secondo è nella sua fase iniziale), sembra tuttavia interessante tentare un accostamento; un confronto atto a rivelare non tanto le piuttosto scontate velocità di sviluppo e malleabilità degli strumenti informatici oggi a disposizione dei ricercatori di lettere, quanto soprattutto la versatilità applicativa degli ipertesti digitali in area umanistica e il loro potenziale scientifico.

 

L'officina scrittoria di Anton Francesco Doni: un archivio digitale di «libri mescidati»

 

Come indica il titolo stesso del progetto Anton Francesco Doni – Multimedia Archive of Texts and Sources, la costruzione di un archivio digitale che fosse capace di porsi quale strumento per una ricostruzione sistematica e completa dei molteplici e complessi rapporti che nella scrittura doniana legano i testi e le immagini si è profilata fin da subito come un elemento chiave dell'indagine. L'ambiente ipertestuale offriva la possibilità di accogliere, in un contenitore unico, edizioni digitali di alcune opere a stampa e manoscritte dello scrittore fiorentino, insieme a una serie di metadati frutto delle ricerche precedenti e delle indagini svolte nel corso del progetto. E non solo. All'interno dello spazio ipertestuale le opere selezionate, e cioè la Zucca (Venezia, Marcolini, 1551-1552), la Moral filosofia e i Trattati (Venezia, Marcolini, 1552), i Mondi e gli Inferni (Venezia, Marcolini, 1552-1553), i Marmi (Venezia, Marcolini, 1552-1553) nonché il manoscritto dell'Attavanta (1559) potevano essere sottoposte a una codifica selettiva e a una strutturazione specifica che si ritenevano fondamentali nel restituirne la complessità, sia dal punto di vista della loro tradizione testuale e illustrativa che da quello del rapporto tra parole e immagini. Si trattava di una sfida avvincente, vista l'estrema articolazione compositiva e retorica degli scritti. Sul versante testuale, le opere più importanti del fiorentino sfoggiano, infatti, un impianto dialogico complesso che mostra poche affinità con il modello di stampo ciceroniano, riallacciandosi piuttosto alla tradizione del dialogo platonico e soprattutto lucianeo, e incrociando i due modelli. La cornice dialogica aperta, insofferente verso ogni sistematicità, strutturale come tematica, e atta a dare l'impressione di estemporaneità del racconto accoglie qui una gran quantità di inserti narrativi autonomi e spesso preesistenti mascherando, sotto l'apparenza di un'assoluta spontaneità compositiva, "un'inquieta ricerca strutturale condotta contemporaneamente su più livelli". Altrettanta complessità s'incontrava sul versante di relazioni tra il codice verbale e iconico. La scrittura doniana offre, infatti, accanto a un ventaglio d'immagini verbali come descrizioni o passi ecfrastici, un'articolata casistica in cui gli inserti figurativi – realizzati spesso con legni di riuso che lo scrittore aveva sotto mano al momento del comporre – non illustrano semplicemente il testo, ma diventano una fonte d'ispirazione narrativa e talvolta perfino un tramite visivo attraverso il quale l'opera del fiorentino dialoga con i testi da cui le vignette sono state ispirate. Si realizza così un procedimento compositivo articolato, pensato per essere l'espressione di una peculiare visione della storia, e quindi della letteratura: concezione in cui parole e immagini, come eventi, sono destinati a un eterno ripetersi, variando sempre nel vortice della reiterazione, e creando così realtà testuali sempre nuove benché fatte del già noto, del già detto, del già scritto. «Quel che accade oggi è accaduto dell'altre volte, quel che si dice è detto e dirassi ancora e quel che ha da essere è stato», scrive infatti Doni in un passo citatissimo della Libraria.
Dar conto di quelle concordanze "delle historie" – e quindi delle risonanze sottili e spesso difficilmente percepibili tra le parole e le immagini – attraverso la costruzione di un'apposita struttura ipertestuale implicava effettuare una marcatura customizzata. Attraverso tale codifica si voleva mettere in evidenza accanto alla capricciosa irregolarità dell'articolazione strutturale dei testi di Doni, e alla complessità delle loro fonti narrative come iconografiche, anche le eventuali simmetrie retoriche nascoste: coerenze in grado di rendere più che mai tangibile l'attento controllo che lo scrittore esercita sui procedimenti compositivi e sulla materia letteraria altrui in essi adoperata. È quindi parso necessario evidenziare una serie di fenomeni caratteristici dell'uso doniano delle fonti testuali, marcando citazioni, allusioni, riscritture, autocitazioni e plagi: prestiti e furti letterari di cui lo scrittore raramente dà conto in maniera esplicita, facendone invece materia di un gioco letterario fondato spesso su rimandi pretestuosi e fuorvianti. Rendere visibile e interrogabile quella ricca intertestualità all'interno di uno spazio ipertestuale, e cioè su una scala ben diversa da quella realizzabile entro indagini tradizionali a campione, significava restituire il serrato dialogo che Doni intrattiene con la cultura letteraria del periodo in tutta la sua complessità e pervasività. Analogamente, anche la codifica dei rapporti tra il codice verbale e quello figurativo andava customizzata, in modo da dare conto di tali relazioni dal punto di vista non solo semantico ed estetico, ma anche e soprattutto retorico e culturale. Nella ricerca di soluzioni ci si è richiamati, in questo caso, all'esperienza acquisita dai ricercatori del CTL durante la costruzione della collezione digitale L'Orlando furioso e la sua traduzione in immagini, dedicata allo studio della transcodificazione del testo ariostesco operata negli apparati iconografici e paratestuali originali presenti in una serie di edizioni cinquecentesche del poema. Alcuni degli strumenti di ricerca elaborati in quell'occasione potevano essere, infatti, adattati alle esigenze del nuovo progetto, arrivando a supportare sia lo studio delle peculiari dinamiche che nei testi di Doni contraddistinguono i legami tra parola e immagine, sia la ricostruzione delle fonti testuali e della fortuna figurativa che i corpora illustrativi delle opere del fiorentino conobbero tra la fine degli anni '30 del Cinquecento e gli anni '30 del Seicento.
Si profilava in questo modo l'idea di costruire un ipertesto critico che, pur se parziale, era in grado di porsi al contempo come esito di ricerche e strumento per nuovi attraversamenti critici. La sua parzialità – dovuta a una specifica prospettiva critica, e quindi metodologica, a partire dalla quale esso veniva costruito – ci si augurava potesse essere compensata dalla sistematicità e dall'esaustività delle analisi testuali e iconografiche svolte entro l'ottica prescelta su un corpus nutrito e capace di comprendere una larga parte della produzione di Doni. Gli scritti accolti all'interno di un'architettura ipertestuale così strutturata sarebbero stati rappresentati come dilatabili in una rete potenzialmente infinita (e costantemente aggiornabile) di testi, immagini, metadati critici e relazioni tra tali elementi rese evidenti tramite i link. All'interno di quel sistema di organizzazione, interpretazione e interrelazione dei dati testuali, contestuali e interpretativi le opere avrebbero potuto essere esplorate non solo mediante procedimenti tradizionali di lettura, ma anche per attraversamenti obliqui, volti ad andare oltre il testo e offrire approfondimenti di vario genere, stimolando così associazioni nuove, possibili entro itinerari accuratamente predisposti dagli autori dell'ipertesto.
Una volta messe a fuoco le caratteristiche auspicate per la costruzione ipertestuale, si è dato l'avvio a una nuova tappa del progetto in cui, attraverso un serrato dialogo tra gli storici della letteratura e gli informatici, si dovevano elaborare soluzioni concrete capaci di realizzare a livello digitale le soluzioni richieste, e consentire così la costruzione materiale dell'archivio. Nello specifico, si trattava di dare conto, attraverso la marcatura digitale, degli aspetti testuali peculiari della scrittura doniana, quali la compresenza di vari generi letterari, la fitta e articolata intertestualità, l'incidenza di fenomeni stilistici e linguistici tipici della comunicazione orale e la dimensione visiva del testo. Sul piano dell'analisi dei rapporti tra i testi e i loro apparati illustrativi si è invece reso necessario analizzare separatamente ogni immagine, racchiudendo i risultati di tali indagini in apposite schede. In esse si sarebbe dato conto delle caratteristiche materiali e semantiche delle vignette, nonché delle loro relazioni con le porzioni testuali di riferimento nelle opere doniane e con eventuali testi d'origine. Questo schema ideale di informazioni e di relazioni tra di esse – articolato su tre livelli diversi, e cioè quello intra-, inter- ed extratestuale – doveva essere successivamente organizzato in una struttura logica fondata sull'intersezione di un asse temporale, mirante a rivelare le relazioni sincroniche e diacroniche, con un asse spaziale, atto a indicare le relazioni paradigmatiche e sintagmatiche.
Per esprimere tutti questi rapporti strutturali e logici tra documenti, parti di documenti e metadati critici a essi pertinenti, le risorse destinate a confluire nell'archivio sono state sottoposte alla codifica digitale. Si è fatto ricorso a un linguaggio dichiarativo di markup generico, atto a riflettere non gli aspetti tipografici delle risorse, ma la loro articolazione compositiva nonché le valenze semantiche e funzionali dei loro singoli elementi. Nello specifico è stato adottato il linguaggio di codifica XML (eXtensible Markup Language). A esso sono stati applicati gli standard di marcatura elaborati dalla TEI (Text Encoding Initiative), un consorzio internazionale formato da istituzioni di ricerca e da studiosi individuali, e orientato a sviluppare modelli specifici di rappresentazione digitale, di conservazione elettronica e d'interoperabilità per i testi in ambito umanistico. A partire dai marcatori standard proposti nelle versioni P4 e P5 delle linee guida della TEI, una serie di soluzioni customizzate sono state realizzate mediante l'aggiunta di nuovi marcatori (tag) atti a segnalare fenomeni fino ad allora non codificabili, e attraverso la modifica dei tag tradizionali cui sono state associate delle specifiche nuove (attributes). La marcatura testuale ha così consentito di segnalare, accanto ai nomi di persone e toponimi, la presenza all'interno delle opere di Doni di generi letterari (tra cui facezie, lettere, liriche e novelle), e una serie di fenomeni dell'intertestualità (come citazioni, riscritture, allusioni, plagi e autocitazioni). Inoltre, si è potuto dare conto dell'incidenza nel dettato testuale doniano di alcuni tratti tipici dell'oralità (come espressioni idiomatiche, proverbi e wellerismi), e della presenza d'immagini verbali (come sogni, visioni, descrizioni di persone o di luoghi, e passi ecfrastici). Il procedimento di codifica applicato agli apparati iconografici ha portato invece, per un verso, alla marcatura diretta delle risorse figurative operata con l'ausilio di Image Mapper Tool e, per l'altro verso, all'elaborazione delle schede delle immagini atte a fornire una serie di metadati descrittivi e interpretativi specifici delle singole vignette. Per ogni incisione sono stati quindi indicati i suoi aspetti materiali, come l'edizione in cui essa si trova con la relativa collocazione, la tecnica di esecuzione e le misure, la posizione rispetto al testo con il quale essa dialoga, l'eventuale presenza di fregi, iscrizioni o motti. Accanto a questi dati tecnici, in sezioni separate delle schede, sono stati forniti i risultati delle indagini critiche e una serie di dati interpretativi. È stata così offerta una descrizione semantica dell'illustrazione e, laddove possibile, segnalata la sua fonte testuale, insieme alla trascrizione del brano che l'ha ispirata direttamente e all'indicazione del suo significato originale. Inoltre, per ogni immagine è stato riportato il frammento testuale cui essa ha dato spunto nella scrittura di Doni e definito il significato contestuale da essa assunto nell'opera del fiorentino. I singoli elementi compositivi dell'immagine sono stati invece descritti con l'ausilio del sistema internazionale di codici alfanumerici Iconclass, utilizzato nella schedatura per soggetto delle opere d'arte. Infine, si è cercato anche di offrire una ricostruzione esaustiva della storia dell'incisione, indicandone gli usi precedenti e successivi, riscontrati entro l'arco temporale interessato dall'indagine in opere di Doni e non.
Alla progettazione concettuale dell'ipertesto e alla marcatura delle risorse destinate a confluire nell'archivio, è seguita la fase di organizzazione logica del materiale così elaborato. Le risorse testuali e iconografiche, insieme ai rispettivi metadati, dovevano essere strutturate gerarchicamente in modo da rispecchiare la loro subordinazione originaria e aprire al contempo la possibilità di creare percorsi di navigazione capaci di dare conto delle specificità dei procedimenti compositivi attuati da Doni. Si è così scelto di individuare ipotesti principali che costituissero delle soglie d'accesso ad altre risorse. Tale funzione è stata assegnata ai documenti testuali (txt). Attraverso la fruizione delle opere sarebbe stato possibile accedere alle risorse iconografiche e da esse, per il tramite dei link, a documenti-schede fatte di metadati (img) che a loro volta potevano rimandare ad altri metadati (img). I percorsi associativi introdotti dai link sarebbero stati rigorosamente controllati offrendo un numero finito di approfondimenti. Così, una volta completato un percorso sarebbe stato necessario ritornare a un livello ipertestuale superiore, quello delle risorse testuali appunto, e da lì procedere verso nuovi attraversamenti. Ciò avrebbe senz'altro limitato l'autonomia semantica dell'ipertesto – che invece di essere un sistema aperto e liberamente ricentrabile avrebbe così assunto la forma di un'architettura digitale fondata sulla centralità della parola doniana –, ma in compenso avrebbe consentito di diminuire la dispersività dei dati e ridotto il rischio di sovraccarico conoscitivo. Grazie a un'organizzazione gerarchica delle risorse e a una strutturazione rigida dei link, l'utente dell'archivio si sarebbe trovato di fronte a una costruzione ampia ma facilmente decifrabile negli attraversamenti proposti; percorsi strettamente funzionali agli interessi della ricerca che hanno originato l'ipertesto stesso. In un ambiente digitale così formato il lettore avrebbe avuto la possibilità di fruire i testi in duplice modo: leggerli in maniera 'lineare' entro una dinamica di fruizione molto simile a quella abituale, pagina per pagina; ma anche compiere letture capaci di spezzare tale sequenzialità, o meglio moltiplicarla, imboccando percorsi di approfondimento suggeriti dai link. All'opportunità di una lettura 'tradizionale' si sarebbe perciò unita la possibilità di un'esplorazione multilineare dei contenuti, frutto della capacità dell'ipertesto di gestire le connessioni e di renderle visibili. La speranza era che tali percorsi, impliciti per l'autore ed esplicitati dall'ipertesto critico, avrebbero stimolato il lettore navigante ad attivarli e a procedere all'esplorazione delle risorse associate, realizzando così associazioni inedite e fruttuose per lo sviluppo degli studi doniani. Tuttavia, le nuove opportunità di analisi non si dovevano realizzare solo attraverso le dinamiche di navigazione ipertestuale, ma anche grazie agli strumenti di ricerca predisposti. L'uniformità del vocabolario di codifica applicato alle diverse tipologie di risorse avrebbe, infatti, reso possibile incrociare i dati da esse provenienti e compiere così sia ricerche automatizzate full-text, che interrogazioni complesse affinabili tramite l'applicazione di uno o più filtri.
Definita la struttura logica determinante i rapporti tra le risorse dell'archivio si è aperta l'ultima fase del progetto, in cui andavano stabiliti e organizzati i contenuti dell'interfaccia grafica. Le soluzioni front-end sono state pensate in modo da offrire agli utenti, da un lato, una serie di informazioni capaci di favorire una comprensione immediata delle logiche di organizzazione dell'archivio e, dall'altro lato, un insieme di opzioni grafiche perspicue, in modo da rendere l'ambiente e la sua navigazione rispettivamente il più possibile userfriendly e intuitiva. Le finalità d'informazione sono state in gran parte affidate alla home page. In essa si è cercato di dare una serie di fondamentali indicazioni 'editoriali' e 'paratestuali', come una breve descrizione del progetto e degli obiettivi scientifici sottesi alla creazione della collezione digitale, e la lista delle risorse consultabili. Ulteriori approfondimenti sono stati offerti attraverso i link a Archivio, Help, Crediti. Entro tali spazi sono stati indicati i criteri di trascrizione e di codifica applicati alle diverse tipologie di risorse, le modalità d'organizzazione dei risultati del trattamento informatico dei dati (indici di navigazione) e le logiche di elaborazione e di inserimento nel contenitore ipertestuale di spazi interpretativi di approfondimento (schede). Per ogni opera doniana presente nell'archivio si sono offerte inoltre una dettagliata descrizione bibliografica dell'edizione in esame e una bibliografia di studi critici di riferimento. Tali documenti sono stati resi disponibili in formato pdf in modo da poter essere consultati sia on che off-line. Nella home page sono state inoltre riportate informazioni riguardanti l'Host Institution, un elenco d'istituzioni, archivi e biblioteche sedi di conservazione del materiale documentario riprodotto nell'archivio, e una presentazione del gruppo di ricerca impegnato nel progetto. Per assicurare agli utenti una fruizione ottimale della collezione nella pagina iniziale sono stati infine indicati una serie di parametri tecnici richiesti per la navigazione. In questo modo si voleva agevolare l'orientamento degli utenti all'interno dello spazio ipertestuale, ma anche garantire una corretta ricontestualizzazione da parte loro delle risorse confluite nell'archivio il quale, come si è detto, non rappresenta un contenitore imparziale e trasparente ma un ambiente altamente strutturato, volto a riflettere e a sollecitare una precisa angolazione dello sguardo critico.
Per facilitare la navigazione dell'archivio rendendo immediata l'identificazione delle sue varie risorse e intuitivo l'uso degli strumenti specifici a esse associati sono state inoltre elaborate alcune soluzioni grafiche. Un ruolo fondamentale è stato affidato, com'è ovvio, ai link, atti a segnalare i possibili passaggi di approfondimento tra varie risorse e aree di navigazione, che a loro volta sono state distinte con colori diversi. A questo 'sostegno visivo' del percorso sono state aggiunte indicazioni delle risorse, riportate negli header e riprodotte anche, a tab collassati, sui segnalibri. Infine, link, colori ed etichette specifici sono stati usati per marcare il fondamentale passaggio dai documenti testuali e figurativi ai metadati, dalle risorse ai discorsi interpretativi. Il rischio che queste due tipologie fondamentali di informazioni venissero in qualche modo confuse dall'utente e che egli attribuisse ai commenti e alle annotazioni di studio lo stesso status dei dati appariva infatti particolarmente alto visto che l'ambiente ipertestuale di regola non consente di mantenere distinzioni grafiche tradizionali tra il corpo del documento e la nota critica, e prevede l'uso di formule standardizzate di informazione anche per gli spazi di commento. La stessa esigenza di controllo della presentazione del testo che – come rileva Bolter – all'interno dello spazio ipertestuale diventa parte integrante del testo stesso, ha reso necessario introdurre una serie di icone grafiche miranti a segnalare in modo chiaro e intuitivo le specifiche funzionalità associate a ogni singola tipologia di risorsa e accessibili dalla barra degli strumenti a essa relativa. Infine, delle soluzioni grafiche customizzate sono state sviluppate anche per distinguere le varie tipologie di risultati delle ricerche automatizzate.
Proseguendo nella ricerca di strumenti dell'interfaccia grafica capaci di rendere l'archivio il più userfrienly possibile e favorire il suo uso quale strumento di indagine quotidiano in cui la navigazione e il browsing portino gli utenti a produrre nuova conoscenza e incoraggino il confronto e lo scambio scientifico, si è approdati a sviluppare anche uno strumento di bookmark chiamato My Doni. Esso consente di creare all'interno dello spazio ipertestuale un account personale dove custodire e condividere i contenuti della collezione, ma anche inserire note e commenti e comunicare con altri utenti. In questa maniera, accanto alla possibilità di fruire di un personale 'tavolo di lavoro' virtuale, dinamico e multimediale, l'ipertesto digitale offre agli users anche un ambiente in cui confrontarsi e contribuire a formare una più ampia 'comunità di pratica virtuale' doniana. Una collettività che si spera non si limiti a utilizzare l'archivio nelle proprie ricerche, ma che voglia condividere con gli autori dell'ipertesto i risultati delle proprie indagini, partecipando in questo modo al potenziamento della collezione e quindi anche allo sviluppo degli studi doniani.

 

LOOKINGATWORDS: dar conto dell'impatto culturale di un classico (*)

 

Se, come si è detto, lo studio delle opere doniane era inteso a esplorare le peculiari dinamiche retoriche fondate sull'interazione tra il codice verbale e iconico, messe in atto da uno dei rappresentanti più importanti della corrente "irregolare" e anticlassicista del Cinquecento italiano, l'indagine condotta nell'ambito del progetto LOOKINGATWORDS può dirsi sotto molti profili alternativa e complementare. Il suo duplice scopo consiste infatti nel definire, per un verso, le dinamiche di lettura, d'interpretazione e di manipolazione ideologica del materiale poetico, realizzate per via della transcodificazione della parola ariostesca operata nei paratesti visivi di una serie di edizioni cinquecentesche dell'Orlando furioso; e per l'altro verso, nel valutare come il modello di ricezione così definito, e atto a sigillare il ruolo del Furioso come moderno 'classico', sia diventato significante ed esemplare al punto da influenzare il formato editoriale di numerose opere e da essere usato come espediente atto a favorirne l'accoglienza da parte del pubblico e il successo. Indagando tali dinamiche di ricezione attraverso un approccio transdisciplinare – volto a collocare i risultati delle analisi puntuali di aspetti materiali, semantici e retorici dei corredi illustrativi in un'ampia prospettiva storica e storico-letteraria, ma anche nel contesto della cultura visiva del periodo e di specifici schemi concettuali, linguistici, mnemonici e cognitivi ad essa sottostanti –, la presente ricerca vuole restituire al Furioso il ruolo di modello cui la tipografia del Cinquecento e del primo Seicento ricorre per "canonizzare", attraverso la pubblicazione, nuovi testi poetici e non, e per proporre al pubblico traduzioni in volgare di opere dei classici. In questo modo si vuole scrivere un nuovo capitolo di storia letteraria che dando conto dei complessi rapporti tra parole e immagini innescatisi in e intorno ad alcune edizioni cinquecentesche del poema, ricostruisca l'incidenza del modello poetico proposto da Ariosto sul piano letterario ma anche figurativo, editoriale e culturale in senso lato.
La popolarità che l'Orlando furioso si conquistò fin da subito, presso lettori di fasce sociali più disparate, determinò infatti un impatto culturale esteso e capillare che non solo ha dato luogo a un acceso dibattito retorico sui generi letterari, contribuendo a ridefinire il canone, ma ha anche condizionato le pratiche di scrittura e di lettura, l'immaginario visivo e la produzione artistica, l'illustrazione libraria e il packaging tipografico. Ed è in quest'ultimo ambito che la storia editoriale del Furioso s'interseca, o meglio, si diffrange nelle vicende editoriali di una serie di opere di cui il best-seller ariostesco influenzò la nascita o la pubblicazione. Il successo del poema inspirò, infatti, a partire dagli anni '40 del Cinquecento, numerose continuazioni e rielaborazioni. Molte delle opere nate sulla sua scia venivano pubblicate con un corredo di commenti improntato al modello definito per il Furioso, e dotate di apparati iconografici di riuso, composti da legni provenienti spesso proprio dalle edizioni del testo ariostesco. Il packaging condiviso doveva avvalorare i nuovi titoli, rimarcando la continuità narrativa con le trame del poema e la volontà d'imitazione del nuovo modello poetico. È il caso dei testi come Angelica innamorata di Vincenzo Brusantino (Venezia, Marcolini, 1553), Le prime imprese del conte Orlando di Lodovico Dolce (Venezia, Giolito, 1572), il Discorso sopra tutti li primi canti d'Orlando furioso di Laura Terracina (Venezia, Giolito, 1549), e i Tredici canti del Floridoro di Moderata Fonte (Venezia, Rampazetto, 1581). L'impatto canonizzante del nuovo classico fu talmente forte da influenzare anche la facies delle edizioni di opere a esso precedenti. Così, testi di classici greci e latini, tradotti in volgare o proposti in riscrittura, come pure poemi cavallereschi di tradizione medievale – opere sulla cui falsariga il Furioso stesso in vari modi si collocava – ricevettero spesso una veste editoriale atta a rendere visibili i loro legami, di materia o di genere, con l'opera di Ariosto. Le Metamorfosi di Ovidio tradotte, prima, da Lodovico Dolce col titolo di Trasformationi (Venezia, Giolito, 1553) e, poi, da Giovanni Andrea dell'Anguillara col titolo di Metamorfosi (Venezia, Giunti, 1584), come pure la riscrittura dell'Eneide per l'opera dello stesso Dolce stampata con il titolo L'Achille et l'Enea (Venezia, Giolito, 1570), furono pubblicati in un formato editoriale ispirato a quello del Furioso. Similmente, anche alle edizioni a stampa dell'Orlando innamorato di Matteo Maria Boiardo (Venezia, Scoto, 1545), del Morgante di Luigi Pulci (Venezia, Scoto, 1545) o del Mambriano di Francesco Cieco da Ferrara (Venezia, Imperatore, 1549) fu conferito un impianto editoriale analogo. E a condividere il packaging tipografico del Furioso fu perfino il secondo grande poema epico del Cinquecento, la Gerusalemme liberata, in un incontro-scontro portato avanti anche per mezzo degli apparati iconografici e di commento delle edizioni Bartoli (Genova, 1590), Deuchino (Venezia, 1608) e Pavoni (Genova, 1617). Analizzare il funzionamento dei paratesti iconici di tali edizioni implica assumere un'ottica in cui lo sguardo di chi legge il testo, per poi ideare l'immagine atta a illustrarne la trama, si ricongiunge idealmente allo sguardo di chi fruisce il libro illustrato, formando una pratica d'interpretazione testuale circolare e mediata dagli elementi figurativi la quale solleva una serie di domande sull'uso sociale dell'immagine nonché sul ruolo del lettore nel funzionamento retorico dell'opera. Tali quesiti si profilano di particolare rilievo per un'epoca come il pieno Rinascimento italiano, la cui cultura, com'è noto, appare fortemente caratterizzata dal sincretismo culturale e dove le dinamiche di creazione artistica e di costruzione del sapere si fondano proprio sulla molteplicità e trasversalità di codici.
Il punto di partenza di un'indagine così orientata è lo studio delle forme e delle strategie di transcodificazione paratestuale che furono realizzate in sei edizioni veneziane del Furioso pubblicate nel corso del Cinquecento e dotate di apparati iconografici originali, e cioè l'edizione Zoppino (1536), la Giolito (1542), la Valvassori (1553), la Valgrisi (1556), la Varisco (1563) e la De Franceschi (1584). In questo suo momento iniziale, il percorso di ricerca s'interseca con le indagini svolte al CTL, tra il 2006 e il 2009, nell'ambito di due progetti PRIN, dove ci si proponeva di esaminare, tra l'altro, le modalità d'interpretazione del poema di Ariosto messe in atto nei corredi illustrativi e di commento delle edizioni Zoppino (1536), Giolito (1542), Valvassori (1553) e Valgrisi (1556). Gli studi sulla ricezione visiva del Furioso condotti all'epoca, in collaborazione con altre cinque unità di ricerca, hanno inoltre consentito di costruire una galleria digitale di opere d'arte a soggetto ariostesco attraverso la quale si voleva dare conto della fortuna figurativa del poema tra il Cinque e il Settecento. Prendendo le mosse dalle acquisizioni scientifiche e di metodo maturate in quell'occasione – acquisizioni oggi disponibili grazie alla pubblicazione di una collezione digitale liberamente e gratuitamente accessibile sul sito www.orlandofurioso.org e di una serie di volumi –, il campo d'indagine verrà esteso comprendendo, da un lato, altre due edizioni cinquecentesche del Furioso corredate di apparati iconografici originali, e cioè la Varisco (1563) e la De Franceschi (1584), e dall'altro, una galassia di opere e di autori gravitanti nell'orbita delle edizioni illustrate del poema di Ariosto.
Vista l'ampiezza del corpus di studio e la molteplicità delle questioni teoriche sottostanti, si è scelto ancora di avvalerci di una serie di strumenti di ricerca oggi disponibili nell'ambito delle digital humanities; mezzi particolarmente interessanti anche alla luce del recente dibattito sul futuro del libro e sulle soluzioni da adottare per garantire la conservazione e un utilizzo agevolato del patrimonio librario. Si è così deciso di inserire il progetto in una linea di ricerca, condivisa con le precedenti indagini ariostesche e con le analisi doniane, e dedicata alle potenzialità delle architetture ipertestuali nell'unire le funzioni di conservazione e di navigazione del materiale antico digitalizzato, con quelle di costruzione e di condivisione del sapere. Ci si riallaccia in particolare alle posizioni teoriche in cui l'ipertesto è inteso quale ambiente unico, intertestuale, multimediale e interattivo, capace di contenere edizioni critiche di testi insieme ai commenti, note, immagini, filmati, e in grado di funzionare quale archivio sofisticato in cui ciascun documento è al tempo stesso autonomo e funzionale all'insieme, e può essere fruito isolatamente o contestualmente ad altri. In questo senso, nuove prospettive si sono aperte anche grazie all'evoluzione in atto del World Wide Web nella direzione del web semantico, capace cioè di interpretare a un livello molto più elaborato il carattere delle informazioni presenti in rete e di favorire in questo modo fruttuose interazioni tra tali dati. Si vuole giungere così alla costruzione di un archivio digitale, inteso come ipertesto parziale, strettamente funzionale all'ottica di ricerca prescelta, e creato nello specifico per consentire lo studio delle funzioni modellizzanti svolte dall'Orlando furioso dal punto di vista iconografico e del format editoriale.
La fase iniziale dei lavori, incentrata sulla definizione delle funzionalità auspicate per l'ipertesto e allo sviluppo delle soluzioni di codifica digitale necessarie a realizzarle, ha portato a una prima definizione del back-end. Le componenti Open Source e Free Software, usate per la costruzione di biblioteche e archivi digitali, sono state customizzate e strutturate secondo le linee guida OAI-PHM e in linea con le Linked Data guidelines, in modo da assicurare rispettivamente l'interoperabilità dei dati e la loro compatibilità alla condivisione nel web semantico. L'elaborazione e l'immissione dei dati è condotta secondo il modello standard RDF (Resource Description Framework), strumento fondamentale del web semantico utilizzato nella codifica, nello scambio e nel riutilizzo dei metadati per consentirne l'interoperabilità. Si fa così ampio ricorso a vocabolari strutturati, basati sulle triple, che dotano d'informazioni a strutturazione semantica (subject-predicate-object) i dati dell'archivio al momento stesso della loro immissione, e che sono perciò capaci di dare la coerenza interna alla collezione e di favorire la semantic interoperability delle informazioni in essa contenute nel contesto del web. L'elaborazione delle risorse testuali è invece realizzata a partire dal sistema di codifica XML-TEI, applicato secondo le indicazioni formulate nelle versioni delle guidelines P4 e P5. Viene così costruito un impianto digitale complesso poiché destinato ad accogliere, accanto a un corpus relativamente omogeneo costituito dalle sei edizioni cinquecentesche del Furioso, una galassia di testi in cui le funzioni modellizzanti svolte dalle stampe del poema ariostesco si dispiegano variamente e richiedono modalità di codifica diverse per darne conto. Da qui la necessità di sviluppare soluzioni che consentano di accogliere all'interno di un unico spazio ipertestuale due blocchi di materiali distinti dal punto di vista concettuale e interoperabili sul piano funzionale.
Nell'ambito del primo blocco formato, come s'è detto, dalle sei edizioni del poema di Ariosto, è forte la continuità con i criteri di organizzazione ipertestuale e di marcatura adottati in passato. Focalizzata sulle illustrazioni, l'architettura dell'ipertesto trasforma qui tali risorse in ipotesti principali, a partire dai quali si aprono percorsi controllati di navigazione, e in relazione ai quali il testo del Furioso diventa a sua volta una risorsa secondaria, presente sullo sfondo e raggiungibile tramite dei link. Scrive in merito Serena Pezzini: "la gerarchia di filiazione testo –> paratesto è mantenuta, ma la prospettiva di osservazione si rovescia: non si tratterà di esplorare, dal fulcro costituito dai versi ariosteschi, la gemmazione centripeta delle narrazioni per figuras […] ma di navigare la costellazione di immagini […], passando direttamente dall'una all'altra, e scrutando sempre oltre ad esse, in filigrana, la salda trama dei versi". L'architettura ipertestuale offre inoltre agli utenti una serie di schede di approfondimento in cui confluiscono dati e metadati relativi alle risorse. In esse sono riportati, prima una serie d'informazioni pertinenti agli aspetti materiali dei documenti, e poi un insieme di dati di studio frutto dalle ricerche svolte. Così, nelle schede delle immagini s'indicano, nella sezione tecnica, l'edizione di riferimento con la collocazione dell'esemplare digitalizzato, la tecnica di esecuzione e le misure, la presenza di eventuali cornici e la posizione dell'immagine all'interno della pagina. Nella parte di studio, invece, per ogni illustrazione sono riportati il frammento poetico cui essa si riferisce (con divisione in scene, ovvero contesti narrativi più ampi, in cui possono compiersi una o più azioni), i personaggi, gli oggetti, le ambientazioni e gli eventuali passi eckfrastici rappresentati, nonché gli elementi iconografici dell'illustrazione schedati attraverso i codici Iconclass. Inoltre, è possibile aggiungere alle schede due tipi di note: quelle tecniche pertinenti agli aspetti materiali del documento, e quelle di studio riguardanti eventuali peculiari problematiche interpretative emerse durante l'analisi.
Per quanto riguarda invece il secondo blocco di testi, sono state operate scelte di strutturazione in parte diverse. Se si è deciso di mantenere le illustrazioni nella loro funzione di risorse principali e se i testi delle opere che tali vignette sono chiamate a illustrare continuano a svolgere il ruolo d'ipotesti di approfondimento, raggiungibili attraverso dei link, si è scelto di includere nella schedatura parti di apparati paratestuali verbali qualora essi siano portatori di informazioni sulle dinamiche sottostanti al riuso iconografico. A dare conto di questa rete complessa di riferimenti tra parole e immagini sono le nuove voci previste per le schede delle illustrazioni. Tali schede recano ora non solo un collegamento al testo dell'opera in cui l'immagine si trova, ma anche – qualora sia possibile indicarlo – un collegamento al frammento del Furioso cui essa s'ispira, o l'indicazione di altra fonte qualora non sia stato il poema di Ariosto a dare materia all'immagine, e infine un riferimento al commento paratestuale laddove tale commento media l'interpretazione del riuso visivo. Grazie a una simile strutturazione della collezione, è possibile analizzare le strategie di riuso delle immagini dal punto di vista delle molteplici relazioni inter e intra testuali di cui esse sono portatrici all'interno del libro e alla luce dei commenti paratestuali in cui tali legami sono talvolta esplicitati. Inoltre, per dare meglio conto dell'impatto esercitato dalle edizioni illustrate del Furioso, nelle schede delle immagini è stata aggiunta la voce Ripresa dello schema iconografico, dove si vogliono segnalare eventuali legami figurativi rintracciabili tra i vari corredi illustrativi del poema.
Le voci di studio presenti nelle schede saranno attive e cliccabili consentendo, per mezzo dei link, ulteriori approfondimenti di ricerca: rimandi ai testi di ispirazione e di approdo (alcuni inediti), all'analisi delle singole azioni, alle sezioni di immagine pertinenti, ai riusi della vignetta presenti nella stessa edizione. Alcuni di questi approfondimenti, tuttora in fase di progettazione, saranno realizzati con l'ausilio di Pundit. Sarà così possibile rendere l'archivio più aperto e interoperabile con le collezioni digitali e i documenti presenti nel web, ma anche esplicitare meglio i legami semantici tra le risorse all'interno della collezione, e infine sollecitare l'uso dei documenti in essa raccolti da parte degli utenti del web. A essere sottoposti al trattamento digitale saranno però anche le immagini, la cui codifica verrà eseguita per mezzo di Flexip, programma che consente di segnalare con estrema precisione zone specifiche delle tavole e di collegarle ai frammenti testuali di riferimento. In questo modo sarà possibile studiare i meccanismi sottostanti al riuso dell'immagine in un caso specifico, ma anche confrontarlo con le dinamiche di risemantizzazione riscontrate in altre occorrenze, valutando eventuali affinità e divergenze. Le funzionalità offerte dall'archivio digitale consentiranno così di valutare anche fino a che punto i paratesti iconografici presi a prestito dalle edizioni del Furioso veicolino la memoria del poema, di quale tipo di memoria si tratta, e se la memoria delle immagini innesca la memoria delle parole e interagisce con essa. Sarà così possibile ricostruire, in tutta la sua complessità, la rete di parole e immagini attraverso le quali la tipografia del Cinquecento e del primo Seicento usa l'enorme prestigio del moderno classico ariostesco per tentare di promuovere i propri titoli e come, al contempo, proprio attraverso queste abili strategie tipografiche il Furioso esercita e consolida il suo impatto modelizzante.

L'ipertestualità realizzata negli archivi digitali del CTL costituisce quindi non tanto un mero strumento per far emergere in maniera esplicita e generalizzata un'intertestualità implicita, quanto piuttosto l'esito d'indagini nate da una scelta selettiva e coerente di un'angolazione conoscitiva in un orizzonte potenzialmente vastissimo. Fondati su una compresenza di documenti con i dati descrittivi e con i discorsi interpretativi, gli spazi ipertestuali sono pensati per svolgere la funzione di mediatori di ricerca, atti a indirizzare gli utenti verso l'acquisizione di nozioni, di strumenti e di metodi di studio, piuttosto che ad offrire loro risposte e soluzioni definitive. In quest'attitudine a problematizzare le questioni in esame consiste forse una delle qualità più importanti delle collezioni digitali di area umanistica, determinando un'apertura che sia auspicabilmente capace di tradursi, per un verso, in un'occasione per la considerazione di processi letterari nel contesto di questioni culturali più generali e, per l'altro verso, in una possibilità di formazione di spazi nuovi di confronto e d'incontro per gli utenti che – come ricorda Alfano – sempre più sono desiderosi di fruire la letteratura attraverso canali nuovi, più vicini all'esperienza ma non per questo inadatti a garantire un livello adeguato di competenza.


Pubblicato il 17/10/2013

 

Note:


[*] The research leading to these results has received funding from the European Research Council under the European Community's Seventh Framework Programme (FP7/2007-2013) / ERC Grant agreement n. 295620: ERC Advanced Grant 2011, «Looking at Words Through Images: Some Case Studies for a Visual History of Italian Literature».

[1] Tra i testi canonici che hanno aperto il dibattito sulle caratteristiche delle costruzioni ipertestuali in rapporto alle forme di testualità tradizionale, indagando le metodologie per l'applicazione dei nuovi strumenti – intesi come parte integrante dei processi culturali – nella lettura, nella comprensione e nello studio dei testi, vanno indicati gli studi di J. D. Bolter e di G. P. Landow. Com'è noto, essi mettevano in evidenza innanzitutto il carattere aperto acquisito dal testo all'interno dell'ambiente ipertestuale per via di applicazione dei link, la cui analisi in una prospettiva pressoché decostruzionista, predominante nella riflessione statunitense, portava a posizioni che sembravano voler quasi porre fine all'idea del testo quale oggetto chiuso, compiuto e fruibile mediante un percorso di lettura 'lineare'. Nelle riflessioni di studiosi francesi e italiani, più vicini alle posizioni strutturalista, si apriva invece la strada alla considerazione del carattere reticolare dell'ipertesto senza escludere la sua idoneità a contenere, rendere visibile e illustrare la struttura testuale. Cfr. P. LEVY, Le tecnologie dell'intelligenza: l'avvenire del pensiero nell'era informatica, trad. it. a cura di F. Berardi, Bologna, Synergon 1992 (I ed. 1990); J. D. BOLTER, Lo spazio dello scrivere. Computer, ipertesti e storia della scrittura, trad. e introd. a cura di M. Groppo e I. Grazzani, Milano, Vita e Pensiero 1993 (I ed. 1991); G. P. LANDOW, L'ipertesto. Il futuro della scrittura, a cura di B. Bassi, Bologna, Baskerville 1993 (I ed. 1992); Oltre il testo: gli ipertesti, a cura di M. Ricciardi, Milano, Angeli 1994; G. P. LANDOW, L'ipertesto. Tecnologie digitali e critica letteraria, a cura di V. Musumeci, introd. di P. Ferri, Milano, Mondadori 1998 (I ed. 1997); A. CADIOLI, Il critico navigante. Saggio sull'ipertesto e la critica letteraria, Genova, Marietti 1998; T. ORLANDI, Teoria e prassi della codifica dei manoscritti, in Gli zibaldoni di Boccaccio: memoria, scrittura, riscrittura. Atti del seminario internazionale (Firenze-Certaldo, 26-28 aprile 1996), a cura di M. Picone e C. Cazalé Bérard, Firenze, Cesati 1998, pp. 340-60, disponibile anche in [http://rmcisadu.let.uniroma1.it/~orlandi/encod.html].

[2] Proposte importanti di modellizzazione sono state formulate in base all'esperienza dei progetti Hyperdecameron e Hyper'Galien, e un contributo fondamentale allo studio delle costruzioni ipertestuali strumentali alla conoscenza è stato offerto da un'ampia sitografia di biblioteche e di archivi digitali, ideati e creati come strumenti d'indagine specifici e mirati a supportare alcuni peculiari indirizzi di ricerca. Cfr. C. CAZALÉ BÉRARD, Intorno all'Ipertesto: riflessioni teoriche e applicazioni. Il progetto 'Hyperdecameron', in Umanesimo & informatica. Le nuove frontiere della ricerca e della didattica nel campo degli studi letterari. Atti del Convegno 'Umanesimo e informatica' (Trento, 24-25 maggio 1996), a cura di D. Gruber e P. Pauletto, Fossombrone, Metauro 1997, pp. 23-35, disponibile anche in [http://circe.lett.unitn.it/attivita/eventi/eventi_umanesimo.html]; C. CAZALÉ BÉRARD e R. MORDENTI, La costituzione del testo e la 'comunità degli interpreti': libertà e responsabilità del critico/editore/ermeneuta in ambiente elettronico inter-attivo, in Internet e le Muse, a cura di P. Nerozzi Bellman, Mimesis, Milano 1997, pp. 13-38. Inoltre, dal punto di vista delle ricerche condotte al CTL, apparivano cruciali le esperienze di costruzione di archivi digitali atti a fornire l'ausilio nelle indagini sui rapporti tra il codice verbale e quello iconico nella produzione letteraria, emblematica e artistica europea del Cinquecento e dei secoli successivi. Tra di essi, in particolare, l'archivio digitale Literatura Emblemática Hispánica [http://rosalia.dc.fi.udc.es/emblematica-proyecto/index.html], sviluppato nel 1992 dal gruppo di ricerca dell'Università di La Coruña; l'archivio digitale Glasgow University Emblem Website costruito a partire dal 2001 presso l'Università di Glasgow [http://www.emblems.arts.gla.ac.uk/]; e l'esperienza di ricerca del gruppo di Emblem Utrecht Project [http://emblems.let.uu.nl/].

[3] L'archivio è oggi disponibile in libero e gratuito accesso sul sito [http://www.ctl.sns.it/doni]. Per una descrizione dettagliata della collezione si veda: M. URBANIAK, L'officina scrittoria di Anton Francesco Doni: un archivio digitale per la ricerca letteraria in I Marmi di Anton Francesco Doni: la storia, i generi e le arti, a cura di G. Rizzarelli, Firenze, Leo S. Olschki 2012, pp. 355-370.

[4] I testi accolti nella collezione hanno il carattere di edizioni digitali in quanto non rappresentano semplici repliche degli originali ma esito di procedimenti specifici di elaborazione formale. Essi sono, infatti, corredati di strutture di dati atte a svolgere in parte, e secondo l'ottica prescelta, funzioni assegnate tradizionalmente all'apparato critico. Cfr. D. BUZZETTI, Il testo fluido. Sull'uso dell'informatica nella critica e nell'analisi testuale in Filosofia e informatica. Atti del primo incontro italiano sulle applicazioni informatiche e multimediali nelle discipline filosofiche, a cura di L. Floridi, Torino, Paravia 1996, pp. 85-88.

[5] La codifica delle edizioni a stampa è stata realizzata sulle riproduzioni digitali dei seguenti testimoni: per la Zucca il volume conservato presso la Biblioteca della Scuola Normale Superiore di Pisa, con la collocazione XVI D683 Z51, e integrato, per il fascicolo mancante, con le riproduzioni dell'esemplare dell'Archivio storico civico e Biblioteca Trivulziana di Milano, segnato Triv.K.546/1-4; per la Moral filosofia e i Trattati l'esemplare della Biblioteca Universitaria di Bologna, segnato TAB.VIII.A.III.55; per il dittico i Mondi-Inferni l'esemplare conservato presso la Biblioteca della Scuola Normale Superiore di Pisa con la collocazione XVI D683 e integrato, per i fascicoli mancanti, con l'esemplare proveniente dalla Biblioteca Statale di Lucca segnato E.V.g.29 e, infine, per i Marmi, l'esemplare A.V.N.VIII.14 della Biblioteca Universitaria di Bologna integrato, per le pagine mancanti, con le riproduzioni dell'esemplare custodito presso la Biblioteca Universitaria di Pisa, segnato S.R.12.50. Per l'edizione digitale dell'Attavanta si è fatto ricorso alla copia digitale del manoscritto doniano conservato a Venezia, presso la Biblioteca del Museo Civico Correr, e segnato ms. Correr 1433.

[6] Cfr. G. MASI, «Quelle discordanze sì perfette». Anton Francesco Doni 1551-1553, in «Atti e memorie dell'Accademia Toscana di Scienze e Lettere ''La Colombaria"», XXXIX, 1988, pp. 9-112; V. Cox, The Renaissance Dialogue. Literary Dialogue and its Social and Political Contexts: Castiglione to Galileo, Cambridge, Cambridge University Press 1992, pp. 26-28; G. MASI, Echi ficiniani dal dialogo 'Torricella' di Ottone Lupano al 'Mondo savio/pazzo' del Doni, in «Filologia e critica», XVII (1), 1992, pp. 22-72; P. PROCACCIOLI, Cinquecento capriccioso e irregolare. Dei lettori di Luciano e di Erasmo; di Aretino e Doni; di altri peregrini ingegni, in Cinquecento capriccioso e irregolare. Eresie letterarie nell'Italia del Classicismo. Seminario di Letteratura italiana (Viterbo, 6 febbraio 1998), a cura di P. Procaccioli e A. Romano, Manziana, Vecchiarelli 1999, pp. 7-30.

[7] G. MASI, «Quelle discordanze sì perfette», cit., pp. 9-112: 84. Cfr. anche L. L. WESTWATER, Humanism Reworked: The Reuse of Guevara's 'Relox de príncipes' in Doni's 'Marmi', in Sondaggi sulla riscrittura del Cinquecento, a cura di P. Cherchi, Ravenna, Longo 1998, pp. 39-62; P. PELLIZZARI, Varietà di forme nelle novelle di Anton Francesco Doni: il caso delle 'Lettere', in Favole parabole istorie. Le forme della scrittura novellistica dal Medioevo al Rinascimento. Atti del convegno di Pisa (26-28 ottobre 1998), a cura di G. Albanese, L. Battaglia Ricci e R. Bessi, Roma, Salerno 2000, pp. 483-508; E. PIERAZZO, La 'Zucca' del Doni: tra novella e facezia, in ivi, pp. 509-534; P. CHERCHI, La «selva» de 'I Marmi' doniani, in «Esperienze letterarie», XXVI, 2001, pp. 3-40; P. PELLIZZARI, Introduzione in A. F. DONI, Le novelle, tomo I. La Moral filosofia-I Trattati, a cura di P. Pellizzari, Roma, Salerno 2002, pp. IX-LXII; E. PIERAZZO, Introduzione in A. F. DONI, Le novelle, tomo II. La Zucca, a cura di E. Pierazzo, Roma, Salerno 2003, pp. IX-XXVI; P. PELLIZZARI, Le lettere-novelle di Anton Francesco Doni, in «Filologia e critica», XXIX, 2004, pp. 66-102; M. URBANIAK, «I pronostici et le novelle, i trovati, le lettere de' paesi strani»: I 'Marmi' di Anton Francesco Doni between novella and dialogue, in Representations in Dialogue, Dialogue in Representations. Proceedings of the 13th Conference of the International Association for Dialogue Analysis, Montréal, Québec, Canada (April, 26-30, 2011), ed. by A. Létourneau, F. Cooren & N. Bencherki. Si vedano anche i contributi presenti nel già citato volume I Marmi di Anton Francesco Doni: la storia, i generi e le arti.

[8] Cfr. L. BOLZONI, Riuso e riscrittura di immagini: dal Palatino al Della Porta, dal Doni a Federico Zuccari, al Toscanella, in Scritture di scritture. Testi, generi, modelli nel Rinascimento, a cura di G. Mazzacurati e M. Plaisance, Roma, Bulzoni 1987, pp. 171-206; G. MASI, «Quelle discordanze sì perfette», cit., pp. 9-112: 90-112; E. PIERAZZO, Iconografia della 'Zucca' del Doni: emblematica, ekfrasis e variantistica, in «Italianistica», XXVII (3), 1998, pp. 403-425; M. PLAISANCE, Il riuso delle immagini nei «Marmi» del Doni, in Percorsi tra parole e immagini (1400-1600), a cura di A. Guidotti e M. Rossi, presentazione di L. Bolzoni, Lucca, Maria Pacini Fazzi 2000, pp. 9-18; A. P. MULINACCI, Quando «le parole s'accordano con l'intaglio»: alcuni esempi di riuso e riscrittura di immagini in Anton Francesco Doni, in ivi, pp. 111-140; S. MAFFEI, Tortuose storie di parole e immagini. Un'"impresa" di Anton Francesco Doni, in «Bibliotheca Roncioniana», IV, 2004, pp. 5-18; G. RIZZARELLI, «Se le parole si potessero scorgere». I 'Mondi' di Doni tra Italia e Francia, Manziana, Vecchiarelli 2007, pp. 39-108; G. MASI, Le magnifiche sorti delle immagini, in Studi per le 'Sorti'. Gioco, immagini, poesia oracolare a Venezia nel Cinquecento, a cura di P. Procaccioli, Treviso-Roma, Edizioni Fondazione Benetton Studi Ricerche-Viella 2007, pp. 139-156; G. RIZZARELLI, Doni e Ariosto: illustrazioni per il 'Furioso' riusate nei 'Marmi', in «Italianistica», XXXVII (3), 2008, pp. 103-117; P. PROCACCIOLI, L'officina veneziana di Francesco Marcolini: il battesimo dei poligrafi e il dialogo delle arti, in Officine del nuovo. Sodalizi fra letterati, artisti ed editori nella cultura italiana fra Riforma e Controriforma. Atti del Simposio internazionale (Utrecht, 8-10 novembre 2007), a cura di H. Hendrix e P. Procaccioli, Manziana, Vecchiarelli 2008, pp. 149-179; G. RIZZARELLI, Doni, Ariosto, Boiardo e Brusantino: riuso di immagini e creazione di testi nei 'Marmi' di Anton Francesco Doni, in Gli dèi a corte. Letteratura e immagini nella Ferrara Estense. Atti della IX Settimana di Alti Studi Rinascimentali, a cura di G. Venturi e F. Cappelletti, Firenze, Leo S. Olschki 2009, pp. 325-340; C. CALLEGARI, Oltre i Mondi, alle soglie degli Inferni: il corredo silografico dei Marmi e l'editoria illustrata del tempo, in I Marmi di Anton Francesco Doni, cit., pp. 229-262; G. RIZZARELLI, «O che belle figurette»: la struttura del dialogo e la funzione delle illustrazioni nei Marmi, in ivi, pp. 263-310.

[9] Cfr. P. CHERCHI, Anton Francesco Doni: The «Concordanze delle Historie» and «The Ideal City», in Postello, Venezia e il suo mondo, a cura di M. Kuntz, Firenze, Leo S. Olschki 1988, pp. 291-304; G. MASI, «Quelle discordanze sì perfette», cit., pp. 9-112: 15-20; C. RIVOLETTI, Le metamorfosi del Tempo. Immagine del Tempo e utopia nelle opere di Anton Francesco Doni, in «Intersezioni», XXI (3), 2001, pp. 489-518: 497-505; ID., Le metamorfosi dell'utopia. Anton Francesco Doni e l'immaginario utopico di metà Cinquecento, Lucca, Maria Pacini Fazzi 2003, pp. 121-152; M. P. ELLERO, Le cronache, i libri e la memoria. Tempo e scrittura nei Marmi, in I Marmi di Anton Francesco Doni, cit., pp. 207-226; M. ROSSI, Artisti e discorsi sull'arte nei Marmi, in ivi, pp. 311-330.

[10] A. F. DONI, La Libraria, a cura di V. Bramanti, Milano, Longanesi 1972, p. 246.

[11] Cfr. P. CHERCHI, Nell'officina di Anton Francesco Doni, in «Forum italicum», XXI, 1987, pp. 206-214; G. MASI, Echi ficiniani…, cit., pp. 22-72; L. L. WESTWATER, Humanism Reworked, cit., pp. 39-62; P. CHERCHI, Polimatia di riuso. Mezzo secolo di plagio (1539-1589), Roma, Bulzoni 1998; ID., La «selva» de 'I Marmi' doniani, cit., pp. 3-40; P. PELLIZZARI, 'Forme brevi' nei Marmi, in I Marmi di Anton Francesco Doni, cit., pp. 131-150; L. L. WESTWATER, Transposing texts, translating gender: Doni's reuse in I Marmi of gendered elements from Guevara's Relox de príncipes, in ivi, pp. 169-182; M. C. FIGORILLI, «E' portano insino a una lanterna; e' ci sarà che leggere». Il tema della lettura e dei libri nei ragionamenti dei Marmi, in ivi, pp. 183-206.

[12] Cfr. G. P. LANDOW, L'ipertesto, cit., pp. 79-126; ID., Hypertext 3.0. Critical Theory and New Media in an Era of Globalization, Baltimore, Johns Hopkins University Press 2006; Informatica per le scienze umanistiche, a cura di T. Numerico e A. Vespignani, Bologna, il Mulino 2003, pp. 187-189; J. CLÉMENT, Elementi di poetica ipertestuale, in Letterature biblioteche ipertesti, a cura di F. Pellizzi, introd. di E. Raimondi, Roma, Carocci 2005, pp. 137-150.

[13] Importanti in merito i suggerimenti di metodo e di modellizzazione formulati da Claude Cazalé Bérard in occasione della presentazione del progetto ipertestuale relativo al Decameron. Cfr. C. CAZALÉ BÉRARD, Intorno all'Ipertesto, cit., pp. 23-35: 29-34. Si veda anche A. CADIOLI, Il critico navigante, cit., pp. 52-63.

[14] Cfr. Per informazioni sul XML e sulla TEI, si vedano rispettivamente [http://www.w3.org/XML] e [http://www.tei-c.org]. Notizie sull'utilizzo delle componenti Open Source e Free Software nella creazione di archivi e biblioteche digitali, sono invece disponibili sul sito [www.openarchives.org/OAI/openarchivesprotocol.html].

[15] L'Image Mapper Tool è uno strumento di codifica digitale delle risorse figurative sviluppato nell'ambito del progetto AFDMATS per rendere possibile una mappatura diretta delle immagini e l'identificazione d'aree che le legano in modo più stringente al testo.

[16] Cfr. il sito Iconclass [http://www.iconclass.nl/about-iconclass/what-is-iconclass].

[17] Cfr. G. P. LANDOW, L'ipertesto, cit., pp. 79-126; Informatica per le scienze umanistiche, cit., pp. 192-196.

[18] Cfr. G. P. LANDOW, L'ipertesto, cit., p. 22-29; A. CADIOLI, Il critico navigante, cit., pp. 65-80; G. RONCAGLIA, Sei lezioni sul futuro del libro, Roma-Bari, Laterza 2010, pp. 214-220.

[19] Cfr. L. CARRADA, Scrivere per Internet, Milano, Lupetti 2000, pp. 65-82; J. NIELSEN, Designinig Web Usability. The practice of Semplicity, Indianapolis, New Riders 2000; M. VISCIOLA, Usabilità dei siti Web, Milano, Apogeo 2000; J. RASKIN, L'interfacce a misura d'uomo, a cura di W. Vannini, Milano, Apogeo 2003.

[50] Durante la costruzione dell'archivio doniano, come negli altri progetti realizzati presso il CTL, la codifica dei materiali è stata svolta dagli autori stessi dell'architettura ipertestuale. Il lavoro di ricerca e la marcatura profonda procedono, infatti, di pari passo, intersecandosi continuamente e richiedendo a chi marca il testo non solo la mera conoscenza dei linguaggi di codifica ma anche competenze scientifiche, finendo per rendere artificiale, oltre che controproducente, la separazione delle due figure.

[21] Cfr. J. D. BOLTER, Lo spazio dello scrivere, cit., p. 196.

[22] Cfr. almeno G. GENETTE, Soglie. I dintorni del testo, trad. it. a cura di C. M. Cederna, Torino, Einaudi 1989 (1987); e ID., Palinsesti: la letteratura al secondo grado, trad. it. di R. Novità, Torino, Einaudi, 1997 (I ed. 1982); D. FREEDBERG, Il potere delle immagini. Il mondo delle figure: reazioni e emozioni del pubblico, trad. it. di G. Perini, Torino, Einaudi 1993; F. SBERLATI, Il testo «visualizzato». Iconologia e letteratura cavalleresca, in «Intersezioni», XV (2), 1995, pp. 313-334; Le livre illustré italien au XVIe siècle. Texte/image. Actes du Colloque organisé par le C.I.R.R.I. - Centre de recherche Culture et société en Italie au XVe, XVIe et XVIIe siècles de l'Université de la Sorbonne Nouvelle (1994), réunis par M. Plaisance, Paris, Presses de la Sorbonne Nouvelle 1999; S. TOMASI VELLI, Le immagini e il tempo. Narrazione visiva, storia e allegoria tra Cinque e Seicento, Pisa, Edizioni della Normale 2007; «Tra mille carte vive ancora». Ricezione del 'Furioso' tra immagini e parole, a cura di L. Bolzoni, S. Pezzini, G. Rizzarelli, Lucca, Maria Pacini Fazzi 2010.

[23] Cfr. almeno B. WEINBERG, A History of Literary Criticism in the Italian Renaissance, Chicago, Chicago University Press 1961, 2 voll., I, pp. 433-452; II, 954-1073; M. BEER, Romanzi di cavalleria. Il «Furioso» e il romanzo italiano del primo Cinquecento, Roma, Bulzoni 1987; K. W. HEMPFER, Letture discrepanti. La ricezione dell'«Orlando Furioso» nel Cinquecento. Lo studio della ricezione storica come euristica dell'interpretazione, Modena, Panini 2004 (I ed. 1987); D. JAVITCH, Ariosto classico. La canonizzazione dell'«Orlando furioso», trad. it. di T. Praloran, Milano, Mondadori 1999 (I ed. 1991); D. LOONEY, Compromising the Classics: Romance Epic Narrative in the Italian Renaissance, Detroit, Wayne State University Press 1996; D. JAVITCH, Gabriele Giolito's 'packaging' of Ariosto, Boccaccio and Petrarch in Mid-Cinquecento, in Studies for Dante. Essays in honor of Dante Della Terza, ed. by F. Fido, R.A. Syska-Lamparska & P.D. Stewart, Fiesole, Cadmo 1998, pp. 123-133; S. JOSSA, La fondazione di un genere. Il poema eroico tra Ariosto e Tasso, Roma, Carocci 2002; A. NUOVO e C. COPPENS, I Giolito e la stampa nell'Italia del XVI secolo, Genève, Droz, 2005; G. SACCHI, Fra Ariosto e Tasso: vicende del poema narrativo, Pisa, Edizioni della Normale 2006.

[24] Cfr. almeno E. T. FALASCHI, Notes on Some Illustrations of Ariosto's «Orlando Furioso», in «La Bibliofilia», LXXV (2), 1973, pp. 175-188; EAD., Valvassori's 1553 Illustrations of «Orlando furioso»: the development of multi-narrative technique in Venice and its links with cartography, in «La Bibliofilia», LXXVII (3), 1975, pp. 227-251; P. COCCIA, Le illustrazioni dell'«Orlando furioso» (Valgrisi 1556) già attribuite a Dosso Dossi, in «La Bibliofilia», XCIII (3), 1991, pp. 279-309; M. CERRAI, Una lettura del «Furioso» attraverso le immagini: l'edizione giolitina del 1542, in «Strumenti critici», XVI (1), 2001, pp. 99-133; L'arme e gli amori. La poesia di Ariosto, Tasso e Guarini nell'arte fiorentina del Seicento. Catalogo della mostra (Firenze, Palazzo Pitti, 21 giugno - 20 ottobre 2001), a cura di E. Fumagalli, M. Rossi e R. Spinelli, Livorno, Sillabe 2001; F. CANEPARO, Il Furioso in bianco e nero. L'edizione illustrata pubblicata da Nicolò Zoppino nel 1530, in «Schifanoia», XXXIV-XXXV, 2008, pp. 165-172; I. ANDREOLI, L'Orlando furioso «tutto ricorretto et di nuove figure adornato». L'edizione Valgrisi (1556) nel contesto della storia editoriale ed illustrativa del poema fra Italia e Francia nel Cinquecento, in Autour du livre italien ancien en Normandie, éd. par S. Fabrizio-Costa, LEIA vol. 19, Bern et al., Peter Lang 2011, pp. 41-132; L'Arioste et les arts. Sous la direction scientifique de M. Paoli et M. Preti-Hamard, préface de G. Venturi, Paris - Milan, Coedition Louvre Editions – Officina Libraria 2012; Donne Cavalieri Incanti Follia. Viaggio attraverso le immagini dell'Orlando furioso. Catalogo della mostra (Pisa, SMS, 15 dicembre 2012 – 15 febbraio 2013), a cura di L. Bolzoni e C. A. Girotto, in collaborazione con il comitato scientifico della mostra, Pisa, Maria Pacini Fazzi 2012.

[25] Si citano qui, e in seguito, non le editiones principes delle opere prese in esame, ma le edizioni su cui si è scelto di condurre le ricerche. Cfr. almeno L. MONTELLA, Una poetessa del Rinascimento. Laura Terracina: con le None rime inedite, Salerno, Edisud 1993; J. EVERSON, Every picture tells a story: illustrations for the Orlando Furioso after 1542, in Sguardi sull'Italia. Miscellanea dedicata a Francesco Villari dalla Society for Italian Studies, a cura di Z. Baranski, G. Bedani, A. L. Lepschy & B. Richardson, Leeds, The Society for Italian Studies 1997, pp. 117-133; P. MALPEZZI PRICE, Moderata Fonte. Women and Life in Sixteenth-Century Venice, London, Associated University Press 2003; R. ALHAIQUE PETTINELLI, Forme e percorsi dei romanzi di cavalleria, Roma, Bulzoni 2004, pp. 67-198; L. DEGL'INNOCENTI, Il «Furioso» di Beccafumi. Due cicli silografici ariosteschi, in «Paragone. Letteratura», s. III, LX, 84-85-86, 2009, pp. 73-101; G. RIZZARELLI, «O che belle figurette», cit., pp. 263-310; Donne Cavalieri Incanti Follia, cit., schede 9, 12, 16.

[26] Cfr. G. HUBER REBENICH, L'iconografia della mitologia tra Quattrocento e Cinquecento. Edizioni illustrate delle «Metamorfosi» di Ovidio, in «Studi umanistici piceni», XII (1992), pp. 123-133; L. BOLZONI, Les images du livre de la mémoire (L'Achille et l'Enea de Lodovico Dolce et la Rhetorica christiana de Diego Valadés), in Le livre illustré italien…, cit., pp. 151-177; Homère à la Renaissance. Mythe et transfigurations. Actes du colloque 'Omero nel Rinascimento' (Roma, Villa Medici, 27-29 novembre 2008), sous la direction de L. Capodieci et Ph. Ford, Paris-Rome, École Française de Rome-Somogy éditions d'art, 2011; R. NICCOLI-VALLESI, Virgilio illustrato. Domenico Beccafumi, l'editoria veneziana e una serie misconosciuta di xilografie, in «Nuovi studi», XVII, 2012, pp. 51-78; Donne Cavalieri Incanti Follia, cit., schede 13-15.

[27] Si veda in merito almeno: N. HARRIS, Bibliografia dell'«Orlando innamorato», 2 voll, Modena, Panini 1988-1992; J. EVERSON, Bibliografia del «Mambriano» di Francesco Cieco da Ferrara, Alessandria, Edizioni dell'Orso 1994; G. MASI, La sfortuna dell'Orlando Innamorato: cultura e filologia della 'riforma' di Lodovico Domenichi, in Il Boiardo e il mondo estense del Quattrocento. Atti del Convegno Internazionale di studi (Scandiano, Modena, Reggio Emilia, Ferrara, 13-17 settembre 1994), a cura di G. Anceschi e T. Matarrese, 2 voll., Padova, Antenore 1998, II, pp. 943-1020; Donne Cavalieri Incanti Follia, cit., schede 8, 11.

[28] Cfr. Torquato Tasso tra letteratura musica teatro e arti figurative, a cura di A. Buzzoni, Bologna, Nuova Alfa Editoriale 1985; M. PIERI, Dedalo Tasso, in T. TASSO, La Gerusalemme Liberata, secondo la stampa di Genova del 1590. Con le figure di Bernando Castello, a cura di M. Pieri, Torino, Fògola 1988, pp. VII-XXXVI; L. CARPANÈ, La fortuna editoriale tassiana dal '500 ai giorni nostri, in «Italianistica», XXIV (2-3), 1995, pp. 541-557; F. BARTOLINO, La «Gerusalemme liberata» di Bernardo Castello. Mémoire de master I, études italiennes, Paris 3, Université de la Sorbonne Nouvelle, sous la direction de M. Residori, 2007; Donne Cavalieri Incanti Follia, cit., schede 17-18.

[29] Le indagini sulle edizioni Zoppino (1536), Giolito (1542), Valvassori (1553) e Valgrisi (1556) sono state svolte nell'ambito di due Programmi di ricerca di rilevante interesse nazionale (PRIN) cofinanziati dal Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca: PRIN '06, realizzato in collaborazione con l'Università degli Studi di Pisa, l'Università degli Studi Suor Orsola Benincasa, l'Università degli Studi della Basilicata, e l'Università di Firenze; e PRIN '08, condotto di concerto con l'Università del Salento, l'Università degli Studi di Firenze, l'Università degli Studi Suor Orsola Benincasa e l'Università degli Studi della Basilicata. Cfr. A. TORRE, Il 'Furioso' on the Web. Un archivio digitale delle illustrazioni cinquecentesche del poema, in «Italianistica», XXXVII (3), 2008, pp. 193-197; S. PEZZINI, Navigare il 'Furioso': una collezione digitale dedicata all''Orlando Furioso' e alla sua traduzione in immagini, in Autour du livre italien ancien…, cit., pp. 283-302; EAD., 'Furioso' virtuale: una collezione digitale dedicata all''Orlando Furioso' e alla sua traduzione in immagini, in «Tra mille carte vive ancora», cit., pp. 59-73; G. RIZZARELLI, L''Orlando Furioso' e la sua traduzione in immagini: progetto per un archivio digitale, in L'uno e l'altro Ariosto: in corte e nelle delizie. Atti della X Settimana di Alti Studi Rinascimentali, a cura di G. Venturi, Firenze, Leo S. Olschki 2011, pp. 291-297; EAD., «Istorie antiche d'un scrittor moderno»: la ricezione del 'Furioso' nelle edizioni cinquecentesche illustrate e l'archivio digitale del CTL, in 'Orlando Furioso'. Figure dell'ambiguità nell'epica cavalleresca. Atti del convegno (Palermo, Museo internazionale delle marionette Antonio Pasqualino, 19-20 novembre 2009), in corso di stampa.

[30] Si vedano, tra l'altro, i volumi «Tra mille carte vive ancora», cit.; e Ricezione di 'Orlando furioso' tra parola e immagine [titolo provvisorio]. Atti del convegno internazionale (Lecce, 21-22 settembre 2012), Pisa, Maria Pacini Fazzi, in corso di stampa.

[31] Cfr. [http://www.w3.org/standards/semanticweb/]. Ma si veda anche T. BERNERS-LEE, W. HALL, J. HENDLER, N. SHADBOLT, D. J. WEITZNER, Creating a Science of the Web, in «Science», 313, 2006, pp. 769-771; J. E. EVANS and J. G. FOSTER, Metaknowledge, in «Science», 331, 2011, pp. 721-725.

[32] Cfr. [www.openarchives.org/OAI/openarchivesprotocol.html] e [http://linkeddata.org/].

[33] S. PEZZINI,'Furioso' virtuale, cit., p. 70.

[34] Cfr. [http://www.thepund.it]

[35] Cfr. G. RONCAGLIA, Sei lezioni sul futuro del libro, cit., pp. 215-217.