Applicherò a quel che succede oggi in ambito scolastico il meccanismo del “binomio fantastico” rodariano. Lo scrittore ci dice nella sua Grammatica della fantasia[1] (breviario per ogni insegnante, dalla materna all’università!) che più i due vocaboli sono distanti, più originale sarà la produzione. E dunque tratterò come binomio fantastico le parole DIDATTICA e DISTANZA. Facciamole reagire tra loro, come, nell’esempio di Rodari, cane e ombrello.
Fossi stata studentessa al tempo del coronavirus, sarei probabilmente stata una di quelle fanciulle di cui ultimamente narrano parecchi colleghi (Luisa Mirone[2], o Silvia Dal Pra[3]…), timida e riservata in classe e con la vocina sottile. ma che in DAD emerge, interviene, magari via chat segnala, risponde, partecipa. Improvvisamente e imprevedibilmente assume la responsabilità di essere studente. Ecco, la DAD può liberare. Alcuni sono stati liberati dalla DAD.
Lo so, è un paradosso. La scuola è fisica, è contatto, è occhi negli occhi.
Non vorrei mai perdere quella sensazione, l’aula piena e gli occhi che ti scrutano, il primo giorno… Il momento in cui per qualche goccia di splendore (sono le parole di Fabio Pusterla[4]) si è all’unisono e suona la campanella e nessuno per un attimo si muove…. Così come non dimentico, perché mi ha fatto crescere, il disagio di quando ero ragazza, il grembiule nero (eh già, ai miei tempi…) lasciato appeso all’attaccapanni, l’afasia prima dell’interrogazione in piedi accanto alla cattedra, il senso euforico di comunità il giorno della manifestazione e la paura, nel corteo, che mi beccasse mio padre. Di questo si cresce, e continua anno dopo anno.
Al contrario, non vorrei più provare la sensazione di questi mesi di parlare a me stessa, sullo schermo, e chi c’è di là? Sentirsi come una Alice che lo specchio non lo attraversa.
C’è stato un momento in cui il” libera tutti” proclamato (e poi smentito) dal Ministero è diventato un grido di libertà anche per noi docenti. Ma è durato poco. L’elefante burocratico ha mosso i suoi passi pesanti nelle nostre vetrerie. Voti, voti! Come metto i voti? Cosa valuto? Come giudico? Quanto verifico? E via di lamentele. La versione era copiata. Leggeva durante l’interrogazione. Aveva al cellulare un compagno che suggeriva. C’era la madre a lato, non inquadrata. Ha finto che cadesse la connessione appena ho fatto la domanda. L’elefante avanza, i vetri sono in frantumi. E ci si accanisce, invece che con l’elefante, con i fragili vasi (non li definiva così la pedagogia antica?) che sono i nostri studenti.
Forse non avevo mai capito fino in fondo il concetto di didattica per competenze[5] quanto adesso. Ho preso il volo, mi autoaccuso. Ho lasciato le conoscenze sul libro, sul file. Confido che non siano perse. Spiego, spiego tanto. Parlo e presento schermate piene di informazioni. Leggo a voce alta i testi che gli metto sullo schermo. Li preparo con l’evidenziatore colorato. A volte mi accorgo che con le dita indico le parole sullo schermo, gesticolo, ma i ragazzi non mi vedono, perché sono in modalità “presentazione”. Calco la voce, se nel testo c’è la parola bisbigli bisbiglio, oppure faccio la voce fonda declamando “Carneade, chi era costui?” e sperando che “di là” sobbalzino sulla sedia. Uso le tecniche della recitazione vocale che ho esercitato in anni di storie, alle figlie prima, ai nipoti poi. Sì, la DAD ti avvicina all’insegnamento di base (da cui abbiamo tutto da imparare): dal professore al maestro, davvero. E poi invento le attività da far fare. Non interrogo su Catullo, la vita, le opere, che figura retorica è senum severiorum? L’avranno imparato comunque anche senza verifica? Chissà. Ne sono responsabile, forse colpevole. Però gli ho dato sette traduzioni del carme 5 dal settecento ad oggi. Gli ho chiesto di analizzarle, di indicare motivandolo le più fedeli, le più lontane, le più efficaci, e quella che a loro più piaceva. Hanno fatto le bucce a Ceronetti, hanno apprezzato Quasimodo, hanno deriso l’abate Pastore che elimina i baci. Hanno interpretato citando i versi latini, i vocaboli: certo li avevano sotto, ma ripetendolo sette volte ci si sono avvicinati così tanto, che alla fine li possedevano. Una ragazza ha scritto che così aveva apprezzato ancora di più Catullo e ha concluso che bello come il carme 5 in lingua originale non ce n’era nessuno.
Per Cicerone ero più timorosa. Ma di nuovo lo spirito di Rodari mi ha assistito. Nel leggere e analizzare con i ragazzi in DAD l’esordio della prima Catilinaria e poi il finale con la “Prosopopea della Patria” (testo latino ad alta voce, traduzione letterale, note grammaticali, storiche, antropologiche, retoriche… tutto svolto da me stile lezione frontale, quindi ultra tradizionale, con timide offerte di dialogo con chi se la sentiva: avete mai sentito la parola prosopopea? Ma questo Catilina, secondo voi, che soggetto era?) E mentre saggiavo le possibilità che avevo davanti, mi appare il binomio fantastico. Propongo di trovare un discorso politico, programmatico, di una figura di spicco, che usi una tecnica retorica di queste che usa Cicerone. Pensavo lo facessero in pochi. E invece no, la volta dopo tutti col loro discorso, Mujica all’Onu, Churchill “sudore e lacrime”, la regina Elisabetta all’insediamento del 1940, Chaplin ne Il grande dittatore… E puntualizzavano: “prof, comincia con una sfilza di domande, come nella Catilinaria!” E alla mia di domanda, su come si fossero mossi per trovare un testo adatto (perché la didattica per competenze, e la didattica a distanza, debbono privilegiare il percorso rispetto al prodotto), parecchi hanno riconosciuto che avevano fatto ricorso ad attività svolte alle scuole medie, discorsi letti in ambito storico ad esempio, la tesina finale, e questa mi è parsa ottima cosa, capire che lo studio non ha il vuoto dietro, e nemmeno il cancello. Che c’è una ricorsività buona, un legame tra tutto quel che resta acquisito che, come nello scheletro del gasteropode, torna ampliandosi. Non è una competenza alta, anche questa?
Ora, per finire: chi legge forse pensa che tutto questo sia troppo “leggero”, troppo “facile”. Può essere. Così come non è nulla di esemplare. Cofani di attività come queste, nei solai dei docenti. A chi dice “questo non è latino” rispondo che ha ragione. Ma dico anche che “questa non è scuola”: mi ha molto divertito come nei social è stata trasformata l’immagine della pipa magrittiana diventata computer con la scritta “ceci n’est pas une école” L’emergenza mi ha favorito.
Però però…. Non ne sono del tutto convinta. Quel che suggerisco è una modalità di fare scuola che si può usare sempre, anche in presenza. Magari insieme alle altre più tradizionali, più contenutistiche. L’ usavo anche prima del Covid in realtà, e vorrei che i giovani insegnanti che stanno popolando e popoleranno nei prossimi anni la scuola ci pensassero su.
Questa È scuola. Sono sicuri di essere felici in groppa all’elefante, attaccati alla valutazione come controllo? Quel che si valuta indica in quali valori si crede: molto meglio delle mie parole converrà leggere quelle del maestro Franco Lorenzoni[6]. E decidere che tipo di insegnante si vuole essere.
Perché, sì, ho visto anche docenti felici. Con la DAD, senza la DAD, dopo la DAD.
Note:
[1] Gianni Rodari, La grammatica della fantasia, Einaudi 1973. Da affiancare, per festeggiare il centenario della nascita di Rodari, allo splendido saggio a lui dedicato Lezioni di fantastica di Vanessa Roghi, Laterza 2020.
[2] Luisa Mirone, Didattica a distanza: domande, retorica, burocrazia, 11 maggio 2020 https://www.laletteraturaenoi.it/index.php/scuola_e_noi/1182-didattica-a-distanza-domande,-retorica,-burocrazia.html ; Luisa è intervenuta anche nella trasmissione di radiotre Fahrenheit che dedica quasi ogni pomeriggio uno spazio alla scuola a distanza.
[3] Riflessioni della scrittrice-insegnante sul suo profilo facebook, che spero pubblichi anche altrove.
[4] Fabio Pusterla, Una goccia di splendore. Riflessioni sulla scuola, nonostante tutto, Casagrande 2008
[5] Per l’italiano offre un amplissimo e approfondito panorama, frutto di molti studi, incontri, convegni dell’associazione italianisti sezione didattica ADISD, il sito Compita (http://www.compita.it/ ) negli apporti teorici e nei materiali didattici.
[6] Franco Lorenzoni, Contro la pigra e ingiusta pretesa di dare voti a distanza, 18 maggio 2020, https://www.internazionale.it/opinione/franco-lorenzoni-2/2020/05/18/scuola-voti-esami
27 maggio 2020
Magda Indiveri
Liceo L. Galvani, Bologna