Resoconto della giornata di studi (Bologna, 13-14 dicembre 2023) a cura di Lucia Ruggieri e Stefano Dilorenzo
Il convegno è stato organizzato dall' ADI Emilia-Romagna
con il coordinamento di Loredana Chines e di Elisabetta Menetti
Le giornate di studi organizzate presso l’Università di Bologna il 13 e 14 dicembre 2023 intitolate Letteratura italiana metodi, strumenti e obiettivi hanno avuto l’ambizioso scopo di unire le due anime storiche dell’associazione degli italianisti, ovvero l’adi Scuola (Adi-Sd) e l’adi, al fine di condurre analisi condivise e reperire strategie comuni per la didattica sia scolastica sia universitaria, integrando tradizione e nuovi approcci, insegnamento e ricerca, canone e anti-canone. Il successo di partecipazione, la coesione e comunanza d’obiettivi riscontrata durante le giornate di studio bolognesi, ne fanno un modello da riproporre in altre sezioni regionali, come sottolineato dal presidente dell’Adi-Sd Andrea Manganaro. La stessa composizione del comitato scientifico rappresenta la collaborazione interuniversitaria: a fronte di numerosi membri provenienti dall’alma Mater Studiornum – Università di Bologna (Gian Mario Anselmi, Nicola Bonazzi, Andrea Campana, Loredana Chines, Paola Italia, angelo Mangini, Gino Ruozzi, Andrea Severi e Paola Vecchi) hanno partecipato alla realizzazione del convegno anche l’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia (Elisabetta Menetti), l’Università degli Studi di Ferrara (Cristina Montagnani) e l’Università degli Studi di Parma (Carlo Varotti), a cui si aggiungono l’Università di Catania (Andrea Manganaro) e la Sapienza – Università di Roma (Silvia Tatti).
Le ragioni del convegno sono state efficacemente descritte nei due interventi di apertura di Silvia Tatti, presidente dell’Adi, e Andrea Manganaro, nei quali sono emerse alcune questioni di carattere organizzativo dell’associazione, come il rapporto con il Ministero sia dell’Istruzione sia dell’Università e Ricerca, da rimodulare per restituire centralità alla disciplina e per riconoscerne le imprescindibili specificità nelle sedi ministeriali e concorsuali. Critico infatti sembra essere il ruolo della didattica della lingua e della letteratura italiana – e in generale delle didattiche disciplinari – rispetto alla pedagogia e alla didattica generale, che paiono predominare anche nel concorso per l’insegnamento appena indetto. Occasioni come questa sono, quindi, il luogo adatto per pensare a nuovi metodi per raggiungere obiettivi condivisi e trasversali sia alla Scuola sia all’Università. Si è accennato, già in questa sede introduttiva, ad alcuni temi che sono stati sviscerati nel corso delle giornate di studio: il rapporto con il digitale come strumento disciplinare attento però a salvaguardare e a incentivare il senso critico e della diacronia, forte di una necessaria prospettiva filologica; l’opportunità o meno di riformulare il canone e di attualizzare i testi, la necessità di rinnovare il rapporto Università-Scuola e molto altro ancora. La prima giornata è stata dedicata in particolare a indagare il metodo o, meglio, i metodi di insegnamento e disseminazione dei risultati della ricerca della letteratura italiana; la seconda si è invece focalizzata sul canone in una prospettiva sia critica sia innovativa.
Il panel di apertura del convegno, intitolato Letteratura italiana oggi, è un tentativo di rispondere alla questione cruciale degli obiettivi dell’insegnamento e dello studio della letteratura italiana nel mondo contemporaneo. La proposta di Gian Mario Anselmi, espressa nell’intervento Siamo Sant’Agostino e/o Cassiodoro?, sostiene un modello dell’insegnamento della letteratura che attraverso il passato punti a costruire un’idea di futuro, avvalendosi anche dell’apertura alla iper-contemporaneità e ai best seller dei nostri giorni. L’approccio suggerito da Anselmi è quello di Sant’Agostino, che legge i classici nella dimensione della Civitas Dei e nella ferma convinzione che il futuro appartiene al nuovo mondo cristiano: solo in questa prospettiva può concepirsi uno studio del passato classico. Al contrario la prospettiva di Cassiodoro è molto più angusta, dal momento che egli accumula dati ed erudizione dal passato senza tentare di capire come renderli fruttuosi per il futuro.[1] In continuità con queste idee si pone l’intervento di Angelo Mangini, Operazione Auerbach: rivendicare il canone, che contrappone al canone dogmatico e ‘reazionario’ – inteso come difesa di valori dominanti – la visione di Auerbach: a partire dai testi in prospettiva filologica, si sostiene la molteplicità del canone e la sua capacità di essere messo in discussione attraverso un dialogo costruttivo fra tradizione e nuove esigenze, passato e presente, maggioranze e minoranze. Il dialogo suggerito sarebbe quindi in grado di superare la distanza cronologica senza però appiattire sul presente la storicità del testo. [2]
Il secondo panel, intitolato Letteratura italiana e Digital Humanities, punta a proporre alcuni utilizzi pratici del mezzo digitale per avvicinare il lettore non esperto al testo, attraaverso riflessioni nate dal convegno Italianistica digitale realizzato a Bologna nel 2020 sotto l’egida di Adi Emilia-Romagna. Come ribadito da Paola Italia, il paradosso del digitale consiste nel fatto che all’estrema dematerializzazione dell’oggetto digitale corrisponde, per il fruitore, l’estrema reificazione del testo, nella misura in cui esso assume una forma materiale per tramite del mezzo informatico, risultando non più solamente concetto ma anche oggetto. A riguardo, Loredana Chines sottolinea come proprio questa dimensione materiale del testo manoscritto o della stampa antica avvicini molto il pubblico inesperto – sia studenti sia appassionati – suscitando a un primo impatto una forte curiosità nei confronti del tema. Sono stati portati diversi esempi dell’efficacia del mezzo digitale come strumento didattico e disseminativo. Nel dettaglio, si è approfondito il progetto Lucrezia Estensis de Borgia. Tra biografia e narrazione, che comprende oltre alle collezioni digitali dedicate alla duchessa anche una mostra virtuale che spazia fra letteratura, storia, arte e musica.[3] Di altrettanto valore sono progetti più datati come Il segno di Ariosto[4] o altri, ancora in corso di realizzazione, come Leggo Manzoni e Vedo Manzoni.[5]
Col terzo panel, il primo del pomeriggio, ritorna il tema Letteratura italiana e storia, già emerso nel corso della mattinata. Appurata la stretta relazione metodologica che intercorre fra le due discipline, come sottolineato da Cinzia Ruozzi, i due interventi si sono soffermati sulla questione dell’insegnamento storico della letteratura italiana e sulla sua efficacia nella didattica scolastica. I due interventi, pur partendo dal presupposto comune della necessità di contestualizzare il testo nel periodo di produzione, propongono soluzioni diverse. Cristina Montagnani, in Testi senza storia o storia senza testi: l’alternativa del diavolo, attraverso l’analisi della Bufera di Eugenio Montale,[6] dimostra come una conoscenza della storia letteraria italiana consenta di rintracciare il tessuto citazionale erudito che caratterizza il componimento e che lo dota di ulteriore senso: in assenza di un insegnamento storico-cronologico della letteratura la comprensione dei rimandi intertestuali sarebbe più complessa. Al contrario, Carlo Varotti in Letteratura italiana e scuola si pone in antitesi col metodo storicistico, negando che sia sempre possibile rintracciare delle linee di progresso nella letteratura italiana. Dunque, si domanda se per capire un autore del Novecento sia strettamente necessario conoscere la letteratura Medievale: allo stesso tempo, negare il rapporto di causa-effetto nella storia letteraria, non vuol dire negare che la comprensione del testo sia eminentemente legata alla conoscenza del contesto di produzione, che rimane fondamentale. La proposta è quindi quella di ritornare al testo per aprire un dibattito su esso.
Il panel Letteratura italiana e teoria ha messo al centro del dibattito il rapporto testo-lettore e il rapporto testo-contesto di produzione, la sua storia e la sua ricezione, soffermandosi e mettendo in discussione il legame fra la letteratura e le altre discipline. Corrado Confalonieri, nel suo intervento Teoria della letteratura / testi del Rinascimento: prove di dialogo asimmetrico, tenta di destrutturare alcuni approcci dati per acquisiti, come ad esempio la tendenza all’interdisciplinarità, che rischia di unire ricerche con approcci non integrabili.[7] Questa decostruzione consente di riformulare le domande della ricerca letteraria ricostituendo la complessità del «dialogo asimmetrico»[8], nel tentativo di spiegare la storia disunendo le idee sull’oggetto dalle idee che nel tempo si sono avvicendate sull’oggetto. In ultima analisi, si tratta di una critica all’anacronismo. Elisabetta Menetti, partendo da Una crisi anomala di Cesare Segre,[9] delinea un quadro dei doveri del critico letterario sottolineando il rischio di diventare “acrobati del significato”. La raccomandazione è di attenersi il più possibile al testo, descriverlo e analizzarlo nella sua prospettiva diacronica evitando il “fantasma della perdita di memoria storica”. L’attualizzazione dei testi crea molteplici problemi interpretativi, perché i testi non possono sempre essere letti alla luce del presente. A sostegno di questa posizione anche Marcello Fois, a parere del quale l’obiettivo dell’insegnante di italiano deve essere proprio trasmettere la capacità di lettura storica, critica e contestuale di un testo: “agli studenti non bisogna insegnare il piacere della lettura, ma la lettura”.
A chiudere la prima giornata di lavori c’è il panel Letteratura italiana e arti visive, che consente di indagare quelle espressioni artistiche che comprendono sia una parte visuale sia una linguistica, oppure quei testi che, grazie all’apparato illustrativo, hanno un incremento della significazione. Il primo intervento, intitolato La parola aumentata. Casi di studio tra letteratura e visualità, consente a Nicola Catelli di esemplificare, attraverso l’analisi dei rebus di Primo Levi, l’idea che la parola possa essere specificata, resa più precisa e connotata attraverso le immagini.
Nei rebus, infatti, Levi trasferisce alcuni caratteri della sua dimensione intellettuale, come la commistione fra lessico della scienza e lingua letteraria o, in un caso specifico, la presenza costante della sua esperienza personale e esistenziale: uno dei rebus presi in esame consente infatti di comprendere, grazie alla modalità di raffigurazione adottata e alla dialettica fra parole e immagini, il punto di vista del sopravvissuto al lager, gli interrogativi e i sensi di colpa di chi ha assistito alla morte di molti compagni.[10] L'amplificazione di senso, che Primo Levi ottiene attraverso le immagini nei suoi rebus, si ha anche nelle illustrazioni che accompagnano in alcuni casi le opere a stampa.
In chiusura della giornata Sebastiana Nobili sostiene, nel suo intervento Raccontare con le immagini. Manoscritti d’autore illustrati, che il cambiamento inevitabile del canone porta anche ad un cambiamento delle rese grafiche delle opere, sottolineando come tali cambiamenti icnografici possano essere un utilissimo strumento didattico per gli studenti, una chiave privilegiata di accesso al testo e alla storia della sua ricezione. A dimostrazione di questa tesi porta il caso del percorso didattico da lei progettato sulle evoluzioni delle illustrazioni della Commedia dantesca.
La seconda giornata dedicata, come anticipato, specificatamente al canone letterario inizia con il panel Letteratura Italiana e il canone letterario contemporaneo. La discussione verte sui testi che oggi dovrebbero essere considerati, trattati e analizzati come classici contemporanei. Entrambi gli interventi sono volti ad inserire nella categoria di ‘classico contemporaneo’ testi che tradizionalmente non ne farebbero parte. Nicola Bonazzi, nel suo intervento Mi racconti una storia? Le riscritture per l’infanzia dei classici italiani, riflette sul grande valore della riscrittura – spesso illustrata – dei classici per il pubblico dei bambini, grazie alla carrellata di esempi relativi alla Commedia dantesca e ai Promessi Sposi manzoniani. È necessario abbassare le protervie intellettuali: riscrivere un classico muove dal desiderio di riraccontare delle storie, e così facendo si trasmette anche la dimensione del passato, educando all’eternità delle storie e della storia. Andrea Campana, in alcuni sondaggi sui testi dei cantautori italiani, propone, presentando l’esempio dell’analisi della canzone Notte prima degli esami di Antonello Venditti, un metodo per insegnare uno schema di ermeneutica testuale, applicabile e replicabile a qualunque tipologia di opera e al contempo inserendo il cantautorato italiano dello scorso secolo nel novero della grande letteratura.
Il panel successivo, Letteratura italiana e interpretazione, si concentra sulle questioni interpretative del testo letterario, analizzando il canone e il testo stesso come prodotto ideologico, sociale e politico, dunque mutevole. Questa ‘polarizzazione’ del testo non è cristallina, c’è, infatti, bisogno di spiegarla agli studenti nella didattica scolastica e universitaria[11]. Francesco Sberlati, nel suo intervento Ermeneutica del testo, sostiene il carattere eminentemente politico del canone, espresso anche attraverso il gusto per l’antologia e la selezione dei brani notevoli. Al cambiare del sistema valoriale, quindi, cambia inevitabilmente anche ciò che è eticamente accettabile leggere e tramandare. Nasce, per evitare fraintendimenti, la necessità di ricondurre i testi alla loro storicità e al loro contesto di produzione, riportando al centro l’interpretazione formale e critica dell’opera nella sua interezza. Giovanni Bertozzi, in Parafrasare e illustrare un testo letterario a scuola oggi, porta la sua esperienza pratica da docente di scuola secondaria di secondo grado con un esempio di come sia complesso insegnare un’analisi critica del testo agli studenti, soprattutto perché il docente dove costantemente far fronte alla mancanza di conoscenza da parte dell’interlocutore dei modelli – su tutti i classici latini e greci. A chiusura del panel l’intervento di Riccardo Stracuzzi L’analisi ideologica del testo letterario, porta un concreto esempio di come strutturare l’analisi ideologica di un testo letterario e di come essa non riguardi il posizionamento politico né dell’autore né del critico, ma offra una possibilità di analizzare il sistema di valori sottostante all’opera, ovvero di indagarne le premesse culturali, le contraddizioni, il funzionamento dei codici adottati in rapporto di coerenza o opposizione con il contesto di produzione dell’opera.
Il panel pomeridiano Fuori e dentro il canone letterario è stato volto a valorizzare secoli e autori che sono tradizionalmente sottorappresentati nel canone sia in Italia sia all’estero. In particolare, è stato discusso il caso dell’Umanesimo italiano, che pone le basi non solo per il più longevo fenomeno dell’Umanesimo europeo ma in generale per la modernità. Francesco Borghesi, dopo aver sottolineato l’isolamento che soffre l’italianistica nei dipartimenti all’estero, in Quale umanesimo? propone il caso di Pico della Mirandola, autore del ‘manifesto del Rinascimento’ De hominis dignitate, ma fuori dal canone nonostante la sua fortuna sia italiana sia europea. Per superare le difficoltà di approccio a un autore che è al contempo letterato e filosofo, intriso di cultura medievale ma innovatore. Borghesi propone di ritornare al testo e alla sua esegesi. L’intervento di Andrea Severi, Rinascimenti altrui, propone alcune riflessioni sulla ricezione della cultura umanistica e rinascimentale in Europa: l’entusiasmo col quale oltralpe vengono letti, interpretati e ri-manipolati gli autori italiani è paragonato a quello dimostrato – più recentemente- da Jhumpa Lahiri. Il canone in quest’ottica non è qualcosa di dato, ma una selezione funzionale di testi considerati rappresentativi.
La tavola rotonda finale con Vanessa Pietrantonio, Diego Varini, Marco Veglia e Luigi Weber ha ripercorso trasversalmente i temi affrontati nelle due giornate di convegno, aggiungendo ulteriori spunti riguardanti il rapporto tra testo e lettore, la relazione tra critica letteraria e mondo dell’editoria, i doveri e i compiti della critica letteraria e della ricerca umanistica. Il lungo dibattito che questi ultimi interventi hanno scatenato testimonia felicemente la necessità di altre giornate di studio dedicate al confronto, franco e senza riserve, riguardo ai metodi, alle strategie e agli obiettivi dello studio e dell’insegnamento della letteratura italiana.
11 marzo 2024
[1] La proposta è coerente con quanto argomentato nel recente testo di G. M. Anselmi-F. Tomasi, I passaggi e la cronologia della letteratura italiana, Bologna, Patron, 2021.
[2] Il punto di riferimento principale dell’intervento è proprio L’Europa vista da Istambul. «>Mimesis» (1947) e la ricostruzione dell’intellettuale di Erich Auerbach, a cura di L. Curreri, Roma, Luca Sossella Editore, 2017.
[3] Lucretia Estensis de Borgia. Tra biografia e narrazione nelle carte dell’Archivio di Stato di Modena è una mostra tenutasi presso l’Archivio di Stato tra il 3 ottobre 2020 e il 26 giugno 2021. L’esposizione digitale è ora disponibile come digital exhibition all’interno della Digital Library del FICLIT.
[4] Il segno di Ariosto è un’esposizione tenutasi presso l’Archivio di Stato di Modena dal 17 dicembre 2016 al 29 aprile 2017, curata da Loredana Chines, Patrizia Cremonini e Paola Vecchi. L’esposizione digitale è ora disponibile come digital exhibition all’interno della Digital Library del FICLIT.
[5] Leggo Manzoni è un progetto del Dipartimento di Filologia Classica e Italianistica dell’Università di Bologna, dentro cui si trova Vedo Manzoni con tutte le illustrazioni della Quarantana.
[6] Il testo in questione fa parte della raccolta di Eugenio Montale La bufera e altro.
[7] Il riferimento è F. Moretti, Falso movimento. La svolta quantitativa nello studio della letteratura, Milano, Nottetempo, 2022.
[8] Il concetto è tratto da C. Ginzburg, La lettera uccide, Milano, Adelphi, 2021.
[9] C. Segre, Una crisi anomala, in Idem, Notizie dalla crisi. Dove va la critica letteraria?, Torino, Einaudi, 1993.
[10] Sentimento che è presente anche ne I sommersi e i salvati dello stesso Levi.
[11] L’idea che l’importante sia dotare gli studenti di metodi analitici, nella convinzione che l’importante non è cosa si legge ma come lo si legge, affonda le sue basi in E. Raimondi, La voce dei libri, Bologna, il Mulino, 2012.