L’edizione Zoppino (1521-1526) dell’Orlando innamorato di Boiardo
Alcuni anni addietro fui contattato da un collezionista di Vienna che mi proponeva di comprare alcuni libri della sua biblioteca. Si trattava del grande direttore d’orchestra e compositore austriaco René Clemencic. Tra i libri offertimi vi era quella che mi è subito sembrata un’importantissima e rarissima edizione dell’Orlando innamorato di Matteo Maria Boiardo comprendente anche la continuazione al poema boiardesco di Nicolò degli Agostini, ossia l’edizione stampata a Venezia da Nicolò Zoppino tra il 1521 e il 1526.
Date le circostanze, decisi di recarmi personalmente a Vienna sia per la curiosità di conoscere il maestro e vedere la sua celebre collezione di strumenti musicali e statue etniche, classiche, barocche e contemporanee, sia per poter visionare il Boiardo che mi era stato proposto. La visita non deluse le mie aspettative e lasciai Vienna non senza aver acquistato il libro, nonostante il prezzo richiesto fosse molto elevato. Ricerche ulteriori, da me condotte nel frattempo, avevano infatti confermato la mia impressione iniziale: si trattava senz’alcun dubbio dell’unica copia conosciuta di questa fondamentale edizione completa di tutte e sei le parti, ossia dei tre libri dell’Orlando innamorato e dei tre della continuazione del Degli Agostini.
La copia, acquistata dal maestro Clemencic presso la casa d’aste di Vienna Dorotheum (vendita del 22 novembre 1983, lotto nr. 3, valutazione 2000 scellini, venduto per 5000), non era sconosciuta al professore Neil Harris, autore della Bibliografia dell’Orlando Innamorato pubblicata Modena da Panini tra il 1988 e il 1991; questi durante le sue ricerche si era infatti imbattuto nel catalogo dell’asta, ma non era poi riuscito a sapere il nome dell’acquirente e visionare di persona il volume. La reticenza della casa d’aste Dorotheum a rivelare i nomi dei propri fornitori ed acquirenti tornerà anche in seguito, come vedremo, a complicare le cose in questa storia. La copia acquisita da Clemencic è citata da Harris alla p. 72 del primo volume della sua bibliografia.
Notevole è l’importanza di questa edizione. I primi tre libri del Boiardo sono infatti nella prima edizione pubblicata dallo Zoppino. Benché vi fossero varie edizioni cinquecentesche precedenti del poema – Venezia, Rusconi 1506, 1511 e 1513; Milano, Vegio 1513, Scinzenzeler 1517 e Gorgonzola 1518, solo per citare quelle di cui siamo oggi a conoscenza –, Zoppino attinse il testo per la sua edizione niente di meno che dalla princeps del 1495, oggi perduta, la prima completa dei tre libri, che fu pubblicata a Scandiano da Pellegrino de’ Pasquali per conto della vedova di Boiardo, Taddea Gonzaga. Sebbene si sappia che la tiratura dell’edizione di Scandiano fosse di ben 1.250 copie, nessun esemplare è sopravvissuto oltre la fine del Settecento. Dell’edizione del 1495 Zoppino ristampò anche la dedica del maestro di scuola locale, Antonio Caraffa, al figlio di Boiardo, Camillo Boiardo, datata 18 maggio 1495, ed incluse un carmen latino dello stesso Caraffa, insieme a un sonetto di Antonio Cammelli che non compaiono nelle edizioni del Rusconi sopra citate.
Insieme alla prima edizione rusconiana del 1506 e al cosiddetto manoscritto trivulziano, l’edizione Zoppino del 1521 è quindi una fonte fondamentale per la ricostruzione del testo del poema boiardesco, in quanto sembra derivare direttamente dall’edizione perduta di Scandiano. Per l’edizione del poema da loro curata nel 1998, le studiose di Boiardo Cristina Montagnani e Antonia Tissoni Benvenuti, non avendo avuto possibilità di accedere alle uniche due copie note dell’edizione zoppiniana del 1521 (vedi sotto), si sono dovute accontentare della ristampa che Zoppino pubblicò nel 1528. Il confronto tra queste due edizioni mostra come la koinè padana del Boiardo sia stata pesantemente modificata nella ristampa del ’28 a seguito di un processo di correzione linguistica toscanizzante, per cui il recupero di questa copia dell’edizione del 1521 è di notevole rilevanza anche per lo studio di come un editore intraprendente quale lo Zoppino operasse sul linguaggio dei testi cavallereschi che pubblicava. Inoltre, l’edizione del 1521 include anche “postille” marginali stampate in carattere corsivo che identificano episodi e personaggi, inaugurando una prassi editoriale che diventerà comune nelle future edizioni dell’Orlando Furioso. Per qualche motivo che non conosciamo, queste “postille”, significative soprattutto per la comprensione delle strategie di lettura dell’epoca, sono state omesse dallo Zoppino nelle successive ristampe del 1528 e del 1532.
La storia delle vicende bibliografiche delle prime edizioni di Boiardo e Degli Agostini pubblicate da Nicolò Zoppino è stata a lungo dominata da quella che era stata ritenuta come l’unica copia superstite dell’edizione del 1521, ritrovata dal libraio milanese Paolo Antonio Tosi nella Biblioteca Archinto di Milano a metà dell’Ottocento. Fu successivamente acquistata a Parigi da Girolamo Duca d’Adda, il quale pubblicò, postume, le Note bibliografiche (Milano, 1863) del grande bibliografo dei romanzi cavallereschi italiani, il marchese Gaetano Melzi (1783-1851); la parte dedicata a quell’esemplare si trova alle pp. 47-54. In seguito alla vendita della biblioteca D’Adda, il volume finì in Inghilterra nella collezione di Charles Fairfax Murray. Dopo la vendita di quest’ultima (cfr. H.W. Davis, Catalogo dei libri posseduti da Charles Fairfax Murray proveniente dalla biblioteca del Marchese d’Adda, parte terza, Londra, 1902, nr. 692), il libro scomparve per molti anni e non fu possibile ad Harris di visionarlo per la sua bibliografia sull’Orlando Innamorato. Oggi sappiamo che per lungo tempo il volume è rimasto a Ferrara nella collezione di Renzo Bonfiglioli (1904-63) e successivamente è stato acquisito, insieme a numerose altre edizioni dello Zoppino, dalla Beinecke Library dell’Università di Yale, dove è stato catalogato online solo in tempi relativamente recenti. La copia di Yale contiene unicamente i primi cinque libri dell’edizione Zoppino 1521, ma è priva del sesto libro.
Una volta da me comprato il volume proveniente dalla vendita Dorotheum e dalla collezione Clemencic ed una volta identificato quale unica copia completa di tutti sei i libri in mani privati, Neil Harris, professore ordinario di archivistica, bibliografia e biblioteconomia presso l’Università di Udine, ed il comune amico Stephen Parkin mi suggerirono di proporre il volume alla British Library, presso la quale Parkin era responsabile della collezione di libri italiani.
A questo punto della storia cominciano tuttavia ad affiorare le prime difficoltà. L’interesse della BL per il libro è indubbio, il problema sollevato dal responsabile delle collezioni Kristian Jensen è nella provenienza. Jensen richiede infatti che si facciano delle indagini per cercare di sapere dove il libro sia stato fra il 1932 e il 1945. Il terrore di imbattersi in libri confiscati illecitamente dai nazisti e poi finiti sul mercato dopo la guerra ha oramai contagiato molte grandi istituzioni e la BL in questo non è da meno. Il solo fatto che il libro sia emerso dal nulla nel 1983 a Vienna, ha messo in sospetto Jensen ed altri membri del consiglio direttivo della BL.
Purtroppo, a nulla è servito contattare la casa d’aste Dorotheum per sapere chi fosse il proprietario del libro prima dell’asta. Dopo varie insistenze, l’unica informazione che io ed Harris siamo riusciti a carpire è che il “consignor” dell’asta era un libraio antiquario oggi non più attivo. Questa scarna notizia non poteva certo soddisfare Jensen, così Harris e la “spoliation curator” della BL Antonia Bartoli hanno battuto a tappeto tutte le strade che potevano essere percorse. Questo è quanto è emerso dalle loro ricerche.
La Bartoli ha cercato il libro in tutti i maggiori centri-dati sui libri confiscati dai nazisti senza tuttavia trovare alcun riscontro. Si noti qui per inciso che il volume non contiene nessun timbro o nota che possa far sospettare un legame con i nazisti, i quali avevano la consuetudine di marcare i libri da loro confiscati alle famiglie ebree prima che queste venissero deportate.
Harris invece ha condotto le sue indagini presso la Biblioteca Nazionale di Vienna alla ricerca di possibili riscontri delle due segnature antiche presenti nel volume, entrambe italiane: la prima, “F.IX.13”, si trova sul contropiatto posteriore ed è databile alla fine del XVIII secolo; la seconda, più recente (probabilmente di inizi Ottocento), si trova sul dorso della legatura, anch’essa italiana (una pergamena rigida di fine Settecento), al di sopra del tassello e recita “G, n°. 26”. Quest’ultima era stata inizialmente indentificata da Harris come una possibile segnatura della biblioteca Contarini di Venezia, una parte cospicua della quale fu donata alla Biblioteca Marciana nel 1839 da un membro della famiglia, Girolamo Contarini (1770-1843). Ricerche condotte da Sabrina Minuzzi presso suddetta biblioteca non hanno tuttavia prodotto alcun risultato.
Abbandonata questa pista, le ulteriori indagini portate avanti da Harris a Vienna, in collaborazione con il curatore della ÖNB Martin Krickl, che ha identificato la segnatura sul contropiatto “F.IX.13” come tipica della biblioteca degli Este-Asburgo, hanno portato alle seguenti conclusioni. Quanto sotto riportato si basa sulla relazione redatta dal prof. Harris, che ringrazio ancora una volta per la sua preziosissima collaborazione.
Le collezioni degli Este-Asburgo sono confluite nella ÖNB in tempi diversi. Per lungo tempo la biblioteca personale degli Asburgo, conosciuta come Fideikommissbibliothek, fu tenuta distinta dalla biblioteca di corte corrispondente all’attuale ÖNB. Nel 1921 la Fideikommissbibliothek fu incorporata nella nuova Biblioteca Nazionale della Repubblica d’Austria, che ha preso il posto della Biblioteca della Corte Imperiale Austriaca, anche se ha continuato a mantenere un’identità separata all’interno di quest’ultima. In alcuni momenti, tuttavia, alcuni dei pezzi più preziosi della collezione privata di famiglia furono trasferiti direttamente nel patrimonio dell’ÖNB. Oggi la Fideikommissbibliothek è ospitata nello stesso edificio dell’ÖNB, anche se in un’altra ala, sotto l’egida del Bildarchiv und Grafiksammlung.
Due fondi sono particolarmente importanti all’interno della Fideikommissbibliothek. La prima è quella di Maria Beatrice d’Este (1750-1829), duchessa di Massa e principessa di Carrara, che nel 1771 andò in sposa all’arciduca Ferdinando (1754-1806), il quale fu successivamente nominato governatore di Milano. Lì la coppia abitò per diversi anni e lì nacquero i loro dieci figli. Nel 1790 Maria Beatrice ereditò i titoli della madre su Massa e Carrara, ma a causa della legge salica non poté ereditare il ducato estense, che passò direttamente al figlio maggiore, Francesco IV d’Este-Asburgo (1779-1846). La sua biblioteca si formò originariamente a Milano, ma fu trasferita a Vienna alla fine del XVIII secolo a seguito dell’occupazione francese dell’Italia settentrionale. Nonostante nel 1814, con il trattato di Vienna, le venissero restituiti i suoi territori, Maria Beatrice scelse di non tornare in Italia e di rimanere nella capitale austriaca, dove morì nel 1829.
Dalla verifica effettuata sui tredici cataloghi manoscritti della biblioteca di Maria Beatrice d’Este, che si trovano nella collezione dei manoscritti dell’ÖNB (vedi Otto Mazal-Hans Franz Unterkircher, Katalog der abendländischen Handschriften der österreichischen Nationalbibliothek, “Series nova”, Teil 3. Cod. Ser. N. 3201-4000, Wien 1967, pp. 427-429, nn. 3983-3995) e coprono un periodo di circa quarant’anni tra il 1781 e il 1829, emerge una tipica biblioteca di fine Settecento-inizio Ottocento, priva però di uno specifico orientamento bibliofilico: si registra un solo incunabolo, gli statuti di Milano pubblicati nel 1498, e un piccolo gruppo di cinquecentine, tra cui alcune edizioni aldine. Gran parte delle edizioni sono in francese. La letteratura italiana è rappresentata in prevalenza da edizioni settecentesche, come l’Orlando furioso nelle edizioni di Parigi del 1768 e Birmingham del 1773, e il Morgante del Pulci nell’edizione di Londra (i.e. Livorno) del 1768. Non è presente alcuna copia dell’Orlando Innamorato, nemmeno nel rifacimento di Francesco Berni. I cataloghi fanno tutti riferimento allo stesso tipo di segnatura, simile a quella del Boiardo, ma mancante della cifra araba finale. In particolare, le segnature per la lettera F procedono da “F.I’ a “F.VII”; non vi è nessuna traccia di una segnatura “F.VIII” e “F.IX”. È chiaro quindi che il Boiardo del 1521 non proviene da qui.
Il secondo grande fondo della Fideikommissbibliothek che costituisce una potenziale provenienza per il nostro Boiardo, è rappresentato dalla biblioteca di Francesco V d’Este Asburgo (1819-75), nipote di Maria Beatrice e ultimo duca di Modena. Dopo essere stato privato del ducato nel 1859 durante il processo di unificazione dell’Italia, questi si ritirò in esilio nella villa del Catajo in Veneto (ancora in territorio austriaco), vicino a Padova. Divise il resto della sua vita tra il Catajo e Vienna. Non avendo eredi, alla sua morte lasciò i suoi beni al cugino, l’arciduca Francesco Ferdinando, che nel 1914 fu assassinato a Sarajevo. Dopo la morte di quest’ultimo, la proprietà passò alla famiglia Asburgo. La biblioteca di Francesco V entrò formalmente a far parte della Fideikommissbibliothek nel 1908, anche se non si sa quando fu trasferita dall’Italia all’Austria. Nel 1947 un gran numero di incunaboli (140 volumi) furono trasferiti dalla Fideikommissbibliothek all’ÖNB. Nel 2004, nel catalogo degli incunaboli dell’ÖNB, Otto Mazal ha identificato i volumi provenienti dalla biblioteca di Francesco V grazie all’ex-libris e/o alla segnatura (vedi Österreichische Nationalbibliothek, Inkunabelkatalog (ÖNB-Ink), Wiesbaden 2004, vol. 1, p. 176). Queste stesse informazioni appaiono anche nel catalogo online dell’ÖNB, che rimane tuttavia ancora molto incompleto.
Poco più di venti titoli sono identificati nel suddetto catalogo online come provenienti dalla biblioteca di Francesco V. Nell’Opac della biblioteca si possono ricercare inserendo “Modena-Este” con l’indicazione “Vorbesitzer” nella stringa “Alle Felder”. I risultati non sono ancora numerosi, ma sono sufficienti a dimostrare che si tratta di una significativa raccolta di libri italiani a stampa raccolti con un preciso intento bibliofilico (solo due sono gli incunaboli stampati fuori dall’Italia, entrambe comunque rilegati in legature italiane del Settecento). Di particolare interesse dal nostro punto di vista è l’edizione del 1476 delle Elegantiae del Valla che, oltre all’ex-libris degli Asburgo-d’Este, presenta la segnatura “F.III.7” senza alcun dubbio nella stessa mano che ha vergato la segnatura “F.IX.13” che si riscontra nel Boiardo. Pare quindi certo che l’Orlando Innamorato del 1521 provenga dalla stessa collezione.
L’ex-libris del Valla, come si diceva, contiene le armi asburgico-estensi, seppure con l’aggiunta di altri elementi, come le chiavi a croce e la scritta “Libertas”, ed è databile alla fine del XVIII secolo, per cui è plausibile che la parte dei libri recante questo ex-libris provenga da una collezione precedente, verosimilmente di un ecclesiastico, e sia stata ereditata da Francesco V. I volumi privi dell’ex-libris rappresentano forse invece delle aggiunte successive. Alcune delle edizioni cinquecentesche hanno anche il timbro della Fideikommissbibliothek. Il Boiardo non ha né l’ex-libris né il timbro, anche se la presenza della segnatura non lascia alcun dubbio circa la sua appartenenza a detta collezione. Il libro doveva quindi far parte della biblioteca che fu portata a Vienna; pensare che sia rimasto in Italia e che sia riapparso nella capitale austriaca nel 1983 per pura coincidenza è piuttosto difficile da credere. Il perché e il momento in cui esso è uscito dalla collezione rimangono sconosciuti.
Nonostante queste dettagliate e convincenti ricerche condotte da Antonia Bartoli e, soprattutto, dal Prof. Harris e nonostante l’assenza di qualsiasi segno riconducibile a biblioteche ebraiche confiscate dai nazisti, la BL, non essendo stato possibile stabilire con assoluta certezza dove il libro si trovasse fra il 1932 e il 1945, ha deciso con grande dispiacere di Harris e Parkin di non comprare il volume.
Prima di ricevere il definitivo diniego della BL, tuttavia, un fortuito incontro con la Professoressa Elisabetta Menetti, docente di letteratura italiana presso l’Università di Modena e Reggio Emilia, da me interpellata in merito ad un presunto autografo di Bandello, ha messo in moto una serie di fortunati eventi che hanno portato ad una felice conclusione di questa lunga e tortuosa vicenda: la mia presentazione dell’edizione al Convegno Boiardo innamorato. Passione e fantasia in versi (Modena - Scandiano 12 - 13 ottobre 2018), il ritorno del libro in Italia e il suo acquisto nel 2019 da parte della Biblioteca Trivulziana di Milano, approvato in tempi record dal comune della città lombarda.
Ora il Boiardo del 1521 giace accanto al celebre manoscritto boiardesco posseduto dalla Biblioteca Trivulziana ed è appannaggio degli studiosi del Boiardo che ne vorranno approfondire la conoscenza.
Fabrizio Govi - Libraio Antiquario