Il metodo creativo di Ersilia Zamponi
Abstract
Il presente articolo si pone l’obiettivo di indagare la figura dell’insegnante e scrittrice piemontese Ersilia Zamponi (1940) a partire dall’influenza che il giornalista, scrittore e massimo esperto di storia e cultura del gioco Giampaolo Dossena (1930-2009) ha esercitato su di lei. Viene in particolare analizzato lo scambio epistolare, intenso e fecondo, tra Ersilia Zamponi e Giampaolo Dossena custodito nell’Archivio Dossena collocato presso il Dipartimento di Educazione e Scienze Umane dell’Università di Modena e Reggio Emilia. Si cerca di valutare quanto il forte legame e la stima tra i due abbiano influito sulla trasformazione del metodo didattico della scrittrice piemontese. Ispirandosi alle rubriche dei giochi di Dossena pubblicate sul supplemento del quotidiano La Stampa - «Tuttolibri» -, Zamponi ha infatti reso il suo approccio all’insegnamento essenzialmente creativo e ludico. Il focus della ricerca è lo studio dell’inedito La Capra Caterina. Lettura di poesia (ottobre -novembre 1984), a cura del teatro stabile di Torino, settore scuola-ragazzi, il cui fine è illustrare il metodo creativo utilizzato da Ersilia Zamponi con i suoi studenti e mostrare come l’azione della lettura poetica possa venire intesa quale possibilità luminosa e cristallina di scoprire se stessi o più parti di sé.
The present article aims to investigate the figure of the teacher and writer from Piedmont, Ersilia Zamponi (1940), starting from the influence that the journalist, writer, and foremost expert on the history and culture of games, Giampaolo Dossena (1930-2009), had on her. In particular, the intense and fruitful correspondence between Ersilia Zamponi and Giampaolo Dossena, preserved in the Dossena Archive located at the Department of Education and Human Sciences of the University of Modena and Reggio Emilia, is analyzed. The aim is to assess how much the strong bond and mutual respect between the two influenced the transformation of the Piedmontese writer's teaching method. Inspired by Dossena's game columns published in the supplement of the daily newspaper La Stampa - «Tuttolibri» -, Zamponi indeed made her approach to teaching essentially creative and playful. The focus of the research is the study of the unpublished work La Capra Caterina. Poetry Reading (October - November 1984) curated by the Stabile Theatre of Turin, school-children section, in order to illustrate the creative method used by Ersilia Zamponi with her students and to show how the act of poetic reading can be understood as a luminous and crystalline opportunity to discover oneself or more parts of oneself, seeking a truth that reveals a coherence between the thoughts of the students and reality itself.
Keywords: Zamponi; Dossena; gioco; poesia; lettura
Francesca Iori:
È educatrice a tempo determinato presso Scuole e Nidi d’Infanzia – Istituzione del comune di Reggio Emilia. È stata collaboratrice di ricerca, presso il Dipartimento di Educazione e Scienze Umane dell’Università di Modena e Reggio Emilia, per lo svolgimento dell’attività di particolare e specifica rilevanza nell’ambito del Progetto di ricerca «Preliminari a nuove attività di ricerca sulla figura di Giampaolo Dossena e sulla filosofia, la pedagogia e la cultura del gioco», Resp. Prof. Giorgio Zanetti.
Introduzione alla figura di Ersilia Zamponi
Ersilia Zamponi, originaria di Omegna e conterranea di Gianni Rodari (1920-1980), si diploma all’Istituto Magistrale e si laurea poi a Milano in Scienze pedagogiche, diventando un’insegnante di scuola primaria e scuola secondaria di primo grado, «sensibile e intuitiva», come l’ha definita Stefano Bartezzaghi. Molto nota nel mondo della letteratura e poesia per ragazzi, Ersilia Zamponi ha pubblicato nel 1986, per la casa editrice Einaudi, un’opera ispirata alla rubrica di giochi su «Tuttolibri» - La Stampa - di Giampaolo Dossena: I draghi locopei. Imparare l’italiano con i giochi di parole («Draghi locopei» è la metamorfosi anagrammatica di «giochi di parole»), con una Presentazione di Umberto Eco. L’edizione del 2017 include la Postfazione di Stefano Bartezzaghi. Il libro dell’insegnante omegnese raccoglie giochi linguistici come l’anagramma, il logogrifo, lo scarto, la zeppa, il cambio, il metagramma, i bifronti, i falsi alterati, la sciarada, i rebus, i lipogrammi e molti altri che ha creato e sperimentato tra il 1982 e il 1985, nei corsi pomeridiani alla Scuola Media Statale «Gianni Rodari» di Crusinallo di Omegna (Novara).
Va senz’altro ricordato che oltre a Dossena un punto di riferimento essenziale per lo sviluppo della didattica di Ersilia Zamponi è stato certamente Gianni Rodari (1920-1980): se si pensa a Grammatica della fantasia (Einaudi, 1973) o a Esercizi di fantasia (Editori Riuniti, 1981), risulta evidente che l’attività della docente, collocata temporalmente dopo la morte di Rodari, ne costituisce la continuazione; altrettanto essenziale è stato il ruolo dello scrittore, poeta, drammaturgo Raymond Queneau (1903-1976), tra i fondatori nel 1960 del gruppo di ricerca francese OuLiPo, acronimo di Ouvroir de littérature potentielle. Emblematiche sono per Zamponi le opere di Queneau Segni, cifre e lettere (Einaudi, 1981) ed Esercizi di stile (Einaudi, 1983), tradotte da Umberto Eco.
Ersilia Zamponi ha avuto poi stimoli e anche da Sebastiano Vassalli (1941-2015), Franco Fortini (1917-1994), Roberto Roversi (1923-2012) e Umberto Eco.[1] Dalle esperienze scolastiche di quegli anni, Ersilia Zamponi matura sostanzialmente l’idea che:
il gioco di parole è un’attività che distrae il linguaggio verbale dal suo ruolo utilitario e ne infrange gli automatismi; usa la lingua in modo inconsueto e la sottopone al vincolo d’una misura; sviluppa l’attenzione alla forma del linguaggio verbale e il gusto della parola. Valorizza insomma alcuni elementi propri della funzione estetica della lingua; in un certo senso è propedeutico e complementare alla poesia.[2]
Senza alcun dubbio l’autrice piemontese era sicura che attraverso i giochi di parole i ragazzi potessero ampliare le proprie competenze linguistiche, arricchendo anzitutto il proprio lessico e rivalutando i vocabolari come utili alleati di gioco. Tuttavia, il grande merito dell’insegnante omegnese è stato sicuramente quello di mantenere viva la natura più intrinseca del ludus: Ersilia Zamponi credeva infatti che i suoi studenti dovessero anzitutto divertirsi giocando con le parole, senza trasformare gli esercizi linguistici in classe in rigidi compiti, di cui già la scuola è fin troppo piena.
Nel 1988 Ersilia Zamponi pubblica con Roberto Piumini Calicanto. La poesia in gioco per Einaudi Scuola, con apparati didattici e, due anni prima, cura Fiabe italiane di Italo Calvino sempre per la casa editrice Einaudi Scuola, scrivendone la Presentazione e l’Apparato didattico, che comprende tre schede informative, sette schede didattiche e un glossario - frutto del lavoro realizzato presso la Scuola Media Rodari di Omegna. Negli anni Novanta collabora alla collana di narrativa per la scuola diretta da Carlo Minoa: «L’arco del racconto» - per la casa editrice Marietti Scuola. A tal proposito pare opportuno ricordare …E lessero Felici e contenti? dello stesso Minoa, dove è presente tra l’altro un’intervista a Ersilia Zamponi, e Un anno con Jessica di Angelo Petrosino, dove la scrittrice cura ancora una volta l’apparato didattico, ovvero le schede per la lettura, con lo scopo di offrire utili strumenti di analisi per accedere più facilmente al testo, esercitando nello stesso tempo l’immaginazione. Per concludere, degno di nota è senz’altro il Quaderno di lessico (1991) per la scuola media, pubblicato da Bruno Mondadori nelle edizioni scolastiche, nato come strumento individuale per lo studente che vi trova esercizi e giochi linguistici da svolgere.
Prima di entrare nel merito del legame profondo tra Ersilia Zamponi e Giampaolo Dossena, al fine di analizzare l’inedito La capra Caterina. Lettura di poesia, è doveroso fare una premessa volta a illustrare i molteplici rapporti che Ersilia Zamponi ha intrattenuto con il mondo della lessicografia, della poesia e dei giochi di parole, offrendo, lo vedremo, all’interno del panorama culturale della letteratura e della poesia per i bambini e i ragazzi, preziosi contributi.
Ora, il lavoro di Ersilia Zamponi rimane, senza alcun dubbio, un proseguimento della Fantastica rodariana, inserendosi nel dibattito della poesia per bambini in Italia, sviluppatasi nel secondo cinquantennio del Novecento. Com’è noto, con Rodari si impose un nuovo modo di fare poesia per l’infanzia, una vera e propria svolta culturale: la poesia si saldava al bambino sia per struttura discorsiva (la filastrocca, come ritmo e rima), sia per il messaggio (universale, solidale, pacifista) e lo faceva col congegno ludico-fantastico. Al centro di questa nuova forma di poesia sta il gioco, e con gioco si intende proprio lo spirito ludico, l’attività giocosa fatta con le parole, che rinnova la comunicazione con e dell’infanzia, fissandone la sua alterità e la sua vocazione perfino al dissentire.[3] Ersilia Zamponi riconosce, dunque, il peso culturale e l’originalità della Grammatica della fantasia,[4] dedicata alla città di Reggio Emilia, che rappresenta il manifesto rodariano di questo nuovo modo di fare poesia; d’altra parte, allo stesso tempo la docente abbracciava quel movimento culturale, nato negli anni Sessanta del Novecento in Francia, denominato Oulipo, acronimo di Ouvroir de littérature potentielle. Gli esponenti di questo gruppo di ricerca erano lo scrittore, poeta e drammaturgo Raymond Queneau, il matematico e ingegnere François le Lionnais e ancora gli scrittori Georges Perec e Italo Calvino, che avevano il fine comune di esplorare le potenzialità creative delle contraintes, le «costrizioni» formali e strutturali della letteratura, combinandole con il gioco. Nel corso degli anni Ottanta erano usciti in edizione italiana Vita. Istruzioni per l’uso di Georges Perec, il primo volume dell’OuLiPo, per la cura di Ruggero Campagnoli ed Yves Hersant, e gli Esercizi di stile di Raymond Queneau tradotti da Umberto Eco.
Non è naturalmente nostro intento analizzare la filosofia oulipiana e quella rodariana, tuttavia è fondamentale ricordare che sulle orme di questa innovazione culturale si dispiegano le ricerche di Ersilia Zamponi.
Il prezioso carteggio con Giampaolo Dossena
Occorre chiedersi: da dove ha origine questa passione dell’insegnante omegnese per i giochi di parole?
Dal 1982, circa, Ersilia Zamponi si è dedicata all’esercizio assiduo dei giochi di parole alla Scuola Media piemontese «Gianni Rodari», durante i corsi complementari del tempo prolungato. I cosiddetti laboratori erano formati da piccoli gruppi di dieci-dodici persone, destinati a sciogliersi ogni quattro mesi perché se ne formassero di nuovi, con giovani studenti pronti ad altrettanti e sempre diversi giochi con le parole. I laboratori ludici abitavano uno spazio pomeridiano, libero dai vincoli dei programmi ministeriali, dove infatti non era necessario giustificare effettivamente il gioco come alleato e strumento di apprendimento indispensabile alla lingua.
L’idea innovativa e sperimentale dei Draghi locopei, portata avanti nei primi anni Ottanta del Novecento ad Omegna da Ersilia Zamponi, nasce e si arricchisce sempre più grazie all’influenza che il giornalista, scrittore e massimo esperto di storia e cultura del gioco Giampaolo Dossena ha esercitato sull’insegnante piemontese.
Giampaolo Dossena (1930-2009), cremonese di nascita e con una formazione prettamente letteraria, fin dalla giovane età è considerato uno scrittore talentuoso; esordisce a vent’anni con un saggio su Vittorio Alfieri intitolato Sul diario alfieriano, scritto nel 1940 e pubblicato nel 1950 su Studia Ghisleriana che destò, tra l’altro, una «benevola attenzione» del filosofo italiano Benedetto Croce. Il grande successo di Dossena in materia letteraria culmina molto più tardi: mi riferisco naturalmente ai quattro volumi della Storia confidenziale della letteratura italiana, editi da Rizzoli fra il 1987 e il 1994, che trattano le vicende letterarie dalle origini al Seicento. Dossena lavora inoltre per venticinque anni come impiegato e dirigente editoriale per le case editrici Sansoni, Feltrinelli, Rizzoli, Mondadori, Il Saggiatore, Bompiani, per passare poi al giornalismo, inventandosi il suo settore di «specializzazione»: l’esperto di giochi.
Negli anni Settanta inizia dunque un periodo di lavoro per le riviste, di redazione di rubriche, di articoli, dove i lettori venivano sollecitati a intervenire attivamente, a partecipare con segnalazioni e, nel caso dei giochi con le parole, a proporre esempi di propria fattura: l’indirizzo a cui mandare le lettere era scritto ben chiaro in fondo alla rubrica. Le corrispondenze eventualmente avrebbero perfezionato il linguaggio del giocologo cremonese: speciale, dialogico, coinvolgente senza ruffianerie che avrebbe poi definito «confidenziale».[5] Fin da subito, insomma, Dossena mostra un vivo interesse per lo scambio con i lettori; le lettere ritrovate nell’archivio Dossena ne sono la prova, come del resto lo sono le parole significative di ringraziamento che il giocologo cremonese scrive nell’opera La zia era assatanata. Primi giochi di parole per poeti e folle solitarie (1988):
Ringrazio i lettori che hanno giocato con me: questo libro, che non avrebbe potuto essere scritto senza di loro, è tanto loro quanto mio. Ringrazio non solo le decine di lettori i cui nomi compaiono nelle pagine di questo libro, ma anche le migliaia che qui non compaiono, e che forse non sono nemmeno più nella mia mente, ma stanno nel mio cuore, sangue del mio sangue.
E ancora nella presentazione dell’Enciclopedia dei giochi edita per Utet nel 1999 Dossena scrive:
Tutto ciò non sarebbe stato scritto se non avessi avuto la collaborazione dei lettori dei miei articoli e dei miei libri […]. La presente opera è in parte mia e in parte dei miei lettori-collaboratori. Dipende interamente dai miei lettori collaboratori il fatto che io abbia perseverato trent’anni in questi studi vedendo come certi giochi, trattati in un certo modo interessassero certe persone.
Tra i lettori c’è chiaramente Ersilia Zamponi, stimolata e motivata dalle proposte di Dossena sulle Rubriche di giochi al punto di inventarsi un corso interamente dedicato ai giochi di parole a scuola. Non dimentichiamoci poi di alcuni dei più celebri scrittori e letterati del Novecento, che avevano anch’essi intrattenuto intensi scambi epistolari con Dossena: Italo Calvino, Primo Levi, Giorgio Manganelli ed Edoardo Sanguineti.
La prima rubrica dosseniana, chiamata «Giochi, esce nel 1978 per l’«Espresso», con regolare pubblicazione settimanale, nell’autunno del 1980 invece è la volta di «Tuttolibri» della «Stampa» (quella più seguita da Zamponi) e dall’ottobre 1987 del «Venerdì» di «Repubblica».
Ersilia Zamponi era una lettrice particolarmente attenta di Dossena e la passione per i giochi con le parole fiorì dunque non prima, ma in concomitanza proprio con i lavori di Dossena sulle Rubriche di giochi. Non è perciò un azzardo sostenere che probabilmente i Draghi locopei non sarebbero mai stati sperimentati, scritti e pubblicati senza i contributi del giornalista cremonese sui quotidiani.
L’insegnante di Omegna intraprese un’intensa corrispondenza col giornalista di Cremona che ha certamente alimentato lo sviluppo di tutte le idee e le ricerche sui giochi con le parole. Le lettere della Zamponi finora ritrovate nell’archivio Dossena (in via di sistemazione) sono datate tra il 1984 e il 1988 e collocate presso il Dipartimento di Educazione e Scienze Umane dell’Università di Modena e Reggio Emilia. Quasi regolarmente, la professoressa, dopo aver sperimentato i giochi linguistici con i suoi studenti (aveva iniziato proponendo l’uso dell’anagramma in diverse forme: anagramma del nome e cognome; pseudonimo del nome e cognome in forma di anagramma appunto, anagramma di parole e frasi, anagramma di squadre di calcio, anagrammare i nomi delle coppie delle squadre indicate da una schedina del totocalcio; anagrammi dei proverbi per arrivare ai meccanismi linguistici che fanno funzionare uno slogan pubblicitario…), li mandava a Dossena, con lo stesso entusiasmo che aveva durante i corsi pomeridiani dei Draghi locopei, consapevole che il giudizio che avrebbe ricevuto, eventualmente (non aveva alcuna pretesa di ricevere una risposta), sarebbe sempre stato «preciso-documentato-sicuro».
L’approccio critico allo studio della lingua e la necessità di «approfondire per capire» i giochi di parole spingevano l’insegnante omegnese a domandare a Dossena come potesse analizzare l’apparato teorico che muoveva la didattica dei Draghi. Il 6 dicembre 1984[6] la Prof.ssa omegnese, oltre a ringraziarlo (Dossena l’aveva citata su «Tuttolibri», in una pagina dedicata al Convegno sulla didattica della poesia di La Spezia), gli manda i giochi di parole iniziati ad ottobre e conclusi a dicembre di quello stesso anno. Proprio in questa lettera Ersilia Zamponi domanda a Dossena alcuni consigli bibliografici per esaminare a fondo i giochi linguistici. Dossena risponde l’8 dicembre 1984:
[...] I libri di cui per la seconda volta lei mi chiede potrebbero essere di due tipi. Il primo tipo è quello dei manuali pratici. Io ne ho qualcuno; un giorno o l’altro Le mando una bibliografia, ma abbia pazienza. Non ho mai un momento di respiro. Buono e ricco anche se puerile è il Musetti, ENCICLOPEDIA ENIGMISTICA, Mursia. Pessimo è il recente Pozzi, POESIA PER GIOCO, Il Mulino. Io sa cosa faccio? Compro sempre la settimana enigmistica e leggo l’ultima pagina dove si vedono i giochi di parole nudi e crudi, senza i veli degli indovinelli. Se trova in giro l’Oscar Mondadori POIROT SUL NILO di Agatha Christie, ci trova una mia prefazione che terrorizza questo modo di leggere la SETTIMANA ENIGMISTICA. Il secondo tipo di libri è quello degli studi teorici, filosofici, pedagogici, antropologici, psichiatrici. Qui direi di non leggerne nessuno. Quei bravi signori sono quasi tutti enologi astemi.[7]
Ersilia Zamponi risponde il 23 dicembre 1984 così:
[...] Ho letto la prefazione di Poirot sul Nilo (naturalmente anche il libro e la postfazione) e ho trovato molto interessante e divertente quello che lei scrive. Credo che, anche se prefazione e postfazione non fossero firmate, tutti quelli che la conoscono capirebbero che le ha scritte lei; mi piace il suo modo di procedere nel pensare e nello scrivere. La ringrazio per l’incoraggiamento che mi dà a continuare i Draghi locopei; chissà quando finirò: i giochi da provare sono tantissimi, e non posso dire se un gioco riesce o no prima di averlo giocato coi ragazzi almeno una volta. Quest’anno ho quattro ore settimanali per la sperimentazione: oltre ai Draghi Locopei, faccio la ricerca Dalla poesia al teatro. A settembre, quando si trattava di programmare le attività complementari, la preside non mi voleva più dare lo spazio per i giochi di parole; io l’ho pregata di lasciarmeli fare, ma lei era irremovibile (il motivo non l’ho mai capito). Poi alcuni miei colleghi le hanno mostrato «Tuttolibri» con il suo articolo sui Draghi locopei, e la preside ha cambiato idea. Però ha iscritto d’autorità nel mio gruppo due ragazzini ripetenti e «disturbatori» che avevano scelto, come attività complementare, il nuoto. Li ha chiamati in presidenza e ha detto loro: «voi non meritate di fare nuoto; per castigo farete giochi di parole». Io quando l’ho saputo, sono andata a protestare, perché è assurdo far giocare per punizione; ma la protesta è stata inutile. Allora ho scommesso con me stessa che sarei riuscita ad appassionare ai giochi le due pecore nere, più di tutti gli altri (e ho vinto la scommessa). Io cerco di capire il valore linguistico dei giochi di parole perché, se riuscissi a dimostrare che sono utili alla riflessione sulla lingua, otterrei più facilmente lo spazio nella scuola; però non li faccio perché sono utili ma perché mi piacciono. Ora la saluto con viva cordialità e con molti auguri per il nuovo anno; spero che lei continui a volermi bene.[8]
Un anno più tardi, il 25 ottobre 1985 Ersilia Zamponi, impegnata nella curatela delle Fiabe italiane di Calvino, scrive a Dossena:
[...] da quando lei mi ha suggerito quel modo di vedere le soluzioni nell’ultima pagina della settimana enigmistica (come è detto nel Poirot sul Nilo), faccio proprio così, e mi piace molto; le cose più belle me le segno su certi quaderni che ho [...] Le mando due giochi nuovi che ho fatto con i Draghi locopei in questo mese. Ho anche provato il gioco inventato da lei «Da una parola alla stessa» e l’ho intitolato «Cambio, e torno dopo un giro». I ragazzi hanno notato che, se si gioca «Da una parola in avanti», conta la bravura; con questa variante, invece, entra in gioco anche il caso, perché uno può arrivare alla parola iniziale e quindi vincere, solo se tocca a lui quel preciso passaggio.[9]
Dossena l’8 dicembre del 1984 era stato affettuosamente severo con Ersilia Zamponi, benché le avesse consigliato dei testi per comprendere meglio la teoria sottesa ai Draghi locopei. Le dice inoltre:
Gliel’ha ordinato il medico di approfondire per capire? a cosa serve comprendere le premesse teoriche? Lei sta facendo delle cose molto belle, e non glielo dico solo io. Non le basta? Ha bisogno di giustificarsi di fronte a qualcuno? ha dei Nemici Potenti? spera di tacitarli col ricorso a qualche autorità? Scusi se sembro brusco e mi prendo queste confidenze.[10]
Ersilia Zamponi in realtà sapeva che «il gioco è veramente tale se si motiva da sé per il piacere che dà», che il piacere non dipende dalla facilità né dall’assenza di fatica, che si nota nei ragazzi maggiore interesse per i giochi difficili, perché la difficoltà accresce la gratificazione.[11] Come scrive Stefano Bartezzaghi nella postfazione dei Draghi locopei:
è un libro che vive della sua semplicità pragmatica, i giochi richiedono pochissime spiegazioni e sono lì, con il loro numero limitato di esempi convincenti immediatamente disponibili per l’emulazione del loro lettore. Fa poche chiacchiere, ed è con grande soddisfazione che si riscontra l’assenza in tutto il libro dell’aggettivo ludico, spia sicura dei discorsi che traducono il divertimento nel suo esatto contrario.[12]
Nella lettera del 6 dicembre 1984 Ersilia Zamponi racconta a Giampaolo Dossena di alcune questioni discusse al Festival della Poesia di La Spezia (30 novembre 1984). In particolare, la scrittrice omegnese riferisce della relazione del poeta e critico letterario Franco Fortini che in maniera «splendidamente provocatoria» ha trattato delle mistificazioni e delle confusioni in atto nella scuola dell’obbligo rispetto al concetto di poesia:
Fortini ha invitato gli insegnanti a «diffidare del genio, dell’inconscio e persino della libertà se intesa come assenza di oblio e di vincoli», ha invece sottolineato il valore degli esperimenti «che esercitano il ragazzo ai dislivelli del linguaggio, agli effetti di senso indotti dalle figure del discorso» ha auspicato che queste cose siano estese a pratiche di gioco. Insomma Fortini ha proposto i giochi di parole come esercizio per sviluppare le competenze linguistiche e allargare la conoscenza del linguaggio; ha fatto anche riferimento al valore dell’ironia, come obiettivo educativo importante (ironia è maturità, primato dell’intelligenza che coglie analogie e contraddizioni, piacere di queste scoperte) […].Un giorno che si è pranzato insieme (relatori e coordinatori), Fortini era seduto vicino a me, e mi ha fatto molte domande sui Draghi Locopei, poi mi ha detto che sono molto importanti da un punto di vista scientifico. Ora io, ripensandoci, mi trovo in questo stato d’animo: da una parte sono contenta di queste cose che mi dicono, però nello stesso tempo non capisco bene il discorso teorico che sta alla base di tutto, perciò sento il bisogno di approfondire per capire.
Il confronto con Fortini aveva portato Ersilia Zamponi a comprendere che se fosse riuscita a dimostrare l’importanza dei giochi di parole da un punto di vista scientifico, appunto, il gioco avrebbe avuto la possibilità di inserirsi nell’ambiente scolastico e non solamente all’interno dei corsi pomeridiani. Forse ce n’era davvero bisogno e ce n’è tuttora.
Tuttavia, non possiamo tralasciare l’intervento di Fortini a La Spezia intitolato La poesia dei bambini non esiste. Nessuno vuole essere calzolaio e chiunque vuole essere poeta, pubblicato sulla Rivista “Riforma della scuola” n. 3, nel marzo 1985. L’intervento suonava provocatorio, sull’onda della nota pregiudiziale crociana,[13] in quanto ipotizzava che i bambini non fossero capaci di cogliere l’autentica pregnanza espressiva della poesia. Queste considerazioni si inserivano naturalmente nel dibattitto sulla poesia per e dei bambini della seconda metà del Novecento, e si scontravano con la cosiddetta poesia d’avanguardia rappresentata da Rodari, ma non solo, anche da altri scrittori, poeti e critici letterari come: Alfonso Gatto, Antonio Porta, Giovanni Raboni, Nico Orengo, Toti Scialoja.[14] Vorrei anche ricordare Marisa Bonazzi e Umberto Eco che dieci anni prima, precisamente nel 1972, rivendicavano nella pubblicazione I pàmpini bugiardi - che sviluppava una mostra critica dedicata ai libri di testo in uso nelle scuole primarie dell’epoca,[15] organizzata anch’essa a Reggio Emilia (come gli incontri sulla Fantastica di Rodari) da Marisa Bonazzi - «che l’acquisizione di nozioni veramente utili avvenga attraverso una libera esplorazione del mondo, lettura dei giornali, dei libri di avventure, degli stessi fumetti, dei manifesti pubblicitari, dai rendiconti di vita quotidiana forniti dagli stessi allievi»,[16] stigmatizzando i libri di scuola[17] come «manuali per piccoli consumatori acritici» e «integrati di ogni categoria», strumenti di «una società autoritaria e repressiva». Al tal proposito Rodari esprimeva l’urgenza di una «scuola per creatori» invece che di «consumatori». La «creatività» del poeta omegnese sta tutta nella capacità di immaginare di ciascuno, indispensabile alla formazione della personalità, proprio perché sinonimo di «pensiero divergente».[18]
Durante un’intervista telefonica che ho svolto il 26 gennaio 2023 a Ersilia Zamponi, sono venuta a conoscenza del fatto che la professoressa non scrisse mai un testo che illustrasse i principi pedagogici alla base dei suoi Draghi locopei. Il 2 maggio 1986 ricevette una proposta da Umberto Eco per una collaborazione con la Collana Bompiani Strumenti. Si sarebbe trattato di scrivere un manuale tra le 150 e le 200 cartelle il cui titolo poteva essere: “Come insegnare ai ragazzi a giocare col linguaggio e ad avvicinare attivamente i testi letterari”. Il 9 maggio 1986 Ersilia Zamponi allegò la lettera di Eco a Dossena, per informarlo della proposta, ma soprattutto per avere un parere sincero da lui che l’avrebbe senz’altro confortata e aiutata a decidere se accettare o meno la richiesta avanzata da Eco. Dossena rispose l’11 maggio 1986:
[...] A Umberto Eco invece DEVE rispondere SUBITO, accettando, e chiedendo quando andrebbero consegnate le 150-200 cartelle (chieda: “di 2000 battute?”), e che tipo di contratto pensano di proporle.
Mi ubbidisca a occhi chiusi, obbedienza pronta e cieca assoluta. Poi un’altra volta le spiegherò perché DEVE approfittare di questa occasione. Va bene?[19]
Possiamo immaginare il motivo, o meglio i motivi, della titubanza della Zamponi, alla luce delle lettere che sono state citate nella prima parte del presente articolo. Da una parte c’era sicuramente la consapevolezza che il progetto dei Draghi locopei si esaurisse nell’azione del gioco linguistico stesso, e che non servisse nessuna spiegazione del docente. Al massimo, piuttosto, serviva una guida che indirizzasse gli studenti, senza bisogno di insegnare nulla: bisognava solo giocare. Dall’altra, la franchezza di Dossena l’aveva forse sollecitata a credere fondamentalmente di più nelle proprie capacità e nel proprio progetto, senza dover trovare a tutti i costi giustificazioni teoriche ai propri lavori. Il confronto con Fortini invece, l’abbiamo visto, l’aveva fatta riflettere; insomma Ersilia Zamponi si era resa conto delle potenzialità scientifiche dei Draghi e sapeva che avrebbe avuto senso indagarle, soprattutto per incentivare e alimentare lo spazio del gioco linguistico a scuola.
Non sappiamo invece perché Dossena volesse fortemente che la professoressa approfittasse dell’occasione offerta da Eco e, al momento, nessuna lettera archiviata dà notizie sul motivo della sua insistenza. Dossena era sempre stato avverso alla pedagogia, o meglio a quella pedagogia meramente teorica che tende all’indottrinamento e alle costrizioni e che, appropriandosi del gioco, finisce per snaturarlo dimenticandosi della sua essenza pragmatica.[20] Perciò risulta curioso che lui la spingesse a scrivere un volume prettamente teorico sui giochi linguistici.
Benché non sia mai stato scritto un manuale sulla didattica dei Draghi locopei, nel 1984, come accennava en passant Ersilia Zamponi nella lettera del 23 dicembre indirizzata a Dossena, la Professoressa si stava occupando di un progetto molto interessante intitolato Dalla poesia al teatro. All’interno dell’Archivio Dossena è stato ritrovato un ciclostilato dattiloscritto di Ersilia Zamponi e dei suoi studenti, della classe 3aA della scuola media Rodari di Omegna, che documenta il punto di partenza del progetto ed è intitolato La capra Caterina. Lettura di poesia.
Presentazione e analisi del poemetto La Capra Caterina. Lettura di poesia
La copertina del ciclostilato, d’effetto, colpisce immediatamente. Il disegno, costituito da piccoli tratti, cerchi e puntini accostati gli uni agli altri, in bianco e nero, raffigura una fanciulla tra l’erba e i fiori che dorme. È opera di uno dei ragazzi della 3aA:
La capra Caterina. Lettura di poesia è un poemetto nato dal lavoro di ricerca di cinque classi di scuola media di Crusinallo di Omegna in collaborazione con lo scrittore e poeta milanese Roberto Piumini, autore di diversi libri di prosa e di poesia, rivolti ai ragazzi ma molto apprezzati anche dagli adulti. L’iniziativa era promossa dal Comitato Rodari ed era denominata «I luoghi della poesia».
Sono stati scelti cinque luoghi omegnesi (uno per classe): il lago e la Nigoglia, il campanile, il ponte antico, l’area Pietra, San Fermo. La classe 3a A di Ersilia Zamponi aveva scelto l’area Pietra e per un mese gli studenti hanno fatto osservazioni sul luogo, raccogliendo dati soggettivi e oggettivi, documentati con testi scritti, fotografie e disegni. Nello stesso modo hanno fatto le altre quattro classi. Con Roberto Piumini, si sono poi svolti diversi incontri; Piumini, partendo dalle documentazioni delle classi, ha scritto il poemetto ambientandolo nei luoghi omegnesi e inserendovi le varie osservazioni dei ragazzi. L’attività è durata tre mesi, da marzo a maggio, ed è stata condivisa col pubblico a Santa Marta attraverso una mostra.[21] Il poemetto narra le vicende di Caterina, pastora di Massiola, che una mattina non trova più la sua capra e per cercarla scende lungo lo Strona, verso Omegna, seguita da una strega che si preoccupa di proteggerla. Omegna è un luogo sconosciuto, nuovo e pericoloso dove Caterina compirà una serie di peripezie; sempre con l’aiuto dell’impavida strega, imparerà a proprie spese cosa sono lo stupore, la cattiveria, la paura e la festa.
Nel luglio 1984 il Comitato Rodari dà alle stampe il poemetto, ripubblicato nel 2001, dalla casa editrice «Le rane interlinea», col quale Piumini vince il premio alla carriera in occasione del centenario rodariano (2020). Il risultato dei «Luoghi della poesia» non fu soltanto la pubblicazione della Capra Caterina: il Comitato aveva infatti invitato gli insegnanti e i ragazzi a leggere in classe il poemetto analizzandolo in maniera creativa.
Quest’ultima proposta era stata accolta da Ersilia Zamponi che nell’inedita Presentazione: Un metodo di lettura del ciclostilato illustra proprio i passi metodologici che hanno mosso l’attività di lettura coi ragazzi. L’affondo è appunto sulla lettura di poesia come lavoro creativo:
La strada che i ragazzi hanno percorso è per cercare che cos’è la poesia e come gustarla, ma anche per cercare se stessi nel rapporto totale dell’io con il mondo: una ricerca linguistica e antropologica nello stesso tempo, per scoprire una verità cioè una corrispondenza tra pensiero e realtà attraverso lo sviluppo della coscienza.
Il metodo della Zamponi prevede anzitutto le osservazioni in merito alla struttura narrativa del poemetto (analisi dunque dei personaggi, dei luoghi, del tempo e delle vicende) e successivamente quelle sulla forma poetica. La lettura creativa consiste in definitiva nel:
leggere il testo poetico più di una volta con calma, rispettando il ritmo dei versi, facendo sentire bene il suono delle parole; durante la lettura i ragazzi si concentrano, per cogliere gli elementi significanti che attirano la loro attenzione. Poi, a turno, chiedono la parola e ognuno fa un’osservazione. Ciascuna osservazione viene controllata da tutti, ampliata, approfondita: da una frase nascosta altre frasi, altri pensieri; di ogni osservazione si cerca il perché. Si appunta sul testo, a matita, con segni convenzionali, le osservazioni fatte. La funzione dell’insegnante, nel lavoro di lettura, è di guida e di moderatore del dibattito: dà la parola in modo che tutti abbiano la possibilità di parlare, pone domande (stimolanti provocatorie), puntualizza le osservazioni fatte, e interviene – quando occorre – per definire i termini specifici che corrispondono ai principali elementi espressivi del linguaggio poetico. Con questo metodo i ragazzi producono una interpretazione collettiva che è soggettiva, ma non arbitraria perché fondata sull’osservazione della forma poetica.[22]
L’osservazione della forma poetica consente di produrre un’interpretazione personale. Questo metodo di lettura nasce dalla nozione di poesia intesa come «fenomeno», dove il linguaggio riveste una funzione estetica. Il messaggio poetico si contraddistingue per due caratteristiche fondamentali: l’ambiguità e l’autoriflessività della sua forma. Il testo poetico insomma è da un lato certamente ambiguo poiché «non è univoco né esplicito rispetto al significato», e dall’altro, si pone come richiesta di senso, che sollecita risposte interpretative.[23] La forma della poesia, scrive Ersilia Zamponi:
stabilisce il rapporto tra poesia e lettore: se il lettore osserva e la interpreta alla luce della sua esperienza personale, si produce un senso. La lettura della poesia può quindi diventare un’attività creativa. Creativo è chi scopre nuovi aspetti della realtà, nuove relazioni; l’esercizio di questa funzione (che è nello stesso tempo conoscitiva, espressiva e critica) espande l’io nella verità di un rapporto. Un rapporto vero si instaura quando i due termini della relazione, pur restando diversi, traggono dall’incontro un incremento del proprio essere. Il lettore che si avvicina in modo creativo alla poesia, sviluppa la propria soggettività, acquista consapevolezza di sé, diventa più se stesso; ma anche la poesia trae dall’interpretazione un incremento di senso e quindi di valore.
Se leggere la poesia è un’attività creativa, è anche un’attività che dà piacere, di conseguenza si motiva da sé, contiene in sé la sua gratificazione: partecipa in qualche modo alle caratteristiche del gioco, e come il gioco, viene fatta per il gusto che essa dà.[24]
Il lavoro sulla poesia attraverso il metodo di lettura creativa di Ersilia Zamponi è un’occasione per conoscere se stessi, nel quale ognuno è libero, come nel gioco, di esprimere parti di sé. Dando la nostra personale lettura del testo poetico, produciamo un senso nuovo che costruisce una relazione creativa tra il lettore e la poesia. È logico che nel contesto di una classe scolastica il metodo di lettura creativa consenta uno scambio non solo tra la poesia e il lettore, appunto, ma anche tra i lettori. Nel confronto con l’altro, incontro la sua personale visione della realtà che offre e dona a tutti i compagni una prospettiva nuova del testo poetico che non può che accrescere quella di ognuno.
Questo lavoro collettivo della classe 3aA è stato anche il punto di partenza per l’altro progetto di ricerca intitolato Dalla poesia al teatro, condotto da Franco Passatore per il Teatro Stabile di Torino. L’interpretazione della poesia infatti può essere realizzata non solo attraverso il linguaggio verbale ma anche attraverso il linguaggio espressivo del teatro. Sempre con la collaborazione di Roberto Piumini e della collega Marisa Jadicicco, Ersilia Zamponi si impegna con la classe 2°B in un nuovo viaggio dove le osservazioni dei ragazzi sono la chiave per l’interpretazione teatrale. Sarebbe interessante dedicare una ricerca a questo progetto di Passatore. Ricordo naturalmente che l’attività sulla poesia e la collaborazione tra Zamponi e Piumini è proseguita anche con Calicanto. La poesia in gioco (1988).
La lettura come strumento per conoscere se stessi
Ora, la Presentazione di Ersilia Zamponi al testo La capra Caterina delinea brillantemente un metodo che si discosta poco dai Draghi locopei. Nei giochi linguistici sperimentati durante i corsi pomeridiani della scuola media Rodari, infatti, le parole vengono analizzate, manipolate e interpretate per mezzo dell’esperienza del singolo che le trasforma offrendo nuovi e curiosi significati. La lettura di poesia e i Draghi locopei insomma sono nello stesso modo attività creative che danno piacere, racchiudono le caratteristiche più intrinseche del gioco e concorrono entrambe alla conoscenza di se stessi.
Attraverso questo lavoro di ricerca, che ha preso avvio dall’analisi dei documenti ritrovati nell’Archivio Dossena, è stato possibile osservare da un lato quanto i contributi di Dossena sulle rubriche di giochi abbiano originato e alimentato in Ersilia Zamponi la passione per i giochi di parole; e dall’altro quanto il forte legame epistolare tra i due abbia influito nello sviluppo della didattica dell’insegnante omegnese.
Alla luce in particolare delle lettere analizzate tra il 1984 e il 1986, e alla trattazione del metodo di lettura creativa contenuto nel ciclostilato della Capra Caterina. Lettura di poesia, è emerso quanto sia la lettura di poesia che i giochi di parole siano attività creative.
Nel dialogo-intervista del 1991con Carlo Minoa, pubblicato in …E lessero felici e contenti? Pensiero e fantasia nella lettura, ritorna urgente il senso della lettura per i più giovani:
Leggere è come un allenamento a mettere in relazione cose dell’esperienza per produrre cose nuove. Questa è l’operazione basilare per sviluppare la creatività. Creatività è proprio questo prendere cose che si hanno dentro, relazionarle, collegarle in modo diverso per creare qualcosa che non c’è ancora […] E questa capacità è fondamentale, soprattutto nel mondo di oggi che è molto complesso. Se non sappiamo mettere in relazione le cose, noi ci troviamo in uno stato confusionale e siamo vittime di tutto quello che ci viene scaricato addosso e la nostra personalità continua a rattrappirsi, quasi soffocata da ciò che ci viene dall’esterno. Questa capacità di creare collegamenti, di produrre nostre rappresentazioni, invece, fa crescere la personalità e mette in grado la persona di porsi (come dicevo prima) con la realtà in un rapporto dialettico, che è l’unico rapporto possibile in cui si salva la persona.[25]
La docente di Omegna sosteneva che la lettura fosse probabilmente l’unico strumento che gli insegnanti hanno per dare ai ragazzi questa possibilità e capacità di sviluppare la loro interiorità, la loro autocoscienza; «e se non c’è autocoscienza, se non c’è introspezione, se non c’è interiorità, non c’è persona umana matura».[26]
A conclusione del presente articolo vorrei ricordare alcune parole pronunciate da Ersilia Zamponi durante la recente intervista del 26 gennaio 2023:
Sa, anche quelli che non avevano voglia di studiare, che avevano delle difficoltà nello studio, facendo questi giochi, scoprendo leggendo il senso della poesia, diventavano bravi, anche più degli altri, cosa che non sarebbe successa se non li avessi fatti giocare. La mia era una didattica libera. Mi ricordo che c’era un ragazzo molto problematico che invece era bravissimo a commentare la poesia facendo i giochi di parole. Non ci sono i primi della classe, ci sono solo ragazzi che esprimono la propria identità. Si dà spazio alla persona. Per i ragazzini più deboli era una gioia fare i giochi, era una gratificazione perché anche loro così erano bravi a fare delle cose.[27]
Bibliografia
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[1] Cfr., E. Zamponi, Introduzione in E. Zamponi, I draghi locopei. Imparare l’italiano con i giochi di parole, presentazione di U. Eco, Postfazione di Stefano Bartezzaghi, Torino, Einaudi, 2017, p.13.
[2] Ivi, p.13.
[3] Cfr., F. Cambi, La poesia per bambini: modelli, evoluzione, riflessioni nel secondo Novecento italiano, «Transalpina», xxiv, 2011, pp. 90-91.
[4] Il 17 aprile 2024 è stata inaugurata la mostra Un binomio fantastico. Gianni Rodari e Reggio Emilia al Centro Internazionale Loris Malaguzzi, realizzata da Reggio Children, Scuole e Nidi d’infanzia – Istituzione del Comune di Reggio Emilia, in collaborazione con la Fondazione Reggio Children e il Dipartimento di Educazione e Scienze umane dell’Università di Modena e Reggio Emilia, per la cura di Pino Boero, Vanessa Roghi, Maddalena Tedeschi, Elisabetta Borciani, Sara de Poi e Michela Bendotti.
[5] Cfr., S. Bartezzaghi, Una vita in gioco. Addio a Giampaolo Dossena, scrittore, giornalista, enigmista, «La Repubblica», 6 febbraio 2009.
[6] Lettera scritta a mano da Ersilia Zamponi del 6/12/1984 con allegati giochi di parole e una lettera dattiloscritta di Giampaolo Dossena di risposta dell’ 08/12/1984. Le lettere si trovano nel Pacco Ersilia Zamponi, documento numero 14 , nell’Archivio Dossena.
[7] Lettera dattiloscritta di Giampaolo Dossena dell’ 08/12/1984. Si trova all’interno del Pacco Ersilia Zamponi, documento n. 14, nell’Archivio Dossena.
[8] Lettera dattiloscritta di Ersilia Zamponi del 23/12/2023 (due fogli). Si trova nel Pacco Ersilia Zamponi, documento n. 13, nell’Archivio Dossena.
[9] Lettera scritta a mano di Ersilia Zamponi del 25/10/1985 (quattro fogli). Si trova nel Pacco Ersilia Zamponi, documento n. 5.
[10] Lettera dattiloscritta di Giampaolo Dossena di risposta dell’ 08/12/1984 (due fogli). Si trova nel Pacco Ersilia Zamponi, documento n. 14, nell’Archivio Dossena.
[11] Cfr., E. Zamponi, Introduzione in E. Zamponi, I draghi locopei, cit., p.10.
[12] S. Bartezzaghi, Postfazione, in E. Zamponi, I draghi locopei, cit, p. 159.
[13] C. Lepri, Avanguardie e sperimentalismi nella poesia per l’infanzia da Rodari ai giorni nostri: un percorso tra autori e opere, «Rivista di storia dell’educazione», vii, 2, 2020, pp. 61-74.
[14] Cfr., F. Cambi, La poesia per bambini: modelli, evoluzione, riflessioni nel secondo Novecento italiano, cit. p. 90.
[15] La mostra esponeva, dovutamente ingrandite, le pagine dei libri, e poi le commentava.
[16] M. Bonazzi, U. Eco, I pampini bugiardi. Indagine su libri al di sopra di ogni sospetto: i testi della scuola elementare, Firenze, Guaraldi, 1975, p. 8.
[17] N. Zuccherini, Il 1972, Reggio Emilia e i libri di scuola, «Italiano a scuola», iv, 2022, p. 267.
[18] Cfr., Ivi, p. 268.
[19] Lettera dattiloscritta di Giampaolo Dossena di risposta dell’ 11/05/1986. Si trova nel Pacco Ersilia Zamponi, documento n. 1, nell’Archivio Dossena.
[20] R. Farné, Il maestro dei giochi in G. Dossena, Abbasso la pedagogia, Bologna, Marietti 1820, 2020, pp. 11-12.
[21] Cfr., Com’è nato il poemetto la capra Caterina? In La capra caterina. Lettura di poesia. Ciclostilato conservato nell’Archivio Dossena nel pacco Ersilia Zamponi, documento n. 10.
[22] E. Zamponi, Presentazione: Un metodo di lettura, in La capra Caterina. Lettura di poesia, ciclostilato a cura di Teatro Stabile di Torino per il laboratorio di ricerca Dalla poesia al teatro, condotta da Franco Passatore, p. 4.
[23] Cfr., Ivi, p. 2.
[24] Ivi, pp. 3-4.
[25] C. Minoa, … E lessero felici e contenti? Pensiero e fantasia nella lettura, Casale Monferrato, Marietti Scuola, 1991, pp. 176-177.
[26] Cfr., Ivi, pp. 168-169.
[27] Dall’intervista telefonica a Ersilia Zamponi svolta il 26 gennaio 2023.
30 settembre 2024