Proprio per la sua strategica posizione, incuneata fra i due versanti dell'Appennino, la Valle del Reno ha da sempre avuto un ruolo importante nella storia del territorio. L'Appennino emerge non come una barriera o un separatore , ma propriamente come una cerniera, elemento di raccordo fra i suoi due versanti. La Valle del Reno assume, infatti, fin dall'antichità un'importanza strategica nella viabilità verso e dalla Toscana settentrionale.
Una frequentazione dell'area è già documentata in epoca preistorica e soprattutto protostorica, quando nell'Età del Bronzo compaiono villaggi collocati in posizione di altura, con ampia visibilità sulla valle sottostante.
In anni recenti la montagna è sempre più al centro di forme integrate di analisi: con il termine “montology” si intende lo studio trans-disciplinare di questo particolare paesaggio, soprattutto per quello che riguarda la dimensione storico-politica e socio-ambientale. In particolare, negli ultimi anni si sono intensificate anche le ricerche archeologiche sulle Alpi e gli Appennini, con particolare attenzione a questi luoghi come paesaggi marginali e alla lunga durata delle interazioni umane con il paesaggio stesso. Si può menzionare a rigurado il progetto ERC "ANTIGONE - Archaeology of Sharing practices: The material evidence of mountain marginalisation in Europe, 18th-21st c. AD" dedicato per l'appunto all'indagine del paesaggio alpino attraverso il tempo. A livello metodologico, nel dibattito internazionale, è sempre più consolidata l’integrazione multidisciplinare dei dati provenienti dalla ricerca geo-storica e archeologica, anche attraverso lo sviluppo dei GIS come piattaforma per fare interagire diverse fonti di informazioni territoriali diverse .
Agli inizi del I millennio a.C. il popolamento della vallata si intensifica, probabilmente proprio a causa dello strutturarsi di una rete commerciale che sfruttava proprio la via del Reno. Dell'organizzazione del territorio nell'età villanoviana e nel periodo orientalizzante, le fasi più antiche del periodo etrusco, restano perlopiù piccoli gruppi di sepolture solitamente collocati in prossimità del fiume, su terrazzi fluviali o in zone di mezzacosta. La loro posizione sembra suggerire già l'importanza del controllo del territorio per la viabilità, ma anche lo sfruttamento delle sue risorse, come il legname, i pascoli e le risorse minerarie. I rinvenimenti delle necropoli documentano anche una certa ricchezza dei centri che popolavano la vallata, in particolare nel periodo orientalizzante. A questa fase può essere datato il cippo in pietra da Pian di Venola, rinvenuto come segnacolo presso un piccolo gruppo di tombe, che decorato ad incisione con una figura umana. Allo sbocco della vallata si trovava il centro di Casalecchio di Reno, dove gli scavi hanno portato in luce una ricca necropoli di età orientalizzante, che attesta la vivacità del centro in questo periodo.
Il VI sec. a.C. rappresenta un momento di grande cambiamento: viene avviata una riorganizzazione del territorio dell'Etruria padana al fine di migliorare il controllo delle vie commerciali e lo sfruttamento delle risorse disponibili. Assieme alla risistemazione urbanistica dei centri esistenti, fra cui Bologna, vengono così fondate nuove città , poste non a caso in punti particolarmente strategici. Nella valle del Reno nasce così Kainua, ora Marzabotto, progettata con un piano urbanistico preciso. La posizione è sicuramente favorevole: sorge su un pianoro fluviale nei pressi del fiume Reno, circondato da colline e in un punto che permetteva il guado del fiume. La vallata si popola di centri minori, collocati lungo il corso del fiume e in punti strategici per il controllo del territorio.
Agli inizi del IV sec. a.C. viene datato un grande movimento migratorio, che portò molte tribù celtiche dell'Europa centrale a stabilirsi nell'Italia settentrionale e nella valle del Po. In questo periodo si registra un grande mutamento degli equilibri sociali e politici, che portano ad una ridefinizione delle rotte commerciali italiche e mediterranee. Per alcune città etrusche tale cambiamento divenne l'inizio di una crisi irreversibile, mentre per altri siti invece aprì una nuova parentesi della loro storia.
Per la valle del Reno, ed in particolare la città di Kainua/Marzabotto, questo periodo segna un momento di profonda crisi: è ormai assodato che corrisponda al progressivo disfacimento e abbandono della struttura urbana. Il popolamento in questa fase ha lasciato poche tracce sul territorio, le più consistenti proprio a Kainua, tanto da far ipotizzare una modificazione nella viabilità, che probabilmente prediligeva la parallela Valle dell'Idice, dove vediamo fiorire per l'appunto il sito celtico di Monterenzio e il centro etrusco-celtico di Monte Bibele. Nonostante ciò, la documentazione archeologica sembra confermare come queste comunità restino inserite nei circuiti commerciali attivi tra l'area padana e l'Etruria, come indicato dalla presenza di importazioni etrusche nei siti del periodo.
Il popolamento dell'età romana restituisce un quadro di occupazione territoriale volto principalmente allo sfruttamento delle risorse agricole e pastorali e al controllo della viabilità valliva.
In tal senso risulta emblematico il caso di Marzabotto: al diminuire dell'antico centro etrusco, disabitato nel II-I sec. a.C., l'area diviene sede di una fattoria con impianto produttivo per laterizi e ceramica. La presenza di centri rustici produttivi con vocazione agricola ed artigianale emerge in altri centri della vallata (come la vicina villa rustica in località Sassatello), documentando la persistenza di un popolamento in funzione di un controllo territoriale. Fra i siti maggiormente documentati, emerge la vicina Sasso Marconi, che ha restituito molte attestazioni di una intensa frequentazione in età romana con tombe e impianti produttivi.
Allo scorcio del Settecento le fonti d'archivio e i documenti antichi ricordano un'antica via mulattiera, la cd. "Saragozza Loggiola", che permetteva di raggiungere Vergato partendo da Bologna. Si trattava di una via di fondovalle, spesso non agibile a causa di dissesti idro-geologici.
Proprio a causa della scarsa affidabilità e percorribilità il Senato bolognese si fa promotore di una nuova via, la linea Dotti-Marescotti, che recuperando la viabilità di crinale fra il fiume Reno e le valli del Samoggia e del Panaro avrebbe permesso di collegare Bologna con la città di Porretta. La preferenza alla via di crinale era dettata dalla maggiore stabilità e dalla possibilità di evitare così i guadi del fiume, che avrebbero necessitato il dispendio di troppe energie nella costruzione. Le trattative per avviare i lavori, iniziate nel 1772, furono troppo laboriose e il grande progetto venne interrotto dall'avanzata napoleonica.
Bisogna attendere il 1804 per tornare a parlare di viabilità nella valle. Il nuovo progetto proposto da Francesco Comelli prevedeva il recupero dell'antica viabilità sul versante opposto, quello fra Reno e Setta. Ma, osteggiato da molte critiche, anche questo progetto venne abbandonato.
Ma con l'industrializzazione le esigenze infrastrutturali divennero sempre più pressanti tanto da portare avanti un nuovo progetto, la cd. linea Marinetti, che a differenza delle precedenti avrebbe sfruttato la via di fondovalle, attraversando il fiume Reno per ben 8 volte. Il progetto, finanziato dal Governo Pontificio di Papa Gregorio XVI, portò alla conclusione della strada Porrettana sul versante emiliano nel 1840, dopo 24 anni di lavori. Il tratto toscano, cd. Via Leopolda in onore del Granduca di Toscana Leopoldo II, venne terminato nel 1847. Si assicurava così la connessione fra Bologna e la città di Pistoia. La Porrettana venne poi asfaltata nel 1928, subendo poi nel 1943-45 le necessarie ricostruzioni per le devastazioni della guerra.
Nel 1864 inaugurò la Transappenninica, il treno a vapore che collegava Bologna a Pistoia, prima strada ferrata transappenninica. Il tracciato fu all'epoca considerato come uno dei più arditi d'Europa per la realizzazione di 47 gallerie e 35 ponti e viadotti. L'intero viaggio permetteva di raggiungere la destinazione in sei ore e mezzo. Dopo l'inaugurazione della Direttissima Bologna-Firenze (1934), la linea perse importanza, solo in anni recenti è stata valorizzata come un'alternativa al turismo slow, dedicato ad una percorribilità lenta fra il paesaggio appenninico nei dintorni di Porretta.