Lo storico del teatro Luciano Mariti scrive: “Lo studioso di teatro che tenta di entrare nel territorio della scienza, si sente un po' come una guardia forestale mandata a controllare, con le proprie mappe, la vita degli abissi marini.” La descrizione del sentimento espresso da Mariti, non fa altro che confermare quella schisi innaturale di cui scriveva Primo Levi ne L’altrui mestiere: “Sovente ho messo piede sui ponti che uniscono (o dovrebbero unire) la cultura scientifica con quella letteraria scavalcando un crepaccio che mi è sempre sembrato assurdo. C'è chi si torce le mani e lo definisce un abisso, ma non fa nulla per colmarlo, c’è anche chi si adopera per allargarlo, quasi che lo scienziato e il letterato appartenessero a due sottospecie umane diverse, reciprocamente alloglotte, destinate ad ignorarsi e non interfeconde. È una schisi innaturale, non necessaria, nociva, frutto di lontani tabù e della controriforma […] Non la conoscevano Empedocle, Dante, Leonardo, Galileo, Cartesio, Goethe, Einstein, né gli anonimi costruttori delle cattedrali gotiche, né Michelangelo; né la conoscono i buoni artigiani d'oggi, né i fisici esitanti sull'orlo dell'inconoscibile”.
Ecco, io non credo che la scienza sia riservata agli specialisti; non è vero. Non è diversa dalla storia, dalla buona conversazione o dalla lettura di un romanzo; c’è chi ci riesce meglio e chi ci riesce peggio, e c’è anche chi ne fa il lavoro della propria vita. Ma è alla portata di tutti. La scienza è umana.
Il teatro da sempre indaga sul senso della vita, ne rappresenta gli enigmi, ne propone le soluzioni. Squarcia l’animo umano per capirne le azioni, i comportamenti; lo racconta per mostrarlo, fissarlo in un vetrino sotto il microscopio. Lo fa con immaginazione, con poesia, ma anche con analitica visione della vita. E l’identità dell’uomo, come suggeriva Jacob Bronowski, è una forza dinamica in perenne tensione tra certezze inseguite dalla scienza e gli orizzonti sempre nuovi immaginati dalla letteratura.
Credo che l’uomo non sia in grado di immaginare una società futura senza la scienza, così come non sia in grado di rappresentare la società in cui vive senza immaginare la storia che la racconta.
Immaginare è l’atto caratteristico non della mente del poeta, del pittore o dello scienziato, ma di quella dell’uomo. L’immaginazione è il carattere distintivo dell’uomo. Il teatro che rende visibile l’invisibile ne è la sua naturale espressione artistica.