Fabrizio Dall'Aglio

Fabrizio Dall’Aglio è nato a Reggio Emilia nel 1955. Lavora fra Reggio Emilia e Firenze, impegnato in attività di carattere editoriale e librario.  

Ha pubblicato, nel campo della poesia:      

- Quaderno per Caterina (edizione di 75 esemplari numerati, con un’acquaforte di Arnoldo Ciarrocchi, Reggio Emilia, Libreria Antiquaria Prandi, 1984);
- La strage e altre poesie 1975-1982 (postfazione di Valerio Nardoni; Catania, Il Girasole, 2004 – premio Città di Penne);
- Versi del fronte immaginario (edizione di 150 esemplari numerati, con un’acquaforte di Franco Rognoni, Reggio Emilia, Libreria Antiquaria Prandi, 1987);
- L’idolo sorridente (edizione di 75 esemplari numerati, con sei incisioni di Gianni Stefanon, Reggio Emilia, Mavida, 2004);
- Hic et nunc. Poesie 1985-1998 (prefazione di Mario Luzi, Firenze, Passigli, 1999 – premio Montale e premio Il Ceppo-Proposte).
- L’altra luna. Poesie 2000-2006 (presentazione di Mario Specchio, Firenze, Passigli, 2006 – premio Camposampiero);
- Colori e altri colori (con uno scritto di Paolo Lagazzi, Firenze, Passigli, 2015 – premio Camaiore e premio Roberto Farina).

Alcune sue poesie dal titolo L’esteriore sono apparse sull’almanacco di disegni e letture “Alto Mare” (Reggio Emilia, Libreria Antiquaria Prandi, 1985); altri testi sono apparsi su diverse riviste - fra le quali “Poesia” di Nicola Crocetti, “Arsenale” di Gianfranco Palmery, “Poeti e poesia” di Elio Pecora, “a’ camasce” di Domenico Brancale, “Pagine” di Vincenzo Ananìa, “Polimnia” di Dante Maffìa – e volumi antologici (A mio padre. Le più belle poesie dei poeti italiani, a cura di Luciano Luisi, Roma, Newton Compton, 2008;  Animali diversi, a cura di Eloisa Guarracino, realizzato in occasione della mostra omonima allo Spazio Oberdan di Milano nel 2011; Parole per mare, a cura e con illustrazioni di Marco Nereo Rotelli, realizzato in occasione della mostra “Genova in blu” per il 51° Salone Nautico Internazionale, 2012).

Una sua poesia, inclusa in seguito nella raccolta “Hic et nunc”, è stata premiata al Premio Lerici-Pea per l’inedito del 1987 ed è dunque apparsa nell’antologia del premio.
Nell’agosto del 2011 ha partecipato al festival internazionale di poesia di Ptuj in Slovenia. Per l’occasione, alcune sue poesie sono apparse sul catalogo della manifestazione in versione slovena e in versione inglese.
Nel luglio del 2012 ha partecipato al festival IsolaPoesia di Cataniae una sua poesia inedita è apparsa nel catalogo della manifestazione.
Nel giugno del 2013 a Montefredane è stato insignito del premio ‘Giuseppe Pisano’ per la sua opera poetica.
Nell’ottobre del 2012 è stato ospite della trasmissione ‘Poemondo’ della Rete Uno della Radio Svizzera Italiana.
Nel febbraio del 2014 ha partecipato al festival internazionale di poesia di Granada in Nicaragua.

(poeta dai tacchi alti)


Poeta dai tacchi alti,

mi presento:
vedi la fanciulla
in groppa al demonio
inzuppata di fede?
Distilla umori
per la zuffa dei liquidi,
si prepara. Io sento
dall’alto dei miei tacchi
l’amara voglia
che la rappresenta.
Sulla soglia del tempio
si tormenta,
vergine insoddisfatta,
e conta i passi
che la separano
dal sospirato scempio.

Il poeta
è un uomo galante.
Vuole sempre spararsi con stile.
Le offrirà il suo esempio
di vile clemenza,
lui reduce dall’inferno.
Le porgerà la mano
guidandola all’interno,
lui vergine emancipato.
Le parlerà di un amore eterno
rimboccando le maniche
da impiegato.



da L'idolo sorridente
(Reggio Emilia, Mavida, 1994, 
poi confluito in “Hic et Nunc”, Firenze, Passigli, 1999)

(ho perorato la mia condanna)

 

Ho perorato la mia condanna
scongiurando l’esecuzione.
Dio mi è testimone,
l’ho fatta in barba all’epoca
e al costume.
Nascosto
nella stiva del tempo,
immune alla bonaccia e alla deriva
ho custodito il mio spirito implume
e refrattario,
ossigenando il letargo
coi riccioli delle parole.
Quando la nave, di colpo
ha preso il largo,
ho spiato dagli oblò
la situazione:
non c’era che il mio volto
contro il vetro,
e dietro il mare mare mare
in ogni direzione.
Questo era il viaggio.
Niente balene
o un’isola deserta,
nessun tesoro da dissotterrare;
solo gli urrah
dell’equipaggio in coperta,
al canto di non so quali sirene.



da L'idolo sorridente
(Reggio Emilia, Mavida, 1994, 
poi confluito in “Hic et Nunc”, Firenze, Passigli, 1999)

(fu allora che finsi la mia vita)


Fu allora che finsi la mia vita. Fui

nel sogno cattivo del risveglio
il sonaglio distorto di un’anima.
Vivo. In un corpo vivo.
Il tempo mi tenne a battesimo.
Ebbi squame, penne
e questa pelle glabra.
Volai come falcone
strisciai come cobra
percorsi la mia scala fino in fondo.
Fui – nel mondo implacabile
la preda e il predatore,
l’osannato carnefice, la vittima.
Odiai il declino
del mio corpo di uomo,
la mia timida mente indurita
e la lenta spirale avvolgente
delle mie giornate
reticenti. Lasciai
la mia anima impaurita
imputridire
nel coro dei pubblici lamenti,
uno diverso, infine, anch’io
uno di loro,
nella complice cortesia del mondo.

 

da: Hic et nunc
(Firenze, Passigli, 1999)

(la musica inespressa delle cose)

 

La musica inespressa delle cose
vibrava nel mio corpo ingigantito
per l’esplosione, sorda, ammutolita
l’estatico finale della stirpe.

Giacevo nel mio letto di dolore
seguendo le mie linee sulla mano
era la vita, il solco nella pelle
come una lunga scia della memoria:

persone – già sgombrate in ritirata
affrante, trascinate alla deriva
amate, quanto amate, e senza fondo
era il mio corpo che le consumava

e cose – accantonate, senza spazio
immobili e consunte nell’attesa
il Dante di metallo, la conchiglia
la forbice firmata, la specchiera

persone – le vedevo tutte in fila
come il plotone della mia condanna
il mio dolore nelle vite loro
tornate a reclamare la mia fine

e cose – ripetevano il mio nome
quel nome sconosciuto che inseguivo
nel margine di vita dileguata
che finalmente mi sopravviveva.

Eran le cose la mia vita eterna
quella stessa che ora mi sfuggiva,
che sentivo nel sangue prosciugarsi
per un trionfo che mi rinnegava.



da: Hic et nunc
(Firenze, Passigli, 1999)

(la stagione prolissa dell'infanzia)


La stagione prolissa dell’infanzia

si è barricata nella mia memoria
lascia filtrare qualche resto opaco
che mi compone e si compone forma

Al passo del suo tempo ho costruito
l’anello che mi lega alla scrittura
pura insostanza immagine figura
che mi compone e si compone forma

Il battito del sangue è nella pagina
ma nel bianco che riga le parole
il bianco che le sfugge e che le anima
e le compone e mi compone forma


da: L'altra luna
(Firenze, Passigli, 2006)

Nostro bisogno di consolazione

 

                                  a Stig Dagerman

Eppure ho amato questa storia distorta
che aveva il fascino di una curvatura
del tempo, un moto obliquo, ciclico
di smarrimento universale. Da qui
da questa estate morta nel gelo
da questo essere plurale che mi avvolge
e svolge mi ritrovo
come nell’uovo inanimato e esangue
che mi ha partorito.
Io solo e nudo
ingigantito nel dormiveglia.
Io gli altri, fisso nei loro cuori
sudori amori di questo solo cielo
di questa sola specie arroventata.
Io dio, là, nell’esplosione
onniassente, immacolato
e sbriciolato
nella nube cosmica.
Io noi. La connessione
che riannoda il filo
per il nuovo avvento.
L’immagine sfinita chiede tempo
si sgrana su se stessa, si depone.
Poi ricompone la sua nebulosa
in un anfratto di stelle più vicine
là dove al confine
del cosmo delle cose
gli esseri si toccano, uguali, tutti.
Nostro principio d’indeterminazione
nostra incertezza patente e plateale
nostro universo unico e plurale
che dispone le azioni in un’attesa,
come un sigillo di rieducazione.
Nostro bisogno di consolazione.

 


da: L'altra luna
(Firenze, Passigli, 2006)

(il cuore si contamina di cose)


Il cuore si contamina di cose.

La casa è un abitacolo sospeso
che colleziona oggetti e inibizioni.
Le sentirò arrivare, le stagioni
una sull’altra, in mezzo a questi cippi
di memoria, scorgendo la finestra
a cornice sul mondo. La stanza
si distende in proporzioni di vita:
il tavolo con tutti gli accessori,
le seggiole, e poltrone, soprammobili,
il cimitero della libreria
e quadri al muro come esecuzioni
o vie di fuga impossibili. La mia
foresteria.


da: Colori e altri colori
(Firenze, Passigli, 2014)

(sono arrivati gli alberi)

 

Sono arrivati gli alberi. Li ho visti

abbracciarsi sotto il campo di casa
stringersi tra le balle di fieno.
Alle porte del bosco si sussurra
che il vento deve ora scomparire
nel fondo della valle
acquattarsi nel fiume tra le rocce
lasciarli liberi.
La mattina è azzurra di sereno.
La città è svanita
con un tonfo di luci nella notte.
Sono tornati gli alberi.



da: Colori e altri colori
(Firenze, Passigli, 2014)

(il suono delle chiavi)

 

Il suono delle chiavi
allarma i cani. Guardano
con occhi supplici
muovendo appena la coda indecisa.
Temono la casa vuota
e il tempo dell’attesa
come un lamento infinito.
Sarà un’ora o forse un giorno o forse sempre.
Il tempo si dilata.
Niente trascorre, 
niente lo riempie.



da: Colori e altri colori
(Firenze, Passigli, 2014)

Nel tempo in cui il passato continuava

 

                                  a Caterina

Vorrei dirti che sotto questo sole
son già passate le generazioni.
Ascolta. Un passo, un passo, e nel rumore
di piedi che ricoprono la terra
c’è il lento genocidio della specie.
Gente. Persone. Qualcuna si è affrettata
nel tempo in cui il passato continuava
a passare. Qualcuna è già sparita.
Cosa conviene fare. Ascolta.
Fra un anno, forse, vedi,
saremo ancora insieme ad innaffiare
questa sabbia spettrale,
questa oasi imbandita di pianto.
Non siamo nati per questo.
Ma ora è solo un battito di sangue
nelle vene, un testo di stagioni trasferite
in piazze gremite di gente
a chiacchierare
o in lambrette curve
su strade di montagna
verso il mare.
La nostra storia.
Era un paese, era la sua luce
dischiusa dagli elmetti abbandonati;
un’euforia di soldati smessi
nell’unica memoria che rimane.



da: Colori e altri colori
(Firenze, Passigli, 2014)