di Andrea Napolitano (Università degli Studi di Napoli Parthenope)
Pubblicato il 05 marzo 2025
La riforma costituzionale del 2022 ha modificato, il perno della nostra Costituzione economica, l’art. 41 Cost., immaginando al secondo comma il divieto di recare danno alla salute e all’ambiente, ricompreso precedentemente e implicitamente nella clausola generale dell’utilità sociale.
Nel rafforzare il carattere imprescindibile del diritto alla salute come valore cardine della nostra architettura costituzionale la riforma ha aggiornato il contenuto dell'articolo 41, integrando esplicitamente il riferimento alla salute tra i limiti e i vincoli cui deve sottostare l'iniziativa economica privata. Tale aggiornamento non è solo formale, ma sostanziale: pone la tutela della salute al centro dell'azione economica, riconoscendo che il benessere collettivo non può essere subordinato agli interessi economici, ma deve costituire un obiettivo primario e condiviso.
Dal punto di vista giuridico, la riforma dell'articolo 41 rappresenta una concreta applicazione del principio di bilanciamento tra diritti costituzionali. La libertà economica, pur rimanendo un pilastro fondamentale del nostro ordinamento, trova un limite necessario nel diritto alla salute, che è espressione della dignità umana e del principio di solidarietà. Questo bilanciamento è particolarmente significativo in settori strategici come l'industria farmaceutica, la sicurezza alimentare e la gestione dei rifiuti, dove l'interesse economico si intreccia inevitabilmente con la tutela della salute pubblica.
Un ulteriore elemento di rilievo è l'impatto della riforma sull'attività legislativa e regolatoria. L'inserimento esplicito della salute nell'articolo 41 costituisce una guida per il legislatore, che è chiamato a definire norme coerenti con il principio della priorità della tutela della salute. Analogamente, le autorità amministrative e giudiziarie sono investite della responsabilità di interpretare e applicare le leggi
Il rafforzamento del diritto alla salute mediante la riforma dell'articolo 41 dovrebbe trovare, infatti, ulteriore conferma nel riconoscimento della salute come principio guida non solo per il legislatore, ma anche per gli operatori economici e sociali.
La modifica costituzionale stabilisce che ambiente e salute rappresentino un valore collettivo in grado di orientare le scelte produttive e commerciali. In questo senso, il diritto alla salute assume un ruolo proattivo: non è più concepito soltanto come un limite esterno all'attività economica, ma come un obiettivo da perseguire attivamente attraverso l'interazione tra salute e sostenibilità ambientale.
Questo approccio si traduce in una promozione di modelli economici sostenibili e rispettosi delle risorse naturali, che contribuiscono al miglioramento della qualità della vita e alla prevenzione di rischi sanitari.
Di conseguenza, il rafforzamento del diritto alla salute si configura anche come una risposta alle sfide globali, quali il cambiamento climatico e le pandemie, che richiedono soluzioni concertate e multidimensionali.
Sul piano sociale, la riforma dell'articolo 41 può essere letta come un invito a una maggiore responsabilità collettiva. Gli operatori economici, le organizzazioni della società civile e i cittadini sono chiamati a contribuire alla realizzazione di un modello di sviluppo che ponga la salute al centro delle politiche pubbliche e private. Questo richiede un cambiamento culturale che valorizzi la prevenzione, l'educazione sanitaria e l'adozione di stili di vita salutari, in linea con i principi costituzionali aggiornati.
In conclusione, la riforma dell'articolo 41 della Costituzione italiana ha rafforzato il carattere di fondamentalità del diritto alla salute, inserendolo in una prospettiva integrata di sviluppo sostenibile e tutela dei diritti umani. Questo cambiamento costituzionale non solo aggiorna il testo normativo, ma ridefinisce le priorità del nostro ordinamento giuridico, promuovendo un modello economico e sociale più equo e rispettoso della dignità della persona.