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February 2022
La proprietà intellettuale da sempre incorpora una tensione tra il necessario stimolo della ricerca e dell’innovazione, incentivata tramite la promessa attribuzione di un diritto di tipo monopolistico sui risultati della stessa, e le istanze di condivisione e accesso da parte della collettività, che dell’innovazione prodotta è la destinataria ultima.
L’equilibrio normativo faticosamente raggiunto tra questi due estremi ha mostrato tutta la sua fragilità nel momento in cui il mondo si è trovato a dover fronteggiare l’emergenza pandemica scatenata dal Covid-19. Il dibattito sviluppatosi in questi mesi intorno ai brevetti sui vaccini – che ricorda per molti versi quello condotto negli anni ’90 del secolo scorso in relazione ai farmaci antiretrovirali per la cura dell’HIV e che si articola sul fondamentale quesito: “In che misura è opportuno sacrificare il ritorno sugli investimenti per garantire la massima diffusione delle medicine?” – è solo l’aspetto più evidente di una crisi che tocca numerosi altri aspetti.
Con i cittadini costretti per mesi dal lockdown all’interno delle proprie abitazioni, in molti si sono chiesti se non fosse possibile, e forse doveroso, consentire la possibilità di fruire dell’immenso patrimonio culturale a nostra disposizione da remoto, in forma digitalizzata. In questo senso, il Piano nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) varato dal Governo contiene importanti misure finalizzate a incrementare, organizzare, integrare e conservare il patrimonio digitale di archivi, biblioteche, musei e, più in generale, luoghi della cultura, offrendo a cittadini e operatori nuove modalità di fruizione della stessa. Ma al contempo tali misure si devono confrontare con un quadro normativo in materia di diritto d’autore e di beni culturali non sempre chiarissimo.
L’esplosione della pandemia ha inoltre sollecitato una riflessione sull’enorme potenziale in termini di ricerca e sviluppo (non sempre pienamente espresso) delle università e degli enti pubblici di ricerca. Quanti dei risultati innovativi prodotti dai ricercatori universitari arrivano effettivamente sul mercato? Qual è il grado effettivo di integrazione tra pubblico e privato in questo fondamentale settore? E chi si accaparra i benefici economici derivanti dai risultati della ricerca universitaria?
I proponenti intendono provare a rispondere ad alcune delle fondamentali domande sopra indicate avviando un dialogo interdisciplinare tra studiosi ed esperti della materia, articolato in tre seminari. Il primo seminario avrà ad oggetto il tema dei brevetti sui vaccini. Il secondo avrà ad oggetto il tema dell’accesso alla scienza e al patrimonio culturale. Il terzo, infine, avrà ad oggetto i diritti di proprietà intellettuale sui risultati della ricerca universitaria.
I proponenti
Prof. Alberto Musso (Dipartimento di Scienze giuridiche)
Prof. Federico Munari (Dipartimento di Scienze aziendali)
Prof. Walter Cabri (Dipartimento di Chimica “Giacomo Ciamician”)
Prof. Giorgio Spedicato (Dipartimento di Scienze giuridiche)